02 Bosnia
09 Giugno 2009
POLA – SARAJEVO
Ci svegliamo nella camera piena di luce di questa mattinata di sole…..gli schiamazzi lontani di bambini che giocano sulla spiaggia sassosa. Sapore di mare. Riposati lasciamo il mare della penisola e Pula per addentrarci nell’entroterra montuoso dell’Istria e poi ancora oltre verso Zagabria e poi chissà….. per il momento non sappiamo dove arriveremo questa sera. Abbiamo abbandonato il progetto di raggiungere Sarajevo attraverso la costa con una sosta nella bella Trogjr ….questo è un altro viaggio e raggiungere via terra gli amati paesini costieri non avrebbe lo stesso sapore di quando li conquistammo in barca a vela. Quindi ci spingiamo all’interno verso Zagabria percorrendo la comoda autostrada che si inoltra nelle montagne ricoperte di abeti verdissimi che vediamo tra una galleria e l’altra. Ancora uno scorcio di mare in corrispondenza di Fiume….lo osserviamo come se stessimo lasciando qualcosa di prezioso che chissà quando rivedremo…..poi in un paio d’ore siamo a Zagabria che sfioriamo per proseguire lungo l’autostrada verso Sud.
Il salto di scala tra la mappa dell’Europa e quella dettagliatissima della Bosnia al centro della quale si trova il nostro obiettivo ci fa capire che non sarà così immediato il suo raggiungimento. Sarajevo non è collegata da autostrade e sono 300 i chilometri di strada di montagna che dovremo percorrere dopo il casello d’uscita. Quando chiediamo all’impiegato che ci porge il resto ci garantisce che in tre ore ci si arriva….speriamo che abbia ragione perché sono già le tre del pomeriggio e l’aria condizionata di Asia non ci ha tenuti poi così al fresco….deve essere una ventola che non funziona. Nonostante i tre mesi di restauri Asia è la più scassata delle tre Toyota che abbiamo….o meglio delle due rimaste. Alla frontiera bosniaca i controlli dei documenti si fanno rigorosi….libretto, carta verde ed un timbro sul passaporto. A differenza dei croati, gentili e rilassati questi bosniaci hanno un’aria vagamente minacciosa. La statale che abbiamo imboccato verso Banja Luca, trafficata com’è, ci impone la velocità massima di 60 km/h….si fa sempre più plausibile l’ipotesi di fermarci proprio qui per la notte…..tanto per non trascorrere una intera giornata in viaggio e per poter ammirare il castello di questa nuova capitale della repubblica Serba in territorio bosniaco. Ma poi dopo averla raggiunta ci rendiamo conto che proprio non ci ispira per una sosta….anzi la troviamo abbastanza squallida e del castello nemmeno l’ombra. Rimangono più di quattro ore di luce, così decidiamo di puntare la prua di Asia su Sarajevo. Da Banja Luca la strada si fa tortuosa anche se meno trafficata……costeggiamo il fiume Vrbas dalle acque blu nel pittoresco fondovalle che si snoda tra le montagne. Il paesaggio è magnifico e questa giornata di cielo assolutamente azzurro ci regala fantastici scorci anche su ragazzi in costume da bagno sulle rive del fiume. Qua e la in prossimità dei piccoli centri abitati, spunta dal verde del bosco qualche minareto che sottile come un missile, bianco e con la punta nera, sembra dover scomparire da un momento all’altro inghiottito dal cielo. Questo fondovalle è incantevole ! Le case dei paesini che attraversiamo hanno tetti ripidi in lamiera, piccole finestre e finiture di legno….è un pò come essere sulle nostre Alpi. Il primo centro abitato davvero bello e nel quale mi sarei fermata volentieri dopo quasi otto ore di viaggio, è Jaice. Un paese che occupa una piccola vallata, dominato da un’antica fortezza sorta su una rupe al centro dell’abitato….i tetti delle case qui rasentano la verticalità. Davvero bello Jaice…penso mentre lo superiamo senza rallentare…..come se si trattasse di un miraggio piuttosto che di un luogo vero e proprio col quale poter interagire. Inutile dire che mai una proposta del genere potrebbe arrivare da Vanni che insegue l’obiettivo che si è posto, ad ogni costo. La decisione spetta a me, ma sono così spappolata da non aver nemmeno la forza di impormi con una decisione che lo farebbe senz’altro contrariare. Arriviamo a Sarajevo alle 20 dopo dieci ore di viaggio ininterrotto. E’ l’imbrunire e dobbiamo cercare di orientarci per raggiungere l’hotel Hecco nel quale abbiamo prenotato una camera telefonando un paio d’ore fa. I cartelli stradali scritti in caratteri cirillici non ci aiutano ad orientarci, ma abbiamo pur sempre il fiume come importante riferimento in città e la spesso gettonata possibilità di seguire comodamente un taxi che ci conduca a destinazione. Sarajevo ci accoglie con file di grattacieli di recente costruzione che sembrano voler superare in altezza le montagne che circondano la stretta vallata nella quale la città è adagiata. Belli ma proprio non ce li aspettavamo ! Procedendo paralleli al fiume vediamo sulla nostra sinistra l’Holiday Inn, l’unico hotel sopravvissuto al recente conflitto e che ospitava i reporter delle maggiori testate giornalistiche del mondo. Poco oltre, sul lato opposto dell’ampia strada che conduce al centro, un grande edificio mostra chiare le cicatrici dei bombardamenti…. circondato da una selva di edifici nuovissimi dