36 Papua Nuova Guinea


25 settembre 2016

KRI island – SORONG

Questa mattina le secchiate di acqua che verso sulla testa per lavarmi non sembrano procurare grossi traumi, sono le ultime ed è senz’altro vero che ci si abitua a tutto .. il grande bidone di lamiera sempre pieno di acqua, il water azzurro, il pavimento di cemento con qualche buco ed una pozzanghera di acqua sempre a livello, i tre grossi chiodi che fungono da attaccapanni e questa mattina anche una miriade di ragnetti indaffarati a costruire la ragnatela … questo bagno è un’esperienza di vita, così lontano dai nostri standard da sembrare semplicemente originale ed in armonia con il contesto. E la palafitta “honey moon” dalla quale non riesco a distrarmi, per la sua semplicità perfetta che la fa sembrare l’unica architettura possibile a Margkur Kodon. Poi il ritmo improvvisamente accelera, il pranzo servito alle 10.30 sembra un invito ad andare via ed in effetti già alle 11.00 uno dei parenti di Reimond arriva accanto all’amaca e cerca di convincermi a partire anche se manca ancora un’ora all’orario pattuito, non trovando ragioni finisco col chiedermi ancora una volta quale sia il fuso orario di R.A. qui dove il tempo sembra regolato dall’orologio biologico di ognuno. Vero è che mi trovo sul ferry già a mezzogiorno con due ore di anticipo sulla partenza e quattro sull’arrivo a Sorong dove arrivo alle 17.00 sfinita per il viaggio diventato lunghissimo. Tornata alla realtà del free wi-fi e dei mezzi di comunicazione di massa leggo la mail di Vanni che mi chiede di raggiungerlo a Yoyakarta. Lo chiamo. E’ la prima volta che sento la sua voce dopo dodici giorni di silenzio e ne sono emozionata, poi dice un paio di cosette che mi fanno passare la voglia di andare. Quello di domani sarà l’incontro risolutivo, dopo un’altra giornata spesa in volo.


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37 Java Island


26 settembre 2016

SORONG – MAKASSAR – YOYAKARTA

Il mazzo di rose blu ed il bacio appassionato accanto al rullo del ritiro bagagli è il benvenuto a Yoyakarta che Vanni ha voluto per me. E’ entrato forzando il servizio di sicurezza come simbolo dell’amore a tutti i costi, di quell’amore così forte da superare le barriere come quella di quest’ultima separazione, alta, altissima. Un update ogni tanto, di quelli convinti, per i quali si teme sia davvero tutto finito è quello che ci vuole per rivivere le forti emozioni che sentiamo adesso penso mentre ci dirigiamo verso il taxi avvolti nella stagnola di un Bacio Perugina.

27 settembre 2016

YOYAKARTA

Il mazzo di rose blu ed il bacio appassionato accanto al rullo del ritiro bagagli è il benvenuto a Yoyakarta che Vanni ha voluto per me. E’ entrato forzando il servizio di sicurezza come simbolo dell’amore a tutti i costi, di quell’amore così forte da superare le barriere come quella di quest’ultima separazione, alta, altissima. Un update ogni tanto, di quelli convinti, per i quali si teme sia davvero tutto finito è quello che ci vuole per rivivere le forti emozioni che sentiamo, questo è ciò che ho pensato ieri mentre ci dirigevamo verso il taxi avvolti nella stagnola di un Bacio Perugina. Adesso è mattina ed ancora avvolti nella stagnola consumiamo la nostra colazione accanto al buffet che sembra una città poi le nostre giornate si divaricano e mentre Vanni si dedica ad Asia io esploro la città in compagnia di Pius. Il centro storico di Yoyakarta ruota attorno all’immagine che i sultani succedutisi nei secoli in questa che fu la capitale hanno voluto dare di loro stessi soprattutto attraverso gli edifici che li ospitavano. Dopo le distruzioni delle guerre civili a questa immagine si è sovrapposta qua e là quella che chi ha ricostruito ha pensato fosse giusto dare. Insomma iniziamo male dal luogo nel quale il taxista ha voluto scaricarci, di fronte all’edificio meno autentico del nucleo storico della città fortificata ovvero del Kraton. Sto parlando del grande padiglione che anticipa la residenza nel quale il sultano riceveva i dignitari, sostenuto da pilastrini di ghisa, è stato ricostruito sull’antico modello ma ne ha perso tutto il sapore. L’area fortificata accoglie oltre all’edificio del sultano il piccolo insediamento di servizio dove vivevano i servitori, è distribuito sul reticolo di stradine che stiamo percorrendo, dove si trova tra le altre anche la scuola di batik nella quale ci fermiamo incuriositi. Raggiungiamo il Taman Sari a bordo di due rishò a pedali, Pius mi precede sospinto dalle energiche pedalate del fotogenico conducente che con il suo cappello conico e la maglietta verde si inserisce bene nelle prospettive della città vecchia, con le sue case basse, i warung aperti sulla strada ( luoghi nei quali vengono serviti piatti caldi ), altri rishò in attesa di clienti e la vita che sempre accompagna i marciapiedi fino a quando ci troviamo di fronte all’insolito portale che ci introduce al Taman Sari dove l’atmosfera è speciale, gioiosa e leggera e l’elemento più caratteristico è l’acqua raccolta in piscine che non a caso occupano intere corti interne, vivacizzate dagli zampilli di alcuni giochi d’acqua … era il luogo di svago del sultano, dove si trastullava con le concubine che sceglieva mentre si bagnavano in piascina. E’ quasi sera quando recuperato Vanni in hotel andiamo a teatro per assistere al Gamelan, lo spettacolo appartenente alla cultura classica tradizionale Jawanese la cui trama è cantata dalla voce solista e l’azione è accompagnata dalla musica di strumenti tradizionali. Il racconto è rappresentato dagli attori che come marionette eseguono movimenti stilizzati, quasi simbolici e poco descrittivi della storia, che rimane avvolta nel mistero se non se ne è letto tutto. Bellissimi i costumi ed i copricapi riccamente decorati che risaltano colorati sullo sfondo scuro della scena. Usciamo storditi dopo un’ora e mezza di spettacolo comprensibile solo agli iniziati.

28 settembre 2016

YOYAKARTA – PRAMBANAN – BOROBUDUR

Il cielo nuvoloso rende la complessa architettura del tempio hinduista di Prambanan piatta e senza chiaroscuro come se ne osservassimo il dipinto, eppure i cinque potenti edifici riccamente decorati sono stranamente suggestivi ed i bassorilievi che li ricoprono meravigliosi. Ognuno di noi parte seguendo le proprie curiosità e cercando di dare un senso alle storie delle divinità hindù rappresentate con eleganti figure sulle superfici degradanti degli edifici che da lontano sembrano arzigogolati castelli di sabbia. Terminata la visita percorriamo i 57 km. fino a Borobudur e dopo aver chiesto e cercato a lungo arriviamo nello spiazzo erboso che precede lo sperduto Eloprogo Art House dove ci fermiamo. Perplessi ancora prima di varcare la soglia e convinti di avere sbagliato resort o di aver preso una fregatura confidando troppo sulle immagini viste sul web lasciamo i bagagli su Asia ed entriamo. La location sembra eccessivamente trasandata, o meglio maldestramente eclettica, fatto sta che dopo aver visto il nostro bungalow polveroso e conosciuto il proprietario che ricorda un santone rasta con un paio di unghie lunghe, gialle ed inarcate come artigli avremmo voluto scappare via. Invece esploriamo l’area, osserviamo il cono del vulcano che si staglia sul fondo della prospettiva sul fiume impetuoso, camminiamo nel verde rigoglioso sull’alta riva scoscesa del fiume e raggiungiamo la galleria dove il proprietario Sony ha esposto molti dei suoi dipinti che riproducono gli altorilievi del grande monumento buddhista di Borobudur. Espressivi ed accattivanti. Ci fermiamo poi a parlare con lui, lo osserviamo dipingere, ci piace la sua quiete, il suo atteggiamento apparentemente distaccato e finisce col piacerci anche questo lungofiume verde sul quale si dipanano il sentiero e gli edifici di legno troppo ridondanti con i loro graticci di vetri colorati, gli inserimenti di pannelli antichi nei diversi stili ed i tetti aguzzi Non c’è nulla di peggio di un artista che vuole fare l’architetto. La cuoca ed i suoi manicaretti assestano il colpo di grazia tanto che infine ci sentiamo fortunati di aver scelto questo luogo diventato magico, con i Buddha di pietra, gli alberi, l’arte di Sony e Sony che si prodiga con discrezione affinché questo diventi per noi un piacevole soggiorno.

29 settembre 2016

BOROBUDUR

Il più grande monumento buddhista del mondo ci appare sullo sfondo del viale alberato che lo nasconde in parte trattenendone l’immagine complessiva, ma percorsi i cento metri che lo introducono, l’imponente edificio piramidale si svela nella sua interezza così vicino a noi da mettere in difficoltà persino il mio obiettivo super grandangolare nuovo fiammante. Con i suoi 118 metri di lato questo enorme stupa a sei terrazze, simmetrico come un mandala tridimensionale, avvolge la più bassa delle colline che vediamo attorno a noi. A rendere ancor più accattivante la grande costruzione di Borobudur è il potente chiaroscuro generato dai raggi del sole di oggi, che si insinua nelle nicchie, esalta i bassorilievi, definisce la fisionomia dei Buddha e crea necessarie zone d’ombra nelle quali ogni tanto ci fermiamo per una sosta rigenerante in questo nostro pellegrinaggio che si svolge percorrendo per intero le terrazze. I numeri rendono bene l’idea della complessità e dell’opulenza di questo monumento dove le statue del Buddha sono 432 e 1460 i pannelli narrativi scolpiti in altorilievo che riproducono una sorta di testo sacro della dottrina che si snoda in una processione ininterrotta di navi, elefanti, musicisti, danzatrici, guerrieri e re. Procediamo percorrendo i cinque chilometri di corridoi che si sviluppano sui lati di questa piramide a gradoni, affascinati, incuriositi e squagliati per il caldo cocente, sollevando lo sguardo ogni tanto per osservare lo sfondo di colline verdi sul quale si stagliano le sculture di Buddha ed i profili decorati di questa complessa architettura. Lo spettacolo più sorprendente ci appare in cima al tempio dove i Buddha sono appena visibili dentro imponenti stupa a campana di pietra traforata e se non fosse per i troppi ombrelli colorati dei turisti impegnatissimi a fotografarsi, questo luogo avrebbe potuto scaturire in noi l’emozione per la quale è stato costruito. Il suono dell’acqua che scorre e la serenità che trasmette l’Eloprogo Art House ci riportano alla dimensione del fresco relax accanto al fiume, all’armonia ed alla pace di questo luogo concepito e realizzato dal fervente buddhista Sony ora in ritiro. Seduti attorno al tavolo, quasi in bilico sull’alta riva del fiume Elo, trascorriamo la serata con Sony che ha trovato in noi e noi in lui la forte complicità che crea una qualche forma di affinità elettiva che si traduce ora nel bel regalo che il nostro nuovo amico ci offre. Ci offre le sue emozioni, quelle stesse che anche noi sentiamo con forza ora di fronte alla grande statua del Buddha stranamente seduto con le ginocchia unite che si impone all’interno dell’unica sala del tempio di Mendut. E’ la più preziosa statua di tutti i luoghi di culto di Jawa ed è solo nostra in quest’ora tarda della sera. Seduti sul gradino di ingresso, tutti e quattro con i bastoncini di incenso in mano ne osserviamo la bellezza ed ascoltiamo l’energia che emana ed entra in noi. Imponente sotto l’altissima copertura che si stringe a piramide fino a scomparire nella sfumatura più scura dell’oro, le sue forme sono armoniche, tonde e lucide, la situazione è così intensa che Fatichiamo a trovare il momento per andare, aspettiamo un cenno di Sony che infine arriva, quindi scendiamo e poi arrivati in fondo alla scala giriamo le spalle per ritrovare l’emozione del primo colpo d’occhio, quando salendo nel buio totale lo avevamo visto avvicinarsi inquadrato dal portale illuminato. Quando rientriamo il Pionemo Art House è immerso nel sonno, c’è il suono dell’acqua che scorre in fondo all’argine e ci sono le vetrate colorate della nostra camera lasciata accesa, il letto a baldacchino e la zanzariera color zafferano.

30 settembre 2016

BOROBUDUR – SEMARANG

Che bel risveglio questa mattina, appena oltre la porta della camera, in veranda, il tavolino è stato allestito a festa con la colazione speciale che Sony ha organizzato per noi a base di sofisticati manicaretti della cucina tradizionale tra i quali spiccano la gelatina al caramello confezionata in piccoli cilindri dentro foglie avvolte a spirale, le raviole con erbette fritte, il polpettone con uovo sodo e frutta fresca. Poi consapevole della nostra difficoltà nel trovare il momento giusto per partire come se a questo posto fossimo legati con una catena, ci mostra il suo monumentale progetto di uno spazio cilindrico ipogeo sovrastato dalla struttura metallica che si coprirà di bouganville, una sorta di rappresentazione cosmica dell’intero firmamento, dalla terra e l’acqua al cielo e le stelle, quindi regala a Vanni alcune foglie porta fortuna, quelle a forma di cuore spesso usate nelle immagini sacre del buddhismo. Posa in svariate foto di gruppo, poi nonostante la sua grande pazienza pronuncia un definitivo “buon viaggio” che non lascia spazio a repliche. Di nuovo in viaggio e senza diversivi percorriamo a ritroso la strada di qualche giorno fa ed in un paio d’ore arriviamo a Semarang. Ne percepiamo la familiarità stranamente conservatasi immutata fin dallo scorso novembre, esattamente un anno fa, quando la vedemmo per la prima volta e ne fummo conquistati. Forse perché molto diversa dalla città portuale senza attrattive che ci era stata descritta la trovammo invece ricca di inattesi effetti speciali. Raggiunto il Louis Kienne Hotel rimandiamo di comune accordo a domani la visita della città e volendo impiegare bene il tempo che mi separa dalla cena, mi dirigo alla Susan Spa dove con grande gioia trovo tra i trattamenti in elenco il mio massaggio preferito, il tradizionale Javanese eseguito dalle mani forti ed esperte della bravissima Uli.

01 ottobre 2016

SEMARANG

La sensazione è quella di non aver mai lasciato la città, come se fossimo appena tornati dal Karimunjawa N.P. e ci muovessimo lungo il mercato di Chinatown la mattina dopo, quando la strada stretta si è ripopolata di venditori e merci. L’organo barocco non ha lasciato la chiesa di Gereja Blenduk e poi la città vecchia, affascinante nella decadenza dei suoi edifici coloniali, i vecchi magazzini del porto, la vecchia stazione… seguendo le tracce della visita passata scopriamo casualmente anche bellissimi luoghi non ancora visti che riportano Semarang alla realtà di questo viaggio.

02 ottobre 2016

SEMARANG – PEKALONGAN

Pekalongan e Batik, questo il binomio che ci ha fatto scegliere la cittadina come tappa intermedia lungo la statale n.1 per Jakarta. Lo ha proposto Vanni sapendo di farmi piacere, lo shopping è sempre una tentazione forte per me e questo sembra il luogo adatto per dare sfogo alla compulsione dopo giorni di astinenza, per lo meno orientata su un prodotto artigianale DOC, il Batik indonesiano handmade, uno dei più apprezzati nel mondo. Piove a dirotto nel mercato coperto già in chiusura dove tutti i tessuti in vendita sono dei batik stampati, e lo squallore del luogo già in penombra ha sedato qualsiasi impulso anche solo a soffermare lo sguardo su un qualche prodotto tra quelli proposti a gran voce dalle insistenti venditrici.. Il pezzo forte di questa nostra sosta è l’Hotel Namira, le cui camere puzzano di naftalina ed i corridoi di nauseabondo solvente. E’ un hotel islamico ortodosso dove le preghiere vengono diffuse amplificate per ore in tutte le aree comuni e le receptionist indossano il velo che incornicia i loro giovani visi. Regole precise di buon comportamento sono indicate sul cartello accanto all’ingresso, solo il giovane simpaticissimo cameriere gay risolleva gli animi ma non durerà a lungo.

03 ottobre 2016

PEKALONGAN – CIREBON

I preparativi per la grande fiera del Batik fervono in vista dell’inaugurazione di domani, l’evento richiamerà visitatori dall’intera isola e forse da città d’oltremare, noi invece partiremo subito dopo la visita al Museo del Batik, il più importante ovviamente, del settore. Entriamo. Le tre grandi stanze espositive raccolgono tutta la storia della produzione dei tessuti dipinti a mano i cui disegni non sempre appartengono al linguaggio estetico tradizionale ma sono spesso il risultato di contaminazioni stilistiche di culture esotiche, come quella cinese, giapponese ed europea. La preziosità del prodotto varia anche in base al tessuto utilizzato, dalla seta al cotone al tessuto in fibre di banano. Esponendo il meglio offerto dal mercato nel corso dei decenni, i tessuti esposti anche antichi venivano utilizzati principalmente come parei tradizionali, i Sarong. La mostra ne raccoglie decine, in parte indossati da manichini, altri esposti in bacheche, tutti sono meravigliosi ed uno in particolare mi affascina per originalità, è un double face i cui colori arancio e rosa sono separati in diagonale e raccordati da una magnifica composizione armoniosa di fiori in stile olandese. Il mio interesse è talmente esasperato che Vanni pensando di agire in gran segreto approfitta dello spunto per l’acquisto del mio regalo di compleanno e manda Pius incontro ad una missione non solo impossibile ma anche disperata dato che alla mezzanotte di oggi scatta il fatidico giorno. Che Vanni sia una persona fortunata lo dimostra tra le altre cose anche la vicinanza all’hotel Aston alla concessionaria Toyota dove i due soci si dirigono senza esitazioni subito dopo aver consegnato i bagagli al bellboy. Non mi rimane che cercare quel famoso Batik senza il quale sembra impossibile lasciare Java nel negozio più fornito della cittadina dove osservo gli handmade di seta e cotone in vendita a prezzi irragionevoli e con uno stile molto lontano dai miei gusti, poi ripiego su tre sciarpe di seta stampata, belle e decisamente super economiche rispetto al costo del taxi.

04 ottobre 2016

CIREBON

Cirebon non ha nulla di diverso rispetto alle altre cittadine di Java, dove interi quartieri anonimi sembrano la fotocopia l’uno dell’altro ed anche i risciò che ci erano sembrati così originali a Jojakarta, ora non stupiscono … ma in realtà qualcosa c’è. Spoglio e solo parzialmente accessibile, il Palazzo del Sultano non consola ma è pur qualcosa, ed in una delle stanze del museo annesso c’è un’antica carrozza che incanta. Fu concepita e realizzata nel VI secolo con l’obiettivo di impressionare non solo la persona che se ne sarebbe servita ma anche quelli che la vedevano spostarsi lungo la strada ma non solo. La carrozza ha la forma di un animale immaginario dorato ed in movimento, con la proboscide di elefante, il corpo e la testa di drago, le ali dorate e le zampe di tigre, ma la cosa più sorprendente è che i sobbalzi dell’incedere fanno alzare le sue ali e muovere la lingua dello strano animale. Sarebbe meraviglioso vedere il sultano seduto sul cuscino rosso, spostarsi lungo le strade attorno al suo palazzo … il taxista dice che non ne esce mai se non invitato a cerimonie ufficiali, nemmeno per una cena al ristorante. E’ così che decidiamo di rimanere in hotel con due candeline conficcate sulla mia fetta di torta, la bottiglia di vino bianco e l’happy birthday dei cari Vanni e Pius accompagnati dalle cameriere di turno. Niente bollicine in questa Indonesia sempre più radicale dove anche la birra è spesso una gentile concessione.

05 ottobre 2016

CIREBON – BANDUNG

Il capo delle concessionarie Toyota di Java è arrivato di soppiatto accanto ad Asia ed a differenza di chi vedendola per strada rallenta, guarda e va oltre, il Sig. Toyota ha promesso di inserire nel website la foto di gruppo al suo fianco appena scattata con grande soddisfazione di Vanni e nostra. Dopo i piacevoli convenevoli siamo infine partiti ed ora stiamo per entrare a Bandung che arriva preceduta dal paesaggio rigoglioso delle colline, delle distese di risaie, i laghetti e le piante di banano. Queste le immagini trattenute e conservate anche ora che che siamo dentro come i tre milioni di abitanti spalmati su una serie di colline. Stritolati dal traffico costretto in strade troppo strette arriviamo in hotel un paio d’ore dopo aver varcato la soglia della periferia, consapevoli che questa è la necessaria premessa di Jakarta della quale Bandung è per molti la vicina località di montagna, quella nella quale andare durante i weekend. Approdati al B&B lo troviamo divertente per i murales colorati e prezioso per l’incredibile disponibilità del direttore nell’aiutarci ad individuare i nostri prossimi obiettivi in questa grande mappa della città.

06 ottobre 2016

BANDUNG

Gli obiettivi in elenco riassumono i desideri da soddisfare in giornata qui a Bandung, scura dello smog che si è depositato ovunque, sugli oggetti, sulle persone e su tutto il visibile compresa la povertà distribuita a macchia d’olio nei quartieri che stiamo attraversando. Andiamo alle terme Ciater Sari Ater di Subang, distanti dalla città 53 km che dovremmo percorrere nell’ora e mezza prevista sia dal direttore dell’hotel che dal taxista che ci accompagna, ed eccoci ora sulla strada, spesso rallentati dal traffico, saliamo, scendiamo, ci intrufoliamo tra centinaia di motorini, piove, esce il sole. Infine dopo tre ore arriviamo alle terme, senza asciugamani, senza maglietta per coprire le procaci rotondità del mio corpo chiaro che risalta come una lampadina, se avessi almeno indossato il costume intero, anche se rosso fuoco lo scandalo sarebbe stato più contenuto. Conquistati dall’aspetto selvaggio della prima situazione, dove le poche strutture discrete in pietra si mimetizzano nella natura rigogliosa del terreno in ripido pendio, ci immergiamo nelle piccole, pozze naturali digradanti di acqua calda che scende in cascatelle spontanee piegando sui rami delle piante che le sovrastano. Il fondo è coperto di pietre rotonde sulle quali ci appoggiamo rannicchiati per sfruttare al massimo la scarsa profondità e rimaniamo fermi guardando chi ci osserva. C’è un grasso attempato signore seduto sulla grande pietra dietro di noi che si sta facendo massaggiare i piedi ed accanto a lui ci sono un passeggino ed una piramide di tessuto nero con una feritoia che inquadra gli occhi giovani di una ragazzina, quattro metri più giù ci sono io in bikini, oggetto di sguardi sbalorditi e poi minacciosi da parte del custode e del signore che però fa cenno di lasciare perdere. Si rilassano ma non troppo, intanto le persone passano, guardano, alcuni si fermano e altri vanno oltre, poi arriva la pioggia e rimaniamo soli tra il vapore che è diventato nebbia, emozionati in questo luogo che si è trasformato in un paradiso di vegetazione, acqua e pietra. Le quattro ore in auto trascorse per raggiungere la città e poi l’hotel hanno interrotto l’ambizioso programma di oggi che prevedeva la visita di tre gallerie d’arte. Felici e spappolati ci godiamo il meritato relax.

07 ottobre 2016

BANDUNG – JAKARTA

Ancor prima di esservi entrati l’approccio con la capitale è di inquieta perplessità, se è vero che il caos è proporzionale al numero degli abitanti, allora entrare a Jakarta che conta 10.000.000 di abitanti rappresenta la certezza di intasamenti ed ore di attesa nei trasferimenti, i tempi estremamente dilatati annunciati da chi la città l’ha vissuta e misura le distanze in ore di percorrenza anziché in chilometri perché non significativi. In realtà arriviamo all’Ibis Style Hotel senza problemi seguendo una delle autostrade che attraversando il tessuto urbano puntano a Nord… quindi tergiversiamo rimandando a domani il primo giorno di visita, ogni tanto anche la noia ha il suo perché.

08 ottobre 2016

JAKARTA

E’ ancora presto quando Vanni e Pius lasciano l’hotel in missione alla ricerca di Suor Iolanda, la leader delle suore canossiane a Jakarta che tengono battuta come segugi da mesi. Per avere il permesso di lasciare al sicuro Asia nella loro autorimessa, le hanno scritto email, le hanno telefonato e persino questo Hotel sorto non lontano dalla pista di atterraggio del Sukarno Hatta, non è stato scelto a caso. Sulla mappa della città, peraltro non molto dettagliata, convento ed hotel sembrano infatti piuttosto vicini, eppure dopo un paio d’ore Vanni mi telefona dicendo che il taxista ha previsto altre due ore di viaggio per rientrare e snobbandomi senza batter ciglio mi consiglia di prendere un’auto a nolo per tutta la giornata e di andare sola in visita alla città, è così che dissotterro l’ascia di guerra. Fatto sta che ancora piuttosto incazzata parto anch’io in missione ed a bordo di un taxi Blue Bird raggiungo il New Museum iniziando così la visita della città dal cuore pulsante delle tendenze espressive degli artisti indonesiani contemporanei che gravitano attorno ad essa. Tutto è ricondotto alla logica del controllo dell’immagine attraverso soggetti iperrealisti orientati al femminile, tema scottante in questa nazione musulmana sempre più integralista. Mi fermo a lungo con il giovane custode che ama condividere la sua passione per l’arte ed infine dopo aver esplorato la città a lungo, dai finestrini dei taxi o a piedi, dopo aver infine osservato con sgomento la mia immagine riflessa sulla vetrina di un centro commerciale dove sono finita per l’interesse della sua cupola neoclassica, provvedo abbandonandomi ad uno shopping total body funzionale all’appuntamento con Vanni che mi ha invitata a cena in un esclusivo ristorante giapponese del centro. Serata indimenticabile.

09 ottobre 2016

JAKARTA

L’immagine dell’altissima Signature Tower la cui ambiziosa altezza sfiora i 600 metri è stampata come quella di una soubrette su riviste e depliant ed è indicata sul web come l’architettura contemporanea da non perdere in città… google la mostra accattivante e bella, la più preziosa torre della capitale competitiva con le altre che svettano altissime nel mondo. Un bluff in realtà che non si è alzato oltre il sesto piano e la cui ricerca ci ha fatto ruotare attorno ad un paio di quartieri per la legittima ignoranza del taxista che non sa nemmeno di cosa stiamo parlando. Quindi ci fermiamo in corrispondenza della city. L’area non riserva grosse sorprese con i suoi alti edifici che non spiccano per originalità ma trasmettono il desiderio di sicurezza e di benessere, in controtendenza alla miseria che riempie ogni interstizio, che cammina per strada e si deposita nelle baracche che vediamo a perdita d’occhio, non solo nelle periferie. Le torri patinate distraggono, rendono i quartieri di questa enorme città visibili e riconoscibili. Le autostrade e le grandi arterie stradali penetrano il tessuto urbano, divaricano i grattacieli e collegano in questo momento per noi alla città storica nella quale ci fermiamo per vedere i bassi edifici neoclassici dei colonizzatori olandesi che li hanno voluti discreti e li hanno impreziositi con semplici geometrie decò. Incasinato e sporco è devastato dai clacson delle auto che passano di fronte alle vetrinette appannate dei venditori ambulanti di Nasi Goreng. E’ il quartiere più caotico e rumoroso dei due nei quali ci siamo fermati per due passi, molto altro abbiamo visto dai taxi sui quali abbiamo viaggiato per ore coprendo una distanza di circa 100 km senza mai uscire dal centro abitato. E’ senz’altro il modo migliore per osservare la complessità di questa enorme città nella quale ci si muove lenti come pachidermi, per misurarne il fuori scala e la caoticità del traffico nel quale si rimane bloccati per ore… è questo suo essere eccessiva in tutto che fa di Jakarta una città piacevole.

10 – 11 ottobre 2016

JAKARTA – CILEGON – JAKARTA

Cilegon è vicina ma non particolarmente attraente se non per la bella moschea grande e lucida di piastrelle. Un fuori scala sulla strada statale che attraversa il piccolo centro abitato dove Vanni trova sorprendentemente un pezzo di ricambio per Asia. Il cielo è quasi bianco di nuvole ed un poveretto coperto di un paio di mutande così sdrucite da non nascondere il suo pene è raggomitolato ai piedi di una serranda chiusa, oltre una ringhiera che sembra la sua gabbia. Mi chiedo a cosa stia pensando.
Rientrati a Jakarta da Cilegon chiudiamo in bellezza con la cena dalle suore Canossiane che raggiungiamo a fatica nel tardo pomeriggio seguendo un taxista che non sa come trovarle. Poi dopo tanto girovagare varchiamo finalmente il cancello che interrompe l’alto muro di cinta del convento, grande e dotato di una comoda autorimessa per Asia che rimarrà qui fino alla prossima primavera. Ceniamo nel grande refettorio in compagnia di Suor Iolanda e delle sue ancelle che hanno gentilmente preparato per noi un abbondante banchetto… tutte contente di conoscere finalmente quel Giovanni che le ha intortate per mesi.

12 ottobre 2016

JAKARTA

Avanziamo al ritmo lento del centro, le lunghe attese della mattina si prolungheranno fino a sera inoltrata in questa Jakarta che sembra non addormentarsi mai. Scendere dal taxi e proseguire a piedi sembra spesso l’unica immediata via d’uscita, ma come lasciare il taxista nella trappola dove l’abbiamo portato … e dove sono i marciapiedi sui quali camminare? Il conducente del resto si è organizzato ed espone nella tasca posteriore del suo sedile alcune riviste con le quali distrarsi e sedare gli animi, proprio come nella sala d’attesa del dentista o dal barbiere. Stiamo andando a Kota Jakarta Selatan, l’art district dove troveremo alcune delle gallerie d’arte in città, la sopravvissuta delle due in programma è la Edwin’s Gallery in Jalan Kemang Raya, South Jakarta. Tra le opere più insolite esposte i Setjangkir Kopi Dari Plaja, marionette o creature magiche? Estremamente espressivi i Kopi sono stati realizzati con sapienza in materiali naturali, evocativi di sentimenti e di stati d’animo profondi, interpreti di storie d’amore e di tragedie. Dopo un discreto numero di foto scattate in un tempo imprecisato rivedo Vanni raggiante, conquistato dall’opera dinamica di un artista che sta lavorando nel laboratorio al primo piano, me ne mostra una in sala, si illumina, si muove, emette suoni… è bellissima! Senza mai allontanarci troppo facciamo due passi immersi nell’atmosfera vivace e di tendenza che si respira da queste parti, dove cercando altro troviamo anche un ristorante turco, il Karim Zorlu, nel quale ci proponiamo di tornare. Poco dopo, in taxi ci muoviamo tra le lussuose abitazioni che si intravedono blindatissime dietro gli alti muri di cinta, ma la povertà è dietro l’angolo, feroce, ai lati delle stradine di terra battuta che si insinuano dietro le bancarelle di frutta, là dove guardiamo con discrezione quasi vergognandoci di passare oltre. A questo punto rimane da vedere il monumento nazionale per eccellenza, la Monas Tower della quale si dicono molte cose, per esempio che il top a forma di spumino dorato sia in realtà di oro massiccio, quello sottratto con l’inganno alla Papua Nuova Guinea. Non ci piace, sembra un enorme candeliere illuminato in rosa ciclamino e la vista panoramica a quest’ora della sera è zero non essendoci poi tanto da illuminare in città. Impieghiamo più di due ore per rientrare in hotel senza cena con la sola opzione del frigo bar, ma siamo carichi di energia e di entusiasmo, non per la torre appena vista, ma per la particolare evoluzione di questo viaggio ormai compromesso dalla pioggia. Abbiamo pensato che continuare a consumare chilometri senza poter godere dei paesaggi, delle spiagge e di tutto il resto non ha molto senso e per questo domani nel primo pomeriggio partiremo diretti in Kenya, a Diani Beach per godere di quei 31 gradi ventilati dei quali Franco ci parla da giorni e che noi abbiamo voglia di sentirci addosso.


01 Argentina


10 Novembre 2005

BOLOGNA – BUENOS AIRES

Che fatica 12 ore di volo tutti pigiati nelle poltroncine dell’economy! . Eppure il viaggio è stato perfetto..una continua serie di coincidenze che si sono ben incastrate, tra aerei in ritardo, sostituzioni e business class in alcuni tratti per tutti noi tranne Vanni…bagagli arrivati a destinazione nonostante i cambiamenti dell’ultimo minuto. Pensiamo che tanta fortuna vada incoraggiata e così eccoci dopo poco alla ricevitoria sotto l’Hotel a “dare i numeri” ..cinque numeri secchi che fino a domenica ci faranno sognare.
Buenos Aires dopo una prima impressione negativa arrivando in taxi dall’aeroporto, si è poi guadagnata un posto di merito come piuttosto interessante soprattutto nella zona del porto recentemente riqualificata con la realizzazione di edifici, ponti e di un ampio parco urbano che non abbiamo ancora visitato. Sushi in chiusura fino ad addormentarci sui piatti, stanchi della precedente notte quasi insonne e per il fuso orario che ci ha catapultati indietro di ben 5 ore !
La città di notte sembra un’astronave in partenza …1000 lucine ci abbagliano mentre pensiamo a tra poco….. quando il sonno finalmente potrà fare il suo corso.

11 Novembre 2005

BUENOS AIRES

Devo assolutamente iscriverci alle Millemiglia Alitalia…visti i numerosi viaggi. Vanni è già sparito alla colazione..è sempre molto agitato quando deve sdoganare Carolina che oggi finalmente rivedremo nonostante il clima di incertezza che aleggia intorno all’argomento .. ma Buenos Aires non è Mombasa per fortuna! Sto immaginando ogni ben di Dio al buffet dell’hotel Nogarò … tra poco andrò anch’io a deliziarmi dei suoi colori e profumi. Angelo e Raffaella sono svegli dalle 6.30…non voglio pensare alla loro colazione mentre mi chiedo se sarà rimasto qualcosa anche per noi che sfidando ogni Jet leg abbiamo aperto gli occhi alle 9.30? Fantastici il crème caramel e la macedonia…peccato che io sia sola a gustarmeli. Vanni che era uscito presto per Carolina non è tornato vincitore …forse lunedì…chissà! La mattinata è scivolata via passeggiando tra gli splendidi edifici di Puerto Madero, molte foto ed una forte sensazione di benessere. Poi il bellissimo fiore dell’architetto Cordoba, suggestivo e metallico. Vanni intanto mi raggiunge, dopo ore spese tra assicurazioni varie, per la visita al bellissimo museo Mamba, dove scopro che anche i pittori sudamericani si muovevano sulla scia delle avanguardie storiche europee. I taxisti sono tutti molto loquaci oggi, veniamo a sapere da uno di loro che per far fronte al grande flusso di auto verso il centro della città nelle ore di punta, una grande strada di 6 corsie è a senso unico la mattina ed a doppio senso nel pomeriggio .. non sarà facile quando avremo Carolina destreggiarci tra trappoloni di questo tipo mentre le auto attorno a noi sfrecceranno in grande disordine quasi sfiorandosi. E’ sera quando ripassiamo vicini al grande fiore che ora si è ricomposto in bocciolo attraverso un movimento meccanico verosimile. Siamo diretti ad un ristorante consigliatoci dal taxista, un chiacchierone che ora ci riassume gli ultimi decenni della storia argentina…sembra che questa attività sia la prerogativa dei logorroici! All’ingresso due fuochi sono circondati dai cadaveri di agnelli squartati disposti in cerchio a cucinare…all’interno la grande sala è piena di tavoli vuoti..ci accorgiamo di essere in netto anticipo rispetto alle abitudini dei locali che arrivano numerosissimi solo dopo un’oretta. Mangiamo bene , appagati e stanchi rientriamo in camera dove Vanni si sottrae alle mie avances.

12 Novembre 2005

BUENOS AIRES

Con una scusa o l’altra i ragazzi ci svegliano tutte le mattina verso le 9…credo che vogliano allenarci per i giorni a seguire. Colazione con mele cotte ma non prima di un po’ di sano sesso….. pantaloni bianchi e t-shirt il mio look si adegua all’ estate finalmente! Andiamo tutti insieme verso San Telmo, il quartiere degli artisti e degli antiquari dove si respira un clima di tranquilla immobilità…mi ricorda il Messico, con gli indios a vendere il loro artigianato sul marciapiede e qualche intramontabile hippy. Ci avventuriamo poi a piedi tra i quartieri poverissimi che portano alla Boca, antico borgo di pescatori genovesi, le cui case fin da allora sfoggiano gli allegri colori dell’arcobaleno. Ma che odore terribile di acqua in putrefazione qui a Boca dove, come in un luna park impazzito, camminiamo ascoltando il tango sparato a tutto volume mentre i ballerini danzano a ridosso dei vari bar e ristoranti o semplicemente per il loro piacere in disparte su un paio di metri quadrati di asfalto libero. Segue la scelta del ristorante meno rumoroso ed una bella tortilla vegetale nell’ora a seguire accompagnata dal cattivo umore di Vanni come dessert. Ci servirà un po’ di tempo per assestare i nostri caratterini in questa che sarà una lunghissima vacanza. A volte basta un po’ di polvere masticata per strada o una marcia a piedi non voluta per fare scattare i rispettivi malumori..quante cazzate! Siamo fortunati ad essere qui insieme all’inizio di questa lunga avventura attraverso le pampas argentine…tutto il resto scaturisce credo dal nostro narcisismo …ma solo ogni tanto. Mentre scrivo penso a Giovanna…chissà come procedono le avventure parallele di Francesca e Janez? La mia curiosità ora è tutta proiettata verso l’Italia, chissà se Giovanna e Graziano saranno già stati nella nostra casetta di Bologna, e Catia, Chiara, Elisa cosa staranno combinando? Che meraviglia questo universo femminile…così tormentato, affascinante e creativo! E che donne queste ballerine di tango…toste e svolazzanti. Il tango è un ballo che si consuma nell’aria anche al Viejo Almacèn dove vediamo volteggiare coppie di bravissimi ballerini ma in un contesto purtroppo iperturistico. La “Nilla Pizzi” di Buenos Aires è stata fantastica, mentre nella sua parrucca castana cantava con la maestria dell’ esperienza decennale i brani malinconici e passionali del suo repertorio.

13 Novembre 2005

BUENOS AIRES

E’ domenica oggi ma le campane suonano meno insistenti delle nostre…formulo l’ipotesi che l’intensità del suono sia inversamente proporzionale alla distanza dal Vaticano e a 12000 chilometri lo scampanio suona debole! Il quartiere di San Telmo oggi indossa una vivacità scoppiettante, centinaia di bancarelle propongono un po’ di tutto…dal modernariato che ci proietta in realtà domestiche sconosciute, ai tanti prodotti dell’artigianato locale, colori e trasparenze, la musica sempre presente e molti dei venditori ambulanti in maschera. Un giusto compromesso tra un mercatino delle pulci ed il carnevale. Qui può capitare di dover chiedere il prezzo di un vecchio macina caffè ad un Batman, ad un soldato medievale o ad una dama dell’ 800. Ma ecco le nuvole grigie sopra di noi ed un gattino nero miagolante, abbandonato in un angolo sotto la scala interna di un vecchio palazzo. Credo sia cieco…piango impotente. In hotel un vecchio film in bianco e nero in lingua spagnola, un mix tra Gilda e Zorro. Usciti per fame a metà pomeriggio abbiamo condiviso il pranzo – cena con qualche goloso piccione nella veranda di un bel ristorante lungo il canale di Puerto Madero. Mangiato bene con bella vista poi però a letto presto senza cena. Film di De sica “ il generale della Rovere” per il jazz dovrò aspettare un’altra occasione.

14 Novembre 2005

BUENOS AIRES – PUNTA DELL’EST

La mattina è tutta dedicata allo sdoganamento di Carolina…che ora staziona azzurra più che mai sul ponte del traghetto diretto a Montevideo in Uruguay. Ore frenetiche di preparativi funzionali al proseguimento del viaggio hanno preceduto la partenza delle 15.30 su questo traghetto piccolo, affollato ma veloce. L’arrivo dal mare è come sempre suggestivo…ripenso a Ruskin quando descrive il suo ingresso nella Venezia di inizio ‘800 e l’emozione che suscita in lui scorgere Piazza San Marco improvvisamente apparsagli come un gioiello galleggiante sul mare in uscita dal Canal grande. Montevideo si staglia bianca sullo zoccolo acquoso, dalla sua skyline emerge come una grande vela un grattacielo nero, unico e imponente. Decidiamo di non fermarci per proseguire invece verso Punta dell’Est, rinomata località turistica sulla costa. Molte lucciole ed un grande incendio come fari nella notte senza luna. Troviamo sistemazione ormai tardi in un alberghetto anni ’70 senza pretese anche nel prezzo e ceniamo in un affollato ristorante sul mare dove l’ignoranza linguistica mi vede mangiare un purea di mele anziché di melanzane come avrei voluto…del resto manzana suona molto simile a melanzana ahimè.

15 Novembre 2005

PUNTA DELL’EST – COLONIA DEL SACRAMENTO

Il cielo nuvoloso non aiuta certo Punta dell’Est a piacerci…edificazioni selvagge degli anni ’70 ne restituiscono un’immagine squallida dalla quale desideriamo solo fuggire. Transitiamo per Montevideo senza fermarci per arrivare in fretta a Colonia dove un Argentino incontrato ieri in traghetto ci aveva vivamente consigliato di andare. La città coloniale patrimonio dell’umanità conquista tutti noi che ci godiamo il primo bel tramonto sul mare accompagnato da vino rosso per festeggiare l’atteso evento. La Posada Plaza Major che ci consiglia vivamente la nostra guida è uno dei pochi hotel ricavati in un vecchio edificio coloniale ad un solo piano con giardino centrale sul quale affacciano le stanze impreziosite di arredi antichi su pareti in pietra a vista. Il cortile centrale tutto colorato degli ibiscus rosa e del verde della vegetazione rigogliosa invita alla sosta deliziata inoltre dalla fontana circolare che posta esattamente al centro dello spazio quadrato produce un piacevole rumore di sottofondo. La nostra camera ci piace molto con il suo alto soffitto di travi in legno e pietra alle pareti, gli unici colori a tinte vivaci sono le piastrelle di ceramica che ricoprono il davanzale della bassa finestra. A terra cotto e..le nostre valigie spalmate un po’ ovunque. Una grande cesta piena di pigne ci impedisce di aprire la finestra che affaccia sulla strada..ma che importa, c’è l’aria condizionata! Colonia è bellissima nella sua atmosfera coloniale, fatta delle sobrie case basse, degli intonaci scrostati nonché degli acciottolati di un tempo. Nessuna chiassosità qui ma solo un tranquillo equilibrio formale che ci proietta nelle atmosfere di un passato che non vuole tramontare. Di Buenos Aires sull’altra sponda del Rio Plata che si divarica in una grande foce intravediamo solo i grattacieli piccolissimi, quasi immaginati sulla linea dell’orizzonte che si definisce all’imbrunire. Qualche cane randagio ci segue mentre passeggiamo tra le numerose auto d’epoca parcheggiate ai lati delle strade, immote nella loro ruggine e le gomme a terra…evocative di tempi mai vissuti. Ceniamo nel ristorante coloniale molto d’atmosfera con il suo colore rosso Pompei alle pareti ed i legni scuri del pavimento e degli arredi..decisamente spagnoleggiante. Siamo tutti e quattro felici questa sera..beviamo, ridiamo, mangiamo e meditiamo di fermarci qui anche domani. Poi camera n°5 con candela e Vanni.

16 Novembre 2005

COLONIA DEL SACRAMENTO

Ho sognato di pesare 66 kg…devono essere i sensi di colpa per l’abbuffata di ieri sera! Forse proprio quest’incubo mi ha fatto svegliare alle 10…visti i precedenti suona quasi come un miracolo!..riusciamo così a fare una rilassante passeggiata per le fiorite stradine della città vecchia e nel primo pomeriggio andiamo finalmente sulla spiaggia del Rio Plata dove la sabbia luccica delle pagliuzze dorate che il fiume trascina con se…ma non è argento quello che vediamo, bensì schegge di rame ossidato. Dopo un bagnetto nelle fredde acque del fiume andiamo alla ricerca di quattro nuovi pneumatici per Carolina ma, sorpresa : qui in Sudamerica costano più che in Italia! Vanni è imbufalito per la falsa e tendenziosa indicazione del suo referente italiano ( che poi scopro essere sempre Vanni). Niente tramonto questa sera….ma un po’ di cannabis per consolazione ! La consumiamo nel giardinetto defilato della posada che tra l’altro si affaccia sul fiume. Dopo cena e dopo essermi sorbita il corteggiamento rivolto da Vanni alla cameriera sdentata di nome Anna rientriamo per l’operazione valigie. Vanni mi mostra un oggettino che racchiude in piccolo i principi di funzionamento del narghilè, poi infastidito dal mio avergli fatto notare l’atteggiamento troppo da intorto nei confronti della sdentata lui mi rivolge un laconico – Zanzibar the same – Domani sveglia alle 8.30..sarà un incubo e vestirò in viola…Vanni intanto si lamenta della sua camicia che non gli piace e medita di smontare dal suo comodino un bellissimo piccolo specchio molato ovale, naturalmente mi oppongo all’inutile deturpazione di questa camera così carina. Saremo di nuovo a Buenos Aires domani mattina….la partenza per il sud è ormai prossima!

1 Novembre 2005

COLONIA DEL SACRAMENTO – CNL DORREGO

La partenza dalla bella posada di Colonia è stata un po’ sofferta…ripensiamo oltre alla sua calda atmosfera anche alla meravigliosa marmellata di arance delle colazioni fuori orario consumate negli ultimi giorni. Veloci ci dirigiamo al traghetto e poi dopo poco più di un’ora avvistiamo i grattacieli della capitale che ci appaiono diversi ora sotto il sole accecante delle 11. Alcuni sembrano dipinti a olio, bianchi e neri su campo azzurro. Una volta raggiunta usciamo subito da Buenos Aires ma non senza difficoltà, la grande città tentacolare sembra volerci trattenere mostrandoci solo segnaletiche incomprensibili ed un infinito reticolo di strade che percorriamo senza riferimenti certi, ma ce la caviamo comunque con un paio di interviste ai passanti. Una volta usciti si apre ai nostri occhi un territorio pianeggiante senza alberi ma con una sorprendente densità di mucche…siamo nel cuore della Pampa argentina! Qualche gaucho cavalca in lontananza, molti uccelli tra cui spiccano un gruppo di fenicotteri rosa immobili vicino ad un laghetto. Guidiamo per ore ed ore inseguendo un orizzonte che continua a sfuggire, l’obiettivo è Bahia Blanca verso la penisola Valdez ma poi inizia a prendere forma l’idea di fare una piccola deviazione per fermarci a dormire in una estancia . Raffaella ne opziona una dalla guida che sta studiando da ore….è l’Apollo XI a 20 km dal punto dove siamo ora. Andiamo. La pampa qui sembra non avere limiti, circondati da questo bellissimo scenario chiediamo informazioni per l’estancia. La signora che gestisce un piccolo market ci indica un ragazzo che potrebbe esserci utile, qualche segno rosso su un foglietto e partiamo seguendo l’ermetica mappa, ci addentriamo nella pampa inseguendo un bell’arcobaleno sotto il quale pensiamo, troveremo il nostro tesoro. Il sole è già basso, e l’orizzonte si colora di rosso mentre procediamo sulla sterrata un po’ fangosa. Arriviamo ad una fazenda in stile coloniale dove un edificio dei primi dell’ ‘800 di colore chiaro si staglia sulla fitta vegetazione scura, qualche palma ne complica l’atmosfera che ci affascina. Sembra disabitata questa San Joaquin , ma poco dopo un signore esce dall’edificio annesso, probabilmente la stalla, lo seguono tre bellissimi gatti ed un cane. Giocano. Li accarezzo mentre l’uomo forse sordo ci dà indicazioni urlate e confuse per proseguire la nostra caccia al tesoro. Pare che il proprietario dell’Apollo XI rientri solo tardi la sera alla sua estancia, quindi dovremo aspettare il suo necessario arrivo per essere accolti. Ci allontaniamo da S. Joaquin seguendo le indicazioni appena avute mentre sulla guida leggiamo di essere diretti in una cellula danese dispersa nel mezzo della pampa argentina, ma ecco troviamo un cartello bianco che riporta a chiare lettere verdi la scritta “Apollo XI “. Siamo felici di aver centrato l’obiettivo senza perderci in queste lande desolate e per l’avventura di percorrere i tanti sentieri fangosi tinti di rosso da un tramonto mozzafiato. Un grosso cane da guardia ci assale al nostro arrivo….prima di scendere dall’auto suoniamo il clacson per capire se c’è qualcuno che possa tenere buona la belva che intanto ci mostra fiera i suoi denti. L’edificio in mattoni faccia a vista è piacevole ma non spaziale, ne esce una giovane biondina che emozionata per il nostro arrivo ci dice che l’edificio è in ristrutturazione ma che chiederà comunque al proprietario. Dalla porta di ingresso escono solo una musica forte e delle risate, saremo arrivati nel bel mezzo di un festino? Mentre Vanni e Angelo scendono a vedere le camere disponibili la Raffa dice che trova questo luogo un po’ sinistro e non vorrebbe fermarsi. Il prezzo ci fa desistere….80 USD a testa è decisamente troppo per dormire nelle camere tristi che Vanni e Angelo ci hanno descritto, e poi non sono attrezzati per la cena che sarebbe eventualmente reperita dal proprietario fuori dall’estancia. Viene l’idea di trattare sul prezzo ma è quasi buio e dobbiamo tornare in tempo sulla strada principale asfaltata. Affamati ci fermiamo a cenare in una tavola calda annessa ad un distributore dove facciamo rifornimento e dove la sopa de verduras non ha nessun sapore come il resto. Dormiamo presso uno squallido affittacamere nel paese vicino, dove le lenzuola sembrano di carta velina ed il bagno tutt’altro che igienico. Siamo a CNL Dorrego, vicini a Bahia Blanca.

18 Novembre 2005

CNL DORREGO – LAS GROTTAS

Ci siamo svegliati presto e stranamente riposatissimi in questa stanza poco accogliente a Dorrego ( con monta di mucca che ci è molto piaciuta), ma due passi per il paese hanno restituito anche visivamente l’armonia dei giorni passati. Una sorta di vivacità contenuta caratterizza l’atmosfera dei centri abitati argentini, come se tutta l’energia vi fosse concentrata. All’esterno invece il nulla, lande sterminate si animano qua e la di mucche, cavalli, pecore e molti volatili negli stagni. Ripartiamo felici e con un vassoietto di paste prese in panetteria, il cielo è azzurrissimo ma il vento non smette mai di soffiare. Ci fermiamo a Bahia Blanca per un pit stop necessario: le gomme sono quasi lisce ma la “gomeria Pirelli” è efficientissima ed in 45 minuti siamo già pronti a ripartire. Acquistate un po’ di prugne secche…potrebbero servire! La seconda tappa è Las Grottas, ridente paesino sulla costa, sempre verso la penisola di Valdes, famoso pare per le sue acque particolarmente tiepide. Un’ altro tramonto mozzafiato sulla battigia ancora umida di acqua salata che la marea ha scoperto ritirandosi di almeno 50 metri e che ora come un grande specchio si colora di rosa…che meraviglia! Anche questa sera mangiamo malissimo, il colore grigio del pesce suggerisce il suo sapore. Smaronata vado a letto nella camera vista mare dell’ hotel del Golfo. Ci amiamo molto. Vanni sta suggerendo che mi ama solo lui, mentre io farei finta!

19 Novembre 2005

LAS GROTTAS – PUERTO PIRAMIDES

Mi sveglio con un cattivo umore da manuale…Raffaella ieri sera è stata piuttosto dura nei miei confronti, sarà questo che mi rende così arrabbiata? Andiamo in passeggiata lungo la spiaggia per vedere le grotte che il mare ha eroso nell’alta parete rocciosa ma poi mentre raccogliamo conchiglie e scattiamo qualche foto lentamente recupero un po’ di sano buonumore. Arriviamo a Puerto Piramides nel pomeriggio, dopo aver avvistato dall’alto le falesie che caratterizzano questa parte della penisola e che definiscono la meravigliosa baia dove le balene si riproducono poi scendiamo nel paese colorato che vi si affaccia. Il vento quasi ci travolge quando scendiamo dall’auto vicino alla spiaggia dalla quale partono i gommoni di avvistamento. Attorno a noi le alte falesie chiare disegnano un ampio arco ad arginare il mare blu. Un disordine di colori prende corpo alle spalle della spiaggia..sono le persone e le case e poi le insegne pubblicitarie che invitano ad uscire in quel blu abitato dalle balene. Rimaniamo immobili ad osservare, ormai è impossibile uscire, la luce sta calando ed il mare un po’ mosso non è l’ideale per l’avvistamento. Rimandiamo alle otto di domani mattina il nostro appuntamento con gli enormi cetacei. Ora ci concediamo un tè caldo in un baretto colorato mentre poco lontano sulla spiaggia alcuni cani si rincorrono giocando. Al tramonto ci avventuriamo con Carolina sui sentieri sabbiosi che conducono alle saline naturali al centro della penisola e poi verso le falesie della costa dove la baia ci appare di nuovo magnifica anche da questo punto di vista. Dormiamo in una camera che affaccia su un piccolo cortile rosa intenso..mancano poche ore ormai alla nostra uscita in barca!

20 Novembre 2005

PENISOLA VALDES – PUERTO MADRIN

Alle 5 del mattino un gallo zelante ci sveglia e alle 8 siamo già all’ufficio “Moby Dick” ad indossare gialle cerate di gomma e giubbotti salvagente rossi che ci fanno muovere come automi. L’ammaraggio avviene grazie ad un trattore che spinge il gommone sulla lunga spiaggia ancora bagnata dal mare verso il blu immobile davanti a noi. Le balene ci sfiorano, passano sotto di noi a pochi centimetri dalla chiglia , enormi ed innocue…ogni tanto un piccolo gioca mostrandoci la grande pinna per poi subito rituffarla, soffiano dal dorso, piroettano su se stesse…sono almeno dieci, bellissime. Ci perdiamo ad osservarle affascinati dall’insolito spettacolo. Nelle ore successive percorriamo le strade ghiaiose della penisola fino ad esplorarne ogni suo angolo. Vediamo i pinguini, i leoni di mare gli armadilli ed una costa mozzafiato. La penisola è un sogno e gli animali che la abitano, intenti a riscaldarsi al sole, schiacciano molli pisolini sul bagnasciuga. Sembra la Rimini delle otarie, una addosso all’altra ad amoreggiare o a fronteggiarsi, ma sempre così pigre dentro le loro enormi pellicce…ne siamo conquistati. La polvere dietro di noi che viaggiamo a velocità sostenuta si dirada lentamente, c’è ancora poco vento. Procediamo verso Puerto Madrin dove finalmente ci godiamo un’ottima cena di pesce al ristorante Placido con vista mare. Rientrati vediamo tutti insieme in camera il filmato della spedizione della mattina e qualche foto. Ci addormentiamo abbracciati, sfiniti di coccole.

21 Novembre 2005

PUERTO MADRIN – GAIMAN – PUNTA TOMBO – TRELEW

Il risveglio ci sorprende nella super camera d’angolo dell’ “Hotel de la Playa” i cui due prismi triangolari vetrati ci proiettano oltre la volumetria scatolare dell’ hotel verso il mare. Ma che rumore! Il lunedì sono tutti in auto fin dalla mattina presto e noi dormiamo praticamente sul semaforo. Partiamo lenti verso Gaiman, ridente paesino di matrice gallese dove le sale da tè molto old style sembrano spuntare come funghi poi ci dedichiamo ad una bella camminata respirando la patinata atmosfera che ne trasuda. Ne scegliamo una, non la più antica ma la più discreta aperta a quest’ora. Sembra abitata dalle fate. Giardino fiorito, prato impeccabile ed una degustazione di torte e confetture degne di un Lord. Unico scivolone il copriteiera fatto all’uncinetto e di lana, kitch più che mai! Ciò che ci è apparso qualche ora dopo è incredibile, a Punta Tombo esiste quella che definirei la città dei pinguini di Magellano. Sono 50.000 gli esemplari residenti in questo che sembra il paese dei balocchi…migliaia di tane e pinguini che circolano zampettando nei principali corsi di collegamento tra la metropoli ed il mare…che rappresenta per loro un grande frigorifero! Mentre sono qui incantata a guardarli non posso non pensare che se mi avessero portata qui da bambina non avrei più voluto andare via. Ogni tana è occupata da almeno un pinguino che si prende cura di un uovo o dei piccoli che riusciamo a vedere parzialmente sotto l’adulto che lo protegge. I più battaglieri di loro si prendono a beccate nel bel mezzo dei percorsi, altri invece iniziano a beccare i jeans di Angelo che si dà alla fuga. Un luogo indimenticabile. Ripartiamo al tramonto con una variazione sul programma: Raffaella propone di tagliare da qui verso ovest dirigendoci subito verso le Ande per arrivare domani al parco Los Alerces dove larici millenari si affacciano sul lago omonimo. Sosta tecnica quindi all’ hotel “Centenario” di Trelew che non ci fa impazzire.

22 Novembre 2005

TRELEW – LOS ALERCES

La tiratona in macchina di oggi presuppone una partenza prestissimo e così alle 6.30 siamo già pronti. Mi sento un po’ come Fantozzi quando partiva per la gita in barca con zaino in spalla contenente la colazione al sacco..ma ne valeva la pena: infinite prospettive degne dei migliori fotografi del National Geografic si susseguono lungo il tragitto. Nessuno di noi aveva mai visto rocce di un colore rosso così vivo ..e poi montagne innevate, tortuosi corsi d’acqua, piccoli canyon, insomma tutto ciò che la natura ha di meglio da offrire, lo sta offrendo proprio ora a noi quattro.
Arriviamo al lago dopo otto ore di viaggio compresa la breve sosta pranzo in un ristorante sulla strada che non prometteva nulla di buono ma dove in realtà mangiamo benissimo…si, anch’io finisco col cedere al profumo di queste lasagne alle verdure, praticamente una mattonella di spinaci racchiusa in due veli di pasta fatta in casa ed immerse nella besciamella…una squisitezza! Al tavolo vicino una coppia di turisti non più giovani conversa animatamente con un terzo che si è unito invitato da loro. Ha l’aria simpatica e sorride, Jeans ormai grigi, scarponcini da trecking vissutissimi, un grosso maglione di colore indefinito ed un fazzoletto al collo, barbetta e lunghi capelli grigi…ha l’ aria interessante di chi è partito per un lungo viaggio molti anni fa e non si è ancora fermato, di chi non teme nulla, nemmeno la fame o il freddo o chissà cosa..di chi potrebbe dormire ovunque anche in un materasso pieno di pulci senza fare una piega…insomma uno di quei viaggiatori DOC che ancora capita di incontrare ogni tanto come uscito dalle pagine di una romanzo d’avventura. Là fuori vediamo la lambretta con la quale viaggia, super accessoriata di ogni cosa compreso il pentolino per il caffè legato di fianco alla targa ..chissà se a mezzanotte si trasformerà in un impetuoso destriero per cavalcare tra le lande desolate della pampa.
Il parco Los Alerces è famoso oltre che per il lago sul quale affacciano le alte montagne innevate, anche per un gruppo di larici antichissimi ( fino a 4000 anni ) che si trovano sul versante nord immersi in un fitto bosco più giovane che li protegge. Cespugli di ginestre e di fiori a spiga viola segnano a macchie la strada che costeggia il lago, nuvole di piccoli fiori gialli ci accompagnano fino all’arrivo all’ Hotel “Futalaufquen”, il migliore leggiamo sulle guide ma dal nome impronunciabile. Questo albergo sembra scivolato qui dalle nostre Alpi, per lo stile simil-baita che prende forma dal sapiente mix di pietra e legno all’esterno e per le boiserie all’interno che incorniciano pareti color avorio e gli enormi camini che riscaldano l’ambiente già molto avvolgente dei salotti dai tessuti scuri dai quali comodamente attraverso le grandi vetrate vediamo il lago e la vegetazione di contorno. Ma i 240 $ che ci chiedono non sono pochi per la seppur comoda camera con vista e così la simpatica contrattazione di Vanni ed Angelo rivolta alla carinissima receptionist Marisa si rende necessaria. Se accetteremo la sua ultima offerta di 200 $ saremo gli unici ospiti di questo magnifico castello sul lago…come resistere? Impossibile, dobbiamo recuperare la mediocrità del “Centenario” di ieri sera…Marisa rilancia divertita offrendoci per la stessa somma le due suite con terrazza sul lago. Prendiamo presto possesso della 3 e della 4 del primo piano i cui terrazzi si protendono verso l’esterno come escrescenze di legni ordinati. Ci accoglie un piacevole tepore ed una parete azzurra che fa molto casa. Le valigie aperte sulle assi di legno del pavimento, la doccia, ed è già l’ora di cena. Ci troviamo davanti al camino a gustarci un Cabernet-Malbec della Rutini col quale proseguiamo poi ad accompagnare gli appetitosi piatti di Daniel, un marcantonio di cuoco che sembra strano si diletti a comporre piatti così gustosi e delicati. La partita a backgammon segna come un gong la fine della lunga giornata che ci ha visti spettatori di bellezze antiche sempre mutevoli….domani ci aspettano gli alberi millenari.

23 Novembre 2005

LOS ALERCES

Ci svegliamo immersi in un silenzio immobile poi l’apertura degli scuri ci proietta nell’atmosfera autunnale di pioggia e nuvole così basse da non vedere più nemmeno il lago anche se vicinissimo. Sarà una giornata di molle relax e di piccoli lavoretti…devo scaricare le foto e rinumerarle. Ma che peccato per gli alberi …hanno aspettato 4000 anni perché li vedessimo e noi probabilmente ripartiremo senza averlo fatto. Del resto il programma di viaggio lungo e denso di appuntamenti non ci consente soste prolungate..entro Natale dovremo arrivare a Santiago del Cile. Ma questo lago che vediamo gonfio di pioggia rende impossibile l’avvicinamento in barca ai pontili sulla riva opposta dove riposa il magico boschetto diversamente non raggiungibile. Dalla finestra della camera dove siamo comodamente a letto vediamo solo gli alberi più vicini e la pioggia che continua a cadere e che rende improbabile anche la pesca alla mosca alla quale i nostri prodi maschi anelano da giorni. Come un’eco l’ottimo sapore delle confetture di questa mattina ritorna alla memoria mentre sfioro la pancia di Vanni…amarene e lamponi, due capolavori degni di nonna papera si sono stratificati sui nostri corpi…Ne abbiamo individuata la provenienza poco fa, quando entrando nel piccolo negozio qui vicino, una sequenza ordinata di vasetti confezionati con amore dalla moglie del proprietario ci si è proposta come un’apparizione. Durante la cena mentre assaggiamo un’altra trota specialità della casa, programmiamo lo spostamento di domani: sarà Chico Cile l’obiettivo da raggiungere, un parco naturale cileno che circonda un grande lago…non ci verrà un po’ di tristezza a vedere tutta quest’acqua dolce? Ma poi un ottimo caramello ci distrae e poco dopo a letto…anche non fare nulla a volte stanca. Vediamo gli alberi millenari nel DVD acquistato alla reception e poi un lungo sonno.

24 Novembre 2005

LOS ALERCES – LOS ANTIGUOS

Piove ancora al risveglio..Vanni arriva poco dopo con la mia colazione: frutta secca, pane burro e marmellata di ciliegie accompagnati da un tè fumante. Alle 11 partiamo diretti a sud, oggi ci aspettano 600 km. di viaggio. Il paesaggio è meno vario di due giorni fa ma ad un certo punto inizia a delinearsi di fronte a noi qualcosa che occupa completamente la strada. Avvicinandoci vediamo sempre più chiaramente che otto gauchos a cavallo cercano di spingere fuori dalla strada un gregge numerosissimo di pecore…una massa sterminata di animali che solleva una grande nuvola di polvere, sono circa 4000 ci specifica uno degli uomini a cavallo. Siamo rimasti bloccati a lungo in attesa che la nuvola di lana grigiastra muovendosi ci consentisse di ripartire, osserviamo incuriositi questi uomini forti e agili sui loro cavalli, sembrano indios a giudicare dal taglio ovale degli occhi e dalla pelle un po’ rossiccia, aiutati dai cani a contenere le fughe del gregge. Arriviamo verso sera a tre chilometri dal confine cileno dove ci sistemiamo in un comodo 4 stelle, nuovo ed in riva al lago dentro al quale si spinge un pontile di legno, inclinato rispetto alla linea della costa. Mi piace. Dopo una sauna che ci dà il colpo di grazia andiamo a letto senza cena. Danno Matrix in inglese con sottotitoli in spagnolo…lo vediamo! Domani forse gita sul lago in barca..se pioverà ancora saremo furiosi!

25 Novembre 2005

CHICO CILE

Mi sveglio presto nella penombra della camera dell’ ”Antigua Patagonia”. Non vedo nulla ma sento il rumore del vento che soffia forte là fuori … entra con un vortice di sibili dentro la nostra scatola protetta. Vanni dorme ancora. Usciamo dall’albergo dopo una breve passeggiata nel giardino e poi lungo il pontile che ci era molto piaciuto ieri. In auto ci spingiamo verso il confine dove perdiamo una ventina di minuti a sbrigare le varie formalità doganali. Scopriamo solo mentre procediamo verso Chico Cile che l’unica strada che porta al parco è la sterrata che costeggia il lago, ne scorgiamo dei tratti in lontananza…è serpeggiante e stretta ed inoltre senza protezioni verso gli strapiombi sul lago. Raffaella inizia a soffrire di una paura a stento contenibile fin dalla lettura della guida che ne parla in modo obiettivo, ma quando poi il doganiere ci dice in uno strano italiano – piano piano va lontano – quasi vorrebbe tornare in albergo. Procediamo comunque e come da copione Lonely Planet ci troviamo immersi in un eden la cui bellezza difficilmente può essere tradotta in parole. Forse solo un brano musicale composto da un grande maestro potrebbe rendere la bellezza di queste montagne, il verde smeraldo dei laghetti come incastonati in una montatura di roccia con ossidazioni le cui sfumature vanno dal ruggine al verde rame. Per quattro ore siamo rimasti sospesi in quell’incantesimo, rapiti dall’armonia delle forme e dei colori di un paradiso inimmaginato…forse abitato da folletti e fate. Al rientro io e Raffaella decidiamo per una sosta in una sala da tè di cui aveva visto passando l’insegna. Entriamo nell’unica casa che incontriamo seguendo le indicazioni che ci allontanano dalla strada principale, ed in prossimità di un piccolo giardinetto non curato ma rigoglioso di piante e fiori, ecco la serie di finestre della veranda e l’ingresso alla sala da tè. Dalla bassa porta colorata di marrone esce un’anziana signora, odora di legna bruciata, sorridente ci fa entrare nella sua casa che per arrotondare apre ai pochi turisti di passaggio. Ci accomodiamo ad uno dei due tavolini della veranda mentre lei và a preparare il bollitore sulla cucina economica che intravediamo attraverso la porta semichiusa. Le case delle nonne si ricordano un po’ tutte, disseminate come sono di pizzi all’uncinetto e di ricordi…dagli infissi scrostati entrano i pochi raggi di sole filtrati dai cespugli, ma eccola con un vassoio contenente gli strumenti di lavoro: una piccola tovaglia, cucchiaini, zuccheriera ed un paio di tazze uguali. A seguire una sfilata di leccornie ..i suoi manicaretti tutti in fila: torta, pane tostato con marmellata ed il tè speziato dentro la teiera questa volta senza copertine di protezione. Smaltiamo parte delle calorie con la lunga passeggiata di rientro in hotel…necessaria vista la scorpacciata!

26 Novembre 2005

LOS ANTIGUOS – PARCO PERITO MORENO

Sveglia alle 7.30..tanto per cambiare! Ma il tè che Vanni con infinito amore mi porta a letto è una grande coccola consolatoria. Lasciamo l’hotel in vista di una sosta alla “ gruta de las manos ”dove oltre ai dipinti davvero pittoreschi siamo circondati da rocce molto suggestive. La guida che incontriamo presso il sito principale è un ragazzo belloccio che colpisce sia me che Raffa. L’ho immortalato ovviamente in almeno un paio di foto…ma torniamo ai dipinti rupestri che risalgono fino al 7300 a.c. sono molto d’effetto soprattutto le tantissime mani che accostate o sovrapposte, bianche gialle e rosse, sembrano strappate da una tela di arte moderna. Poi le canoniche scene di caccia già viste nell’Akakus Libico…fa riflettere la similitudine cromatica e formale dei disegni eseguiti millenni fa in luoghi così lontani. Ci sono anche una serie di segni a zig zag simbolo di serpenti stilizzati e altro cui è difficile attribuire un significato se non dando loro una valenza divina , come i cerchi concentrici che vediamo rossi sulla roccia ocra a simboleggiare forse il sole, giustamente adorato. Risaliamo verso la biglietteria attraverso un sentiero stretto e ripido, i sassi e le scalette mozzafiato scolpite nella roccia non ci aiutano certo nell’impresa. Ci accompagna un vento forte, come sempre da quando abbiamo lasciato Buenos Aires: uscire dall’auto per una foto o una pipì implica a volte il rischio di ritrovarsi spalmati a terra. Decidiamo all’unanimità di interrompere il tiratone di oggi con una visita al Parco National Perito Moreno dove scopriamo che l’avvistamento di un puma la scorsa settimana proprio nei pressi dell’estancia dove dormiremo, rende pericoloso uscire a fare una passeggiata nei dintorni. L’ estancia “Oriental” a conduzione familiare, è davvero di basso profilo ma è l’unica chance che abbiamo qui . Domani prima della partenza ci daranno un po’ di carburante…dicono che non incontreremo distributori per centinaia di chilometri in questi bellissimi territori dimenticati da tutti, anche dai turisti che preferiscono i parchi più noti come Los Glaciares o il Perito Moreno verso i quali siamo diretti nei prossimi giorni. L’accoglienza è calda qui all’”Oriental”, ci preparano subito un tè che consumiamo nella saletta con camino, la più calda qui e con una bella vista sulle montagne che vediamo alte davanti a noi. Rimaniamo scollegati per un po’…ognuno di noi si dedica a qualcosa senza interagire con gli altri, una sorta di solitudine condivisa e necessaria. E’ ormai tardi per qualsiasi escursione ed il tanto temuto puma forse si starà avvicinando all’estancia in cerca di cibo, vorrei tanto poterne vedere un’esemplare vivo ma la caccia al puma sembra essere lo sport preferito da queste parti tanto che alcune specie sono in via di estinzione e vederli, per chi come noi è di passaggio, sembra quasi impossibile. Domani vorrei vedere questa “sierra colorada” di cui ho letto sulla guida..ma nessuno qui ne sa nulla, mi rendo sempre più conto che le guide danno spesso notizie false e tendenziose ed anche questa bella rivista sulle migliori estancias dell’argentina sembra non fare eccezione visto che riporta anche questa “Oriental” tra le chicche della fascia andina. Tra un’ora sarà servita la cena che immagino si svolgerà in un clima familiare, come l’anno scorso in Namibia all’ ”Elefant Valley” ma allora l’atmosfera fu davvero magica. Il ricordo dell’odore che ho sentito entrando qualche ora fa mi allontana subito dall’Africa e mi proietta invece in un campo di cipolle..spero nulla di disgustoso per noi più tardi. Contemporaneamente al tè ed ai pasticcini entrano nella saletta altri tre ospiti. Sono una coppia di anziani signori tedeschi con Alvin, la loro guida che parla un italiano piuttosto fluente per i tanti inverni trascorsi a lavorare sulle nostre Alpi come maestro di sci. Alvin ci consiglia di fare una sosta al lago San Martin che dipinge come bellissimo. La cena è servita nella veranda di legno con qualche tavolo modestamente apparecchiato, ma la cosa più sorprendente è la musica. A volume piuttosto alto ascoltiamo le tante voci femminili che accompagnano il ritmo del tango argentino, un po’ stridente qui tra le montagne dalle cime innevate…è più facile per me associare il tango ai locali fumosi del centro di Buenos Aires o alle strade ed alle piazze vivaci e colorate dei quartieri del centro. La cena termina con qualche liquorino della casa a 40° alcolici e molte chiacchiere a seguire. Vanni trova una certa complicità con Emanuel, il proprietario, per la comune passione dei camion dei quali iniziano a disquisire a lungo, qualche parola arriva….. Scania, Volvo, carico consentito in Argentina, gomme Micheline ….. il padre di Emanuel guidava la vecchia corriera, ora immobile sul prato qui vicino, coprendo un servizio di trasporto passeggeri tra le case sparse nel parco e la cittadina di Comodoro Rivadavia dove le scuole, gli ospedali, gli uffici ed i servizi tutti, diventavano così accessibili. Emanuel ha trasferito questo servizio sulle merci che trasporta lungo le difficili strade sterrate con il suo camion Scania che indossa gomme Micheline. La camera è fredda ma sui nostri letti sono stati messi alcuni strati di pesanti coperte di lana e dopo le 22.00, quando verrà spento il generatore, saremo al buio. Sembra di essere tornati ai tempi dei nostri nonni!

27 Novembre 2005

PARCO PERITO MORENO – LAGO SAN MARTIN

E’ ancora domenica oggi, ed ancora il tè arriva puntuale in camera. Un breve commiato con la famiglia ospitante e via verso il vicinissimo lago Belgrano le cui acque ci appaiono di un verde perlescente. E’ la magia dei ghiacciai che sciogliendosi rilasciano acque cariche di particelle che danno all’acqua colorazioni intense nelle gamme dei verdi e degli azzurri. Passeggiando lungo la stretta penisola che si insinua nel lago scattano immancabili le fotografie che ci vedono in gruppi di tre alternati in primo piano su sfondo “verde natura incontaminata”, il desiderio di essere immortalati qui è unanime. Ancora molti chilometri ci separano dal lago San Martin percorrendo i quali incrociamo l’unico distributore JPF dove una buffa ragazza di dimensioni ridottissime ci rifornisce di gasolio, oli vari e dei dolcetti dei quali io e Raffa facciamo incetta per il lungo viaggio. Eccoci finalmente dopo qualche ora alla bella estancia “La maipù” interamente rivestita di legno a doghe color crema con bordature bianche. E’ molto accogliente questa struttura che ci appare delle dimensioni di una grande villa monofamigliare ad un solo piano e la vista lago, diventata condizione necessaria per noi viziatelli, insegue tutte le finestre che come tanti quadri di varie dimensioni vediamo sfilare come in una galleria d’arte. La sala da pranzo, impreziosita di ceramiche e stampe di un passato non troppo remoto, è deserta, sarà un po’ come essere a casa a prescindere dal menu che per fortuna contiene qualche piatto vegetariano. La zuppa di pomodoro è squisita così come il dolce, un sublime crème caramel con aggiunta di “dulce de leche” del quale finalmente riusciamo ad avere la ricetta dalla proprietaria subito intervistata in proposito…in fondo far bollire un vasetto di latte condensato immerso nell’acqua per due ore non è così complicato…pensiamo io e Raffa sospese tra la delusione e la soddisfazione per questa veloce ricetta che baipassa la lunga preparazione della tradizionale ricetta delle nonne argentine. La camera ci accoglie con un tepore che ci era mancato le notti precedenti, dormiamo serenamente ma ancora in due lettini appena accostati.

28 Novembre 2005

LAGO SAN MARTIN – EL CHALTEN

Sveglia alle nove, decido di fare una colazione come si deve…ho una fame da lupo. I due gatti neri della estancia si strusciano sulle mie caviglie, sono proprio due gattoni affettuosi. Uno di loro ha delle crostine tra il pelo proprio come la Blu. Poco lontano uno spinone riposa accovacciato sul prato verdissimo appena tagliato. Sono tutti così tranquilli gli animali qui…devono stare bene in questo paradiso verde. Il lago è surreale…l’acqua perlescente sembra una lastra di ghiaccio retro illuminata, la osserviamo mentre camminiamo verso il mirador più vicino dal quale si ripete la magia di due giorni fa. Dopo circa un’oretta siamo pronti per affrontare l’ultimo tratto di strada che ci separa da El Chalten, una tipica new town argentina fondata qualche anno fa per consolidare la presenza argentina sul territorio e salvaguardare i confini con il Cile che pare tenda a spingersi oltre i legittimi territori. El Chalten è la strada di accesso più comoda per il Fiz Roy, un cuneo di roccia andina che si protende verso il cielo fino a quota 3875 metri. Un paradiso per gli scalatori più coraggiosi…ma noi che non amiamo neppure il trekking cosa ci facciamo qui? Mentre sottopongo il quesito a Vanni mi risponde che lui è venuto in Argentina prima di tutto per il Fiz Roy che di cuore gli auguro di riuscire a vedere con tutte queste nuvole! Ci avviamo verso l’hotel un po’ sfigato ma a prezzi contenuti che avevamo letto sulla guida…del resto gli altri due bellissimi visti prima erano troppo cari. Lasciati Angelo e Raffa a passeggiare per il paese andiamo con Carolina verso il lago del Deserto a qualche chilometro da Chalten, ingolositi dalla escursione in barca che lo attraversa fino alla sua punta più a nord. La strada per il lago parte dal punto di raccordo dei sentieri che si spingono verso le cime vicine, vediamo decine di ragazzi con zaino in spalla reduci da qualche faticosa scalata almeno a giudicare dai loro visi stanchi ed arrossati…noi, comodamente seduti sui larghi sedili di Carolina, procediamo oltre dentro il bosco, costeggiando un corso d’acqua che ogni tanto ci regala qualche cascatella e rapide. Ai bordi della strada e più oltre nel bosco vediamo molti alberi a terra, sradicati non sappiamo da cosa…forse delle frane nel periodo del disgelo, ci sono muschi, licheni e sulle montagne metri e metri di neve ne restituiscono soffici immagini di panna montata. La strada asfaltata di recente termina improvvisamente in prossimità del lago dove un piccolo battello giallo è l’unica traccia qui di una qualche presenza umana. Partirà forse domani leggiamo in un cartello, ma l’assenza totale di persone ci fa pensare di essere molto fuori stagione per un giro su questo battello che sembra essere fermo da tempo. Rientriamo in città e ci concediamo una magnifica cena all’ hotel Chalten dove poche ore prima avevamo rinunciato ad una bellissima suite con vista. Di fronte ad una immensa vetrata che si affaccia sul paese ed oltre fino alle montagne innevate illuminate dalla sempre più tenue luce del tramonto, gustiamo una cena non eccelsa ma pretenziosa per i piatti altisonanti del menu. Vanni è un po’ scazzato…non so bene perché.

29 Novembre 2005

EL CHALTEN

Sono solo le 9.30 ma il programma per la mattinata è fitto di commissioni che si svolgeranno tra la farmacia e l’ internet point poi ci avviamo verso il “lago del deserto” per la passeggiata al ghiacciaio. Il sentiero parte dalla Hosteria Pilar costituita da una serie di volumetrie addossate di legno a doghe di colore giallo. Ci avventuriamo lungo il sentiero che costeggia un ruscello visibile solo a tratti tra la vegetazione ma il cui brusio ci segue costante durante la passeggiata mentre dagli alberi filtra la luce bellissima di questa mattinata assolata. Il bosco sembra un museo degli alberi…sembrano osservarci immobili, bloccati dalle loro stesse radici. Sono tutti della stessa specie, alcuni divelti da chissà quale cataclisma naturale o bruciati dai fulmini, riposano come sculture tra i muschi che lentamente li stanno colonizzando. Meriterebbero qualche foto ma o tutti o nessuno…quindi solo uno che piace a tutti noi. Sembra essere uscito dal film “la storia infinita”. Dopo più di un’ora di cammino con una sola sosta fatta per scongiurare un mio eventuale infarto, eccoci al mirador , ubicato là dove il sentiero si allarga attraversando una piccola radura che ci consente di scorgere il ghiacciaio ancora lontano. Dopo altri 20 minuti di marcia arriviamo al mirador definitivo, il più vicino al ghiacciaio del Fiz Roy che ora è proprio di fronte a noi. E’ imponente e acuminato e, fortunatissimi, assistiamo al distaccamento di un suo blocco che vediamo scivolare verso il laghetto a valle dove già navigano alcuni piccoli iceberg. Il rumore e la caduta della massa bianca ci avevano fatto pensare ad una cascata, solo dopo ci siamo resi conto. Abbiamo aspettato a lungo lì immobili che il fenomeno si ripetesse …ma nulla da fare…..né per il ghiacciaio che non si è più sfaldato nonostante i boati che sentivamo, né per il cerro Fiz Roy che è rimasto sempre semi coperto dalle nuvole. E’ stato comunque bellissimo vedere i vari tipi di neve..da quella soffice dalle forme morbide in alto a quella ghiacciata ed azzurrina più a valle. Le altre cime che vediamo perché libere dalle nuvole hanno colori che vanno dal giallo ocra al rosa e sono tutte decisamente a punta. Divoriamo un panino, riposiamo ancora un po’ e poi scendiamo verso quella hosteria così carina da non poter essere evitata..almeno per un tè pensiamo mentre camminiamo verso valle …accompagnato da una fetta di torta. Il living è luminoso e confortevole, al centro della stanza un camino spento e le finestre che si affacciano sulla vallata del Rio Blanco. Guardando verso l’alto scorgiamo le cime colorate ora lontane, mentre sorbiamo il nostro tè fumante. La cena è prevista verso le 21, in un ristorantino che i ragazzi hanno sperimentato ieri sera, è molto accogliente tutto in legno e con pelli di pecora distribuite qua e là . Mangiamo benissimo. Io sono triste.

30 Novembre 2005

EL CHALTEN – EL CALAFATE

Mi sono svegliata all’alba mentre Vanni dorme ancora tranquillo….. così ne approfitto per dare una sbirciatina alla luce rosa dell’alba spalmata sopra le montagne. Il secondo risveglio è alle 12.08, un orario scandaloso che mi toglierà il piacere di fare qualsiasi cosa…ho sognato molto nelle ultime ore, l’ansia che sento oggi è forte, da tempo non mi sentivo così a disagio. Vanni non c’è ed il tè sul comodino è ormai freddo, deve essere uscito da almeno un’ora. Preparo in fretta il trolley ed esco per le strade senza asfalto di questa città di frontiera polverosa e disordinata, un grande cantiere dove le casette già realizzate negli stili più diversi si alternano a quelle ancora in costruzione, ma sono tutte rigorosamente di legno. Scopriremo poi che questa cittadina è stata di recente creata per scoraggiare l’avanzata del Cile verso i territori Argentini di frontiera altrimenti non facilmente controllabili… per questo c’è tutto questo fermento di cantieri ed anche per questo gli abitanti di El Chalten sono così giovani… il governo ha donato il terreno sul quale costruire a chiunque avesse voglia di trasferirsi da queste parti e le giovani generazioni più intraprendenti ne hanno approfittato. Ma ora mentre passeggio ho un unico desiderio, quello di acquistare le cornici che ho visto ieri sera nell’unico negozio di souvenir esistente qui in città, sono di pelo di mucca, belle ed originalissime. Mentre cammino sento gridare il mio nome dietro di me e mentre sono ancora in rotazione vedo Vanni che corre nella mia direzione, mi bacia e proseguiamo insieme. Le cornici, bellissime, finiscono nel nostro portabagagli e partiamo dopo una breve colazione in un bel posticino per il Calafate, Cittadina turistica ben organizzata ma troppo affollata per le nostre recenti abitudini. All’unanimità decidiamo di proseguire per cercare un albergo più isolato vicino al ghiacciaio Perito Moreno. L’ estancia Alice ci piace ma vogliamo comunque spingerci fino al ghiacciaio che ci appare all’improvviso all’uscita di una curva stretta lungo la strada del parco. Rimaniamo incantati ad osservare la grande massa ghiacciata protesa verso il lago divaricato dalla sua mole. E’ quasi buio ma il ghiaccio raccoglie e rimanda a noi gli ultimi raggi di sole, è maestoso ed ispido sulla sommità, mi chiedo quanti anni abbiano quelle guglie ghiacciate. E’ il mio primo ghiacciaio ed è il più bello del mondo. Rientriamo all’estancia Alice dove la nostra bella camera con vista tutta rivestita di legno scuro a doghe ci accoglie per un sonno ristoratore.

01 Dicembre 2005

LOS GLACIARES

Alle 7.30 siamo già operativi per l’escursione in barca ai ghiacciai più spettacolari del grande parco Los Glaciares. Alle 8.30 siamo all’imbarcadero, acquistiamo i biglietti a bordo e per 75 pesos in più faremo parte della rosa dei 16 privilegiati che osserveranno lo spettacolo dalla cabina superiore adiacente a quella del pilota, saliamo tutti contenti, ignari del fatto che 8 dei 16 sono un gruppo di spagnoli rumorosi che per tutto il viaggio ci tormenteranno con il loro vociare incessante. Ci accomodiamo ai nostri posti, io riesco ad occupare il posto con finestrino a prua. I ghiacciai che vedremo oggi si spostano inesorabilmente di qualche metro l’anno verso il Lago Argentino dove si frammentano formando i bellissimi iceberg azzurri che continuano a sciogliersi mentre li vediamo galleggiare, le loro forme sono morbide verrebbe voglia di abbandonarsi su quegli scivoli ghiacciati là fuori. Al primo meraviglioso spettacolo del ghiacciaio Spegazzini, almeno 10 dei 16 ospiti si tuffano sul mio finestrino per scattare innumerevoli foto ai bellissimi iceberg ed alle pareti del ghiacciaio che si protendono altissime sul livello del mare ( fino a 60 metri fuori acqua contro l’ 85% che non vediamo perché immerso nelle acque del lago, per un totale di circa 300 metri). I colori del ghiaccio coprono l’intera gamma degli azzurri, qua e la strisce scure interrompono la massa chiara, sono i frammenti di roccia che il ghiacciaio muovendosi trascina con sé. Il comandante della motonave è piuttosto affascinante…questo depone a favore dell’escursione che tutto sommato è stata eccessivamente lunga …circa 10 ore…rispetto alle cose viste. Tutto questo tempo pensiamo per dare modo ai fotografi che ci immortalavano nelle varie situazioni di vendere i loro cd. La velocità di crociera era degna di una lumaca. Sono indimenticabili le immagini che conservo di oggi…quindi a parte tutto ( spagnoli e lentezza) il bilancio per me è positivo. Tornati distrutti alle 20.30 vado in camera senza cena per scaricare le foto e per cercare di ridurre la ciccia accumulata. Vanni oggi è stato meraviglioso.

02 Dicembre 2005

PERITO MORENO

Mi sveglio tardissimo e consumo il te ormai freddo che Vanni ha appoggiato sul comodino ore prima. E’ quasi mezzogiorno…del resto ieri sera non riuscivo a prendere sonno forse per via della fame che sentivo. Partiamo con calma dopo aver richiuso le valigie …cambiamo infatti camera per lasciare quella bellissima che occupiamo da due giorni ad Angelo e Raffa almeno per una notte…anche se per averla avevamo dovuto giocarcela con loro a testa e croce. Il Perito Moreno è bellissimo anche oggi, ma manca la sorpresa del primo sguardo di due giorni fa…ieri poi abbiamo visto altri tre ghiacciai navigando sul lago Argentino, insomma l’emozione della prima volta era ovviamente svanita. La Raffaella invece ad un certo punto si è commossa….beata lei. La novità di oggi sono stati i crolli delle pareti di ghiaccio nell’acqua del lago seguiti sempre da grandi boati. Li aspettavamo immobili questi crolli, armati di binocoli e macchine fotografiche per carpirne l’immagine dinamica che per la velocità del fenomeno, riusciva davvero difficile. Uno spettacolo davvero unico questo ed unico anche il fatto che il Perito Moreno , che avanza di due metri ogni anno, si ritrova periodicamente ridossato alla penisola di fronte, da dove noi lo stiamo osservando, dividendo così il lago in due parti distinte. L’ultima esplosione di ghiaccio risale all’ ‘88 ed è stata causata dalle forti pressioni dell’acqua del lago forzatamente diviso che così si liberava dell’ingombrante intruso. Dal ’68 all’ ‘88 sono morte, leggiamo, 32 persone a causa delle schegge di ghiaccio che come proiettili si generarono nell’esplosione sfrecciando ad alta velocità per decine di metri.

03 Dicembre 2005

RIO GALLEGOS

La giornata inizia con un piccolo melodramma consumatosi nell’agenzia Navimag dove Angelo e Raffaella rimangono perplessi di fronte al costo di ben 875 USD a persona della cabina doppia….del resto una cabina per 4 persone da condividere per 4 notti e 3 giorni è sembrata a tutti noi una soluzione poco praticabile. Ma tutto è bene ciò che finisce bene e così alle 13 abbiamo in mano i vaucher di prenotazione delle due cabine doppie categoria AAA che saranno le nostre tane nel lungo viaggio verso nord che esordirà da Puerto Natales in Terra del Fuoco e attraverso i fiordi cileni si concluderà a Puert Montt. Sarà la Magellano, nave da carico adattata ad ospitare anche qualche passeggero, a condurci dal 16 al 19 dicembre tra i freddi mari del profondo sud americano. Acquisto due scatole di cioccolatini da regalare ad Angelo e Raffa per rendere più dolce la sofferta decisione presa piuttosto controvoglia poi siamo di nuovo tutti a bordo di Carolina per proseguire la lunga corsa verso la Terra del Fuoco ormai prossima ma non così tanto da evitare la sosta intermedia a Rio Gallegos dove ci fermiamo nel discreto hotel Santa Cruz per soli 170 pesos a camera compresa la colazione. La cittadina è tutta dedicata al commercio della lana ad alto stoccaggio ed all’estrazione del petrolio YPF, è piuttosto squallida ed il cielo grigio non aiuta certo a renderla migliore, ma è una tappa obbligata per chi come noi è diretto ad Ushuaia, la città più a sud del mondo o meglio “ la fin du mundo” come la definiscono gli argentini . Non so ancora cosa ci riserverà la cena…quello che vorrei è una bella lasagna …ovvero un sacchetto di pasta imbottito con una grande quantità di spinaci lessati e formaggio..insomma un nostro raviolone gigante, che però non compare quasi mai nei menu…iella! Vanni è rientrato dopo una sosta dal barbiere con un oggettino che a questo punto definirei diabolico..una bilancia sulla quale temo di dover salire. Usciamo per due passi in questa strana città dove Vanni si decide ad entrare in un negozio di calzature dal quale esce con un paio di mocassini nuovi fiammanti dopo averne provati decine. La parte più difficile della ricerca è stata l’individuazione del numero che gli consentirà di entrare ed uscire dalle scarpe senza doversi chinare ( un numero in più rispetto alla sua misura) che pigrone! Ceniamo al ristorante Huerro già con addobbi natalizi, poi al casinò per un colpo di vita senza precedenti dal nostro arrivo in Argentina. Perdo alla roulette quasi tutti i miei averi, che questa sera ammontano a circa 100 pesos, giocando il 12 suggeritomi come cabala dalla cameriera del ristorante poi non contenta raggiungo Angelo e Vanni al tavolo dei dadi. Mi faccio un po’ pregare da Vanni poi mi concedo al gioco…è la mia prima volta ai dadi e vinco! I dadi sono due cubi perfetti di plexiglas trasparente di colore azzurro con i cerchietti bianchi grandi, mi piacciono, mi piace lanciarli sul verde del tappeto pieno di caselle sulle quali altri scommettono sul mio gioco. Vinco fino a recuperare le perdite di entrambi per un totale di 340 pesos. A quel punto il croupier fa giocare altri..lo stronzo! Rientriamo in hotel gasatissimi,in fondo non abbiamo vinto che 40 pesos ma è stata una bellissima serata.

04 Dicembre 2005

RIO GALLEGOS – RIO GRANDE

On the road again alle ore 11. Il pieno all’ACA di cui Vanni si è fatto socio e poi via verso il confine cileno e lo stretto di Magellano dove l’acqua è piuttosto mossa nonostante il canale sia protetto dalle due coste. L’emozione è forte..stiamo per entrare nell’isola della Terra del Fuego, tante volte citata nei documentari di tutti i tempi. E’ piuttosto freddo qui , ci rifugiamo nell’unico bar vicino all’approdo ad aspettare l’imbarco. Dentro incontriamo due inglesi in moto che arrivano dall’Alaska attraverso la famosa Panamericana che hanno già percorso quasi completamente…ci piacciono questi viaggiatori estremi che hanno già traguardato le strade che anche noi percorreremo a tappe nei prossimi mesi. Nella valigetta sul fianco del motore è stampato l’intero continente americano di colore rosso con in bianco la lunga Panamericana che lo attraversa per intero da nord a sud. Ancora lande desolate ci accompagnano attraverso questa striscia di territorio cileno verso il confine argentino. All’interno degli uffici doganali ci accoglie una musica assordante..sono proprio degli allegroni questi argentini. Ci fermiamo a Rio Grande per la seconda tappa di avvicinamento verso Ushuaia, l’ennesima cittadina squallida che si affaccia sull’oceano atlantico nel cui omonimo hotel troviamo ospitalità. La camera è particolare, anzi teatrale per l’arredo in stile di legno scuro ed i drappeggi rossi disseminati un po’ ovunque. Vanni a cena beve tre grappe nonostante i suoi 73 kg. ed arriva a letto molesto più che mai, ora prendo una clava e lo stordisco!

05 Dicembre 2005

USHUAIA

Partiamo tardi dopo aver inaugurato come si deve il bel lettone. Il rumore del traffico arriva attraverso le pareti di vetro filtrato dai pesanti tendaggi porpora come smorzati come da una fitta nebbia di mare. Alle 11.45 siamo al distributore YPF per il pieno che ci basterà per percorrere gli ultimi 250 km per Ushuaia. Al posto di blocco la polizia stradale ci consiglia di guidare con prudenza…pare che in prossimità del passo Garibaldi stia nevicando e la strada piena di curve e non asfaltata potrebbe risultare pericolosa. Ci inoltriamo quindi lungo la strada che serpeggiante sale costeggiando un tratto di mare, attraversiamo poi boschi di faggi ed il lago Kanni Fagnano che vediamo dall’alto di una rupe alta qualche centinaia di metri, con la sua acqua blu ed il fumo lontano di una ciminiera. Attorno a noi le cime imbiancate da una spruzzata di neve fresca si profilano oltre il bosco verde in primo piano. Mi perdo nella bellezza inaspettata di queste piramidi “sale e pepe” mentre Vanni guida con il piacere di sempre la Carolina attraverso queste meraviglie. Mi aspettavo altro da questa terra del fuoco, pensavo ad un paesaggio più simile al grande vuoto della pampa…invece il paesaggio rigoglioso di verde e di montagne ci spiazza. Al cartello di benvenuto di Ushuaia ci fermiamo per le foto che immortaleranno per sempre la nostra conquista dell’estremo sud del mondo…ma c’è la fila! Un gruppo di vivaci motociclisti Costaricensi è arrivato poco prima di noi, le foto si colorano delle tinte forti delle loro tute impermeabili, sono simpatici, scattiamo qualche foto anche per loro. Infine ecco Ushuaia sono solo le 14 ed abbiamo tutto il tempo per cercare un buon alloggio. Ogni tanto una spruzzatina di neve si alterna a squarci di sole sulla cittadina piena di casette monofamigliari dai colori a volte vivaci in contrasto con il grigio plumbeo del cielo e del canale di Beagle che unisce il Pacifico all’Atlantico e sul quale si affaccia adagiata in una grande conca. Di fronte a noi oltre il canale intravediamo l’isola Navarino nascosta dalle nuvole basse che la ricoprono quasi interamente. Dopo un paio di hotel visti tra cui il Los Fuegos bellissimo ma pieno e l’hotel Aca che Vanni a tutti i costi ha voluto visionare decidiamo per il Tolkeyen a 5 km dal centro ma con una vista mozzafiato sul canale e sull’isola . L’unica suite disponibile sarà occupata da Angelo e Raffaella che tendono a voler usufruire della camera migliore ogni volta che ci si propone una situazione non paritetica ….. comunque anche la nostra n°27 a 90 USD ha una vista bellissima e da domani sarà matrimoniale. Abbiamo una fame da lupo …sarà il ricordo della magnifica centolla assaggiata ieri sera? Anche questa sera andremo alla ricerca del meraviglioso granchio gigante che viene pescato proprio in questi mari freddissimi e profondi…sarebbe un peccato non approfittarne! Il ristorante Kaimè, eletto il migliore ristorante argentino 2005 ci coccola per un paio d’ore con una sfilata di piatti prelibati e di gran classe. Iniziamo con un king crab al naturale accompagnato da salsa rosa, poi un king crab con spinaci in crema e merluzzo nero al cartoccio , squisitissimo ha la particolarità di essere pescato a 200 miglia dalla costa ad una profondità di 2000 metri, non è immaginabile una pesca più difficoltosa di questa, pensiamo mentre accompagnamo i nostri piatti con un ottimo Sauvignon blanc come sempre della nostra azienda vinicola preferita, la Rutini. A seguire un ottimo ice cream al limone in spuma di champagne…champagne Rutini per accompagnare e tisana squisita alla fragranza di bergamotto e rosa infine un regalino di Vanni …un magnifico portatovaglioli di ottone per le signore. Serata indimenticabile con vista sulla baia che si affaccia sulla relativamente vicina Antartide a soli 1000 km. da noi. Partita a scacchi nella hall dell’ hotel e a nanna.

06 Dicembre 2005

USHUAIA – PARCO TERRA DEL FUOCO

Oggi sono riuscita a svegliarmi in tempo per la colazione…due mezzelune e un tè caldo. La meta di oggi è il Parco Nazionale Terra del Fuoco dove arriviamo nel primo pomeriggio. Siamo incuriositi dalle dighe che i castori hanno costruito all’interno del parco…ci dirigiamo subito appena entrati verso l’area interessata dove in effetti vediamo molte grandi dighe costruite con rami e tronchi di tutte le dimensioni…ma dei castori non c’è traccia. Il paesaggio è comunque bellissimo…il lago, il bosco di faggi, due anatre dai bellissimi colori bruni insegnano ai loro anatroccoli a muoversi nelle fredde acque del lago…sembra il loro primo bagnetto. Il cielo oggi è grigio, è come camminare con un macigno sulla testa…Angelo mi sembra particolarmente mogio. Ci concediamo una sosta in una sala da tè appena fuori dal parco quindi rientriamo ad Ushuaia dove cerchiamo una concessionaria Toyota per un make-up a Carolina e per la ricerca di un pezzo di ricambio introvabile in Italia…sarebbe un bel regalo per lei! In un negozio troviamo anche il buonissimo tè al bergamotto e rosa di produzione argentina che mi piace da impazzire, qualche cd di musica cill out argentino e due musicassette da ascoltare in viaggio, un bottino niente male. Decidiamo di cenare in hotel con una leggera minestra di verdure. Alle 23.50 mentre scrivo questo diario dalla grande finestra della camera vedo ancora qualche bagliore di luce verso Ovest… le giornate qui sembrano non avere mai fine.

07 Dicembre 2005

USHUAIA

Giornata di relax ad Ushuaia con ormai più nulla di nuovo da vedere se non il vecchio penitenziario temutissimo dai detenuti di tutti i tempi per la ferrea disciplina e soprattutto per i rigori del clima che a questa latitudine di 55° 48’ Sud, è davvero da congelamento. Vediamo le poche stufe ricavate in grandi bidoni arrugginiti e pensiamo ai freddi inverni sofferti dagli ospiti coatti. Alcune celle ospitano gli scritti dei detenuti politici o i quadri realizzati tra queste quattro mura dai detenuti dotati di talento artistico. Molte le foto che li immortalano nel grande lavoro di costruzione della ferrovia che è ancora funzionante  ed attraversa l’isola. Rientriamo in hotel nel primo pomeriggio per godere di questo magnifico panorama rimanendo comodamente stesi sul nostro lettone. Vanni intanto mi racconta della parziale sistemazione di Carolina  per via di quel supporto del motore che non si trova  nemmeno qui . Verso sera abbiamo in programma un’altra visita ai castori che pare si mostrino solo all’imbrunire…non vorremmo ripartire senza averli visti. E’ così che dopo la seconda meravigliosa cena da Haimè verso le 22 ci dirigiamo al parco ed eccoli nuotare nei loro laghetti privati. Incontriamo due guardaparco che si prodigano in spiegazioni circa la vita dei castori ci raccontano che a coppie (sono monogami) costruiscono degli sbarramenti sui corsi d’acqua per creare i laghetti nei quali vivranno prolificando. I piccoli una volta svezzati costruiranno a loro volta una diga per avere il loro laghetto privato…diga dopo diga questi castori tendono a modificare l’ habitat nel quale si insediano allagando interi territori adiacenti a corsi d’acqua. Eccoli nuotare nel laghetto…è vero che escono dalle loro tane solo all’imbrunire, sembrano piccoli così immersi nell’acqua, in realtà l’unica parte che vediamo è il loro muso appuntito ci dicono i ranger…se vogliamo ci mostreranno un esemplare che hanno appena catturato…non avremmo mai pensato di vedere un castoro appena ucciso dai due che a questo punto definirei assassini! E’ enorme e tutto coperto di pelo bruno. I due denti che gli servono per tagliare gli arbusti sono lunghi almeno 4-5 cm e gialli, poi l’occhio si dirige curioso all’altra estremità di questi 80 cm di grasso…alla famosa coda a spatola lunga circa 25 cm. che sembra ricoperta di squame scure…mangiano la corteccia e le foglie degli alberi  e rappresentano l’unico animale al mondo il cui metabolismo riesce a trasformare questo tipo di alimento in grasso. Li uccidono perché la loro crescita esponenziale sta cambiando il flusso dei corsi d’acqua ed allagando boschi interi…insomma un piccolo disastro ambientale finalmente perpetrato non dall’uomo ma da una specie animale che per questo viene sterminata…che stronzi! Qualche lacrima esce, sono furiosa nei confronti dell’intera specie umana, ingiusta e crudele….se abbattere gli individui che creano disastri ambientali dovesse essere la regola allora dovremmo essere tutti morti!


02 Cile


08 Dicembre 2005

USHUAIA – RIO GRANDE – PORVENIR

Carolina oggi non vuole partire. Sono già le 11 quando Vanni girando la chiave di accensione non ne ottiene nessuna risposta. Dramma. Trova poi qualcuno che lo traina ed ecco che si parte nuovamente verso Rio Grande per poi risalire verso Porvenir ed il Cile. Raffaella nel frattempo legge di una deviazione di 40 km che ci proietterà in paesaggi bellissimi. La strada non si è poi rivelata ricca di scorci interessanti come promesso dalla guida ma percorrendola arriviamo sulla costa dove un relitto arrugginito è adagiato sulla sabbia…sono state molte nel corso dei secoli le navi arenatesi da queste parti in seguito a fortunali qui particolarmente devastanti per i navigatori. Mi piace questo grande ammasso di ruggine, è pittoresco …ne valeva la pena! Arriviamo a Rio Grande con la necessità di trovare un’officina per Carolina che stenta sempre a ripartire…ma è l’8 dicembre anche per gli argentini….nel girovagare in cerca di qualcosa o qualcuno ecco un tizio disposto a telefonare ad un elettrauto che conosce. Vanni è un genio nel convincere gli altri ad aiutarlo. L’elettrauto ci offre immediata assistenza e perdipiù gratuita…che persone esistono ancora qui in Argentina! Cerchiamo un albergo decente, ma sembra tutto pieno. Ripieghiamo all’ Hostaria Patagonia dove una camera microscopica e triste, con i letti appoggiati ai due muri laterali ci accoglierà fino a domani. Ci consoliamo con la cena.

09 Dicembre 2005

PORVENIR – PUNTA ARENAS

Lasciamo con piacere l’ angusta cameretta con stufa a gas non revisionata da chissà quanto tempo. Quando il proprietario ci aveva consigliato di dormire con la finestra semiaperta per motivi di sicurezza ho temuto di addormentarmi per non risvegliarmi più finendo i miei giorni qui a Rio Grande dove nemmeno la cena poteva considerarsi una degna conclusione. Partiamo presto…sono le 9 al YPF per il rifornimento di rito… siamo diretti a Porvenir, un piccolissimo paese cileno dal quale salperemo per Punta Arenas. Un pugno di case ci appare in fondo alla strada che stiamo percorrendo a velocità ridotta, cerchiamo di scorgere l’approdo dal quale partirà alle 14.00 l’unico traghetto giornaliero che quindi non possiamo perdere. Siamo in perfetto orario…sono appena le 13.00…ma non vediamo nessun traghetto nella baia grigia sulla quale il tranquillo e colorato paesino si affaccia. Prendiamo informazioni nell’unica area di servizio dove ci dicono che gli orari variano giornalmente e “fortunatamente” quello di oggi salperà alle 19…che fare? Raccolgo qualche bella conchiglia sulla spiaggia e scatto qualche foto alle barche di legno colorate di giallo che risaltano come finte sullo sfondo grigio dell’acqua e del cielo. Un pellicano ci osserva appollaiato in cima ad un palo che spunta dall’acqua . Entriamo nell’unica casetta vicina all’approdo, è di un azzurro intenso ed ha tutta l’aria di essere accessibile. Ci accoglie Juan un barbuto cileno dagli occhi buoni che vive qui da anni. Mentre aspettiamo l’arrivo della cuoca che ci preparerà la centolla ci racconta delle sue origini isolane nel nord del Cile. Poco fa avevamo visto scaricarne a centinaia dalla stiva di un peschereccio. I marinai riuscivano a metterne solo tre in una cassetta grande da frutta che poi caricavano nel camion vicino…ottima scelta, il granchio che Juan ci porta sul tavolo è strepitoso..il primo veramente fresco e buono che abbiamo mai mangiato. Juan ci informa che oggi è l’ultimo giorno di pesca del King Crab che riprenderà solo tra qualche mese per consentire loro di riprodursi in santa pace. Ci rassegnamo alla certezza che quello che stiamo mangiando è il primo e sarà anche l’ultimo granchio fresco che mangeremo nel corso del viaggio. Juan, che ormai consideriamo un prezioso amico per il piacere infinito che ci ha appena regalato, è originario di Chiloè. Interessante e molto cordiale nonostante sia Cileno, gli chiediamo di bere con noi un bicchiere del nostro ottimo Sauvignon che rifiuta gentilmente mentre si versa un bicchiere del suo rosso che estrae dal bancone. Continuiamo a parlare con lui a lungo ed a sfogliare i due album di fotografie che ci porge, raccontano delle escursioni estreme che organizza in terra del fuoco con canoa e tende per clienti decisamente giovani ed avventurosi. Usciti strapieni e ubriachi affrontiamo il piccolo museo del paese, ahimè pieno di uccelli imbalsamati, e poi un lago poco distante dove il vento fortissimo non ci permette quasi di uscire dall’ auto. Ci imbarchiamo finalmente alle 18.30, il mare è mosso per il vento forte e la Carolina laggiù nella stiva aperta si bagna sotto gli spruzzi delle onde. Punta Arenas è illuminata dalle deboli luci del tramonto quando arriviamo, sono le dieci di sera. Troviamo un paio di camere confortevoli all’ Hotel Isla Rey Jorge, noi occuperemo la camera mansardata con rosone a vetri colorati ed un arredamento in stile marinaro. Nella hall un bellissimo addobbo natalizio ai lati del camino restituisce una atmosfera quasi familiare decisamente avvolgente…ceniamo in hotel e poi su fino alla mansarda che vogliamo proprio goderci.

10 Dicembre 2005

PUNTA ARENAS – PUERTO NATALES

Macedonia e tè alle 10 poi visita al Palacio Mauricio Braun. Il palazzo, ora museo, ha mantenuto tutti gli arredi originali dei primi del ‘900 francese art nouveau. Esattamente così come i loro proprietari, esponenti della ricca borghesia dello scorso secolo, l’avevano lasciata. Ne apprezziamo la grandeur avventurandoci all’interno delle varie sale e saloni, camere e bagni del piano nobile con boiserie di legno e marmi e vetrate decorate dei fiori sinuosi che tanto piacevano a quei tempi per spostarci poi al piano terra, il motore della casa, dove vediamo i rudimentali impianti di riscaldamento dell’aria e dell’acqua, la grandissima cucina dove venivano preparati trionfali banchetti, le camere della servitù ed una vecchissima lavatrice forse uno dei primi esemplari, con caricamento dall’alto. Vanni sempre affascinato dalla meccanica in generale ne è conquistato.
Partiamo per Puerto Natales verso mezzogiorno concedendoci come diversivo una sosta all’ “Estancia Rio Verde” i cui edifici in stile “magellano” sono perfettamente conservati. Un bel tuffo nel passato arrivatoci intatto ma non del tutto godibile. L’edificio padronale infatti è occupato dai militari per ospitare i seggi delle prossime votazioni…ci accontentiamo di osservare dall’esterno l’edificio di legno a doghe bianco e verde. Puerto Natales è perfettamente allineata alle città del sud argentino già visitate, con le piccole case ad un piano tutte rivestite di lamiera ondulata o liscia dalle tinte a volte accese….anche qui i rigori del clima ne impongono le scelte formali. Troviamo un albergo decente ed un buon ristorante dove assaggiamo l’ottimo ceviche al coriandolo. Poi passeggiando per le strade poco frequentate del paese vediamo i tanti addobbi natalizi a decorare le finestre di queste case d’altri tempi con le tendine di pizzo ed i giardinetti ben curati. Rientrando ci fermiamo di fronte ad una vetrina che nel contesto ci sembra in controtendenza. Due ragazzi stanno allestendo con bellissimi pezzi di gioielleria le mensole di legno…sono meravigliosi ..un trionfo di turchesi, lapislazzuli, smalti e fossili di conchiglia variamente composti a formare originalissimi e vistosi gioielli. Un bracciale in particolare ed un anello a imbuto mi tentano ma i costi sono altissimi…svariate migliaia di euro sono eccessive per un souvenir e quindi passiamo oltre . Domani ci aspetta il Parco del Peine.

11 Dicembre 2005

PARCO DEL PEINE

Oggi ci aspettano 150 km. di sterrata per raggiungere il Parco del Peine ….il più bello del Sudamerica leggiamo sulle guide. Ancora buche e strade dissestate, ma ci concediamo subito una sosta incuriositi dalle centinaia di bottiglie di plastica vuote che vediamo disposte attorno a piccoli altari disposti sui bordi della strada…. si tratta di una originale forma di divinazione per la quale lasciare una bottiglia vuota come offerta alla vergine porta fortuna agli automobilisti…. particolari questi cileni! Dopo circa 25 km da Puerto Natales, nelle pendici delle montagne del Cerro Benitez ci fermiamo a vedere la famosa “Cueva del Milodòn” ….. una grande caverna che si formò per erosione in seguito allo scioglimento dell’enorme strato di ghiaccio che la riempiva durante il quaternario. La caverna fu abitata da ominidi dei quali si sono trovate tracce e prima ancora dal mylodon, un bradipo terrestre gigante che si estinse alla fine del Pleistocene ovvero 5.000 anni fa e del quale furono rinvenuti qui i resti. Ciò che rimane di lui è un grande monumento che ne riproduce le ipotetiche forme ed una bellissima grande caverna rischiarata appena dalla luce che penetra dalla bassa apertura d’entrata…. la roccia bianca del fondo che risalta sulle pareti scure restituisce un’immagine quasi lunare di questo antichissimo rifugio e la piacevolezza che ne risulta spiega perché questo luogo fu eletto a residenza da gruppi di ominidi che vi abitarono in compagnia dei loro animali migliaia di anni fa. Raggiungiamo dopo ore l’obiettivo finale di oggi e come sempre scatta l’operazione di ricerca dell’ hotel che qui sarà scomoda per la grande distanza che li divide ….. così dopo qualche chilometro dall’ingresso nel parco deviamo di trenta chilometri attraverso una sterrata per andare a vedere quello più papabile. Il “Torres” ci appare come un edificio piuttosto esteso in mattoni, è nuovissimo ed accattivante collocato ai piedi delle alte cime in una stretta vallata verde. Sono disponibili due matrimoniali superior da 250 USD che dopo la strenua contrattazione di Raffa ci vengono proposte a 150 USD. Angelo solleva il problema che pernottare qui significherebbe doverci spostare sempre di parecchi chilometri ad ogni escursione..quindi si riparte, anche se la maggioranza sarebbe volentieri rimasta, dirigendo il muso di Caterina verso altre mete. Attraversiamo bellissime vallate costellate di laghi verde smeraldo definiti in alto dalle montagne scure del gruppo del Peine striate dalla neve che si sta sciogliendo in modo disordinato. Ancora oltre verso il cielo ecco svettare le rocce strepitose del Torre Peine le cui punte sono stranamente scure. I numerosissimi guanaco, agili animali simili ai lama e dal prezioso manto color cannella, sembrano essere abituati alle auto ed ai clic delle macchine fotografiche e si lasciano avvicinare senza problemi incuriositi piuttosto che spaventati …… forse anche per questo sono a rischio di estinzione. Ma ecco che in sosta ad un mirador che si affaccia su un lago che sembra incantato talmente è bello, arriva una volpe. E’ la mia prima e sembra saperlo perché sceglie me e si avvicina . Dopo il reportage fotografico da star che le dedico mi accorgo che mi segue verso la macchina…non so come fare ad allontanarla, ma in fondo è un animale e come tutti vuole cibo, le tiro qualche prugna secca che sembra gradire. Proseguiamo a vedere qualche altro hotel decisamente sotto tono ed approdiamo infine dopo circa due ore di sterrata sempre più disagevole al mitico hotel “ Lago Grey” dalla meravigliosa vista sul lago omonimo e sul ghiacciaio che vi si protende. Ci godiamo l’aperitivo di benvenuto comodamente seduti di fronte a tanta bellezza incorniciata dalle grandi finestre del bar….ma l’armonia viene presto vanificata dall’incazzatura sopraggiunta poco dopo. Sono stanca di dover sempre rinunciare alle camere migliori …. e oggi per par condicio ci eravamo messi d’accordo sul fatto che la matrimoniale con vista doveva essere la nostra…… non lascio perdere e mi incazzo, beccandomi per di più un bel mal d testa. Senza cena ed incazzata come un puma in gabbia aspetto Vanni nella camera doppia con vista cespuglio che dovevano occupare loro.

12 Dicembre 2005

LAGO GRAY

Mi risveglio tranquilla e leggera più che mai…mi peso e…sorpresa….sembro rientrata nei parametri….. Vanni è invidioso, l’ago della bilancia per lui non è sceso e la cintura continua a dover essere allentata dopo ogni cena. La mia soddisfazione so già si sgretolerà domani mattina quando salirò sull’infernale attrezzo…ma che importanza può avere di fronte al godimento del crème caramel da brividi che mi sono sparata oggi. Ma riprendiamo il discorso dal dopo colazione che ci vede protagonisti di una escursione a piedi sulla spiaggia del lago a poche decine di metri dall’ hotel. Vediamo da vicino gli iceberg azzurri, gli stessi visibili anche dalla finestra della suite che oggi hanno assegnato anche a noi e che ieri scorgevamo un po’ defilati. Il sentiero prosegue oltre la spiaggia verso una piccola penisola che percorriamo lungo il suo perimetro scorgendo via via altri begli scorci sul lago. Dalla camera la vista è fantastica e mentre scrivo vedo le chiome di un grosso albero piegate dal vento fortissimo, le cime innevate del Peine, il ghiacciaio Gray in fondo al lago, gli iceberg e la luna quasi piena che sta scomparendo dietro una grossa nuvola. Spero di vedere alcuni cervi che qualche ora fa Vanni ha visto passare proprio qui davanti….ma è probabile che a quest’ora siano a riposare da qualche parte qui attorno…sono già le dieci ma la luce è ancora forte. Amo Vanni moltissimo.

13 Dicembre 2005

PUERTO NATALES

Oggi il cielo è grigio e gocciolante ma decidiamo di andare comunque a vedere le cascate, un mirador ed un fantastico hotel sul lago che ha avuto riconoscimenti nazionali come progetto vincitore di un concorso di architettura. L’edificio appare come un grande tronco geometrizzato appoggiato in parte sul terreno scosceso che si affaccia sul lago. Le doghe di legno sono di colore bianco sporco. Entriamo da un ingresso secondario ma intrigante…sembra essere la coda dell’edificio, una passerella i cui parapetti sono il prolungamento delle doghe del corpo principale, sale verso la facciata stretta senza finestre, una piccola porta ci proietta all’interno dove superfici piegate in linee morbide ci accompagnano lungo gli spazi funzionali delle aree comuni. Una serie di finestre a nastro lasciano entrare il paesaggio pittoresco ed irregolare sul quale come un gioiello di perfezione e rigore l’edificio si colloca. Sono già le quattro del pomeriggio quando decidiamo di tornare a Puerto Natales dove saremo tutti più indipendenti, torniamo all’ hotel “Salto del Peine” dove ci accoglie la cortesia già sperimentata qualche giorno fa. Andiamo da Alice per una cena tète a tète , qui le squisitezze non mancano e per un mix di componenti positive tornano il buon umore e l’armonia. Mangio un ottimo ceviche di pesce e poi merluzzo con spinaci al vapore…il tutto accompagnato da un Sauvignon blanc delicatissimo. Vanni riesce a farsi preparare una tartare di carne non proprio canonica ma, a giudicare dall’entusiasmo con il quale la divora, buonissima. Siamo felici, sereni e con un bel sorriso stampato sulle labbra. Una breve passeggiata per le vie di questa ormai familiare cittadina ci riporterà infreddoliti verso l’ hotel. Il vento si è alzato di nuovo questa sera ed ogni tanto una spruzzatina di pioggia ci bagna il viso…unica parte esposta…con i piumini che indossiamo sembriamo due Babbi Natale…. assolutamente in tema con i numerosi addobbi natalizi, sempre uguali in ogni parte del mondo, ghirlande, alberi decorati, palline di vetro colorato, nastri di raso rosso, luminarie e gli immancabili copricapo rossi a punta bordati di peluche bianco. Ci addormentiamo sereni.

14 Dicembre 2005

PUERTO NATALES

Mi sveglio all’alba carica di sogni inquietanti, respiro a fatica oppressa dall’ansia con le immagini che ancora scorrono come fotogrammi impazziti dietro i miei occhi. Vanni riposa nel letto singolo di fianco a quello matrimoniale dove ci eravamo addormentati insieme….. ci rimango sempre molto male quando mi accorgo che preferisce dormire da solo … ma poi penso che durante il sogno di questa notte devo aver scalciato come una tarantolata. Alle 11 esco sola, il vento è ancora forte e piove. Cammino sul lungomare per individuare l’ internet point visto ieri passando con l’auto e che mi sembrava carino. Trovo il “Concepto Indigo” non senza difficoltà…l’immagine che rimane impressa sfrecciando veloci con l’auto è spesso diversa da quella statica…ma eccolo con finalmente con le grandi finestre affacciate sul porticciolo del paese. E’ piacevole fare colazione qui…solo un gruppo di giovani clienti e tanta calda atmosfera mi fanno sentire benissimo, scrivo qualche e-mail e penso che ogni tanto stare soli è necessario. Alle 16 andrò dalla parrucchiera consigliatami dalla proprietaria dell’ hotel…non voglio pensare a come ne uscirò. Ma ora eccomi di fronte allo specchio nel quale si riflette un albero con fiocchi rossi e lucine intermittenti sullo sfondo ed il mio viso in primo piano incorniciato dalla chioma impiastricciata di colore. Gloria è una signora tra i 50 e i 60 anni, bassa ed in carne, ma con le gambe sottili che si muovono sicure nonostante gli alti zatteroni bianchi. Ha il sorriso simpatico e si muove con una disinvoltura estremamente femminile. L’anziano signore che si sta facendo tagliare i capelli ne sembra conquistato. Esco dopo tre ore soddisfatta…Vanni apprezza il taglio leggermente corto che, dice, mi ringiovanisce. Dopo una breve passeggiata andiamo per l’aperitivo al “Cocepto Indigo” che piace anche a Vanni. Compro un paio di bellissime pecore di cartapesta che si aggiungeranno alla mia esigua collezione. Cena al “Maritimo” dove non mangiamo benissimo poi andiamo in passeggiata digestiva. Siamo felici.

15 Dicembre 2005

PUERTO NATALES – FIORDI CILENI

Mi sveglio con la sensazione di aver dormito più del dovuto…devo avere la pressione bassissima, sento una spossatezza che renderebbe arduo fare qualsiasi cosa..anche forse pensare. Vanni tenta qualche avance poi rinuncia al pensiero che avrei anche potuto svenirgli tra le braccia. Mi riprendo dopo una bella doccia ed il tè ormai di rito per la colazione. Un lungo elenco di cose da fare prima della partenza scandirà questa mattinata di metà dicembre. Scorta di frutta, acquisto di pecore per la collezione, un salto all’ internet café, la ricerca dell’immancabile salamino da viaggio ed un sopralluogo al porto per capire i tempi e le modalità dell’ imbarco. La giornata scivola via tra le stradine ed le bancarelle di frutta di Puerto Natales, arriviamo puntuali al check-in delle 18.30 ma l’imbarco sarà alle 21.00. Abbiamo tutto il tempo di tornare al “Concepto Indigo” diventato ormai il nostro baretto di riferimento. Vado nella piccola stanza dedicata allo shopping e vedo degli scalda collo originalissimi, formati da pon pon di lana sistemati lungo un cordone sempre della stessa lana. Li provo e mi piacciono, è come indossare una morbida enorme collana. Vanni e Angelo intanto giocano interminabili partite a backgammon mentre bevono e mangiano qualcosa, Raffaella che mi ha consigliata sugli acquisti ora è seduta accanto a me al computer. Rispondo alla mail di Giovanna che ha solleticato la mia curiosità alludendo ai tanti km percorsi da “Francesca”, la protagonista del libro che sta scrivendo per noi. E siccome Francesca sarei proprio io filtrata dalla sua immaginazione sono curiosa di sapere dove si trova ora questo mio alter ego in viaggio verso l’Africa dove ripercorrerà un viaggio già fatto vivendo emozioni già vissute. Eccoci poi ad optare per una pizza veloce in un ristorante aperto pochi giorni fa e molto trendy. La pizza naturalmente è orribile ma il localino niente male. E’ sera quando finalmente saliamo sulla “Magaellanos”, la nave cargo adattata ad ospitare anche passeggeri, dove prendiamo possesso della nostra AAA cabina 137. E’ piuttosto spaziosa ma i due lettini sono a castello…povero tesoro, Vanni dovrà cavallerescamente occupare quella in alto arrampicandosi sulla strettissima scaletta a pioli per quattro notti…. ha già comunicato che ha il terrore di poter cadere giù durante il sonno. L’arredo è decisamente demodé ed anche la finta pelle del divanetto in fondo alla cabina lascia il tempo che trova…ma è la nostra cabina ed ora la sentiamo già più accogliente di prima. Dal ponte superiore vediamo un bellissimo tramonto mentre la nave diffonde nell’aria il rumore dei motori accesi, da questa prospettiva anche Puerto Natales sembra più bello, vediamo in lontananza anche il nostro hotel nel quale ci sentivamo come a casa. Unica nota davvero dolente è il divieto di fumare in tutti gli spazi interni della nave, cabina compresa….ed io ne sento già una gran voglia! Non appena anche Carolina sarà imbarcata allora saremo davvero pronti per partire…orario previsto le 4 del mattino…chissà cosa vedremo al nostro risveglio.

16 Dicembre 2005

FIORDI CILENI

Inizia il secondo tomo del nostro diario di bordo, un quaderno gentilmente cedutomi da Raffaella che lo aveva ricevuto in omaggio da John del ristorantino di Pourvenir. Quando mi sveglio mi accorgo osservando dall’oblò che siamo già in navigazione…. è sempre meraviglioso per me dormire cullata dalle onde. Ciò che vedo uscendo sopra coperta è il paesaggio montuoso che si inabissa a 360° nelle profondità marine. Sono montagne quasi prive di vegetazione, per lo più rocciose e con le cime nascoste tra le nuvole….. non resisto molto, fuori è freddo ed il vento soffia fortissimo così mi riparo in un angolino e addossata ad una paratia leggo per una mezz’oretta. Persino la mascotte della nave, un cucciolo di pastore tedesco, rientra inseguendo un paio di passeggeri che gli aprono la pesante porta che da accesso al bar…. quando infine rientro lo vedo accovacciato sulla poltrona di fianco a Vanni che sta leggendo un libro tra un’occhiata e l’altra che gli rivolge. Fuggo a pranzo…. non ho appetito ma sono curiosa di vedere la nostra saletta da pranzo che a colazione non ho avuto modo di provare. Angelo e Raffaella sono seduti di fronte a due ciotole piene di una zuppa indecifrabile e conversano con un uomo dell’equipaggio che sta pranzando di fianco a loro. E’ il responsabile della sala macchine che ci invita per un sopralluogo laggiù nel cuore della nave dove il frastuono accompagna la produzione dell’energia propulsiva. Infine mi ingolosisco anch’io di fronte al piatto vegetariano, un gustoso mix di cavolfiore in crema di peperoni e riso. Mentre in cabina raccolgo le idee per scrivere arriva Vanni dicendo di essere il pirata di bordo…. quel libro di Sepulveda, “Patagonia Express”, non gli fa bene! Ne è commosso nella misura in cui il protagonista ha fatto ciò che avrebbe fatto lui nella sua vita, l’avventuriero! ….. mi confida che suo padre gli ha sempre fatto presente che se non avesse seguito i dettami della famiglia, ovvero studiare e lavorare, gli avrebbe fatto fare il pastore. A quell’epoca rimase impressionato dalla minaccia e ciò ha fatto si che lui non potesse assecondare la sua vera natura. Propone un briefing alle 18…. i temi da trattare nel corso della riunione sono: – felicità del femminile, – sesso ed effetti collaterali…. la riunione si concluderà con prove pratiche degli argomenti trattati ed esercizi fisici mirati al rassodamento dei glutei….. la vita di bordo ci annoia molto! La cena dopo l’allenamento è ancora più gustosa e così assaggiamo il fantastico salmone con riso ed una gelatina intensamente rossa con panna montata al sapore di ciliegia….. qui i coloranti non sono ancora stati messi al bando. Intanto l’odore di pecora avanza e dopo aver invaso gli spazi comuni ed i corridoi di servizio sta attaccando anche la nostra cabina….. chissà quante saranno laggiù nella stiva…. che viaggio! Fuori il maltempo incombe, che peccato…. avrei voluto vedere la luna piena illuminare questi bellissimi fiordi. All’interno della nostra cabina Janez, come ama essere chiamato Vanni, reso molesto dai due whisky del pomeriggio ed i tre calici di vino della cena riposa nella sua tana, tutto coperto e con le tendine tirate come in un loculo….. dice di amarmi ma anche di sentirsi infelice perché io non lo capisco…. deve essergli venuta una sbronza triste!

17 Dicembre 2005

FIORDI CILENI

Oggi la sveglia ha suonato alle 7.30 per la visita del villaggio di Puerto Eden che incastonato tra i fiordi conta ben 174 anime tra cui una piccola comunità di indios Qawashqar. Indossato il giubbotto di salvataggio saliamo sulla scialuppa per coprire le poche centinaia di metri che ci dividono dal pugno di case colorate che si trovano tutte a monte di una passerella di legno a palafitta lunga quanto l’intero villaggio. Completamente isolati via terra, l’unico contatto che gli abitanti di Puerto Eden hanno con il resto del mondo è proprio con i turisti che arrivano a bordo della Magellanes due volte la settimana. Ciò che conservo dell’esperienza di oggi è una conchiglia che odora di mare, gli occhi profondi di una anziana signora della tribù e le foto che immancabilmente eterneranno i colori e le forme di questo posto triste dove ogni giorno dell’anno piove almeno un pò. A pranzo conosco Miguel, un signore sui sessanta che ostenta al dito mignolo un anello con una pietra troppo rossa. E’ simpatico….. tra le varie cose mi racconta che è in viaggio per motivi di salute, andrà a Conception e poi a Santiago in visita alla madre…. è timido credo. Non dev’essere la sua prima volta a bordo di questa nave perché mi informa che tra poco usciremo dai fiordi ed affronteremo il temutissimo mare aperto…. il più incazzato del pianeta…. staremo a vedere. In effetti l’onda lunga si sente e dopo una cena frugale torniamo in cabina storditi e ci addormentiamo poco dopo le nove. Quando verso le quattro del mattino mi sveglio sono ormai sazia di sonno ed il mare è molto più tranquillo… sul ponte non c’è nessuno, tutti dormono. Di fronte a me prende vita piano piano un chiarore debole dietro le nuvole eppure è ancora troppo presto per l’alba…. Dopo qualche minuto si svela il mistero… è la luna che finalmente emerge dalla fitta coltre di nubi. E’ bella come sempre ed è solo mia questa notte.

18 Dicembre 2005

FIORDI CILENI – PUERTO MONTT

Il ticchettio ritmato alla porta mi fa rientrare velocemente dai sogni…. è l’inserviente che vorrebbe rassettare la cabina. Vanni è seduto a leggere in fondo alla sala del bar, mi sorride, ci baciamo. E’ giunta l’ora di dare il presentino al capitano della nave così andiamo nell’affollatissima sala di comando dove un canuto signore non alto e dall’aria vivace manovra la leva che gestisce la potenza della nave…. proprio ora stiamo incrociando il traghetto gemello, il “P. Eden” ed è tutto un susseguirsi di segnali acustici sparati a caso solo per sancire la fratellanza e la gioia dell’evento…. non succede mai nulla lungo questa rotta e così tutta l’energia inespressa fino ad ora esplode nei saluti dei passeggeri che agitano le braccia e scattano foto all’impazzata. Dal ponte della “P. Eden” arrivano il bagliore di qualche flash ed i colori di una moltitudine di corpi. Vanni non ne può più per la noia di questa crociera su questo traghetto puzzolente ed anch’io penso al momento del nostro sbarco di domani con un grande senso di liberazione…. in fondo vedere i fiordi dal mare non è stato un granché ma ci siamo risparmiati due giorni o più di viaggio in auto. Serata bingo.

19 Dicembre 2005

PUERTO MONTT – CASTRO

Il cielo è ancora grigio quando lasciamo la nave, senza perdere tempo ci avviamo verso l’isola di Chiloè e verso un fantastico sole. Ostriche sulla spiaggia di Caulin e poi bagno nell’acqua gelata del Pacifico. Siamo immersi nelle ginestre che rigogliose arrivano fino alla spiaggia in enormi cespugli mentre noi ci lanciamo a bordo di Carolina in una corsa sul bagnasciuga che ci libera dalla immobilità dei giorni scorsi. Nuvole gialle ci accompagnano nel corso della giornata fino alla spiaggia dei pinguini e poi a Castro dove una magnifica cattedrale interamente di legno ci commuove per la sua calda atmosfera.

20 Dicembre 2005

CASTRO

Dopo aver contemplato il bellissimo duomo andiamo in visita alle palafitte di Castro…. il sole scalda molto, stiamo bene. I colori delle casette a palafitta sono vivacissimi, la loro insalubrità sembra proporzionale al loro romanticismo. Dedichiamo il pomeriggio alle belle chiese dell’isola tutte rivestite di scandole di legno che come squame ne rivestono la struttura dello stesso materiale…. non avevo mai visto altrove chiese di legno così elaborate, con colonne, capitelli volte e costolonature insomma proprio tutto di legno…..ma il cielo si fa presto nuvoloso. Al rientro siamo stanchi, il grigiore e le sterrate ci hanno messi a dura prova. Dopo cena c’è sempre Onassis, il simpatico proprietario dell’hotel che ci viene incontro per un saluto e per un gin tonic condiviso. Sembra trovarsi molto bene con Vanni e riserva a me dei lusinghieri complimenti. Dimenticavo di parlare dell’oceano nebbioso nei suoi colori grigio verdi, dell’imponenza delle onde e di Carolina che corre vicinissima alla riva mentre due donne meravigliose camminano come rapite.

21 Dicembre 2005

CASTRO – CAULIN

A colazione c’è ancora Onassis che aspetta Vanni. Mentre fanno colazione insieme il tipo ribadisce che Vanni è un uomo fortunato…. lui non sa che questa mattina l’ho respinto in malo modo perché non sopporto di essere svegliata per l’amore…. Lo incontriamo di nuovo mentre stiamo salendo in auto…. ci fotografa e ci da la sua e-mail facendoci sentire degli ospiti davvero speciali. I ragazzi che raggiungiamo poco dopo non sono in forma e preferiscono fare un breve giro per poi arrivare presto a Caulin dove avevamo già deciso di tornare per bissare il fantastico pranzo all’ “Ostras restorant”. Attraversiamo molti piccoli villaggi sperduti tra le colline e collegati da sterrate scomodissime, così come pugni di case sgangherate sulla spiaggia con polli e maiali che cercano qualcosa da mangiare tra la sabbia. Il lodge che ci accoglie a Caulin è tutto di legno e con il soggiorno che si affaccia sul mare in ampie vetrate…. speriamo di avere presto anche la luce e l’acqua calda oltre a questa vista bellissima. Poco dopo arriva la decisione unanime di rimanere un altro giorno… seguono le gustosissime ostriche fritte del nostro ristorante preferito ed un tramonto mozzafiato sulla bassa marea che si tinge di rosa, piena di uccelli che ne approfittano per mangiare qualche mitile emettendo suoni canori, infine la luce rossa del sole che sembra incendiare il meraviglioso bosco di ginestre alle nostre spalle. Il backgammon davanti alla vetrata sul mare conclude la serata mentre Vanni recupera qualche pezzo di legno per scaldare il nostro nido.

22 Dicembre 2005

CAULIN

Il naso è gelato al risveglio ma dopo aver acceso il fuoco nella stufa il nostro bozzolo di legno diventa presto caldo. Mi siedo fra le vetrate d’angolo ed è come essere fuori ma senza quel venticello che vedo muovere le foglie. Raffaella sta passeggiando sulla spiaggia mentre Vanni sta facendo le sue abluzioni di rito…. Pomeriggio di relax nella nostra casetta con letture ed altro ed è subito l’ora di cena. E’ così che alle 19.40 ci avviamo per una passeggiata verso il ristorante, accompagnati dal canto degli uccelli e da un esordio di tramonto sull’acqua ora immobile. Quello che ormai è diventato il nostro ristorante ci offre come sempre un ottimo servizio e soprattutto quelle ostriche prelibate che da giorni sogniamo anche la notte. In pieno tramonto ci aspetta la talassoterapia in una piccola vasca circolare occupata in parte da una caldaia a legna arrugginita che dal primo pomeriggio scalda l’acqua nella quale ci immergeremo. Dopo un attento esame della caldaia Vanni scopre che è zavorrata con un motorino di avviamento Mercedes 12/22 ed una putrella doppia T da 120 mm e subito dopo che l’acqua è ustionante ed ha in sospensione delle palline di polistirolo e qualche mosca lessata. Vanni che teme spesso per la sua incolumità ora ha paura di finire bollito! …. così dopo essersi lamentato presso la reception viene aggiunta acqua fredda, le candele sul bordo vasca ed una caraffa di vino bianco gentilmente offerta dalla direzione. Iniziamo il ciclo delle immersioni nell’acqua salata ancora caldissima e delle emersioni fumanti per compensare la temperatura corporea alle stelle, il tutto in uno scenario spettacolare. Il cielo sempre più buio scopre le stelle sempre più numerose fino a mostrare l’intera via lattea…. è come vivere in un film con tanto di effetti speciali culminanti nell’effetto torcia di Vanni quando riemerge nell’aria fresca. Presto ci raggiungono i ragazzi in compagnia di due ragazze italiane che hanno appena conosciuto… si uniscono a noi condividendo l’incredibile piacere di questa magica e insolita serata dedicata alla talassoterapia che sembra catalizzare l’interesse di molti, compresa una signora del luogo troppo allegra per non essere ubriaca che dice di essere la proprietaria del nostro lodge, la duenia. Invita Angelo a sdraiarsi sull’erba dopo l’immersione…. è un toccasana dice. Dopo un’oretta spompati usciamo tutti, ci aspetta un bicchiere di prezioso vino rosso gentilmente offerto dalle ragazze…. è un Carmenère, un vitigno che i preti missionari importarono attorno al 1600 e che ora si è completamente estinto in Europa distrutto dalla filossera….. che peccato, è buonissimo!

23 Dicembre 2005

CAULIN – VILLARRICA

Lasciamo Chiloè e la bella Caulin nella tarda mattinata. Vanni ha finalmente avuto una soffiata per l’acquisto delle pelli di vacca che cerca da mesi….. ma si tratta di un falso obiettivo…. ci accorgiamo dell’errore quando ci ritroviamo al matador di Ancud, un macello circondato dagli avvoltoi e da un alone di puzzo di carne putrefatta dove le pelli di mucca ci sono ma hanno ancora i pezzetti di carne attaccati! In compenso otteniamo l’indicazione per il conciatore verso il quale siamo ora diretti e che si trova a Puerto Montt…. Vanni è eccitatissimo e guida trionfante la sua Carolina verso l’obiettivo tanto sospirato. Arriviamo verso le 14 seguendo un taxi per non perderci nella labirintica periferia della città. Entriamo in un capannone buio e puzzolente per poi infilarci subito dopo nel piccolo spazio della vendita accanto agli uffici. Ci mostrano tre pelli di mucca tutte diverse sul cui prezzo Vanni riesce ad ottenere un 8% di sconto. Le vuole tutte…. ma la sua sete di pelli non si è ancora placata e così sceglie anche cinque pelli di pecora. A questo punto anche a me viene voglia di fare shopping…. ci sono delle bellissime pelli arancione che decido ci acquistare per ricoprire la poltrona di casa…. è molto sottile, penso già anche ad un possibile paio di pantaloni ed un soprabito. L’operazione dura più di un’ora compreso lo stivaggio di tutte quelle pelli nelle valigie e negli zaini che abbiamo appositamente portato vuote dall’Italia. Risaliamo stanchi in auto…. la scelta, la strenua contrattazione, la lotta per ottenere un tasso di cambio favorevole ed infine il packaging ci hanno distrutti…. mi chiedo come Angelo e Raffaella abbiano potuto sopportare tutto questo! Vanni è ancora così preso dall’operazione che non vede le chiavi dell’auto appese alla serratura e le cerca fin dentro all’office dove eravamo stati…. che storia! Arriviamo tardi al residence “Huimpalay Tray” che si trova fra Villarrica e Pocun dove ci sistemiamo in un paio di camere immerse nel verde…. un altro piccolo paradiso. Alla bellezza del lago si somma quella del vulcano lontano il cui cono perfetto è bianco di neve….. sarebbe fantastico vedere una bella fiaccolata scendere zigzagando lungo le sue pendici la sera di Natale! Ceniamo in un ristorante di Pocun reso accogliente dalla boiserie di legno alle pareti poi decisamente alticci affrontiamo un torneo di backgammon fino a notte inoltrata. Andiamo a letto ribaltati.

24 DIcembre 2005

VILLARRICA

E’ caldo quando ci svegliamo nel nostro lettone vista lago dal quale scorgiamo in primo piano un grande cespuglio di ortensie celesti…. poi iniziano ad arrivare i messaggi di auguri dall’Italia….. è decisamente emozionante per me riceverli da così lontano e quello di Catia mi commuove particolarmente. Quando siamo tutti pronti partiamo diretti alle terme Geometricas (www.termasgeometricas.cl) che distano una quarantina di chilometri da qui e che le due ragazze italiane avevano caldamente raccomandato di visitare conversando con Angelo e Raffaella un paio di giorni fa, imperdibili per la bellezza dell’architettura inserita nel particolare contesto ambientale. Ne siamo conquistati fin dall’ingresso sul quale scatto almeno una decina di foto quasi impazzita di fronte a tanto equilibrio progettuale ed alla bellezza di questo canyon nel fondo del quale sgorga l’acqua termale…. inoltre siamo quasi soli a goderci questo paradiso …. i locali devono essere tutti presi dai preparativi della vigilia! L’intervento leggero ed arioso sembra galleggiare nella gola rocciosa dove una serie di passerelle di legno colorato di rosso collegano con angoli acuti le vasche di pietra che accolgono l’acqua termale a varie temperature. L’acqua fredda e calda viene convogliata attraverso contenitori scatolari di legno nero che corrono paralleli ai percorsi. Anche i pochi volumi emergenti che accolgono gli spogliatoi sono realizzati dello stesso legno colorato ed hanno il tetto ricoperto di erba. Il mix di roccia, vegetazione, vapore ed architettura è meraviglioso… non vedo l’ora di mostrare le foto ad Elisa che vorrà senz’altro venire a dare una sbirciatina. Terminiamo il rilassamento nel prato vicino alle nostre cabanas in vista del seratone natalizio che prevede anche una puntatina al casinò e lo scambio dei regali. La cena in realtà è stata piuttosto deludente fin dalle prime battute. Avendo trovato al completo il ristorantino che ci piaceva abbiamo ripiegato su un ristorante italiano il cui cameriere è riuscito a fare una confusione da candid camera. I miei cannelloni non sono male ma ormai l’atmosfera è compromessa ed Angelo e Raffaella piuttosto esigenti in fatto di cibo si sono decisamente innervositi. Serata sotto tono insomma, quasi a compensare le tante belle serate trascorse nel corso del nostro viaggio.

25 Dicembre 2005

VILLARRICA – SANTIAGO

Prendiamo la nostra colazione nella veranda della nostra cabana con un frullato davvero gustoso preparato da Vanni. Ci stiamo preparando ad affrontare il lungo viaggio di oggi che ha per obiettivo Santiago, città dalla quale ci sposteremo subito per spingerci fino alla costa verso Vina del Mar e Valparaiso che raggiungeremo con il secondo tappone previsto per domani. Arriviamo in capitale alle undici di sera dopo un viaggio noiosissimo durato dieci ore….. mi sento mezza morta quando infine affrontiamo la non semplice ricerca dell’hotel in questa grande città a noi assolutamente sconosciuta…. infine puntiamo sul “Diego de Almagro” come suggerito dalla Lonely Planet, nuovo e confortevole è la soluzione perfetta che ci trova finalmente tutti d’accordo.

26 Dicembre 2005

SANTIAGO – ZAPALLAR

Lasciamo Santiago verso l’una per recuperare un pò di energie…. andiamo verso Valparaiso, città dalla quale ci aspettiamo molto anche solo per la sua notorietà. L’impatto non è buono ma in porto c’è la stessa nave scuola russa che avevamo visto ad Ushuaia…. insomma siamo arrivati qui quasi contemporaneamente. Per sedare i malumori di Raffaella che diventa di pessimo umore quando si trova in luoghi che non le piacciono, ci spostiamo subito lungo la costa alla ricerca di qualche paesino più a dimensione d’uomo e più autentico. Lasciamo alle nostre spalle anche Vigna del Mar nella quale non ci fermiamo perché troppo costruita ed attraversiamo alcuni piacevoli paesini tra cui Horcon che ci piace abbastanza da fermarci a bere un tè. Intanto Vanni ha visto un calamaro gigante adagiato sulla barca di un pescatore…. viene persino a chiamarci per essere immortalato con il mostro…. foto che sarà mostrata principalmente a Massimo al quale dovremo far credere che tutti i pescioni con i quali Vanni è stato fotografato siano stati pescati da lui. Proseguendo troviamo un altro bel posticino molto esclusivo… Zapallar. Bellissime ville si affacciano sulla piccola baia bordata di sabbia color ocra…. insomma un posticino che piace a tutti noi. Troviamo un paio di camere decenti ma al di sotto delle nostre aspettative presso l’hotel Isla Seca così rimandiamo la scelta a più tardi, dopo una sosta pranzo in un chiringuito sul mare, kitch e bellissimo il cui pavimento è costituito da briciole di conchiglie e le grandi sedie di legno che come sculture hanno gli schienali scolpiti in forma di pinna di balena o cavallucci marini eseguiti in bassorilievo. Mangiamo granchi buonissimi che accompagnamo con tre bottiglie di vino più un Fernet Branca per Vanni che si ubriaca definitivamente. Il cameriere ci accompagna gentilmente all’hotel Mirador dove però c’è una sola camera disponibile, ed all’Isla Seca dove troviamo occupate le due camere snobbate oggi….. disastro assoluto! E’ già tardi e Zapallar ha esaurito la sua offerta alberghiera, iniziamo così la ricerca di un giaciglio nei paesini vicini dove sembrano esistere solo pensioncine terribili…. alla fine ci tocca ripiegare per una sistemazione davvero pessima, ma siamo troppo brilli per accorgerci fino a che punto lo sia!

27 Dicembre 2005

ZAPALLAR – SANTIAGO

La mattina ci svegliamo tutti anchilosati per via del materasso inclinato e floscio…. è stata una nottata scomoda per tutti ma la più segnata è Raffaella non parla neanche più e riesce solo a dire – voglio andare a Santiago! – Lungi dal volerla deludere partiamo subito verso la capitale dove ci sistemiamo subito presso il nostro hotel Diego de Almagro che ci appare oggi come un’isola felice e ancora più confortevole di due giorni fa. Dopo un sopralluogo all’officina Toyota per una piccola revisione di Carolina che ha pur sempre venticinque anni anche se non li dimostra, andiamo al Museo di Belle Arti e Arte Moderna che però non ci fa impazzire…. il nostro interesse va tutto alla produzione artistica durante la dittatura compresa tra il 1974 ed il 1989. Due passi nel centro storico ci restituiscono una immagine più allettante di questa città appena sfiorata un paio di giorni fa…. Santiago non è poi così male. Serata di relax con torneo di backgammon, chiacchiere e whisky.

28 Dicembre 2005

SANTIAGO

Appena apro gli occhi vedo che Vanni non c’è…. mi torna subito in mente che aveva un appuntamento presto alla Toyota per la sostituzione del pezzo di ricambio proveniente dal Giappone per l’adorata Carolina. Il tempo di una doccia ed è di ritorno, incazzato perché si è svegliato presto inutilmente…. due meccanici sono malati e così nessuno si è reso disponibile per la sostituzione. Anch’io ho bisogno di una piccola revisione e così dopo due coccole sono al salon de estetica dell’hotel per una sistematina alle cose principali….. l’arredo risale ad una trentina di anni fa e l’ambiente è in generale sciatto ma già che ci sono faccio anche un massaggio di riflessologia plantare da questa podologa in carriera …. comunque troppo caro. Quando esco sono diretta alla fondazione Neruda per vedere la Chascona, la particolarissima residenza di Santiago del grande poeta cileno. La Casa è bellissima, articolata in tre piccoli edifici che si snodano lungo un breve sentiero sulle pendici della collina. Il tema ispiratore è il mare, sia negli arredi che nelle scelte volumetriche degli interni, il soffitto della sala da pranzo per esempio è in listelli di teck e leggermente bombato come gli interni di alcune barche a vela …. più in generale vi si assapora tutta la vivacità, curiosità ed il fascino del sommo poeta. Le suppellettili sparse ovunque testimoniano dei viaggi che fece nel corso della sua vita…. infine mi piacciono tutte le tre zone…. giorno, notte e studio. L’aspetto romantico della casa è legato alla donna cui fu dedicata la sua realizzazione…. l’intento fu quello di creare un nido d’amore dove poter vedere la sua Matilde senza che la sua seconda moglie potesse interferire…. un amore clandestino che poi si risolse con un matrimonio celebrato a Capri. Chascona in spagnolo significa arruffata…. come la folta chioma di riccioli rossi di Matilde. Un pò come la mia dice la guida che ci accompagna nella visita minuziosa di ogni anfratto della villa. Mi hanno colpito molto la ricchezza di dettagli e la vivacità, i bei quadri e le sculture e perché no… i bellissimi oggetti del nostro Fornasetti. Mi sento così bene uscendo…. la bellezza ha sempre avuto su di me un effetto altamente terapeutico! Siamo qui ora in relax alla nostra 912, Vanni è ancora leggermente imbronciato ed io sono ancora debilitata per la dissenteria che mi massacra da un paio di giorni…. decido di non seguire il gruppo al Liguria, un ristorante nel quartiere previdencia, tirato e con bella gente…. Quando Vanni ricompare in camera è solo per recuperare il backgammon…. i ragazzi lo aspettano per una partitina….. un classico delle nostre serate.

29 Dicembre 2005

SANTIAGO

Ci avventuriamo tra le affollate strade pedonali del centro dove centinaia di cileni indossano abiti colorati in questa tarda mattinata di inizio estate. Ci fermiamo all’ombra dei grandi alberi del “Naturalista” un baretto dove un centrifugato di carota e arancia ed una lasagna di verdure mi rimettono in sesto. Oggi vado sola al Museo di Arti Visive nel quartiere Santa Lucia dove un mercatino delle pulci incastonato tra le basse case coloniali di un paio di secoli fa introduce al modernissimo edificio del museo del quale trovo più interessante l’architettura piuttosto che le opere esposte. Alla 912 Vanni mi accoglie con un sorriso ed un beso poi mi rapisce per mostrarmi il quartiere Previdencia dove mi mostra i bellissimi edifici che lo avevano colpito ieri sera…. che carino. Foto, foto e ancora foto rapita dalle architetture che si slanciano imponenti verso l’alto…. per fortuna la taxista è molto gentile e ci aspetta senza protestare tra una sosta e l’altra, anzi ne approfitta per ricamare a punto croce un tappetino tutto colorato così come un uomo avrebbe letto con lo stesso trasporto la gazzetta dello sport. Quando siamo di nuovo in hotel il receptionist Erwin ci conferma la prenotazione per il 31 a Valparaiso…. che sollievo…. il nostro capodanno è ok! Dopo una cena di bilanci e di ricordi con i ragazzi andiamo in camera per un super torneo dove il nostro Gastone vince ancora.

30 Dicembre 2005

SANTIAGO – VIGNA DEL MAR

Per la prima volta riesco a fare colazione al Diego de Almagro…. ci siamo svegliati alle 10 per poter salutare i ragazzi che partono diretti a Rio de Janeiro dove li attende un capodanno esplosivo al ritmo del Samba. Ci abbracciamo con calore augurandoci il buon proseguimento dei nostri rispettivi viaggi che ci vedranno girovaganti nel Sudamerica per un altro mese almeno …. il Brasile li aspetta come per noi l’Ecuador che abbiamo deciso sarà la meta finale di questo nostro primo step nelle Americhe. Siamo soli ora e tutta questa libertà riconquistata sembra disorientarmi. Partiamo diretti alla Isla Negra che si trova sulla costa e dove, sulla scia dell’entusiasmo per la Chascona di Santiago, vogliamo assolutamente vedere un’altra delle residenze di Pablo Neruda …. e che sorpresa! All’ingresso incontriamo le due ragazze italiane conosciute a Caulin stupite quanto noi per l’inaspettata coincidenza. La casa di Neruda è bellissima…. mi colpisce particolarmente il soggiorno reso teatrale dalle antiche polene appese al soffitto e trattenute nella loro spinta verso il basso da un complicato sistema di tiranti. Scopriamo qui che il sommo poeta era un collezionista incallito…. le raccolte comprendono le cose più disparate…. dalle farfalle alle bizzarre bottiglie di vetro, dagli strumenti nautici agli insetti rinsecchiti custoditi dentro a teche di vetro e le conchiglie …. penso che uno psicologo avrebbe avuto il suo daffare a decifrare la complessa personalità di quest’uomo poliedrico ed ossessivo. Il tema preponderante delle collezioni è il mare…. il suo sogno …. che finisce col dare una chiara impronta anche la struttura degli spazi interni stretti e lunghi i cui soffitti convessi in doghe di legno ricordano anche qui gli interni delle barche. E’ già il tardo pomeriggio quando arriviamo all’hotel Montecarlo di Vigna del Mar dal quale domani dovremo ripartire con un certo anticipo, visto il traffico che troveremo sulla strada costiera, se vorremo arrivare in tempo per la cena di capodanno a Valparaiso. Intanto ci godiamo l’atmosfera soffusa del ristorante Mastro Antonio dove i cannelloni consumati a lume di candela sembrano ancor più gustosi…. serata piacevolissima.

31 Dicembre 2005

VIGNA DEL MAR – VALPARAISO

Il rumore del traffico sostenuto entra fin dalle undici nella nostra camera dove rimaniamo rintanati per due coccole e l’abbondante colazione fino al primo pomeriggio…. ovvero fino a quando un bel cielo azzurro si sostituisce al grigiore di questa mattina. Pochi passi e siamo sulla spiaggia color ocra già affollata di persone, osserviamo i cavalloni dell’oceano che si rifrangono con forza sulla battigia ed un piccolo gruppetto di surfisti inesperti che cercano di cavalcarli. Beviamo un drink in un brutto baretto al limite della spiaggia mentre poco lontano un localino cerca di introdurre lo spirito del capodanno sparando musica disco a tutto volume…. si respira ovunque una grande allegria. Anche noi andiamo a prepararci per la serata, decido di rispolverare un completino indiano di seta viola che continua a fare la sua discreta figura…. Vanni invece indossa i suoi Jackerson blu, l’equivalente della sua copertina di Linus, e la camicia a righe. Contrariamente alle nostre previsioni il traffico verso Valparaiso è regolare ed in meno di mezz’ora siamo già parcheggiati all’estacionamento riservato del Coco Loco, il ristorante che occupa l’ultimo piano di un grattacielo sulla baia…. la posizione più strategica dalla quale osservare i fuochi d’artificio…. Erwin ci ha consigliato il posto giusto! Mancano ancora quattro ore alla cena così ne approfittiamo per rivedere la città che le guide descrivono come bellissima ma che giorni fa ci aveva fatto una pessima impressione. E’ così che poco dopo siamo all’ascensore più antico della città che ci proietta su una delle alture affollata di casette coloratissime e di bei giardinetti che si affacciano sulla baia intensamente blu. Arrampicandoci sulle ripide stradine intercalate da scalinate interminabili esploriamo una parte del vastissimo territorio sul quale si sviluppa la città che vediamo dall’alto in tutta la sua estensione e che sembra già in gran fermento. Gruppi di persone armate di borse refrigerate e di sedie cercano di accaparrarsi la posizione migliore dalla quale osservare i fuochi d’artificio che esploderanno nel cielo a mezzanotte…. ogni parapetto è occupato, così come i terrazzini e le finestre vista mare…. si respira insomma l’atmosfera vivace e rilassata dell’attesa…. anche sulla spiaggia già interamente occupata da tende, auto e tavolini di plastica sui quali verranno allestiti i cenoni di capodanno. Il cielo è azzurro e l’aria resa frizzante dall’altezza della collina dalla quale distinguiamo bene anche i barconi che ospitano i fuochi d’artificio così come i grandi mercantili fermi in rada. Alle 20 ci avviamo verso il ristorante che scopriamo essere rotante e coperto da una grande cupola di vetro…. da quassù si gode di un panorama eccezionale che comprende tutto il visibile per chilometri e chilometri…. la costa che si snoda verso Ranaca è affollata di grattacieli mentre alle nostre spalle le colline piene di casette colorate formano un arco attorno alla grande baia ora intensamente blu. Rimaniamo a lungo in contemplazione mentre sorseggiamo i nostri aperitivi scambiandoci qualche bacetto, poi è già l’ora di accomodarci al tavolo dove troviamo trombette e maschere, stelle filanti e fischietti, insomma tutto il necessario per i festeggiamenti. Vanni indossa subito la sua maschera da diavoletto ed io lo fotografo ridendo di gusto mentre i camerieri iniziano a servire le pietanze non eccelse ma che arrivano ben decorate in grandi fiamminghe. E’ ancora presto quando la nostra cena ha termine così, afferrati i bicchieri di champagne, arriviamo per primi alla terrazza dalla quale osserviamo il panorama incendiarsi delle migliaia di luci spalmate attorno a noi, il mare intanto è sempre più affollato di barche tra cui alcuni velieri a più alberi sui quali fili di lucine penzolanti si flettono tra un pennone e l’altro. Dalla strada sotto di noi arrivano gli urli dei bambini eccitatissimi e musica e corpi in movimento dei quali vediamo i cappellini luccicanti, i palloncini colorati e la gente, tanta gente che si muove sempre più lentamente. La terrazza è ormai piena quando una serie di segnali acustici vengono lanciati a scandire la mezzanotte da una delle navi ormeggiate alla banchina del porto…. si sovrappone a questi un boato di evviva che sale dalle strade della città intera come risposta gioiosa a quel segnale. Sono così emozionata che due lacrime di commozione scendono lungo le mie guance, ma non c’è tempo nemmeno per quelle…. iniziano subito le esplosioni dei fuochi d’artificio, bellissimi, lanciati dai quattro barconi sparsi nella baia di fronte a noi e poi altri a perdita d’occhio lungo la costa, sempre più piccoli e più lontani….. non so quanto a lungo si sia protratto il bellissimo spettacolo pirotecnico ma alla fine ne siamo soddisfattissimi! Balliamo musica qualunque, la solita che viene proposta in occasioni come questa in ogni ristorante senza carattere del mondo, ma siamo così felici e così innamorati che poco importa cosa succede attorno a noi. Usciamo bruscamente dall’incantesimo poco dopo essere saliti in auto per coprire i venti chilometri che ci separano dall’hotel, chi lo avrebbe mai immaginato che avremmo impiegato più di tre ore per raggiungere il nostro lettone?

01 Gennaio 2006

VALPARAISO – LA SERENA

Alle due del pomeriggio riusciamo a fare colazione nel tavolino della camera che si affaccia sul triangolo di mare che la finestra riesce ad inquadrare…. il traffico che intravediamo da qui rimanda a spiagge superaffollate di cileni che vogliono iniziare l’anno divertendosi. Sfiliamo con l’auto a pochi metri da loro, indifferenti al desiderio di mare, protesi verso l’obiettivo che ci siamo proposti di raggiungere….. La Serena è la capitale della V regione nonché antica città coloniale carica di promesse. Intanto oltre la strada il paesaggio si fa sempre più arido trasformandosi in una sorta di deserto di cactus ed altre varietà di piante grasse che crescono sulla superficie sabbiosa color ocra. A tratti vediamo scorci di mare blu aderente alla costa rocciosa e frastagliata….. dopo aver percorso centinaia di chilometri arriviamo infine a La Serena, una cittadina che stranamente ci ricorda il Nord Africa forse per le palme ma soprattutto per le architetture e le sfumature del cielo al tramonto….. finiamo col cedere alla tentazione di mangiare una pizza in un Telepizza affollato di bambini urlanti.

02 Gennaio 2006

LA SERENA

Dedichiamo la giornata alla perlustrazione della città che però non ci conquista…. ma recuperiamo l’interesse per il luogo la sera quando ci spostiamo nei pressi del vicino villaggio di Vacuna all’osservatorio di Mamelucca la cui promessa è quella di mostrarci l’intero firmamento alla distanza ravvicinata inquadrata dai telescopi ….. l’aria rarefatta ha eletto questa regione del Cile a luogo privilegiato per l’osservazione delle stelle favorendo la crescita di centri di osservazione i cui telescopi per turisti sono ora a nostra disposizione. E’ la prima volta e ci facciamo prendere dall’entusiasmo mentre fantastichiamo su Sirio che ci appare come un immenso brillante vagante nel nero assoluto o l’affascinante Saturno con i suoi anelli rotanti e la Croce del Sud della quale riconosciamo per la prima volta le cinque stelle così come le nebulose indicateci dalla guida vicinissime alla costellazione…. che esperienza indimenticabile! …. soprattutto per il cielo di questa sera particolarmente pieno di stelle che vediamo vicinissime anche ad occhio nudo. L’osservazione ci impegna senza accorgercene fino a notte inoltrata, rapiti dalla sensazione di essere sospesi nel buio della notte vaganti anche noi nell’universo infinito.

03 Gennaio 2006

LA SERENA – PISCO ELQUI

La valle dell’Elqui ci si spalanca rigogliosa di vegetazione e di ordinatissimi vigneti carichi di grappoli che sfruttando ogni centimetro quadrato di suolo si spingono come oasi nel deserto fino alle pendici delle montagne così brulle da sembrare lunari. Siamo nella patria del famoso Pisco, un distillato dal piacevole aroma fruttato la cui origine viene ad oggi contesa tra Cile e Perù e con il quale siamo finiti brilli qualche sera fa. Colpiti dall’ordine quasi maniacale dei vigneti ci fermiamo ad osservare lo strano packaging dei grappoli ancora appesi la cui perfezione viene preservata dai sacchetti di carta che li proteggono forse solo dalla polvere … mai vista una cura così accurata del prodotto. Pisco Elqui è un villaggio ordinato come i vigneti che lo circondano e molto new age. Disseminato di negozi dalla chiara impronta orientale che propongono prodotti vari tra cui gli incensi, i cristalli, le essenze e le resine Pisco Elqui è considerato new age soprattutto per i numerosi avvistamenti di Ufo avvenuti non a caso proprio qui nella patria dello squisito superalcolico. Per incoraggiare l’avvistamento di extraterrestri che si aggirerebbero nelle strade del villaggio beviamo un abbondante cocktail ma senza ottenere risultati apprezzabili, così ancora su di giri andiamo oltre spingendoci verso il Passo Agua Negra che ci consentirebbe di rientrare in Argentina ma che purtroppo è chiuso…. delusi torniamo indietro ad affogare i nostri dispiaceri nell’alcol.

04 Gennaio 2006

PISCO ELQUI – COPIAPO’

In vista del valico che attraverseremo domani traguardando il Passo San Francisco che sfiora la bella quota di 4780 metri, oggi ci avviamo verso Copiapò che assestata alla modesta quota di 390 metri è la capitale della regione di Atacama e nostra tappa intermedia lungo la strada che ci porterà in Argentina. Ci aspettano più di 500 km…. tantissimi ma infine raggiungiamo la cittadina adagiata in una vallata circondata da alte montagne completamente brulle ma meravigliosamente variopinte nelle sfumature degli ocra, rosa e rosso. La cosa più particolare che ci capita di vedere a Copiapò sono gli alberi del pepe che da centinaia di anni affollano la piazza principale della cittadina…. purtroppo non è stagione di bacche, ma spezzando una foglia riusciamo comunque a percepirne la piacevole fragranza.


03 Argentina


05 Gennaio 2006

COPIAPO’ – FIAMPALA’

Nonostante il programma impegnativo di oggi partiamo comodamente verso le undici ma non trovando cartelli stradali che ci indichino il Passo finiamo con l’ arenarci ancor prima di lasciare la città. Troviamo infine la strada giusta chiedendo ai passanti in uno spagnolo ancora stentato quale sia la direzione per il Passo San Francisco sulla quale ci indirizziamo confortati dal cartello finalmente apparso che indica un generico “Camino International”. Poco dopo percorrendo la strada sterrata battuta dai rari automezzi che si spostano verso le numerose miniere presenti in questa regione del Cile ci troviamo immersi nelle montagne sassose dalle tonalità grigie dove la temperatura ancora alta finisce col mandare in ebollizione l’acqua del radiatore. Approfitto della sosta per scattare qualche foto al paesaggio che inizia a colorarsi con sfumature rosate…. poi saliamo ancora per qualche chilometro, fin quando alla prima sosta tecnica ci accorgiamo che Carolina ha una gomma a terra! Inizia subito dopo il penoso rituale della sostituzione nel corso del quale il viso di Vanni si contrae nello sforzo di sollevare anche se con l’aiuto del crick tutti quei quintali…. L’operazione dura circa trenta lunghissimi minuti fatti di caldo, polvere e fatica al termine dei quali Vanni esce piuttosto provato anche per via dell’altitudine che non lo ha certo favorito, e sporco fino alla punta delle orecchie. Saliamo ancora lungo il pendio lieve ma costante e Carolina inizia ad emettere fumate nere in uscita dal tubo di scappamento…. ora è decisamente freddo ed il paesaggio di una bellezza indescrivibile….. gli spazi ora sono ampi e bordati da montagne lontane piegate in curve dolci e spruzzate di un particolare colore giallastro …. questo luogo sembra un paradiso! Raggiungiamo infine quota 4780 m e con lei la frontiera con l’Argentina dove i bagagli vengono controllati dai doganieri, per fortuna non così accuratamente da trovare tutte quelle pelli di mucche e pecore che Vanni ha comprato…. non si può mai sapere la reazione dei doganieri di fronte a cose che possono offrire un facile appiglio per estorcere denaro….. La bellezza del paesaggio si complica improvvisamente del passaggio di un gruppo di vigogne forse in cerca di un riparo per la notte come suggeriscono i doganieri…. è molto freddo quassù e proseguendo il cielo nuvoloso ci regala la sorpresa di una tormenta di neve proprio mentre costeggiamo un bellissimo lago turchese. Scendendo ancora arriva il sole di nuovo e con lui paesaggi incantevoli tra cui un lago salato così bianco da abbagliarci ed infine una serie di speroni rocciosi di un colore rosso quasi innaturale. Arriviamo tardi alle terme di Fiampalà ed all’attiguo hotel così scassato da sembrare piuttosto un bivacco. Il caldo ora ci toglie il respiro così dormiamo con la porta e la finestra spalancate dopo aver gustato il formaggio e l’insalata di Mario, il gestore dell’hotel che non ha da offrire nemmeno una bottiglia di acqua minerale. Dormiamo male sulle lenzuola senz’altro usate da altri che almeno speriamo non siano infestate dalle pulci.

06 Gennaio 2006

FIAMPALA’ – VILLA UNION

Le vasche termali degradanti verso valle sembrano incastrate nelle rocce naturali scure che definiscono il canyon, muretti di pietra chiara ne delimitano i volumi ricolmi di acqua calda che vi scorre formando piccole cascate, alcune tettoie di canne creano necessarie zone d’ombra così come gli alberelli e gli arbusti che occupano il canyon e che rendono questo luogo ideale per una rilassante fuga dal caldo torrido che ci avvolge. Stesi sui muretti ombreggiati dalle frasche ci godiamo un sano relax favorito dal brusio dell’acqua in caduta da una pozza all’altra. Per non dover dormire di nuovo nello squallido alberghetto lasciamo per tempo Fiampalà e puntando verso Sud traguardiamo Chilecito ed altri pivvoli villaggi desolati. Oltre i finestrini scorrono ancora le montagne e sotto di noi la strada sterrata che vi si intrufola sinuosa creando valichi e proettandoci subito dopo in ripide discese …. siamo sulla mitica Ruta 40 che avevamo già percorso verso Sud per migliaia di chilometri ….. dai parchi della Patagonia fino ad Ushuaia. Con questo nuovo ingresso sulla Ruta 40 stiamo chiudendo un grande anello iniziato quasi due mesi fa e che continuamente rimanda a ricordi di situazioni e paesaggi. A compensare l’alloggio di ieri quello di Villa Union è confortevole, nuovo ed ha anche una piscina nella quale ci tuffiamo subito per una gara di stile libero…. e poi che meraviglia l’aria condizionata della nostra camera che ci salva dai 38°C là fuori nonostante l’ora tarda. Ceniamo in un ristorantino delizioso poco lontano dall’albergo fatto di terra, legno, fantasia e buon gusto. Il cameriere sembra uscito da un film di Mel Brooks con i suoi pantaloni rattoppati alla meglio ed il sorriso ironico stampato sul suo viso anziano. Lo scarno menù non ha variazioni sostanziali rispetto a quello delle serate precedenti solo insalata, purè, carne e formaggio che accompagnamo con molto vino tinto. La monotonia delle portate seppur gustose ci consente di osservare ammirati gli oggetti appesi alle pareti del locale…. sono antiche staffe decorate a intaglio nel legno, una sella da donna tutta ricamata e alcune pelli di puma, volpi ed ocelot… alcune di queste cose finiscono nel nostro bagagliaio tra cui le staffe e la pelle di puma che restituisce a Vanni un sorriso a trentasei denti. Accompagna la piacevole serata la musica di Jimix un cantante argentino che sulla scia del fado portoghese propone brani di musica folk che trovo bellissima…. rotto definitivamente il ghiaccio scopriamo poi che il proprietario del locale è figlio di un italiano che fu console della provincia della Rioja verso il cui omonimo capoluogo siamo diretti. Felice per l’ inaspettata vendita almeno quanto noi degli acquisti Franco ci regala un vasetto di marmellata di uva senza zucchero che dev’essere una squisitezza….mentre la moglie omaggia me di una copia della bella raccolta di Jimix …. che meraviglia!

07 Gennaio 2006

VILLA UNION

Oggi relax! Non dover ricomporre il trolley poco dopo il risveglio ci consente di usufruire del servizio di lavanderia dell’hotel verso il quale indirizziamo quasi tutto il loro contenuto. Approfittiamo del tempo a disposizione per una lunga sosta in piscina ai bordi della quale la temperatura è proibitiva e le poche folate di vento bollente mi ricordano che non ci sarà tregua al calore ancora per diversi giorni. Dopo la siesta nonostante il calore sembri stritolare i nostri corpi affrontiamo l’escursione al parco Talampaya caratterizzato da incredibili pareti verticali di roccia rossa. Arriviamo appena in tempo per l’ultima visita guidata delle 17 che ci proietta tra le bellissime rocce sulle quali si possono leggere i segreti geologici del nostro pianeta stratificatisi nel corso di milioni di anni. Una nicchia semicircolare che si alza quanto l’intero sperone roccioso offre l’occasione alla guida di mostrarci una straordinaria eco che rimbalza diverse volte riflessa dalla parete rocciosa che si sviluppa parallela alla prima ad una cinquantina di metri di distanza. E che dire dei tronchi verdissimi di alcuni arbusti che sfruttano la fotosintesi in ogni loro parte?…. L’aria condizionata dell’Hotel Isla Negra offre infine una gradevole conclusione a questa giornata very hot .

08 Gennaio 2006

VILLA UNION – LA RIOJA

Il trillo della sveglia fa balzare Vanni in piedi vispo più che mai mentre io energica quanto una novantenne aspetto a letto il mio tè. Ma poi eccomi dopo un paio d’ore di viaggio entusiasta della bellezza del Parco della Luna che visitiamo ancora con un tour guidato. Oggi però la guida troppo seria per la giovane età sale con noi…. siamo i primi di una carovana di cinque auto. Ci fermiamo dapprima ad ammirare gli scheletri di tre piccoli dinosauri rinvenuti nel parco…. i nostri primi risalenti al triassico, poi ci dedichiamo all’esplorazione del sito ammirando le erosioni che hanno disegnato particolari bitorzoli sulla sommità di rocce calcaree seguono i paesaggi lunari variopinti in tonalità delicate e piccole rocce perfettamente ed inspiegabilmente sferiche…. saranno arrivati gli extraterrestri anche qui? Il luogo offre prospettive spettacolari che si susseguono nel paesaggio lunare…. o quantomeno somigliante a quello che il nostro immaginario suggerisce al riguardo. Regaliamo due Diabolik dimenticati a bordo dai ragazzi alla nostra guida che però aveva mostrato un deciso interesse piuttosto per le sigarette di Vanni poi proseguiamo il nostro viaggio verso La Rioja a circa 200 chilometri da qui. Il relax nella nostra camera dell’hotel Libertador convenzionato ACA ci rigenera e dà una certa soddisfazione a Vanni che può usare qui ancora una volta la sua tessera. Usciamo solo verso le 19 per dare una sbirciatina alla città della quale apprezziamo particolarmente gli edifici sacri risalenti al periodo coloniale come la cattedrale e l’antico convento di San Domenico…. ma poi il ristorante consigliato dalla guida aprirà solo alle 21.30 ed il caldo ci morde la pelle. Scappiamo in camera dopo aver acquistato un Gatorade ghiacciato pensando che non è poi così fondamentale cenare….. ma poi cambiamo idea ed alla Veja Casona incontriamo un paio di simpatiche signore di Buenos Aires che ci confermano che oggi la temperatura in città è salita fino a toccare i 51°C !

09 Gennaio 2006

LA RIOJA – TUCUMAN

Questa mattina il mercato artigianale è chiuso…. che peccato, proprio oggi che mi sentivo in vena di shopping! Volevo cercare del tessuto da usare per i miei quadri, invece su una bancarella superstite trovo un bel poncho mignon per la mia nipotina Anna che acquisto. Vanni invece ha adocchiato nella vetrina di un antiquario un set completo di mazze da golf il cui prezzo lo fa desistere…. insomma shopping quasi uguale a zero! Partiamo subito dopo la passeggiata verso Tucuman a 350 km da qui…. il viaggio ci riserva l’inaspettata quanto spettacolare sorpresa di vedere la straordinaria migrazione di farfalle bianche …. procediamo pianissimo avvolti dalla moltitudine di farfalle svolazzanti. Che soddisfazione… questo viaggio ci riserva numerose prime volte! Per recuperare con stile le fatiche del trasferimento a Tucuman avvenuto sempre a temperature infernali ci concediamo per questa notte un piacevole cinque stelle.

10 Gennaio 2006

TUCUMAN – SALTA

Viaggiamo anche oggi in compagnia delle farfalle che si spostano migrando perpendicolarmente alla nostra direzione… sono così belle…. la sensazione è quella di essere in mezzo ad una nevicata di grossi fiocchi con la differenza nel nostro caso di ritrovarci il parabrezza coperto di macchioline giallastre. Raggiungiamo presto Salta, la più piacevole delle città coloniali viste finora. Belle e colorate a tinte vivaci le facciate delle due chiese sulle quali i cromatismi accesi fanno risaltare le ridondanti decorazioni barocche. Ci fermiamo all’hotel Provincial dove due lettoni ci garantiranno sonni tranquilli…. poi usciamo a caccia di un ristorante e al Posta ceniamo piuttosto bene mentre fuori impazza un acquazzone del quale dopo un paio d’ore non rimane alcuna traccia. Sembra un miracolo vedere in tv un concerto diretto da Muti nella piazza antistante la basilica di San Francesco…. ed una bella soddisfazione rivedere Ravenna ed i suoi bellissimi mosaici bizantini su uno schermo argentino.


Menù delle città

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04 Bolivia


11 Gennaio 2006

SALTA – VILLAZON

Partiamo verso Humauala optando per la strada che attraversa la foresta dove la vegetazione rigogliosa fa da cornice alle migliaia di farfalle bianche. Si succedono al verde intenso le rocce policrome di Jujuy e poi uno sciopero che blocca la strada per una ventina di minuti….. capiamo solo sommariamente le ragioni della protesta e passiamo oltre. Humauaca, la città indio famosa per le sue casette ad un solo piano di mattoni crudi, ci sembra al di sotto delle aspettative ma vi acquistiamo tre poncho di alpacha a tinta unita ed un grande poncho tradizionale decorato con motivi geometrici bianchi su fondo azzurro. Scopriamo in questa circostanza che dai colori di un poncho tradizionale si può risalire alla città nella quale è stato tessuto…..ogni città ha i suoi colori caratteristici così come i motivi decorativi che vi sono stati tessuti ed ogni poncho riassume la storia del luogo nel quale è stato confezionato. Vanni si esibisce per l’occasione in una trattativa estenuante che lo vede strappare un prezzo molto conveniente invece io impietosita dall’espressione disperata del venditore e pensando che qui non navigano certo nell’oro gli regalo cinque dollari. Vanni si trasforma in un puma e dopo avermi mangiato la faccia si incammina velocemente verso Carolina. Lo raggiungo con calma più arrabbiata di lui…. non mi era sembrato un gesto così irrispettoso nei suoi confronti…. certo gli ho spostato di cinque miseri dollari la trattativa con un commerciante che tanto povero non sarà, ma detesto il suo accanimento nelle trattative. Procediamo in silenzio per un pò ma ritroviamo presto il nostro equilibrio di sempre in prossimità della cittadina di Quiaca e del confine boliviano che raggiungiamo verso le 19. Gli uffici pullulano di persone i cui abiti colorati animano l’ambiente angusto e neutro ma per contro ci fanno perdere un sacco di tempo…..osserviamo rapiti la bellezza di queste donne indio vestite con ampie gonne a pieghe lunghe fino al ginocchio. Due lunghe trecce raccolte sulla schiena da fili di lana neri che le fanno sembrare ancora più lunghe spuntano in alto dal cappello che a volte è una bombetta marrone….. belle nei loro colori sgargianti indossano un immancabile fagotto di tessuto a righe legato sulla schiena. Spesso dentro quel fagotto c’è un bambino dalla pelle color cioccolato come la loro. Trovare un hotel accettabile qui a Villazon, il corrispettivo di Quiaca sul versante boliviano, non è una cosa semplice…. facciamo un primo tentativo che però non ci soddisfa nonostante l’hotel occupi un edificio nuovo con tanto di volumetrie a sbalzo rivestite di vetro specchiato…. la camera che vado a vedere però è maleodorante e non c’è l’autorimessa. Optiamo per il Plaza, un tre stelle pulito ma essenziale e con finestre ermeticamente chiuse però almeno c’è il servizio di custodia delle auto. La pecca arriva più tardi, quando rientrando dalla cena ci accorgiamo che tutte le porte sono aperte in alto ed i rumori di tutti si mescolano nel piccolo disimpegno comune…. insomma è come se tutti dormissimo nella stessa stanza. Il bagno si allaga dopo la prima doccia e la naftalina appoggiata sullo scarico per scoraggiare la salita di animalini emana un odore piuttosto sgradevole. Mentre chiacchieriamo facciamo qualche considerazione sul nostro viaggio …. siamo a più di 5000 chilometri dall’ormai lontanissima Ushuaia, ad una quota di 3500 metri che rende faticoso anche respirare. Anche stesi il cuore batte all’impazzata fino ad assestarsi dopo ogni respiro profondo…. Vanni invece dice di non sentire nessuno strano effetto ….. che sia diventato un uomo bionico? Inizio a crederlo dato che pur guidando tutto il giorno conserva sempre molte energie.

12 Gennaio 2006

VILLAZON – UYUNI

Alle otto i rumori dei vicini mi svegliano….alcuni bambini stanno guardando i cartoni animati ad un volume improponibile a quest’ora del mattino. Ne approfitto per leggere “La terra del fuoco” di Coloen poi quando anche il mio amor si sveglia scendiamo per la colazione e vado in esplorazione di questo vivace paese che al passaggio di ieri mi aveva incuriosita. Le signore indio vestite in abiti variopinti continuano a conquistarmi, oggi sembrano tutte intente a lavorare all’uncinetto o ai ferri o a filare un pugno di lana mentre ingannano il tempo tra un cliente e l’altro sedute accanto alle loro bancarelle di frutta. Provo a fotografarne qualcuna ma non gradiscono affatto e mi mostrano quasi tutte la schiena che comunque non è male con quelle lunghe trecce di capelli neri. La cittadina è piuttosto vivace con i suoi vecchi edifici coloniali ad un paio di piani dalle facciate colorate e le bancarelle sparse nelle vie del centro incrementano l’energia che vi si respira. Dopo la passeggiata di ricognizione partiamo diretti ad Uyuni che da qui dista 300 km di sterrata dei quali solo i primi trenta sono scorrevoli ma poi la strada si fa dura….. incrociamo autobus carichi di locali e camion che arrancano in salita, poi una serie di vecchie Toyota Land Cruiser identiche a Carolina che conquistano Vanni visibilmente di ottimo umore per l’inaspettato incontro. Saluta i conducenti e ripartiamo verso i paesaggi bellissimi i cui colori sembrano stesi a pennellate da un bravo pittore impressionista…. le vallate sono come oasi verdissime chiuse in canyon di alte rocce. Il cielo si fa improvvisamente scurissimo ed inizia a piovere, ma all’orizzonte il paesaggio è illuminato a macchie dai raggi del sole che per contrasto sembrano potentissimi. Attraversiamo Atocha un villaggio aggrappato alla montagna le cui case di terra cruda sono appena visibili sullo sfondo dello stesso colore, poi ecco gli edifici dismessi di una vecchia miniera ora in disuso e piccoli fiumi accanto a dune di sabbia, il tutto condito da qualche fulmine e coloratissimi arcobaleni…. insomma una meraviglia. La cittadina di Uyuni ci appare sotto la pioggia affascinante e colorata ….. anche il vecchio treno che rallenta verso la stazione ha una sua particolare bellezza e che dire dell’originalissimo Hotel “Jardin de Uyuni” dove decidiamo di fermarci… è così armonioso il mix di colori blu e terra di siena alle pareti e le coperte di lana a righe in tinte vivaci che avvolgono i cuscini dei divani in muratura. Sul pavimento tappeti di lana colorati ed un bel camino pieno di oggetti antichi. Sono felice di fermarmi in questo hotel così scenografico e Juan il proprietario è simpatico e si da da fare per organizzarci un tour di tre giorni con guida alla scoperta dei luoghi più belli della Bolivia Sud occidentale ( Hidalgo Tours di Juan Quesada Valda www.salardeuyuni.net – www.palaciodesal.com e-mail: uyusalht@ceibo.entelnet.bo ) …. entusiasti accattiamo di buon grado il progetto…. partiremo domani mattina alle 10.30. La nostra camera riprende i colori ed i materiali dell’hotel…. il pavimento di legno scuro è costellato di tappetini a righe colorate mentre i due letti in muratura sono colorati di azzurro con coperte in tinta. Dopo il relax e le foto all’hotel andiamo a cena in un posticino consigliato dal proprietario dove la pizza sembra essere la specialità della casa. Entriamo attirati dalla vivacità del locale che sembra piuttosto un pub affollato di giovani ragazzi europei …. ci ritroviamo così a gustare la pizza canticchiando il ritornello di Dancing Queen che sentiamo in sottofondo…. chi lo avrebbe mai detto che avremmo ascoltato la musica degli Abba qui in Bolivia! Rientriamo con il fiato corto in camera dove crolliamo come sassi.

13 Gennaio 2006

UYUNI – VILLAMAR

Lo shopping della mattinata si è consumato acquistando al mercato un tubetto di dentifricio ed un sacchetto di foglie di coca che se masticate come i locali fanno abitualmente dovrebbero aiutare a dare una sferzata di energia a compensare la spossatezza derivante dalla carenza di ossigeno qui a 3800 metri! E’ stato Willy, la nostra guida per il tour, a consigliarci l’acquisto delle foglioline ed anche ora è con noi seduto sul sedile posteriore di Carolina ….. simpatico, gentile ed esperto conosce a menadito tutte le sterrate che percorriamo. Le piste propongono da subito una serie di ostacoli tra cui alcuni guadi che inizialmente affrontiamo titubanti…. ma poi finiamo col fidarci ciecamente di Willy e col procedere fiduciosi anche di fronte a corsi d’acqua dei quali non si vede il fondo….. di fronte ad una serie di laghetti però Willy scende per cercare una pista alternativa …. che comodità! …. e poi è di una gentilezza infinita, è sempre lui ad aprire la mia portiera quando devo risalire in auto…. che galanteria! Mentre procediamo ci fermiamo in prossimità di un gruppo di rocce variamente erose…. siamo qui per ammirare i favolosi dipinti rupestri che conquistiamo arrampicandoci sulle rocce scoscese. Le immagini rappresentano figure umane che però hanno tutta l’aria di essere dei marziani dotati di antenne e copricapi a punta. A Vanni viene il dubbio che siano stati dipinti di recente per attirare i turisti…. potrebbe essere vero, ma è anche vero che a poche migliaia di chilometri da qui ci sono le misteriose linee di Nazca ed anche alcuni bassorilievi Messicani precolombiani rappresentano uomini seduti su oggetti volanti. Arriviamo all’hotel “Mallku Cueva” di Villamar verso le cinque del pomeriggio ….. si tratta di un altro affascinante hotel sempre dello stesso proprietario. Lo spazio centrale è molto spazioso ed è così particolare da sembrare la scenografia minimalista e vagamente surreale di una pièce teatrale di avanguardia…. il generatore però non funziona e così ci adattiamo con piacere ad una serata a lume di candela. Tutte le stufe dell’hotel del quale siamo gli unici ospiti sono ricavate in barili di petrolio ossidati appoggiati in orizzontale a bassi supporti metallici, un tubo dello stesso materiale funge da canna fumaria ed una piccola apertura su uno dei cerchi del cilindro serve per caricare la stufa di legna…. bellissime! Ci avviamo verso la saletta del ristorante dove le panche di legno sono coperte da soffici pelli di pecora e tendine ricamate proteggono le vetrate da sguardi indiscreti….. il menu prevede un piatto unico a base di spaghetti …. temendo che arrivino sul tavolo scotti ed incollati mi propongo alla cuoca come aiuto e così mangiamo i primi spaghetti al dente di questo viaggio mentre fuori imperversa un temporale con tuoni e pioggia battente. La sottile ondulina di lamiera che copre il tetto amplifica il piacevole ticchettio dell’acquazzone che più tardi finirà con l’agire come un potente sonnifero. Intanto però siamo seduti al tavolo serviti da Gregorio, il factotum dell’hotel, che si è presentato in sala con un paio di guanti bianchi di cotone, la camicia bianca chiusa da un farfallino nero ed un gilet variopinto alla moda boliviana…. che buffo…. sembra uscito da un film di Ridolini!

14 Gennaio 2006

VILLAMAR

Pariamo ignari delle meraviglie che vedremo oggi ma la pista è durissima ed impieghiamo un’ora per percorrere i primi trenta chilometri al termine dei quali ci troviamo di fronte ad un vasto specchio d’acqua punteggiato da blocchi bianchi in galleggiamento che sembrano piccoli iceberg. Willy ci spiega che si tratta di una miniera a cielo aperto di Borax, ovvero acido borico in cristalli. Se ci immergessimo ne usciremmo perfettamente disinfettati invece andiamo oltre verso la meravigliosa “laguna colorada” che ci affascina per il suo colore intensamente rosa e per le centinaia di fenicotteri dello stesso colore che vi sono immersi o volano sulla sua superfice….. ampia e delimitata da basse rocce è quanto di più bello abbiamo potuto osservare finora in questo Parco Nazionale Eduardo Avaroa che sembra rimasto intatto da contaminazioni turistiche. Saliamo ancora sulla pista sassosa fino a raggiungere un’area di gaiser dove il fango ribolle e le buche rilasciano vapori ad alta pressione…. Willy scherzando mi suggerisce di fare impacchi di bellezza ma in realtà stentiamo anche ad avvicinarci a quelle bolle che minacciano ustioni di terzo grado. Il luogo è ancora molto suggestivo per le sfumature dei grigi e per la stranezza del fenomeno naturale nei pressi del quale c’è un impianto in disuso di sfruttamento del gas dell’ Eni….. sul cartello vi si legge la quota di 4879 metri! Chiudono il tour l’avvistamento di altre due lagune rese interessanti per il loro rispettivi colori… la “laguna verde” le cui acque hanno riflessi verde-turchese e la meno suggestiva “laguna blanca” e poi il meraviglioso deserto di Dalì così detto perché disseminato di grosse rocce che appoggiate sulla distesa di sabbia conferiscono al luogo valenze surreali…..è bellissimo ! Rientriamo in hotel dopo aver percorso in dieci ore 340 km all’interno del meraviglioso parco il cui ricordo conserverò per sempre…. spettacolare ed unico ne siamo sinceramente conquistati. In hotel però il generatore però è ancora rotto ed è impensabile caricare la batteria della macchina fotografica con le candele…. Willy intanto per sedare la mia arrabbiatura preannuncia la visita di incantevoli paesaggi anche nella giornata di domani…. il salar di Uyuni ci attende!

15 Gennaio 2006

VILLAMAR – SALAR DE UYUNI

L’altitudine ci da la sensazione di respirare al di sotto delle potenzialità del nostro corpo… come se non fosse la scarsità di ossigeno nell’aria che respiriamo a creare il senso di soffocamento bensì i nostri polmoni ….. come se si fossero dimezzati e per questo fossimo continuamente in carenza di ossigeno. Questa mattina poi sento dei pruriti molesti sulla testa …. spero che quell’hotel con lenzuola usate alle terme di Fiampala non mi abbia lasciato uno scomodo souvenir. Nelle farmacie di Uyuni dove andiamo alla ricerca di uno shampo adeguato il prodotto è esaurito …. in preda ad un pessimismo cosmico inizio a pensare di essere solo una delle tante vittime di questa piaga diffusa come un’epidemia su tutta la popolazione della regione. La preoccupazione lascia però presto il posto all’entusiasmo legato al nostro arrivo al Salar di Uyuni, la più grande distesa di sale del mondo che ci appare come un immenso deserto bianco i cui confini si perdono verso l’orizzonte…. non c’è nulla qui a parte qualche cumulo di sale ed il particolarissimo “Hotel del Sal” nel quale ci fermiamo. E’ stato realizzato interamente con lastre di sale compatto tagliate in parallelepipedi delle dimensioni di un mattone forato ….è tutto sale qui a parte le coperture del foyer e degli ampi corridoi, i sanitari, gli infissi ed i materassi, appoggiati comunque su uno zoccolo di sale compatto ….. e che dire dei pavimenti di sale grosso sui quali camminiamo. Sui pilastri, i muri e le cupole che coprono le camere si leggono le stratificazioni talvolta grigiastre del sale sedimentatosi negli anni…. tavoli, sedie poltrone e persino il camino sono tutti scavati in grandi blocchi così come le belle sculture che si susseguono negli ampi corridoi. In fondo a quello principale si apre la Spa con piscina, sauna e bagno turco…. inutile dire di quale materiale siano fatti ! Il colore bianco che caratterizza ogni parte dell’hotel crea nelle zone più illuminate un potente riflesso, come nel nostro bagno nel quale penso già che dovrò fare la doccia con gli occhiali da sole. Spiccano sull’uniformità cromatica i colori dei cuscini che ricoprono le poltrone e le sedie, le stufe anche qui realizzate in fusti metallici arrugginiti e le coperte blu dei letti…. anche gli asciugamani sono bianchi! Dopo un’ottima insalata ed una sigaretta partiamo diretti all’ingresso del Salar ad un centinaio di metri da qui ed eccoci improvvisamente immersi nel cielo…. essendo da poco terminata la stagione delle piogge la superficie del Salar è ricoperta da uno strato di acqua variabile dai dieci ai cinquanta centimetri che crea un particolare effetto specchio… e cosa potrebbe specchiarsi qui dove non c’è nulla se non il cielo? Ci spingiamo con Carolina dentro questo fantastico trompe l’oeil che ci proietta in un cielo totale sopra e sotto di noi…. viaggiamo così cavalcando le nuvole come su uno specchio infinito che ci fa sognare. La spia accesa del filtro ci costringe ad abbandonare troppo presto questo tour da sogno… il libretto delle istruzioni anche se in inglese parla chiaro…. il rischio è quello di rompere gli iniettori e così Vanni fa una retro clamorosa per rientrare in hotel. Mentre lui e Willy si prodigano a smontare i filtri giocando a fare i meccanici io incontro Juan che mi comunica di aver reperito la massaggiatrice che gli avevamo richiesto un paio di giorni fa quando soggiornavamo nell’altro suo hotel Jardin de Uyuni, ma non so che fare…. le attacco gli indesiderati ospiti facendomi fare un massaggio o rinuncio? Egoisticamente cedo alla tentazione e che relax! La massaggiatrice è simpatica ed un pò troppo chiacchierona ma fa una serie di apprezzamenti che mi danno una certa carica. Già che ci siamo facciamo anche una sauna nella stanzetta dove il sale della cupola si è disciolto in sottili stalagtiti poi ci sottoponiamo alla specialità della casa ovvero la sale terapia. Mi viene da ridere quando vedo Vanni disteso su una piattaforma di sale e Saturnino il cameriere che con una pala lo ricopre di sale grosso come fosse un enorme pesce da infornare con solo la testa ed i piedi che escono da quella montagnola bianca …. la pelle dopo la terapia è liscia e decongestionata ed anche i miei pruriti sembrano molto diminuiti. Consumiamo la nostra cena seduti ad un grande tavolo di sale quadrato e forato al centro nella sala da pranzo rischiarata da un paio di camini accesi e qualche candela. Seduti uno di fronte all’altro ci ritroviamo lontanissimi… la situazione mi riporta ad immagini di film nei quali la coppia è divisa da metri di tavolo ed il cameriere si sposta da un lato all’altro con una zuppiera d’argento. La zuppa di quinoa è una vera prelibatezza ed è l’unica cosa che sento di poter mangiare mentre per Vanni e Willy c’è anche una bistecca di lama. Per terminare ci viene offerta una bevanda della casa, un mix di shwepps ed un distillato d’uva che si chiama singani. La magica atmosfera ci porta a conversare a lungo di politica e del salar di Uyuni di cui Willy è espertissimo, scopriamo così che il grande tappo di sale che ricopre l’acqua del lago sottostante è composto da undici strati di spessore variabile il più superficiale dei quali è alto una decina di metri …. e poi c’è anche un aspetto leggendario legato al luogo. Secondo le antiche leggende Incas nel Salar ci sono gli ojos de Salar che inghiottivano intere carovane…. sono in realtà dei buchi nei quali sale l’acqua e che assolutamente invisibili in determinate condizioni di luce sono ancora pericolosissimi. L’auto ora è ok e domani ci aspetta un altro tour nel Salar.

16 Gennaio 2006

UYUNI – POTOSI

L’idea del banchetto che mi aspetta per colazione compare come la coscienza di esistere non appena riapro gli occhi …. la richiesta di ieri ha trovato soddisfazione nella composizione di banane e papaie che troneggiano sulla lastra di sale e sulle quali mi tuffo con l’avidità di chi non mangia frutta da troppi giorni. Poco dopo siamo di nuovo immersi nella sensazione di volare nel cielo mentre lanciamo Carolina sulla superficie a specchio del Salar, l’esperienza più bella della mia vita di viaggiatrice …. un tuffo nel cielo seduti sull’auto che viviamo intensamente, con la gioia di aver trovato un luogo così magico …. dove potrebbe succedere se non qui? Come tutte le cose belle che vorremmo non finissero mai anche questa termina troppo presto per far fronte alla necessità di trovare un rimedio agli acciacchi di Carolina che preoccupano Vanni. Approfitto della sosta in officina ad Uyuni per un sopralluogo al mercato dove trovo il quinua, il singani ed alcune pezze di tessuto rigate in colori vivaci che le donne usano come comode sacche fissate sulla schiena annodando le quattro estremità e che io immagino come tovaglie sui tavoli dei nostri amici. L’incontro casuale di Juan mi offre il piacere di aspettare Vanni e Willy condividendo un piacevole pranzetto accompagnato da chiacchiere nel baretto convenuto per l’appuntamento, ma dopo due ore non sono ancora arrivati. Li trovo all’officina da Claudio dove i tempi si dilatano ulteriormente e chissà quando raggiungeremo Potosi. Vista l’ora l’elettrauto ci scoraggia dal sistemare anche il tergicristallo e così dopo una regolata ai freni partiamo accompagnati dal sole che fa risaltare i colori del bellissimo paesaggio che ammiriamo procedendo. Willy sostituisce alla guida Vanni stremato dalle notti insonni, è un bravo driver attento e consapevole delle difficoltà delle piste che stiamo percorrendo … è la prima volta che Vanni cede ad altri senza difficoltà il volante della sua adorata Carolina e questo depone senz’altro a favore della nostra affidabile guida. Ma ecco che dopo un centinaio di chilometri inizia a piovere e tragedia delle tragedie il tergicristalli si inceppa continuamente …. mancano ancora 120 km al traguardo, il cielo è sempre più nero e la sterrata piena di curve. Il conto alla rovescia dei chilometri rimanenti indicati dalle pietre miliari inizia quando dopo una cinquantina di chilometri la situazione si fa insostenibile…. la luce insufficiente che arriva dai fanali oscurati dal fango ed il parabrezza pieno di pioggia che rende la visibilità seriamente compromessa. Disperati ricorriamo anche ad un rimedio boliviano strofinando una patata sul vetro, ma nemmeno questo risolve la situazione. Dopo quasi cinque ore di viaggio al limite delle possibilità arriviamo ormai tardi all’hotel Colonial …. proporrei Willy per la beatificazione!

17 Gennaio 2006

POTOSI

Piove qui a Potosi. Vanni e Willy sono dal meccanico per la riparazione del tergicristallo mentre io passeggio a zonzo per le strade del centro ad osservare gli edifici coloniali le cui facciate sembrano liquefarsi dilavate dalla pioggia battente. La sera finiamo col vedere Magalli nelle vesti di conduttore di un programma televisivo trasmesso da Rai International … che tristezza!

18 Gennaio 2006

POTOSI

Il taxi diretto al Seguro Universitario procede lento sulle strade allagate dalla pioggia che non accenna a diminuire, il traffico quasi bloccato fin dalla partenza dall’hotel. La meta successiva è ancora indefinita, visto il clima avverso mi fermerò solo quando fuori dai finestrini vedrò il luogo adatto per dare inizio a quella che vorrei fosse una bella passeggiata. Mi rifugio dopo pochi passi nel negozio di arte nativa, l’ associazione che aiuta le donne dell’entroterra a commercializzare i loro manufatti …. nonostante non sia facile la scelta tra quei tessuti bellissimi e di grande qualità ne esco con 670 bolivar in meno ma contenta degli acquisti e di aver con essi premiato lo zelo e la creatività di quelle signore che immagino affascinanti come queste che vedo sui marciapiedi oggi deserti con i loro cesti di frutta in vendita. La debolezza mi spinge poi verso il Café de la Plata sulla piazza principale dove l’almuerso de la tarde ( spuntino del pomeriggio ) mi rimetterà in sesto non appena i camerieri si degneranno di portarmi la mia pizzetta. Le boiserie di legno e le pareti dai colori caldi e vivaci rendono il locale particolarmente avvolgente e piacevole l’attesa che mi permette di mettere a fuoco le persone sedute agli altri tavoli. Sono quasi tutti stranieri…. un ombroso giapponese osserva il muro di fronte al quale si è seduto, alcuni piccoli gruppi di europei e poi l’ingresso di due ragazzi strepitosi che si siedono non lontano da me…. sono così intriganti che mi è quasi impossibile finire la pizzetta ormai fredda. Tra le altre cose sono rapita dal loro look… jeans tagliati al ginocchio sotto i quali si delineano gambe perfettamente modellate coperte da pantacalze semiaderenti che termina su scarponcini da trekking. Biondi e dall’aria leggermente trasandata tipica dei viaggiatori incalliti, duri ed avventurosi. L’ incontro casuale nel ristorante che anche noi abbiamo scelto per la cena mi fa pensare che anche loro prendano spunto dalla stessa guida Lonely Planet…. nonostante mi senta lusingata dal loro saluto noto che il look di questa sera non rende loro giustizia…. si fa per dire!

19 Gennaio 2006

POTOSI – LA PAZ

Nonostante i 4000 metri di quota le coccole che seguono il risveglio non sfociano in pericolosi effetti collaterali ed anzi ci predispongono a lasciare la città nel migliore dei modi spingendo al massimo la sensazione di intensa libertà che ci inebria ogni volta. La strada asfaltata e sinuosa che si insinua tra le alte montagne boliviane ci allontana da Potosi che rappresenta così come Uyuni uno dei poli boliviani del narcotraffico e del contrabbando di veicoli verso il Peru. Dopo giorni di piste la strada per La Paz è insolitamente comoda e non priva di piacevoli sorprese… prima fra tutte l’incontro dei due semidei di ieri che fermi con le loro biciclette lungo un tratto di salita particolarmente dura ci salutano con un cenno della mano mentre noi sfrecciamo a bordo di Carolina verso l’ignoto. Dopo più di 500 km percorsi tra le montagne rigogliose di vegetazione La Paz ci appare immensa ed aggrappata alle pendici di un largo canyon… dall’alto della montagna possiamo vederla in tutto il suo splendore e chissà come dev’essere bella arrivando di notte …. con le luci accese deve sembrare un enorme presepio. Subito dopo siamo risucchiati dalla ragnatela di strade caotiche ed intricate attraverso le quali raggiungiamo infine l’Hotel De Paris. Ospitato nell’edificio decò in angolo sulla piazza principale che accoglie tra gli altri gli edifici rappresentativi del governo, del parlamento e la cattedrale ottocentesca l’hotel ha riaperto oggi dopo tre anni di chiusura in occasione dell’imminente passaggio di testimone tra il presidente provvisorio ed Evo Morales da poco eletto. Le grandi sale riunioni accoglieranno giornalisti impegnati nei meeting mentre il servizio alberghiero sarà invece dedicato a noi due soli in via del tutto eccezionale grazie all’insistenza di Vanni che difficilmente considera insuperabili gli ostacoli che gli si presentano lungo il cammino…. per far leva sulla direttrice ha infatti usato il suo cavallo di battaglia ovvero lo stratagemma che sempre fa leva sul femminile…. il nostro viaggio di nozze che richiede una sede adeguata… che genio! Inganniamo l’attesa della messa a punto della nostra camera osservando il lavoro alacre degli operai intenti a ricostruire l’arredo delle zone comuni posizionando specchi e suppellettili, trasferendo sedie e sostituendo lampadine, poi finalmente entriamo nella camera spaziosa e retrò, dove comodamente in posizione orizzontale osserviamo gli alti soffitti ad almeno cinque metri da noi…. dopo pochi minuti la decisione è presa …. sfrutteremo l’occasione fino in fondo partecipando come spettatori al grande evento.

20 Gennaio 2006

LA PAZ

A zonzo per mercati e musei finiamo col soffermarci divertiti e curiosi al corner del mercato permanente dedicato alla stregoneria le cui bancarelle espongono tutti gli strumenti che possono far comodo per trasformare la cattiva sorte in un futuro di felicità e benessere. L’operazione non semplice viene svolta con l’ausilio di raccapriccianti feti di lama, serpenti e più in generale da parti di animali rinsecchiti che vediamo esposti alla rinfusa su piani di legno impolverati che ben introducono all’atmosfera sinistra del rito. Sulle mensole soprastanti sono stipate statuette votive, vassoi tematici colorati dai quali emergono dollari falsi statuette di coppie di sposi, rospi, soli splendenti, volti sorridenti e animali stilizzati …. poi ci sono i pacchetti il cui contenuto rimane misterioso ma le cui immagini stampate suggeriscono pozioni per esaltare la potenza sessuale o per favorire gli affari o un legame non ancora consolidato …. che spasso! Sul marciapiede vicino c’è un signore con cappello che legge il futuro ad una signora trepidante interpretando la posizione delle foglie di coca che getta dall’alto…. Per non precluderci un futuro di soddisfazioni facciamo anche noi un acquisto…. un paio di flaconcini da penicillina sono stati riempiti con oggetti minuscoli immersi in un liquido trasparente…. un ferro di cavallo, un dollaro mignon arrotolato, una mano e cilindri di materiale colorato…. il tappo di metallo è avvolto con lana di lama colorata …. insomma amuleti veri e propri ma in versione da viaggio! Il meraviglioso edificio decò che raggiungiamo più tardi ospita una collezione di opere contemporanee che però non riescono a competere con i virtuosismi del contenitore nel quale ogni dettaglio è sviluppato con originale eleganza nello stile che io adoro … dai lampadari ai lucernari dalle modanature alla policroma vetrata di ingresso. Squisito!Della lunga chiacchierata nel corso della quale tentiamo senza convinzione di definire alcuni punti fermi del nostro viaggio finiamo con l’apprezzare soprattutto la comoda posizione orizzontale nella camera dagli alti soffitti …. l’unica cosa che definiamo con certezza è il ristorante per la cena all’hotel Rosario dove la comida è allietata dall’accompagnamento musicale con brani tradizionali interpretati da un gruppetto di musicanti…. stiamo bene in questa bella e vivace serata… la piazza Morillo è blindata ed il taxi è costretto a fermarsi prima di raggiungere il traguardo. Centinaia di militari armati sfilano sul perimetro della piazza decorata dei ritratti in scala gigante delle figure emblematiche del governo, cantando l’inno nazionale … sono le prove generali in vista del grande giorno che vedrà riuniti ventiquattro capi di stato ed il nuovo presidente boliviano nel vicinissimo palazzo del governo…. è molto emozionante essere immersi nell’entusiasmo dei boliviani che assistono felici ai preparativi del grande giorno che incoronerà l’amato presidente.

21 Gennaio 2006

LA PAZ – COPACABANA

Considerando sufficienti le prove generali di ieri sera ripartiamo lasciando il centro di La Paz oppresso dal cielo grigio e da una fastidiosa pioggerellina che rende ancora più squallida la periferia degradata e fangosa. Allontanandoci dalla capitale le nuvole si diradano ed il sole finisce col prevalere illuminando l’acqua blu del lago Titicaca. Il nostro obiettivo è Copacabana, il paese boliviano più pittoresco che si affaccia sul lago e di fronte al quale si sviluppa l’unica spiaggia rimasta alla Bolivia dopo aver perduto l’accesso al mare conteso con il Perù. Per arrivare saliamo con Carolina su una chiatta di legno che procede lenta verso il lato opposto dello stretto ed il cui pilota ci chiede cinque boliviani in più come offerta, sono tanti gli uomini ed i bambini che chiedono l’elemosina per le strade…. provo sentimenti contrastanti nei loro confronti fluttuanti dalla compassione al disagio di fronte all’umiliazione continua alla quale si sottopongono chiedendo la carità ed una forte rabbia quando vediamo che quei padri incoraggiano i loro figli a fare altrettanto… con l’inseparabile ciotola si avvicinano alle auto implorando che qualcuno la riempia… sono sporchi e disperati, verrebbe voglia di adottarli tutti. Planiamo infine all’hotel Rosario, un tre stelle dignitoso che si affaccia sul lago blu…. la giornata è agli sgoccioli e noi ci tuffiamo sul nostro lettone.

22 Gennaio 2006

COPACABANA

La luce forte filtra dalle finestre della camera sfiorando i nostri visi fino a svegliarci…. deve esserci un bel sole splendente là fuori. Dopo l’amore ed una colazione abbondante a base di frutta succosa e saporita usciamo diretti alla cattedrale in stile moresco di fronte alla quale si sta svolgendo la suggestiva benedizione delle auto. Auto e camion nuovi e vecchi tutti addobbati di fiori colorati sono fermi nella piazza prospiciente in attesa della benedizione da parte del prete che vi si muove aspergendoli con acqua benedetta ed un fiore rosso che muove nel classico movimento della benedizione. Segue a breve distanza la pittoresca e verace benedizione pagana che vede un gruppetto di “stregoni” muniti di piccoli bracieri che diffondono nell’aria un fantastico profumo di incenso, spruzzare sulle auto il contenuto di numerose bottiglie di birra preventivamente agitate. Attorno a loro tutta la famiglia festeggia bevendo senza dimenticare l’offerta di qualche goccia alla Pachamama, la madre terra simbolo di fertilità e di vita. La lunga passeggiata che segue ci vede arrivare alla spiaggia dove intere famiglie sono raccolte attorno a radioline sintonizzate sulla cerimonia di investitura del nuovo presidente Evo Morales …. intanto i bambini giocano lontani sulle giostre spinte a mano da anziane signore in bombetta e gruppetti di donne vestite di lunghe sottane chiacchierano allegramente, le trecce di capelli corvini immancabilmente legate al centro delle loro schiene. Piccoli carretti offrono in vendita il pranzo domenicale mentre lama ed alpaca sfilano per qualche foto a pagamento. L’aria è frizzante qui sul bagnasciuga dove anche noi ci siamo seduti tra i rifiuti lasciati tempo fa da qualche famigliola… l’appetito solletica la nostra curiosità e così finiamo con l’assaggiare alcune leccornie del luogo tra cui i maccheroni fritti e zuccherati ed enormi dolciastri pop corn provenienti dai carretti. Rientriamo lentamente in hotel…. non affaticarsi, mangiare poco e dormire separati sono i tre precetti per sopravvivere a 4000 metri di altitudine! Incollati alla tv seguiamo le celebrazioni …. sulla scia dell’entusiasmo dei boliviani per il nuovo presidente finiamo col sentirci partecipi del grande evento quasi come se anche noi lo avessimo votato…. siamo commossi, finalmente un presidente indio che si batterà per restituire dignità al suo popolo…. un passaporto per tutti sarà solo l’inizio di una serie di iniziative volte al rispetto dell’individuo anche se umile ed indigente.


Menù delle città

Percorso della tappa

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Cambia Tappa

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05 Peru


23 Gennaio 2006

COPACABANA – CUZCO

Il sole ci accompagna nel lungo viaggio verso il Perù dove il paesaggio cambia sensibilmente divenendo più familiare. E’ tutto molto verde qui, anche le montagne segnate dai terrazzamenti che ne segnano le curve di livello ed i grandi fazzoletti quadrati delle coltivazioni che vi disegnano come tessuti i pendii. Cuzco è una bella città la cui piazza principale, la grande Plaza Des Armas, è definita dalle bellissime architetture coloniali che vi si affacciano sottolineando l’imponenza della capitale. A cena incontriamo inaspettatamente Pierre, un signore svizzero già incontrato a Potosi ed a Copacabana … vista la frequenza dei nostri casuali incontri lo invitiamo al tavolo trascorrendo così un paio d’ore di piacevoli racconti di viaggio in francese… è una persona davvero speciale. (Pierre Alan Grossenbacher e mail: pierrealain.g@bluewin.ch )

24 Gennaio 2006

CUZCO

Giornata grigia di pioggia e malumori…. la stagione delle piogge sembra non finire mai ed il desiderio di un bel sole che scaldi la nostra pelle e la nostra anima sta diventando una impellente necessità. Ci avviamo così verso la cattedrale più per dovere che per piacere …. ma l’interno finisce col conquistarci per gli elementi barocchi che trovano il loro apice in arredi ridondanti impreziositi dei metalli preziosi saccheggiati dalle miniere peruviane dai conquistatori spagnoli fin dal lontano sedicesimo secolo. Spiccano i due altari sul fondo dei bracci del transetto risplendenti nonostante la luce soffusa delle dorature che rivestono le volute e le nicchie contenenti le statue di santi sanguinanti. Il magnifico coro realizzato in legno di cedro fa da sfondo all’altare maggiore più recente e rivestito di una lamina d’argento mentre quello di legno relegato ora nel corridoio posteriore è magnifico per la ricchezza di composti manierismi …. sembra la bella facciata barocca del duomo di Ragusa….. peccato che le statue colorate contenute nelle nicchie finiscano ancora una volta col dare una connotazione pacchiana a queste fantastiche architetture in miniatura. Il museo Inca che visitiamo poco dopo ci avvicina finalmente all’arte precolombiana, preincaica ed incaica mostrandoci quanto fosse evoluta la tecnica e la ricerca estetica di quella civiltà scomparsa da secoli. Bellissimi contenitori di argilla finissima illustrano il repertorio zoomorfo di allora e figure umane immortalate in scene di vita quotidiana comprese quelle esplicitamente erotiche alle quali è riservata un’intera sala. Le tracce di colore sulla superficie enfatizzano le forme mentre i beccucci che ne sporgono suggeriscono l’uso di questi preziosi oggetti che non smetto di fotografare… contenevano liquidi forse utilizzati nei rituali religiosi. Il tour di oggi che ci ha permesso di spaziare dalle culture peruviane più antiche a quelle relativamente recenti ha posto le basi per affrontare preparati la visita di domani al Machu Picch, l’antico insediamento inca sopravvissuto al tempo ed alle devastazioni spagnole. Nessun programma per la serata domani mattina la partenza sarà scandalosamente presto.

25 Gennaio 2006

CUZCO

Alle sei in punto il treno parte spingendosi sulle pendici alle spalle della città e poi oltre verso le montagne appuntite e verdissime dove la pendenza è così ripida da costringere il treno a salire zigzagando fermandosi ad ogni estremità di quelli che potremmo definire dei tornanti per poi ripartire nella direzione opposta. Seduto accanto a me Vanni sembra partito per un volo intercontinentale, con mascherina sugli occhi, tappi inseriti nelle orecchie ed il mio caldo poncho sulle ginocchia. Arriviamo finalmente quasi in cima alla suggestiva montagna dove gli incas decisero nel 1500 di fondare questa città rimasta quasi intatta e dove anche gli antichi terrazzamenti ritagliati su inclinazioni estreme sono sopravvissuti fino a noi. Al di là della bellezza dei semplici edifici di pietra e della struttura urbanistica il luogo è davvero magico. La scelta del sito fu senz’altro condizionata dalla presenza del fiume che scorre sinuoso sul fondo del profondo canyon a valle circondando a 300° la montagna resa inespugnabile. Così difeso l’insediamento di Machu Picchu era l’ultimo di un circuito di luoghi cerimoniali imprendibili di questa relativamente giovane civiltà che vi coltivava foglie di coca, orchidee ed altri carnosi fiori tropicali così come saporiti maracuja e l’immancabile mais. Il particolare clima di questi 2400 metri di altitudine consentiva loro di sperimentare nuove colture così come di approfondire lo studio dell’astronomia. Una città di botanici ed astronomi che riuscivano a mediare scienza ed occulto, ragione e misticismo in questo luogo che appare anche a noi suggestivo ed estremamente magico. Dopo uno spuntino a base di quinua, un ottimo cereale cucinato come un risotto, ripariamo esausti nella nostra gelida cameretta dove poco prima dell’oblio ripenso con un brivido di piacere alla particolare bellezza del Machu Picchu dove le basse nuvole che nascondevano la cima delle montagne hanno reso l’atmosfera di oggi suggestiva ed indimenticabile.

26 Gennaio 2006

CUZCO – NAZCA

Lasciamo le alte quote andine con il progetto di scendere ai 600 metri di Nazca. Dodici ore di viaggio però non sono uno scherzo e così strada facendo, nei pressi di Saywite ci concediamo una breve visita al sito archeologico spoglio ed isolato nel quale è protagonista un unico grosso blocco di pietra che fu testimone di sanguinosi rituali cerimoniali…. con l’aiuto di un briciolo di immaginazione sembra di vederlo ancora il sangue scorrere sulle figure scolpite in superficie. Per contrasto gli animali rappresentati sono piccoli e divertenti, marini e terrestri come i polipi, le rane, i calamari e poi le scimmie e gli immancabili condor, serpenti e puma che rappresentano i tre animali sacri della cultura inca. Nel tardo pomeriggio quando l’entusiasmo ha ormai ceduto il posto alla stanchezza ed il tramonto mozzafiato incendiatosi dietro le nere montagne ha lasciato che la notte scendesse come una coltre attorno a noi inizia il piccolo dramma legato al terribile stato della strada tutta curve buche e rocce in caduta sull’asfalto lungo la quale Vanni anziché procedere con prudenza inizia l’inseguimento di un camion che sfreccia come impazzito verso valle. Sta usando i fanali posteriori come fari dice lui …. per procedere più sicuri nel buio totale di quella landa desolata. Ma a me che difficilmente ho paura questo inseguimento del camion che non ha intenzione di farsi tallonare pare piuttosto un tentativo di suicidio. Come risposta Vanni si arrabbia come un pazzo accusandomi di non avere fiducia in lui…. che delirio! Arriviamo stremati alle dieci di sera dopo dodici ore esatte di curve tornanti e rocce in caduta ma infine approdiamo in un cinque stelle da favola… l’hotel Cantayo dove la birra che consumiamo non è sufficientemente alcolica per sedarmi ma che bellezza questi tappeti arancioni stesi a terra che diventano anche i cuscini sui quali ci abbandoniamo…. poco dopo Vanni ancora agitatissimo perlustra tutte le supellettili raccolte nel grande salone…. deve essere distrutto!

27 Gennaio 2006

NAZCA

Arrivo per prima alla colazione ricca di confetture saporite e gustosi frutti esotici …. Vanni mi raggiunge con gli occhi ancora socchiusi ma poco dopo è già a ricomporre i bagagli su Carolina mentre io cerco di resistergli ancorata al lettino sul bordo della piscina. Non volendo pensare all’imminente partenza mi concentro sulla vegetazione del giardino che raccoglie alcune delle essenze che avevo già apprezzato in Africa …. aiuole di fiori bianchi e delicati dai lunghi petali visti a Lusaka e gli alberi dai fiori rosso arancio che Manarussi sistemava sul tavolo del salotto a Diani Beach. I ricordi che affiorano di quel lungo viaggio non sono dei migliori ed ora mi sento con soddisfazione una persona diversa, in armonia con Vanni che ha a sua volta smussato gli atteggiamenti che ci allontanavano da un equilibrio di coppia ora consolidatosi…. a parte naturalmente le corse in auto! Intanto un labrador cerca a tutti i costi di distrarmi dal relax coinvolgendomi nei suoi giochi … a nulla vale la mia indifferenza che cede di fronte al sasso che infine fa cadere accanto a me…. l’arrivo di Vanni poi la manda in estasi rincorrendolo ogni volta che lui cerca di tuffarsi in piscina. Da qui l’acqua verde azzurra della piscina sembra finire sul prato dove un albero secolare dalla chioma voluminosa affonda le sue antiche radici in primo piano invece un cespuglio di piccoli fiori gialli si anima di colibrì svolazzanti e la labrador ormai sazia di corse tuffi e patatine fritte riposa tranquilla accanto a me. Sono in paradiso! Alle sedici la guida arriva per accompagnarci al piccolo aeroporto dove è pronto l’aereo col quale sorvoleremo le linee Nazca…. ma si tratta di una falsa partenza! L’inaspettato arrivo del vento forte ci costringe a rimandare a domani l’avvistamento… non che mi dispiaccia rimanere qui un altro giorno …. anche in vista dello shopping in paese al quale ci dedichiamo con la scusa di ammazzare il tempo. Ne usciamo con un bel bottino tra cui il piccolo contenitore con beccuccio del tutto simile per tipologia e materiali a quelli visti al museo di Cuzco raffigurante una grassa donna accovacciata nell’atto di far nascere suo figlio. Di seguito un massaggio iper rilassante allo spa dell’hotel e cena a base di squisiti spaghetti fumanti al pomodoro. Una giornata così ogni tanto è necessaria!

28 Gennaio 2006

NAZCA

Mi sveglio impanterita poco dopo le otto al suono della sveglia…. più mi sveglio più sono incazzata… Vanni mi chiede perché…. non capisce. Inutile parlarne ancora, ognuno di noi rimane fermo sulle sue posizioni, ma io mi arrabbio sempre più. Arriviamo in aeroporto alle nove e venti ma decolliamo solo alle dieci e venti su un piccolo tre posti col quale iniziamo a sorvolare le famose linee che riproducono disegni di animali stilizzati. Sono le stesse immagini viste nei disegni ceramici o incisi sugli altari cerimoniali. I segni delicati si scorgono a fatica dall’alto dell’aereo… non voglio pensare alle fotografie probabilmente da cestinare…. ma hanno scaturito nel tempo le più strane ipotesi circa la loro realizzazione ed il loro significato. Molti studiosi si sono cimentati nel difficile compito di dare un senso a quelle figure visibili solo dall’alto ed i più arditi hanno ipotizzato che quei disegni fossero opera di extraterrestri avvezzi più degli antichi incas a viaggiare nel cielo…. chissà… Di nuovo in piscina ci godiamo un ottimo pisco sawer che mi dà un pò alla testa… è perfetto in vista del massaggio che farò tra poco…. poi eccoci ad imballare le ceramiche mentre fuori si intravede il cielo reso rosa dal tramonto. Adesso è Vanni ad essere alterato …. giornataccia!

29 Gennaio 2006

NAZCA – LIMA

Partiamo con calma diretti a Lima. La strada asfaltata costeggia l’elemento che preferisco…. la sabbia, che articolata in dune tra la strada ed il mare inonda i nostri occhi dei colori caldi del deserto. Fin dall’ingresso nella caotica capitale ci perdiamo ed i tempi per la ricerca dell’hotel sono lunghissimi anche seguendo il taxi che ci accompagna nella ricerca dei migliori che però sono al completo…. infine approdiamo all’hotel Antigua Miraflores, una vecchia casa coloniale adattata della quale apprezziamo i bei pavimenti, le porte di legno e la nostra camera alla quale si accede da una loggia aperta sui due lati arredata con vecchi mobili in cuoio e sedie impagliate. Una bella passeggiata prima di sera.

30 Gennaio 2009

LIMA

Approfittiamo della giornata grigia dedicandoci alla visita di un paio di musei ed all’esplorazione del centro città. Il Museo dell’Oro ci incanta per la bellezza dei gioielli incaici il Museo Larco invece per le elaboratissime antichissime ceramiche. Ceniamo in un ristorante chic sul molo dal quale ascoltiamo le onde dell’oceano frangersi sugli scogli poco lontani… le portate sono ottime… finalmente un pesce intero al sale! Ma dov’è finito il sole?

31 Gennaio 2006

LIMA

Mi sveglio presto ed approfitto dell’atmosfera piacevolmente tranquilla della loggia per raccogliere un pò le idee in solitudine…. i piedi appoggiati sul tavolino di cuoio ascolto i rumori lontani della città che si è già svegliata mentre l’attenzione si posa sul grande cactus che sale dal giardino fin oltre il tetto. Lima non mi ha colpita particolarmente, anonima e senza carattere…. non rimane che andare al mercato inca in cerca delle sculture di legno che piacciono a Vanni che infine troviamo come anche quei bellissimi tappeti di lana nelle tonalità degli aranci e del ruggine che mi avevano conquistata nell’hotel di Nazca. Ne compriamo otto, due cuscini fokloristici con figurine di tessuto in bassorilievo e due sculture di legno…. non so come faremo a portare tutto in hotel e poi in Italia! Per nulla stimolati ad uscire prolunghiamo la siesta per un tempo eccessivo che scaturisce in tensioni e molta noia. Come a compensare il suo squallore Lima offre invece una serie di ristoranti degni di una capitale e così per riscattare la giornata poco gratificante ci regaliamo una seconda ottima scelta… Astrid&Gaston, con cuochi cordon bleu ed un servizio sofisticato. Dalla piccola porta di legno della casa coloniale ci introduciamo nella prima sala di accoglienza per poi finire al bar arredato con antichi mobili spagnoli, velluti, specchi e boiserie di legno che gli conferiscono una atmosfera calda ed elegante… nessun tavolo è disponibile, ma è un piacere consumare gli ottimi manicaretti in questo Caffè Strozzi peruviano…. peccato che poi la sazietà non ci permetta di gustare un dolcetto…. ottima scelta!

01 Febbraio 2006

LIMA – TRUJILLO

Partiamo verso le dieci con direzione Trujillo ma uscire da Lima è difficile come entrarvi…. ma facendo ricorso a tutto il mio senso dell’orientamento e con l’aiuto di una cartina sommaria della città ce la facciamo. La Panamericana Nord attraversa incantevoli paesaggi che si snodano lungo la costa dove il deserto ci appare in tutte le sue varianti e sfumature, dalle distese di sassi ad un saliscendi di dune nelle varie tonalità degli ocra e dei grigi. Rapiti dall’osservare tanta bellezza non ci accorgiamo di aver quasi raggiunta la meta, la rumorosa Trujillo, polverosa e poverissima la cui Plaza des Armas trasuda del fascino dell’architettura colonialista delimitata com’è dai tipici edifici colorati sulle cui facciate bianche modanature incorniciano le finestre e le porte protette da elaborate inferriate bianche. Si affaccia sulla bella piazza anche l’hotel Libertador nel quale alloggeremo….. posizione strategica!

03 Febbraio 2006

TRUJILLO – MANDALA

Ripartiamo lasciando Trujillo nella tarda mattinata. Ci separano dalla più famosa località balneare sulla costa nord del Perù almeno 600 km…. si tratta di Mandala, la spiaggia ambita dai surfisti latinoamericani che raggiungiamo poco dopo il tramonto …. i surf e l’hotel Las Arenas dove Vanni ha prenotato una camera. Elegante ed immerso nel verde sfoggia prati all’inglese dai quali spuntano gruppi di palme, vasche d’acqua rettangolari distribuite a formare un puzzle di trasparenze. Ci addormentiamo sul lettone di uno dei bungalow sulla spiaggia, cullati dal magico suono delle onde dell’oceano. …. dev’essere più o meno così dormire nella casa sulla cascata di Wright.

02 Febbraio 2006

TRUJILLO

Giornata dedicata alla visita delle case coloniali del centro e dei siti archeologici limitrofi. Stupisce osservando le architetture delle città preincaiche l’arretratezza formale e tecnologiche di quelle culture rispetto al patrimonio architettonico che nello stesso periodo fu partorito dalle civiltà sviluppatesi nel bacino del Mediterraneo. Come paragonare la primordialità dell’architettura e dei dipinti del tempio della valle della luna con quelli coevi degli antichi egizi, dei romani o dei greci? Il Colosseo, l’Acropoli di Atene, il tempio di Luxor con l’Huaca del sol y de la luna o l’Huaca del dragon ? Sembrano appartenere a due pianeti diversi, separati da millenni di storia. Intanto il cielo è ancora nuvoloso…. che palle!

04 Febbraio 2006

MANDALA

Il cielo ancora nuvoloso non è un buon inizio quando ci si trova a cinque metri dalla spiaggia …. ma il sole infine appare regalandoci un pomeriggio caldo ed asciutto, l’ideale per una lunga passeggiata sul bagnasciuga e per il relax sulla sabbia calda e soffice… l’acqua invece è gelata … sob! La giornata finisce col scivolare presto verso l’ora dell’aperitivo che consumiamo piacevolmente nella veranda sul mare di fronte ad un tramonto rosso fuoco che esalta l’atmosfera languidamente romantica di questo tardo pomeriggio. Il sopralluogo al vicino centro abitato rompe bruscamente l’incantesimo… seduti al tavolino di uno dei tanti baretti del paese che si sviluppa lungo la trafficata Panamericana finisco col contare i tir che sfrecciano nelle due direzioni mentre Vanni improvvisandosi cameriere rimane al bar troppo a lungo…. la bella giornata svanisce in una bolla di sapone.

05 Febbraio 2006

MANDALA

Le nuvole di oggi invece non vogliono proprio andarsene… una palla bianca rotola verso il bagnasciuga rincorsa da un bambino…. è perfetta nell’armonia di colori inquadrati dalla cornice di legno di fronte a me. Eccola di nuovo, più veloce ed inseguita questa volta da un paio di pantaloncini arancio, disarmonici ma che fanno molto spiaggia. C’è un problema con Vanni, irrisolto da più di un mese, che ferisce nel profondo la mia anima e con essa la mia femminilità. Il picco di inquietudine si specchia oggi in quella del mare …. mentre passeggio vorrei urlare ma esce solo un lamento sordo, soffocato. La mia rabbia non esplode … è la rabbia di chi ha perso la partita, partita che non ho la possibilità di vincere così come non si possono fermare le onde che mi vengono incontro… tanti anni fa mentre osservavo un altro mare ho desiderato come oggi di perdermici. Stesa sul lettino abbandono il capo indietro per osservare il cielo seminascosto dalle foglie di palma che si muovono al vento …. come i miei capelli, come i serpenti di Medusa e le alghe flesse dalla risacca. I giocatori rientrano, la palla bianca non più libera è avvolta da mani che la stringono…. solo il drink mi ha dato sollievo.


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06 Ecuador


08 Febbraio 2006

GUAYAQUIL – GALAPAGOS

Arriviamo all’aeroporto di Guayaquil alle otto del mattino, in tempo per inserire i nostri nomi nella lista d’attesa del volo per le Galapagos. Dopo un paio d’ore le rocce scure dell’arcipelago si delineano sul mare turchese dell’oceano ed in un attimo siamo sulla pista di atterraggio dell’isola Santa Cruz. L’hotel Mangrovia Inn Adventure è sommerso dalle mangrovie che si aprono solo sulle passerelle di legno e le ripide scalette che portano alle camere… la nostra si chiama Celeste. Le sue ampie finestre inquadrano la fitta selva di foglie rotonde e verdissime che la oscurano nonostante il sole pieno di oggi…. ci piace molto ma finisce col prevalere il richiamo del mare e così domani faremo parte dei pochi privilegiati che godono di una magnifica vista oceano. La massicciata del Porto Ayora è popolata da grandi granchi rossi ed iguane che aggrappate alla roccia in posizione verticale riposano immobili per godere del tepore di questo bel tramonto di fronte al quale sta sorgendo una mezza luna tinta di rosso. La serafica tranquillità di Celeste si vivacizza nella tarda serata con la comparsa di un attivissimo Cucumber….. un millepiedi nero e corazzato.

09 Febbraio 2006

GALAPAGOS

Guardando la mappa dell’arcipelago mi accorgo solo ora che si trova proprio sull’equatore…. che emozione accorgermi di essere al centro esatto tra i due poli, dentro a Celeste e circondata da iguane che si riposano ovunque tranquille ed immobili…. a caccia di ulteriori emozioni partiamo in barca per un primo serio approccio con il wilde life delle isole…. ma solo dopo essermi stesa sulla sabbia color neve proprio come quella vista nell’ immagine di un depliant. Le aspettative non sono state deluse e tuffarsi nel fantastico azzurro dell’oceano Pacifico vedendo decine di pesci coloratissimi è stata una esperienza entusiasmante almeno quanto nuotare con le leonesse di mare che come virtuose e giocose ballerine piroettavano in morbide danze per poi comparire improvvisamente davanti alla nostra maschera…. la distensione tra animali ed umani ha scaturito su queste isole approcci tra le due specie davvero divertenti!

10 Febbraio 2006

GALAPAGOS

Che paradiso queste Galapagos… iguane tranquillamente stese al sole a pochi metri dalle grandi finestre della camera ed enormi tartarughe che camminano lente lungo il sentiero che stiamo percorrendo…. su un prato ce ne sono un paio impegnate in un complicato amplesso accompagnato dallo scricchiolio ritmico delle corazze che sfregano l’una sull’altra …. il maschio è lungo almeno un metro e si erge inclinato sul dorso della compagna. Un cavallo vicinissimo ed altre tartarughe sparpagliate nei pressi si nutrono dell’erbetta fresca umida di pioggia. Dopo la bella passeggiata ci dedichiamo alla ricerca del sale grosso per cucinare il pargo in crosta che Vanni vuole assolutamente per cena questa sera… la ricerca ci impegna a lungo dato che si tratta di un prodotto non commercializzato nei negozi dove si trova invece il sale fine e che oggi è il primo giorno di carnevale e tutti gli abitanti del paese di Santa Cruz sono in strada a festeggiare. Con l’aiuto del taxista troviamo però un signore che si occupa della salatura del pesce e che per questo è l’unico consumatore sull’isola di sale grosso. La quantità minima acquistabile è però un sacco da quaranta kg ma Vanni che non è abituato a mollare di fronte agli obiettivi che si è posto acquista l’ingombrante sacco e dopo mezz’ora siamo nella cucina dell’hotel con il sale ed i due chili e mezzo di pargo a preparare l’impasto di fronte alle cuoche che mi circondano curiose….i 35 kg che rimangono dovranno pur essere utilizzati! Cosa mi tocca fare per il Vanni! Dopo poco più di un’ora il pesce fumante ci viene servito nel bel ristorante vista mare… è cotto a puntino e succulento, ed anche le cuoche che sono arrivate al tavolo per un assaggio ne sembrano soddisfatte… penso proprio che lo riproporranno ai clienti.

11 Febbraio 2006

GALAPAGOS

Alle sette siamo pronti per affrontare l’escursione di oggi alle isole Plaza e Seymour dove gli animali sono fantastici anche se calati in situazioni al limite della loro sopravvivenza come le grandi iguane in attesa sotto al cactus che cada una foglia per potersi nutrire…. impietositi vorremmo staccare una protuberanza spinosa per loro ma la selezione naturale delle specie è uno degli obiettivi del parco delle Galapagos ed azioni di questo tipo non sono solo scoraggiate ma assolutamente vietate. I leoni di mare ed i loro cuccioli sono sparsi ovunque ed una mamma stesa sta allattando il suo piccolo. I maschi delle fregate, nere ed eleganti che vediamo proprio nel periodo della riproduzione intenti a preparare il nido più bello ed impegnati nel gonfiare il gozzo rosso fuoco nell’intento di richiamare le femmine che li sceglieranno in base alla ricchezza del nido più o meno imbottito di rametti e piume e che dire degli uccelli dalle zampette turchesi accanto alle loro uova dello stesso colore. Anche lo snorkeling mi da grandi soddisfazioni consentendomi di nuotare sopra ad una tartaruga sbucata all’improvviso sotto di me … trovo magnifico muovermi assecondando il suo ritmo…. poi l’avvistamento di una razza enorme sul fondo e tanti pesci colorati. Sono al settimo cielo! Ma è già quasi il termine di questa giornata che avrei voluto non finisse così presto e dopo aver dedicato un ultimo sguardo alle onde giganti che si rifrangono sulla costa a Nord dell’isola di Seymour ci imbarchiamo per il rientro. Il lungo viaggio sta per terminare ed a Guayaquil che raggiungeremo domani Carolina che aspetterà immobile per quasi un anno il nostro ritorno.


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07 Ecuador


13 Aprile 2006

BOLOGNA – GUAYAQUIL

La compagnia di bandiera Iberia non è stata affidabile come spesso accade…è così che ripartiamo da Madrid, dopo una seratina all’osteria Venancia ed un pernottamento al Best Western stranamente più confortevole degli altri, con quattro ore di ritardo alle quattro del pomeriggio ma sappiamo che il viaggio in business sarà comodissimo ed il fuso orario ci sarà favorevole con uno sconto di ben sette ore al nostro arrivo in Ecuador. Il Doral di Guayaquil non è proprio il massimo ma è un po’ casa per noi che vi abbiamo soggiornato per diversi giorni a febbraio..e poi lì poco distante nel garage di Luisa c’è la nostra Carolina ad attenderci immota e come sempre fedelissima. Arriviamo tardissimo in hotel..è quasi mezzanotte ed anche in aereo abbiamo dormito..praticamente due notti a distanza ravvicinata..un bel riposo in vista delle fatiche che seguiranno …. dopo un Tavor è ancora l’oblio e domani mattina sarà già il 14 aprile. Usciamo in fretta dal Doral e riorganizziamo i bagagli che troviamo sulla macchina…cose delle quali ci eravamo dimenticati riaffiorano dalle valigie aperte..è come trovare dei regali a sorpresa..in fondo quelle valigie sono un po’ come il nostro uovo di pasqua! Dopo un piccolo omaggio a Luisa …un pezzo di prosciutto from Italy … partiamo verso la costa..leggo sulla guida che incontreremo il parco nazionale di Machalilla e così, forse per associazione a Vendicari in Sicilia, ne siamo curiosi ed andiamo verso Puerto Lopez dopo una breve sosta alla spiaggetta “ los frailes “. Scegliamo un lodge a gestione italo – svizzera..il Mandala, dove occupiamo la ex residenza dei proprietari …. Aurelio e Maya simpatici ed estremamente ospitali. Ci circondano manufatti e quadri di loro produzione e di gran buon gusto..sono stati bravi a creare un ambiente così rilassante immerso nella vegetazione lussureggiante tipica di queste fasce equatoriali. La nostra grande camera è al primo piano di un piccolo edificio in legno, circondata sui tre lati da un terrazzo sempre in legno che domina il giardino, ci separano dall’esterno una fila continua di vetrate a quadrelli dalle quali possiamo osservare tutto..anche la spiaggia vicinissima. E’ un po’ come essere a Diani ..la zanzariera sul letto, il verde, il legno, la forte commistione tra esterno ed interno ed il rumore del mare che accompagnerà tutte le nostre notti.

16 Aprile 2006

PUERTO LOPEZ – QUITO

Partiamo ad un’ora imprecisata della mattina..da quando siamo arrivati non abbiamo più riferimenti temporali precisi , il cellulare è sempre spento e la macchina non ha orologio.. Il nostro obiettivo è raggiungere Quito questa sera, città dalla quale ci separano 450 km di strada di montagna e 2780 metri di altitudine. La strada è quasi tutta tra la foresta che si arrampica sulle pendici prima e poi sulle montagne dove non esistono altri colori che il verde e l’azzurro del cielo che all’orizzonte si fa grigio e nuvoloso. Dopo svariate ore di auto Vanni si accorge che stranamente l’indicatore segnala che il carburante è finito dopo soli 400 km di strada e, mistero fitto, al distributore con soli 45 litri il serbatoio da 90 è pieno….sorge il dubbio che qualcuno abbia introdotto nel serbatoio qualcosa che lo riempie per metà! Pensiamo subito più che ad un guasto ad un traffico illecito di droga di cui saremmo il corriere inconsapevole…siamo un po’ fusi credo ma lo spirito di avventura che caratterizzerà il proseguo del viaggio attraverso la Colombia ci proietta in questa circostanza sull’ipotesi più improbabile . Il viaggio è faticoso e l’unica sosta che ci concediamo è appunto quella alla stazione di servizio, ad un certo punto sembra di essere in un girone dantesco…immersi nelle nuvole tra corriere che arrancano in salita e camion con enormi semirimorchi che sfrecciano in discesa sull’altra corsia. Siamo massacrati quando arriviamo al Best Western Plaza Casinò, ma ci accoglie una fantastica suite al settimo piano dotata di una spaziosa scrivania dalla quale sto scrivendo e di una vista a 270° sulla città che ancora freme sotto di noi instancabile. Cena in camera e a letto.

17 Aprile 2006

QUITO

Ci svegliamo presto ma ci prepariamo con calma, non abbiamo fretta di esplorare questa città che pare non essere molto diversa dalle altre coloniali che già abbiamo visto altrove, l’unica urgenza è portare la Carolina alla Toyota per sapere se il nostro delirio di ieri ha un qualche fondamento…ma anche qui in Ecuador la Toyota è molto gettonata ed il responso ci sarà dato solo domani..quindi ci godiamo la città che vediamo si arrampica sulle pendici delle montagne proprio come La Paz. La old town è piena di bellissimi edifici coloniali che ormai ben conosciamo, con le loro decorazioni bianche sulle facciate colorate ed i riservati patii interni . Gironzoliamo un po’ tra le due importanti piazze e ci colpiscono due soldati in uniforme storica completa di alabarda che fanno la guardia all’entrata del palazzo del governo. Entriamo nella cattedrale di San Francisco il cui interno riccamente decorato di belle statue in legno e di cornici dorate in stile moresco ci colpisce soprattutto per il pavimento in legno che scricchiola sotto i nostri piedi. Molte persone pregano sottovoce…come se raccontassero i loro segreti a qualcuno..ed in fondo per loro è proprio così. Al museo, che occupa gli spazi dell’ex convento, mi soffermo su alcuni quadri del XVIII secolo di scuola ecuadoregna … sembrano surreali con quelle scritte che escono dalle bocche delle figure rappresentate. Saranno l’archetipo del fumetto? Camminando nel parco assistiamo ad una lezione di medicina generale con tanto di manichino anatomico, l’insegnante improvvisato è un venditore di chissà quale pozione prodigiosa per l’eterna giovinezza, lo fotografiamo mentre un crocicchio di una decina di persone lo osserva curioso..lui intanto brandisce con la mano un fegato verosimile mentre gli astanti guardano noi sorpresi per la foto che scattiamo. Per la serata ci consigliano un localino cubano dove mangiamo benissimo ma senza la musica dal vivo che ci aspettavamo, il lunedì non è serata di divertimento nemmeno in capitale…e così io e Vanni iniziamo una infinita conversazione sulla felicità, sulla genialità e sulla vita in generale..poi a nanna, c’è un freddo polare questa sera, rientriamo nell’accogliente tepore della nostra suite…fuori la città si muove di lucine bianche e rosse.

18 Aprile 2006

QUITO

Alle 7 sono già sveglia, preparo un caffè per Vanni che ancora dorme nell’altra stanza, mentre sorseggio il mio tè caldo, è comodo avere un bollitore qui a portata di mano..mi corico dietro di lui abbracciandolo e sento che mi desidera. Dopo un po’ di sano sesso andiamo al piano di sopra per la colazione panoramica ed usciamo subito dopo ma con obiettivi diversi…lui alla Toyota ed io a caccia di arte contemporanea. Il taxi corre veloce verso la città vecchia illuminata da un sole cocente, sono solo le 11 quando arrivo al Centro Cultural Metropolitano e mi gusto una prima sessione di opere moderne alcune delle quali davvero interessanti come la tela di Guayasamin raffigurante i visi di una donna con bambino in blu..poi alla fondazione Egas con i suoi coloratissimi soggetti tribali ed infine al Museo National dove trovo ancora bellissimi manufatti di arte precolombiana che non hanno nulla da invidiare a quelli dei musei di Lima ..in fondo allora non esistevano confini culturali nei territori della costa occidentale sudamericana. Una bella collezione di arte moderna e contemporanea e poi una personale di Tabara uno dei massimi esponenti dell’arte moderna ecuadoregna..sono felice, da Buenos Aires non avevo più visto nulla del genere..fa piacere sapere che in un paese così povero come l’Ecuador l’arte sia sostenuta ed incoraggiata. Quando rientro Vanni è al massaggio…sgranocchio qualche patatina mentre bevo una coca cola ghiacciata . Quando riappare tutto profumato di oli essenziali io ho già concluso il mio lavoro quotidiano di scaricamento e catalogazione delle foto…sono soddisfatta che anche quelle fatte all’interno del museo siano venute bene, ovviamente gli propongo subito le immagini del catalogo che mi hanno più entusiasmata…forse per questo o forse per il freddo della sera prima al cubano inizia ad avere dei crampi addominali che si trasformano in una tragedia con febbre , lunghi stazionamenti in bagno e lenzuola cambiate in emergenza…ceniamo quindi al ristorante dell’ hotel con vista panoramica, ma finisco la cena da sola … per ovvi motivi.

19 Aprile 2006

QUITO

Vanni sta molto meglio oggi…usciamo insieme in taxi ma per obiettivi diversi, la prima a scendere sono io , in una stradina ripidissima sulla quale si affaccia la fondazione Guayasamin, dove le opere e le sue collezioni di arte coloniale e precolombiana sono raccolte nei tre differenti edifici in stile coloniale all’interno del giardino che li ospita. Mi dedico con entusiasmo all’esplorazione di quelle sale piene di tele che mi fanno impazzire..è davvero un genio questo Guayasamin…non per niente è considerato il più grande pittore nazionale e gode di fama internazionale, ha ritratto alcuni dei più famosi uomini politici e capi di stato tra cui Fidel ed il Re di Spagna Carlos.. Sono affascinata dalle tematiche che sviluppa nei suoi dipinti, di denuncia delle violenze e delle ingiustizie sociali…insomma come molti dei grandi artisti sudamericani la sua opera è volta alla condanna delle posizioni antisociali più radicali delle dittature sudamericane, leggo sulla parete una scritta a grandi caratteri che dice più o meno così: “PIANGEVO PERCHE’ NON AVEVO LE SCARPE…POI VIDI UN BAMBINO CHE NON AVEVA I PIEDI”…sembra uscita dalla penna di Pablo Neruda , che lui conosceva molto bene, per affinità di pensiero. Dopo aver gustato la mostra mi riposo gustando un hugo de pigna seduta nella terrazza della fondazione che in fondo al giardino si affaccia sulla città tentacolare, il sole compensa la temperatura altrimenti fresca dell’altitudine…insomma sto benissimo. Sono quasi agli sgoccioli con i dollari..il catalogo mi ha dissanguata , ma decido comunque di procedere arrampicandomi sulla ripida stradina per raggiungere la “cappella dell’uomo”, finalmente un santuario dedicato all’uomo e non ad un dio! L’edificio fu concepito dal pittore ma fu poi realizzato solo dopo la sua morte nel 1999 da un famoso architetto sudamericano, vi sono racchiuse le sue opere più grandi dell’ultimo decennio…tele che non hanno nulla da invidiare al Guernica di Picasso….anzi mi sorge il dubbio che si siano un po’ contaminati . Mi sento così leggera mentre cammino avanzando di opera in opera…sono felice e piena di energie e di idee. Rientro a piedi in hotel, un paio di chilometri non mi faranno male e non mi sono rimasti che pochi centesimi ..troppo pochi per un taxi, ne approfitto per scattare qualche foto ad edifici interessanti di recente edificazione. E’ già metà pomeriggio quando rientro stanca in hotel, il nostro appartamentino mi accoglie come sempre con un’atmosfera calda e familiare, apro tutte le tende per godere ancora una volta del bellissimo scenario che si apre dall’alto del nostro settimo piano..subito dopo Vanni è con me a condividere questo nostro bel nido .. Alle 18 un altro taxi ci porta alla Alianza Francesa nel cui auditorium ho letto ci sarà un concerto del gruppo Jazz più in voga in Ecuador…si tratta del CABO FRIO JAZZ TRIO, rimaniamo in attesa per più di un’ora in quella che ci rendiamo conto essere una scuola superiore di matrice francese..sembra di essere tornati all’università…poi quando gli studenti iniziano a scomparire dalla nostra vista è già ora di entrare ad ascoltare questo concerto per pochi amanti del jazz che ci piace ma non ci esalta…direi che ne abbiamo sentiti di migliori!
Cena e pernottamento in hotel.


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08 Colombia


20 Aprile 2006

QUITO – PASTO

Quando mi sveglio Vanni è già uscito dalla doccia e mi saluta con un sorriso smagliante…la prospettiva di un giorno di guida lo esalta e gli restituisce le energie che invece a me toglie… Raccogliamo i nostri trolley e raggiungiamo la Carolina che, da poco uscita da una revisione Toyota, è in forma almeno quanto Vanni. Dopo poche ore siamo al confine con la Colombia dove passiamo velocemente senza alcun controllo dell’auto ed un semplice timbro nel passaporto….ancora montagne verdi sulle quali sono disegnati con siepi ed alberi gli appezzamenti dei vari proprietari …ruscelli, cascate, alberi di eucalipto. Alcuni militari ci fermano per un controllo bagagli, sono giovani, bellocci e simpatici, proseguiamo e verso le 17 arriviamo a Pasto, cittadina coloniale un po’ scassata dove ci fermeremo per portare di nuovo la Carolina alla Toyota…. il tergicristalli che avevamo riparato in Bolivia è ancora rotto e visto il clima piovoso si rende necessaria la riparazione… L’unico hotel decente si affaccia sulla piazza principale,ed al sesto piano c’è la nostra stanza con un letto microscopico, freddina ma molto spaziosa e piuttosto cara rispetto alla nostra magica suite di Quito…se non altro ci rendiamo subito conto di che cosa ci aspetta qui in Colombia nei giorni a venire! Leggo sulla Lonely Planet di un posticino dove si mangia la specialità di qui, si tratta del CUY, un porcellino d’india che a Vanni sembra un coniglio cotto allo spiedo. Sfortunatamente per me si mangia solo quello e patate bollite…senza posate..in un posto deserto che nemmeno il tassista conosceva..ma che questa guida che non finirà mai di stupirci invece consigliava come una chicca! Ma la vera chicca ci aspetta in hotel quando Vanni chiede alla reception come si può affrontare l’emergenza freddo in camera e dopo poco ci vengono consegnate due borse dell’acqua calda a dir poco ustionanti. Con i piedi rosolati prendo sonno mentre Vanni dorme sul pavimento.

21 Aprile 2006

PASTO – POPAYAN

Vanni è già con un piede alla Toyota quando mi sveglio…anche se è ancora sotto la doccia che sento aperta. Quando scendo dal letto quasi pesto il vassoio con la colazione che lui molto carinamente mi ha portato.. succo di papaia, mango e papaia in insalata, croissant + marmellata, un tè ancora caldo e due uova strapazzate che non mangerò. Fugge appena vestito… con la Carolina, verso l’officina dalla quale torna poco dopo senza aver riparato il guasto…per fortuna ci aspetta una bella giornata di sole tra le belle montagne colombiane. Solo 250 km per Popayan..ma almeno 5 ore di viaggio su di una strada serpeggiante e trafficata. Il tempo è scivolato via comunque nonostante tutto, il nastro di Paoli e Vanoni ci ha accompagnato come un piacevole sottofondo anche oggi come tante volte ormai…mentre canticchiamo incrociamo lungo la strada i venditori di ogni cosa …frutti sugosi e colorati debordano dai piccoli carretti, strane confezioni di foglie di palma ormai ingiallite ricoprono panetti di concentrato di zucchero grezzo estratto dalla canna..è la famosa “panela”, di cui i colombiani vanno pazzi forse anche per le sue proprietà afrodisiache: infatti è considerato una specie di Viagra naturale latinoamericano..almeno così ci dicono. Popayan arriva dopo tutte le cinque ore previste..e ci appare come un piccolo paese bianco…quasi non vediamo altri colori mentre percorriamo le viuzze della vecchia città coloniale cercando di orientarci attraverso le calli e le carrettere che non si chiamano in nessun modo se non con i numeri 1.2.3.4.5.6.7..8.9…in un senso e 1.2.3.4.5.6.7.8.9. nell’altro..è un casino pazzesco capirci qualcosa e così finiamo con lo sbagliare spesso calle o carrettera per raggiungere l’hotel Monasterio che sembra il migliore qui a Popayan…ma 248.000 pesos ci sembrano troppi…dopo un passaggio all’ufficio del turismo la gentilissima signorina ci dice che spesso gli operatori fanno prezzi diversi quando il cliente va direttamente all’hotel…ritorniamo così al Monasterio che effettivamente è il migliore, soprattutto ora che ci viene proposto ad un costo abbattuto a 182.000 pesos..che faccia tosta questi receptionist…se avessimo accettato il primo importo la differenza rispetto al costo reale sarebbe stata messa in saccoccia da qualcuno…del resto siamo in Colombia!
Prendiamo possesso della nostra camera con i due letti così grandi da consentirci finalmente di dormire sereni..mi mancheranno i suoi piedini freddi contro i miei? Questo lo saprò solo domani. Vanni tenta una doccia ma l’acqua calda non c’è..ci dicono che dopo le 17 dovrebbe arrivare..del resto siamo in Colombia! Camminiamo nel bianco degli edifici rimarcati dalle cornici e dai fregi tipici di questa architettura coloniale sudamericana dove mi stupisco di non vedere nemmeno un pittore arrampicato su una delle facciate a ritinteggiare quel bianco immacolato. Vanni, appena uscito dalla peluqueria di donna Marta rapato quasi a zero ha perso l’aspetto rassicurante di sempre e mi sembra di parlare con un marines mentre mi avvisa che tra poco Popayan si animerà grazie ad una processione religiosa..un po’ un evento qui. Prendiamo posto come gli altri sul gradino di una aiuola della piazza principale…la processione inizia con una sfilata di venditori ambulanti di palloncini, caramelle, zucchero filato, borsette….poi quando la piazza è quasi stipata un movimento improvviso della gente ci fa pensare che la vera processione sta per passare. E’ la processione dei bambini, tutti in abiti religiosi..sono bellissimi. Cena in hotel …buonissima la trota alle mandorle, pesce alla piastra + besciamella con mandorle tagliate a listarelle e saltate in padella con un po’ di vino …per Vanni invece prosciutto tagliato a mano appena uscito dalla valigetta alimentare che abbiamo portato dall’Italia. Il made in Italy alla conquista di Popayan!!

22 Aprile 2006

POPAYAN

Dopo una mattinata trascorsa a visitare il paese ed i musei ..mentre Vanni cercava di seminarmi per strada allungando il passo quando io mi fermavo a fotografare..verso le due del pomeriggio ci incontriamo in hotel per l’appuntamento con gli operatori per il tour di San Augustin…uno dei più straordinari siti archeologici del Sudamerica. Arrivano in due di agenzie diverse…uno ci propone il pacchetto hotel e tour con guida ..l’altro, Xavier, potrebbe essere la nostra guida durante il percorso in auto fino a San Augustin e ritorno. Vanni, che segue con maestria la trattativa e che cerca di fare un programma con carta penna e molta pazienza, riesce dopo una mezz’oretta ad uscirne vincitore con il tour già pronto per essere consumato l’indomani mattina prestissimo…dopo altri due musei che mi pappo da sola, mentre lui si perde con Xavier e la Carolina ..è già ora di cena ..che consumiamo in una pizzeria molto carina dove suonano musica dal vivo. Chitarra piano e vocalist in un repertorio un po’ demodé italo – spagnolo…ma che in fondo ci piace.

23 Aprile 2006

POPAYAN – SAN AUGUSTIN

La partenza prevista alle 6 slitta inevitabilmente alle 7.30 dopo un risveglio forzato a dir poco devastante…siamo ancora addormentati quando andiamo alla colazione e poi a prendere Xavier a casa sua. Si presenta con il machete ed uno zaino…del resto attraverseremo luoghi che fino a poco tempo fa erano infestati dai guerriglieri..e che ancora oggi le agenzie ed i ministeri preposti considerano rischiose…Partiamo ed un bel sole ci accompagna ..poi la pioggia immancabile in aprile ci tormenterà fino a destinazione che sarà dopo 120 km e sei ore e mezzo di viaggio su una strada che è a tratti inesistente o piena di buche …ed il tergicristallo ancora non funziona! Ciliegina sulla torta Xavier ..la nostra guida, sbaglia strada allungando il viaggio di 30 km..per fortuna tutti asfaltati…ma che guida è ?…scopriamo che questa strada non l’aveva mai fatta prima …e si fa pagare 100.000 pesos al giorno!…ma è simpatico e così sopportiamo a denti stretti e facciamo finta di niente…lo considereremo un compagno di viaggio in affitto. Sono le tre del pomeriggio quando arriviamo in questo hotel un po’ scassato….l’Yalconia, costruito negli anni 60 e’ ora dello stato. Dopo mezz’ora di recupero ripartiamo con Fabio e Xavier, le guide sono diventate due, per andare a visitare il primo sito archeologico ipogeo del tour guerrigliero dove arriviamo percorrendo una strada sconnessa di circa 19 km. Fabio ci racconta che da circa sette anni i turisti sono latitanti almeno quanto i guerriglieri che infestavano questi territori rendendo estremamente pericoloso avventurarsi da queste parti..ci sentiamo ambasciatori di pace ma col cuore in gola. Le tombe sono interessanti ma anche se sono ipogee noi le osserviamo dall’alto vedendone quasi esclusivamente l’ingresso a gradoni, proseguiamo fermandoci in un ristorante dove finalmente vediamo i Cui che vanni aveva già mangiato questa volta vivi, Ale beve in una ciotola un gustosissimo vino di canna da zucchero che un po’ le annebbia la vista. Vediamo su insistenza di Fabio lo stretto sul fiume Maddalena schivando però la deviazione alla statua del santo del luogo… rientriamo in hotel sani e salvi, la gestrice si mostra gentile e così anche il cuoco che ci aspetta sulla porta dell’ hotel per sapere che cosa vogliamo per cena…ma scopriamo che possiamo scegliere tra pollo e pollo..scherzo!..per me c’è la possibilità di una frittata al formaggio. L’acqua ed il vino arrivano al tavolo solo dopo averli espressamente richiesti…il vino rosso è un italiano di nome Bocelli di età e uvaggio sconosciuti..ma è l’unico papabile…due bellissimi Labrador vengono a questuare un po’ di carezze e qualche bocconcino a fine cena…Xavier ci propone di allungare di un giorno il viaggio per andare al deserto di Tocoian, che dipinge come bellissimo, prima di passare a Tierradentro…ma scopriamo poi che lui non ha mai visto nemmeno quello…inizia proprio a diventare un compagno di viaggio pretenzioso! In camera è freddo e ad un certo punto, poco prima del rientro di Vanni, sparisce la luce..che paura, afferro l’accendino e mi faccio forza..in fondo non è così terribile!… Vanni dopo 5 minuti è già qui con una torcia..rassicurante ed affettuoso si corica vicino a me.

24 Aprile 2006

SAN AUGUSTIN

Papaya, ananas, banana sono un buon modo per iniziare questa giornata che si presenta grigissima…andiamo con Fabio, la guida preparatissima di San Augustin e Xavier, l’ospite-guida ,al parco archeologico che ci stupisce per la pulizia, l’organizzazione e la bellezza del suo contenuto. Iniziamo con il campo A dopo aver percorso un sentierino pavimentato a ciottoli, dove numerose statue del secolo V collocate sopra le tombe ipogee ci stupiscono per la bellezza dei tratti e l’originalità degli elementi decorativi. Ci incamminiamo lungo il percorso sinuoso attraverso la foresta per raggiungere altri campi di tombe e poi la bellissima Fuente de Lavapatas , un importante luogo cerimoniale usato per abluzioni rituali e per il culto di divinità acquatiche, sono bellissimi i percorsi d’acqua creati scavando la roccia del ruscello in forme sinuose ed adorne di figure di animali ed umane…Ale impazzita non la smette più di cliccare sul pulsante della macchina fotografica…Fabio ci mostra in particolare una zona dove i bassorilievi che si intravvedono sulla roccia color ocra macchiata dai muschi e dalle alghe, suggeriscono fosse il luogo dove le partorienti davano alla luce i loro figli…..anche allora il parto in acqua era di moda ! Un acquazzone improvviso ci fa correre sotto ad un riparo di legno dove una gallina con pulcini e tre galli aspettano che spiova per uscire, ci sediamo sulle panche mentre alcuni di noi bevono qualcosa di caldo…è un punto di ristoro scopriamo! Non la smette più di piovere ma dopo un po’ usciamo ugualmente, tanto siamo tutti bagnati!…un percorso in salita ci porta all’Alto di Lavapatas da dove dominiamo il paesaggio circostante, Fabio ci racconta che in quel luogo molti vanno all’alba a meditare per la particolare energia che vi si respira…scendiamo poi lungo un percorso che si snoda nella foresta ed è disseminato di statue la cui pietra chiara risalta sul verde intenso delle foglie bagnate… divinità e sciamani scolpiti molti secoli fa ci accompagnano quasi fino all’uscita del parco che è considerato il più importante sito archeologico del Sudamerica. Ormai rapiti da tanta bellezza accogliamo con gioia la proposta di Fabio di andare a vedere le opere di uno scultore che riproduce in scala più piccola le bellissime sculture del parco, utilizzando le stesse tecniche di allora. Scolpisce la pietra con strumenti anch’essi di pietra e dà loro tonalità scure facendo impacchi con erbe secondo la segretissima ricetta che arriva dal passato tramandata di generazione in generazione. Due statue tra le tante ci piacciono, uno sciamano ed un uomo che sta compiendo un sacrificio umano, dopo una breve trattativa Vanni si accorda per 350.000 pesos compreso l’imballaggio di legno…ma non è finita, alle 19.30 mentre eravamo alla comida nel ristorante dell’ hotel , arriva Fabio con un suo socio tombarolo che propone a Vanni l’acquisto di tre bellissimi ciondoli in lega di oro e rame ( 70% rame) raffiguranti due rane e una lucertola in filigrana.. anche Ale le trova bellissime e così senza pensarci troppo le compriamo nonostante la loro autenticità rimarrà per sempre un mistero.

25 Aprile 2006

SAN AUGUSTIN – SAN ANDRES DE PISIMBALA‘

La sveglia suona alle 6.30 e poco dopo le 7 siamo dallo scultore per caricare le casse del tesoro che mettiamo al centro della macchina, Vanni si chiede dove metteremo tutti i bagagli quando torneremo a recuperarli all’ hotel di Popayan …abbiamo scaricato tutto prima di partire per evitare di rimanere nudi in seguito ad un eventuale agguato durante il tour nelle zone più a rischio della Colombia. In realtà i guerriglieri si sono ritirati nelle aree montagnose dell’interno e le strade che abbiamo percorso sono presidiate dai militari così come i ponti più importanti ed i paesi ribelli dove vediamo passando molta povertà ed alcune facce truci che non ricambiano i nostri cenni di saluto che anche noi smettiamo di proporre. Ripartiamo questa volta rassicurati dal fatto che la maggior parte della strada che faremo sarà pavimentata…ma ancora una volta Xavier sbaglia e ci ritroviamo su strade di nuovo piene di buche.. L’arrivo previsto verso le 13 slitta di più di un’ora ma alle 14.30 arriviamo all’ Hospedaje Pisimbalà, nel paesino di San Andrés de Pisimbalà, dove Fabio ha prenotato per noi una camera con bagno. Il paesino sembra sospeso in un tempo imprecisato quando si viveva con estrema semplicità nonostante il duro lavoro ed a stretto contatto con gli animali che razzolavano per le strade sulle quali ora solo qualche motore rompe il silenzio e la pace di questo luogo fatto di poche cose semplici e vere. Scopriamo che qui ancora oggi gli abitanti che si sono macchiati di qualche reato vengono messi alla gogna e frustati dalla collettività stessa che li giudica colpevoli. Insomma un posticino dove non verrebbe mai in mente di rubare nemmeno uno stuzzicadenti…speriamo che nessuno scopra i ciondoli del tombarolo! La nostra sistemazione è spartana ma ancora una volta ci conquista la cortesia delle persone che ci accolgono …. per fortuna abbiamo con noi alcune cose superflue ma necessarie per far fronte alle mancanze della gestione, così a metà pomeriggio estraggo dalla borsa la mia immancabile bustina di tè che gusto nella penombra della sala da pranzo dopo la visita al museo ed alla chiesa del paese. Lasceremo per domani la visita delle famose tombe ipogee di Tierradentro. Mangiamo gli spinaci comprati da una contadina vicina di casa, un po’ di riso con banana fritta ed una frittatina…. alle 21 siamo già a letto per scambiarci qualche coccola nel silenzioso buio che ci avvolge. Quando è ora di addormentarci io inizio ad aver paura che qualche serpente possa entrare nella camera dove il bagno non ha vetri alla finestra e c’è una grande fessura sotto la porta di ingresso…rigida come un tronco mentre invoco la buona sorte trovo il mio sonno solo dopo un tempo imprecisato ma lunghissimo.

26 Aprile 2006

SAN ANDRES DE PISIMBALA’

Ci svegliamo al canto del gallo quando ancora è buio, sono in anticipo qui a Pisimbalà sui loro colleghi nel resto del mondo, mi accorgo con gioia di non essere stata morsa da nessun serpente..
Manca la marmellata a colazione e l’unico succo papabile è di maracuja…mica male! Ci incamminiamo su un sentiero ripidissimo. Il cielo azzurro lascia passare il sole ancora tiepido delle 9 mentre attraversiamo uno stretto ponte pedonale fatto interamente di quelle stesse canne di bambù che vediamo alte nella foresta intorno a noi. Dopo una ventina di minuti arriviamo a Segovia, il primo sito funebre che visiteremo, dove le tombe più importanti per i dipinti ancora conservati sono coperte da tettoie verdi. Rintracciamo il custode che dovrà aprirle ed entriamo scendendo gli alti scalini a spirale scolpiti nel terreno roccioso, nella prima tomba con le due colonne centrate sullo spazio ovale e le nicchie laterali. I dipinti geometrici neri e rossi sulle pareti laterali e sulla copertura simulano la struttura delle abitazioni di legno di quel tempo, le figure umane, estremamente stilizzate, nella sommità delle colonne sono legate al mondo ultraterreno. Il secondo sito, il Duende, si colloca su una spaziosa radura assolata ; un custode indio ci viene incontro e ci accompagna in prossimità dei pozzi verticali di accesso alle tombe questa volta non illuminate da lampadine. La piccola torcia che abbiamo ci fa apparire solo a tratti le pareti, questa volta dipinte parzialmente, delle tombe.
Mentre scendo mi rendo conto che la fatica della salita era del tutto giustificata..di nuovo attraversiamo il ponticello di bambù e siamo già quasi alla macchina carica dei bagagli e pronta per ripartire verso Popayan, Xavier prevede che occorreranno almeno 6 ore di auto….ma dopo poco più di tre ore siamo nella nostra comoda camera al Monasterio mentre fuori una pioggia torrenziale sembra voler cancellare la cittadina. Xavier fa un bel gesto regalando a Vanni il suo machete..questa volta dopo la dogana in Italia ci aspetterà il carcere! Sorpresa delle sorprese Vanni riesce a rintracciare in TV rai international e subito dopo giura che non uscirà più da questa camera… quando poi scopre che tra poco ci sarà il mitico Bruno Vespa in “porta a porta” addirittura inizia ad ululare!

27 Aprile 2006

POPAYAN – MEDELLIN

L’intera giornata trascorre in auto lungo strade disagevoli ma dal paesaggio montagnoso ricco di vegetazione…dai banani alle conifere ed alle palme … ricorda i quadri dei romantici inglesi..direi pittoresco comprese le nuvole a bassa quota nelle quali spesso entriamo, come proiettati all’improvviso in un’atmosfera quasi irreale, ma dalla quale poco dopo bruscamente ci risvegliano il suono del clacson di un autobus che sfreccia verso valle o di uno dei tanti tir che invece arrancano in salita, o una buca nella quale ci infiliamo senza vedere. Assistiamo lungo il percorso alla vendita delle varie specialità dei luoghi che attraversiamo…molto spesso si trattava di dolciumi fatti in casa dei quali i colombiani sembrano essere golosissimi. Poi tanti “ristorantini”all’aperto, sporchi e dalle tinte poco invitanti che si susseguono come vertebre lungo i centri abitati…le bancarelle di frutta bellissime e colorate…e le persone tantissime e di tutte le età che vivono la strada. Sono trascorse 10 ore quando vediamo l’atteso “cartello di Medellin”…seguiamo come sempre un taxi che ci accompagna all’ hotel del centro segnalato dalla guida, ma dopo un veloce sopralluogo dirottiamo verso il Damm che però non ha posto..allora stremati andiamo all’International anch’esso esaurito…sola in auto mentre Vanni là fuori contatta un altro tassista, finisco con lo scoppiare in singhiozzi per la stanchezza e per lo stress di questa ricerca interminabile che ci scaraventa da una parte all’altra di questa città caotica e grandissima …stanchi delle 10 interminabili ore di duro viaggio. Finiamo al Las Palmas, vicino all’aeroporto, ma a 30 minuti e 40.000 pesos di taxi da Medellin..Siamo in alta montagna qui, c’è molto freddo ed un mix di bosco e prato circonda l’hotel. Soprannominiamo la nostra confortevole camera “la baita”..per ovvi motivi. Una zuppa in room service mentre un tristissimo film italiano su Bartali e Coppi scorre alla TV e siamo listi per la nanna.

28 Aprile 2006

MEDELLIN

Non sono molte le cose interessanti da vedere qui, la città si è sviluppata prevalentemente negli ultimi anni in modo un po’ dozzinale, ed il centro storico che abbiamo visto ieri sera passando in auto è degradato e senza elementi di gran pregio. Mentre un tassista cocainomane con gli occhi iniettati di sangue ed un raffreddore a dir poco sospetto ci porta verso valle decidiamo le poche tappe della visita che inizieranno con il Museo che raccoglie la consistente donazione Botero . Meraviglia delle meraviglie anche la piazza antistante il museo è costellata delle sculture in bronzo dello stesso artista…e così per un tempo imprecisato ci caliamo tra le abbondanti forme disegnate ed a tutto tondo di animali, frutti, fiori, donne e uomini che sembrano provenire da una favola rassicurante di un remoto passato. A seguire il museo di arte moderna dove pensavamo di trovare chissà che cosa ed il giardino botanico dove la mostra delle 3000 varietà di orchidee è stata divelta dalle ruspe che preparano nuovi spazi per il progetto del nuovo centro botanico…rientriamo a fine pomeriggio in baita per una cenetta in hotel…è troppo faticoso tornare in città per viverne la sua tanto nota vivacità notturna!

29 Aprile 2006

MEDELLIN – TURBO

Partiamo presto ma altrettanto presto ci rendiamo conto che ancora una volta la strada non sarà comoda…molte buche sull’asfalto ed interi tratti di sterrata in mezzo ad una rigogliosa foresta che si arrampica sulle montagne, ricca di quei carnosi e coloratissimi fiori tropicali che mi fanno impazzire..scendendo la temperatura in auto si surriscalda ed il cielo si fa via via più nuvoloso.
Quando arriviamo a Turbo il paesino è letteralmente immerso nell’acqua , e le strade tutte rigorosamente sterrate sono piccoli acquitrini affollati di persone scalze che vi si aggirano ed auto scassate che vi si avventurano. Raggiungiamo il mare che reduce da una piccola burrasca è più giallo che azzurro e proseguiamo lungo questo stradino bagnato per trovare l’hotel che alcuni ragazzi ci avevano detto esistere…poco più avanti. Ed eccolo il nostro albergo che si affaccia con i suoi piccoli edifici ad un piano proprio su quel mare agitato di poco fa..E’ molto modesto ma i Caraibi a pochi passi ci piacciono e così consumiamo il nostro aperitivo quasi sui flutti, al riparo di una bella tettoia di legno. Un timido tramonto si intravede tra le nuvole all’orizzonte ed un pescatore di cozze compare all’improvviso dallo scivolo davanti a noi ..sembra la “Venere che sorge dalle acque” in brutto. Mangiamo degli ottimi camarones in hotel che ci sembra l’unico posto decente nel raggio di chilometri.

30 Aprile 2006

TURBO – TOLÙ

Piove tantissimo quando ci svegliamo e così sfuma il progetto di un bel bagno in mare…Vanni non ottiene buone notizie circa il trasbordo di Carolina a Panama e così lasciamo in fretta questo posto dimenticato da dio. La strada ci porta verso nord e verso il bel tempo che ci accompagna lungo i pascoli verdi ed i bananeti Dal Monte in pieno periodo di raccolta. Tolù ha una vivacità tutta caraibica e la musica che entra dai finestrini aperti mentre siamo ancora alla ricerca di un hotel ne è l’evidente prova. Ben presto siamo rapiti dalle migliaia di collanine esposte sui marciapiedi del lungomare così come dai tanti bar e ristoranti e piccoli negozi che ne affollano i piani terra..ci piacciono queste palme sul mare e le tante persone che affollano questa stretta strada lungo la costa.
Lungo la quale anche noi ci incamminiamo dopo una sana doccia fredda…qui l’acqua calda non esiste nemmeno nei migliori hotel..ma non manca mai un buon condizionatore d’aria!

01 Maggio 2006

TOLÙ – CARTAGENA

E’ una bella giornata di sole questa che vediamo dal ballatoio dell’ hotel, il mare è increspato solo da qualche nuotatore mattiniero, la colazione ci viene servita a due passi dalla strada e dal mare che osserviamo tranquilli…una bambina viene a questuare qualche moneta ma riceve solo frutta ed una bella chiacchierata è molto carina nel suo costumino rosa . Il viaggio scorre veloce ed all’una del pomeriggio siamo già nella bellissima camera del Bovedas – Santa Clara che occupa un antico convento del centro storico. Vanni si incazza come sempre perché ha lasciato in Italia la sua tessera socio Sofitel…e allora niente sconti. Lasciamo presto l’hotel per tuffarci in quel centro storico che avevamo intravisto dalla macchina…E’ davvero bella e coloratissima Cartagena, protetta dagli antichi bastioni spagnoli ed ora anche dall’Unesco che ne preserva i begli edifici coloniali impreziositi dalle bouganville colorate che ne incorniciano a tratti le facciate dalle decorazioni sobrie che si definiscono bianche sugli intonaci variopinti. Le finestre protette dalle grate di legno seguono simmetrie consolidate da tradizioni secolari. Camminiamo fino al tramonto perdendoci nell’armonia che ci accompagna in ogni vicolo o piazza…Vanni opta per una bruschetteria italiana che in realtà è un ristorante dove mangiamo improbabili bruschette e ravioli un po’ scotti e piccantissimi in brodo. A Vanni che sta letteralmente boccheggiando per il fuoco che gli sale dallo stomaco viene in mente il suo amico Roberto che proprio sottoponendosi a tale sofferenza aveva debellato un verme solitario che non voleva saperne di lasciare la sua pancia e che vi si era misteriosamente insediato nel lontano 1980 a Lagos – Nigeria .
Il buon vino cileno continua a coccolarci anche qui in Colombia e così rientriamo come spesso accade un po’ claudicanti alla 308 dove il gelo del condizionatore al massimo ci dà il colpo di grazia.

02 Maggio 2006

CARTAGENA

Vanni  si sveglia come sempre prima di me  e si gode una fantastica colazione in quello che era stato l’ospedale del convento, tutto affrescato di recente con una foresta in stile naif…poco oltre nel giardino del chiostro alcuni coloratissimi tucani fanno colazione con gli ospiti dell’ hotel…sono proprio tutti golosi qui in Colombia. Parte subito dopo in missione, la Carolina dovrà viaggiare comodamente verso Panama ed è giunta l’ora di occuparsi di lei. Io me la prendo con comodo, la mia missione ha una copertura culturale, devo andare a vedere se al museo dell’oro  di qui trovo oggetti simili a quelli comprati in grande segreto a San Augustin…almeno per sapere se abbiamo preso una cantonata da 240 dollari. Gli oggetti esposti sono pochi e tutti molto diversi per soggetto e fattura dalle nostre belle ranocchie. Per confrontarmi con un repertorio più vasto di oggetti cerco anche, ma non trovo un libro sull’oro del periodo precolombiano….il dubbio di indossare un oggetto non solo delizioso ma anche antichissimo ci rimarrà credo sempre. La bella giornata di sole ci porta a rientrare in ambiente condizionato quasi contemporaneamente e Vanni torna sconfitto solo a metà …il toyotone dovrà viaggiare in container ad un costo proibitivo ma inevitabile di 1500 USD. Usciamo di nuovo a cercare altro…per esempio un bel soggiorno alle isole Rosario a soli 45 minuti di motoscafo da qui ed un volo per Panama successivo all’imbarco..dopo poco è tutto sistemato con tanto di prenotazioni per il 12 e 15 maggio. L’aperitivo al bar del convento è un bel mojito con olive e arachidi…ma che meraviglia questo arredo moderno in un contenitore così antico…questo Sofitel  è davvero di grande atmosfera! Ceniamo in piazzetta in un ristorante con cortile interno, pesci volanti e cucina in affaccio..l’ottimo pesce è cucinato da una cuoca nera flemmatica ma brava…l’unica peraltro così caritatevole da applaudire il cantante che intanto strimpella alle tastiere. La nostra gelida camera ci accoglie con due cioccolatini al cocco che si mangerà Vanni nella sua crisi notturna di bulimia e l’armadio pieno dei nostri abiti puliti.

03 Maggio 2006

CARTAGENA – PARCO TAYRONA

Partiamo alle 11 circa di questa mattina niente male sulla quale fa capolino un timido sole.. Non saranno molti i chilometri da macinare oggi, e comunque che importa…. ormai siamo abituati a trascorrere le nostre giornate comodamente seduti sui sedili grigi e sdruciti di Carolina. La luce del sole va via via affievolendosi fino ad essere sostituita dal cielo grigio a noi ben noto…L’ atmosfera mollemente umida del Parco è li ad accoglierci quando arriviamo a metà pomeriggio sotto il grande cartello in legno che ci invita a deviare verso la vegetazione. Dopo pochi metri, prima delle sbarre gialle e nere che bloccano l’accesso, un giovane ragazzo biondo un po’ effeminato ci accoglie con un cordiale sorriso. E’ seduto dietro una primitiva scrivania di legno sulla quale trova spazio una strumentazione high-teck costituita dal computer portatile ed una stampante…in pochi minuti tutti i nostri documenti sono pronti ed un braccialetto di carta indistruttibile ci viene messo al polso…Carolina si adegua al ritmo lento di quella foresta che sembra abitata solo da una rigogliosissima vegetazione…ci addentriamo lungo il sentiero che è sempre più costellato di pozzanghere sul terreno sabbioso color avorio. La reception è a pochi chilometri con i muri di pietra a vista ed una grande copertura di legno e foglie di palma. Ci stanno aspettando…alcuni meticci tutti vestiti di bianco..come gli indigeni Tayrona che ancora dopo secoli popolano quelle aree montagnose della Sierra di Santa Marta. Un ragazzo afferra i nostri trolley e ci accompagna al nostro cottage arrampicato come gli altri sulle prime pendici della sierra a poche decine di metri sopra il livello del mare. A pianta circolare interamente di legno e con il tetto a cono, come la tipologia delle capanne Tayrona il nostro rifugio ci piace moltissimo per l’eleganza delle finitura e degli arredi e per via di queste finestre che si aprono in tutto il suo perimetro su un paesaggio meraviglioso….mare verso valle e foresta sugli altri lati…una piccola scala esterna elicoidale scende alla zona giorno completamente aperta e rifinita di pietra con amaca, cuscini bianchi e la stessa vista mozzafiato. Aggiungere che anche il bagno dalle pareti a stucco ed il lavabo di vetro inserito su un piano anch’esso di vetro…è bellissimo può sembrare superfluo…ma nulla lo è pensando alla collocazione di questo gioiellino architettonico…sperduto in mezzo alla foresta. Poco più a valle una grande copertura di legno accoglie il ristorante dove, dopo qualche ora andiamo a gustare le squisitezze di Lina la cuoca…mentre Vanni già medita un bel Pargo al sale per domani sera e prende accordi per la fornitura inusuale con Roberto il gestore del ristorante.
La notte è senza luna..ma piena dei suoni degli animali che come noi ora vivono qui.

04 Maggio 2006

PARCO TAYRONA

Al risveglio ho una gran voglia..non condivisa da Vanni di esplorare questa foresta e le spiagge bellissime di sabbia bianca sulle quali poi essa va a scomparire…E’ un giovane ragazzo del luogo a farmi da guida lungo il sentiero che si arrampica a tratti per poi ridiscendere dopo un’ora e mezza di cammino verso la prima bella spiaggia bianca che si affaccia sul mare con una ampia curva. Il palmeto che la precede è tipicamente tropicale…ma è la prima volta che vedo queste grandi rocce dai profili stondati campeggiare così imponenti sulla riva…Ci sediamo a ridosso del bagnasciuga per gustare la coca cola fresca appena presa e, mentre chiacchieriamo, rullo la sigaretta di rito .. dopo poco sento pizzicore al seno destro…mi massaggio un po’…poi ancora …questo bruciore diventa sempre più insopportabile…allontano la borsa che tenevo sulle gambe contro il mio petto per via della posizione a sedere e mi accorgo che sta prendendo fuoco..la copro di sabbia per spegnerla mentre penso alle cose che contiene…temo per la macchina fotografica che avendo fatto un bagno di sabbia infatti non funziona più…ma che strana questa cosa! E’ la prima volta che qualcosa mi si brucia addosso per una bracetta che come tante nella mia vita succedeva che cadessero dalla sigaretta. Sono turbata…ho rischiato di incollarmi il costume di lycra sul seno!..c’è una strana energia in questo posto..indubbiamente. Continuiamo a camminare verso altre due belle spiagge più piccole e raccolte..sempre con quelle grosse pietre che come giganti sembrano custodire la costa…il mio cruccio è di non poter fotografare le meraviglie di quei luoghi.
Rientro dopo altre due ore di cammino bagnata di sudore per l’umidità di quella foresta che a tratti si colora dei fiori carnosi a grappolo. E’ dura seguire i ritmi di questo ventenne super allenato ma arrivo trafelata al rifugio dove Vanni tranquillamente legge il suo “memorie di Adriano” steso sul letto sotto il ventilatore acceso..Gli racconto l’accaduto mentre butto nel cestino la borsa incendiaria e osservo che anche il pareo ha buchi contornati di nero…intanto Vanni sistema la macchina fotografica che grazie a lui è salva!
Alle 19 arriva la fornitura di pesce e di sale..non proprio grosso e un po’ giallino..il pescione è un bel Pargo o Red snepper che dir si voglia di 3.50 kg. Decidiamo di invitare i pochi altri ospiti del villaggio Ecoab che ovviamente accettano, curiosi di assaggiare questa “strana” sconosciuta ricetta. Alle 20 vado a sfornare il pesce precedentemente preparato ..poi è di Vanni il compito di scalpellarne la crosta..Arriva il pescione fumante e buonissimo…i due ragazzi colombiani in viaggio di nozze si prodigano in ringraziamenti mentre anche l’altra coppia si avvicina al nostro tavolo..Matteo è un biologo italiano che fa ricerca sui delfini in un centro sulla costa Colombiana, lei è Salomè, la sua fidanzata colombiana anch’essa biologa ricercatrice sia in California che in Colombia . Gustiamo la cena in compagnia di questi 4 simpaticissimi…mentre cosa tira cosa…decidiamo di partire insieme l’indomani per Punta Vela..la penisola più estrema della Colombia di cui avevamo visto le immagini invitanti su qualche depliant. Arriviamo ondeggianti al rifugio..forse abbiamo bevuto troppo!

05 Maggio 2006

CAPO VELA

Alle 8.30 all’appuntamento arrivano solo Matteo e Salomè…in fondo è un bene così non solo saremo più comodi in macchina, anche l’idioma sarà l’italiano per schiacciante maggioranza. E’ bello dopo tanto tempo condividere una parte del viaggio con qualcuno ed i nostri due ospiti sono simpatici ed intriganti. Quasi ci perdiamo tra le piste di questa penisola desertica…dove i colori si sono ridotti alla gamma dei grigi e degli ocra..ma un cartello che indica il paese di capo vela a pochi chilometri ci rassicura di non aver sbagliato mentre costeggiamo il mare che d’ora in poi sarà il nostro riferimento. Il paesino è quasi desolato…le poche capanne sono formate da un miscuglio di materiali di recupero assemblate in forme semplici e di colore indefinito..in contrasto con quello del mare e delle tuniche variopinte delle donne…sulla spiaggia i ripari sono scatole di canne ingrigite dalla salsedine..Riaffiora il ricordo dei rifugi dei cacciatori nelle valli di Comacchio. Salomè chiede mostrando la foto del pieghevole dove si trovi quella bella spiaggia d’oro dell’immagine…ma l’idioma parlato qui è un dialetto antichissimo, così diverso dal perfetto spagnolo di Salomè e così l’indicazione ci rimbalza incomprensibile. Ci spingiamo oltre inseguendo il profilo di una propaggine rocciosa che ci sembra di riconoscere…e la troviamo finalmente, nascosta tra le rocce questa bellissima conca dalla sabbia dorata..All’orizzonte una montagna a forma di vela ci conferma che siamo arrivati…e, in ebollizione per il caldo ci tuffiamo con look adamitico tra le onde dell’oceano atlantico. La sosta non potrà essere lunga…il parco chiude presto ed il ristorante anche! Dopo un’oretta di svago il rientro è necessario e così tra il maltempo che nel frattempo è sopraggiunto e le varie soste ai posti di blocco dell’esercito, molto presenti in questa via di accesso al mare dei narco-trafficanti, arriviamo tardissimo sulla stradina del Tayrona. La molta pioggia aveva alimentato un ruscello che la attraversa rendendone difficile l’attraversamento…ci ritroviamo così con i fanali anteriori immersi nell’acqua limacciosa di quel lago …praticamente al buio per qualche istante ma la Carolina procede poi sicura verso la riva opposta. Ci sono la cuoca ed il personale del ristorante seduti alla reception ad aspettarci pensiamo noi… in realtà in attesa di un mezzo adatto a riportarli a casa nonostante l’allagamento. Vedendoci affamati reindossano senza esitare le loro divise e ci preparano una cena veloce a base di sandwich , spinaci al vapore ed asparagi gratinati…ci raccontano intanto che durante il pomeriggio il maltempo aveva sparso pioggia in abbondanza, facendo cadere alberi ed allagando alcuni tratti delle strade di accesso. Felici di aver scampato l’ orribile giornata di temporali e paghi del sole che ci aveva seguiti per tutta la giornata nel deserto, mangiamo con gusto quel frugale pasto regalatoci inatteso. Poi arrampicandoci sui ripidi scalini che portano al nostro rifugio, facendoci largo tra le fronde dei rami caduti arriviamo stanchi al letto dove quasi sveniamo.

06 Maggio 2006

PARCO TAYRONA

La notte trascorre lenta, movimentata solo dalle zanzare ed altri insetti volanti e non, andiamo insieme al desayuno dove su consiglio di Matteo assaggio questa specialità dal nome difficile ma originale nella sostanza, uovo inserito in una pastella di polenta il cui nome suona circa come un arechipa. Rimaniamo a goderci la nostra splendida eco-capanna poi visto il maltempo decidiamo di ripartire alla volta di Cartagena dopo aver soffiato un cestino intrecciato. Il viaggio si presenta subito problematico, ci fermiamo subito all’uscita del parco per gonfiare il solito pneumatico mentre Ale fotografa socializzando con il pappagallo del gommista ma dopo pochi chilometri siamo ancora fermi a Santa Marta per un problema elettrico che da giorni affligge Carolina e con un colpo di fortuna in men che non si dica, grazie all’ esperienza del ragazzo ma sotto stretto controllo del driver ( Yanez il sottoscritto ) ripartiamo alla volta di Baranchilla dove un acquazzone tropicale ci avvolge in un alone di umidità e traffico impazzito per vari allagamenti momentanei della sede stradale. Ci fermiamo a vedere Puerto Colombia che Xavier ci aveva consigliato anche per una eventuale sosta, ma quello che ci è apparso forse anche per via del maltempo non era propriamente un luogo dove rimanere…unica attrattiva del pueblo il pontile lunghissimo ed inutilizzato che si insinua come un millepiedi gigantesco verso il mare. La decisione di tornare in quella che noi chiamiamo casa a Cartagena viene da sè…il nostro bellissimo Bovédas – Santa Clara ci aspetta a poco meno di un’ora di auto. Attraversiamo aree completamente allagate anche attorno a Cartagena, all’altezza dell’aeroporto, dove alcune baracche immerse a metà nell’acqua giallastra sembrano galleggiavi. Ma poi ecco l’hotel sano e salvo e la nostra camera questa volta una suite con salotto ed una bella vista sugli antichi bastioni e più oltre il mare. Ceniamo al ristorantino della piazzetta dove già avevamo sperimentato degli ottimi piatti di pesce e dove anche Matteo e Salomè mentre ci confrontavamo sul Santa Clara ci avevano, non sapendolo, vivamente consigliato di andare.
Le pietanze squisite ed il vino impongono una passeggiata ma nonostante sia sabato sera il centro sembra piuttosto tranquillo, seguiamo per un po’ tre ragazze del luogo tutte tirate a festa per vedere se fossero andate in un bel localino ..ma zavorrati come siamo dopo poco ripieghiamo verso l’hotel.
Per prenotazioni Parco Tayrona:
email – carlostraheebilcoik@aviatur.com.co
tel. 421 6615
Santa Marta – Colombia

07 Maggio 2006

CARTAGENA

La domenica si annuncia con un mezzo allagamento in camera, ma per lo meno non ci sono zanzare qui. Dal soffitto sopra di noi piove acqua..come se non fosse bastata tutta quella caduta nei giorni scorsi! Ma è domenica e nessun housekeeper è disposto a lavorare per porre un freno alla falla che non si arresta. Vanni coglie al balzo la cosa per lamentarsi alla reception di un guasto al computer che in realtà c’è da giorni ..ma che denunciamo come accaduto oggi. Mostriamo il problema e lasciamo lì parcheggiato il pc mentre andiamo a goderci la piscina dell’ hotel..C’è caldo ed un bel sole ci crogiola per tutto il pomeriggio. Prenotiamo per domani la nostra escursione alle isole Rosario dove rimarremo per un paio di giorni. Una breve passeggiata per il centro ci fa capire che la domenica è sempre domenica cioè una palla in tutti i posti del mondo. Quindi rientriamo sotto la pioggia della nostra camera a vedere un po’ di Cleopatra su History Channel. All’ improvviso un rumore dalla strada attira la nostra attenzione…guardiamo e…incredibile ma vero, si è creato un rave nel bastione proprio di fronte a noi…i tamburi vengono percossi fino all’esasperazione da quegli indemoniati là fuori…non bastava il ticchettio delle gocce d’acqua nella stanza…ci mancava anche il tamburo afro! Ma i tappi hanno fatto il miracolo e dopo poco Vanni è già in preda agli incubi! “Ha da finì stà nuttata” avrebbe detto Peppino de Filippo!

08 Maggio 2006

CARTAGENA – ISOLE DEL ROSARIO

Partiamo verso le isole dimenticandoci svariate cose necessarie di cui segue elenco:
1) pinne maschere e boccagli…fondamentali in un’isola tropicale
2) spray anti-zanzare
3) protezioni solari nelle varie gradazioni
4) ed infine di pagare il conto dell’ hotel !
del resto erano le 6.30 quando la sveglia ha riecheggiato nel silenzio della camera, tra una goccia e l’altra e non si può pretendere troppo da due sonnambuli. Abbondante colazione tra i tucani e poi pulmino fino al porticciolo dove una lancia con due motori da 200 cavalli l’uno aspetta noi ed il resto del piccolo gruppo. Vediamo Cartagena dal mare, bellissima con i grattacieli della città nuova che ne definiscono la skyline mentre in primo piano un pellicano riposa su un palo emergente. I 400 cavalli a poppa si fanno sentire non appena usciamo in mare aperto. Seduti in prima fila per goderci indisturbati il paesaggio iniziamo a tremare di freddo e non vediamo nada perché il battello procede in impennata. Ma dopo 45 minuti eccoci scendere sul pontile dell’ hotel accolti dai vari operatori che ci conducono in una sala dove ci vengono esposte le possibili attività da fare nell’isola…proprio le detestiamo queste cose da turisti “non fai da te”. Prendiamo posto in quella che secondo loro è una sistemazione molto comoda…ma noi che siamo belli viziatelli pensiamo che abbiamo visto di meglio. La camera in fondo è poco più grande del letto ed anche un po’ tristina…e dire che questo hotel figura tra i migliori del Sudamerica! Per fortuna il gruppo turisti vacanze si scioglie e noi ci ritroviamo nella consueta dimensione di libertà ed autodeterminazione che ci è abituale. Quasi non abbiamo fatto in tempo ad appoggiare le valigie che un barcaiolo ci chiama affacciandosi alla veranda della camera per proporci un tour delle isole. Decidiamo di andare subito alla scoperta dell’arcipelago così appassionatamente descrittoci da Angelo e Raffa..Sono particolari queste isole..a volte così piccole da ospitare una sola casa che ne occupa quasi l’intera superficie..poi altre più grandi come quella dove ci dirigiamo infine per fare un bagno.. ci dice Cristian che è lei a dare il nome all’intero arcipelago. Scorgiamo in lontananza la lingua di sabbia bianca sulla quale approderemo e già vorremmo essere là a rotolarci in quel borotalco! Facciamo un bagno in quell’acqua trasparente poi mi improvviso modella per Vanni che armato di macchina fotografica mi immortala su sfondi paradisiaci. Rientriamo a mezzogiorno semi-carbonizzati..ma impavidi andiamo in spiaggia per un backgammon e poi lo snorkeling con l’attrezzatura in affitto…così la cottura sarà perfetta. Trascorriamo il resto della serata ad incremarci ridendo l’uno dell’altra…poi ancora backgammon che vede Vanni perdere ad oltranza.

09 Maggio 2006

ISOLE DEL ROSARIO

Dopo una severa suonata a backgammon e un dolce sonno fra le braccia della sfinge di Formignana la colazione mi appare come un buon modo di ricominciare la giornata. Col passare delle ore il caldo si fa più pesante e io trascorro molto tempo sotto la doccia, guarda caso si fa il bagno nell’ ora più calda, che ce vuoi fà direbbe qualcuno. Dopo aver perso ancora,mi foro il piede sinistro con una puntina da disegno, dolore, ma vengo ricompensato trovando una serie di collanine, perse chissà da chi sulla spiaggia,ora sono qui che scrivo al computer, che oggi con grande conoscenza del mezzo ho sistemato con solerzia (ho esposto la tastiera al sole per circa 30 minuti. Fra poco andremo a cena ma prima le do una ripassatina a backgammon e altro ciao. La ripassatina me l’ha data eccome…un 3 a 0 secco…ed altro! Poi il temporale arriva verso l’ora di cena …e rientriamo tutti in camera con l’ombrello che i camerieri avevano provveduto ad aprirci…”Berry Lindon” a conclusione di serata con zanzare piccolissime a tormentarci. Vanni, per dimenticare le orribili linguine ai gamberi che ha appena mangiato, si attacca alla bottiglia del Rum come un vecchio marinaio emettendo suoni di tutti i tipi..ma per fortuna non diventa molesto!

10 Maggio 2006

ISOLE DEL ROSARIO – CARTAGENA

Ci svegliamo al “grido della morte”, travolti da questo suono disperato che piccoli insetti emettono prima di esplodere per dar vita ad un altro simile che nel frattempo è cresciuto dentro di loro…ma che parto difficile e tutto il ciclo vitale consumato in un solo giorno!
Verso mezzogiorno esce un sole cocente che rende l’aria umidissima e soffocante..ma Vanni non ci pensa proprio di andare a fare un bel bagnetto…ieri alla vista di due pesciolini gialli si è fatto prendere dal panico ed è risalito a riva urlandomi – non hai ancora capito che ho paura dell’acqua?-
Quindi eccoci qui nella veranda a fare un po’ di rammendo alla cintura, leggere e cazzeggiare in attesa della lancia che ci riporterà a casa…mi vien da pensare..- speriamo che non piova altrimenti saranno 45 minuti di idrogetto – nel frattempo un duello al gioco termina in un 1 a 1 dopo almeno un’ora di impegno…alle tre in punto tre rintocchi di campana ci segnalano che è ora di partire, i bagagli sono già sulla scialuppa quando vediamo all’orizzonte nuvole scure che non fanno presagire nulla di buono… partiamo con i 400 cavalli a tutta birra verso il mare aperto ancor più livido del cielo…e…forse me la sono tirata…inizia a piovere! Per fortuna non si è trattato di una vera e propria bufera ma le gocce che atterrano sulla nostra pelle peraltro già provata dal sole alla velocità di almeno 100 km/h è un’esperienza da non riprovare. – buona la prima – dice Vanni..e non ha tutti i torti! Ma eccoci ancora al Bovedas ad occupare per la seconda volta la nostra 308 senza vista mare ..e nemmeno tanto grande ma la sentiamo nostra…Jesus alla reception ci accoglie con un bel sorriso..in fondo siamo dei clienti davvero affezionati e credo che abbia per noi un debole di simpatia. Intanto Vanni si precipita all’ufficio dello spedizioniere per portare avanti le pratiche di Carolina che dovrà partire con la nave del 12 maggio..ma torna inviperito dicendo che la seaworld ha soppresso la nave del 12, mentre era partita regolarmente quella dell’8. Tragedia! Massima tragedia!..dalla Vanni quale fatica a riprendersi e che lo getta nello sconforto per tutta la serata…l’alternativa sembra essere quella di spedirla il 22…altri 12 giorni a Cartagena gli si prefigurano come un incubo…io invece vivrei qui molto volentieri per qualche tempo. La nave del 13 è piena e costa il doppio..insomma sembra che una jella pazzesca si sia abbattuta su di noi.
Gli spaghetti al pomodoro del ristorante Da Danni’s sono meravigliosi così come la cortesia del personale, pare che la cuoca nonché moglie del duenio abbia cucinato per 13 anni con un raffinato cuoco italiano carpendone i segreti che si sentono tutti in quei meravigliosi vermicelli al dente con condimento espresso che deliziano il mio palato…spicca nel quadro della serata il malumore di Vanni che rasenta il melodramma…ma come dargli torto?

11 Maggio 2006

CARTAGENA

La giornata inizia male e finisce anche peggio. E’ mattina presto quando Vanni lascia la camera per andare a tentare l’impossibile…caricare la Carolina sulla nave già piena del 13. Nell’autorimessa dell’ hotel la macchina si mostra claudicante…ha una gomma a terra! Cambio di ruota e via..ad incazzarsi presso l’ufficio di spedizioni dove pare si intraveda una possibilità…di due contenitori pieni a metà ne faranno uno solo per dare spazio a Carolina e ad una fornitura di caffè..sembra fatta ma ai cancelli del porto per due volte negano l’accesso per non conformità dei fogli d’entrata…Vanni va su tutte le furie ma poi a metà pomeriggio e con un controllo antinarcotici da fare l’indomani mattina, riesce ad introdurre l’auto nel contenitore ed arriva solo verso le 19 in camera, stravolto dallo stress e dal calore subito durante la giornata, per sentire la notizia terribile che io devo dargli, della morte improvvisa di un nostro caro amico …Romano. Verso le due del pomeriggio infatti, mentre ero in piscina, leggo l’sms di Catia – non so se già sapete ma Romano è morto ieri 10 maggio per infarto…non ci sono parole..ma solo un grande dolore fra tutti noi – rimango impietrita mentre le lacrime automaticamente scendono sulle mie guance…mentre cerco di formulare una risposta di conforto per Catia…pur sapendo quanto qualsiasi parola non riesca ad esprimere l’emozione che senti crescere dentro di te ed anzi rischi di sembrare un vuoto anello di parole di circostanza. Romano non aveva nemmeno 50 anni e sembrava godere di ottima salute…avremmo dovuto incontrarci alla festina di Bologna prima della nostra partenza in aprile..ma poi non se ne era fatto nulla..che peccato! Vecchio amico di Vanni era stato proprio lui, suo malgrado, a farci conoscere quella sera di inizio estate di 4 anni fa… ho sempre pensato a lui come ad una persona gentile e disponibile…ricordo le ultime cene da lui come momenti di conviviale abbandono ai piaceri della tavola.. e dell’amicizia vissuta con simpatia e serenità …era anche un ottimo cuoco…e gli volevo bene. Mentre ci addormentiamo ci promettiamo di volerci sempre bene e di non sprecare mai più questa vita che può essere molto breve in inutili dissapori.


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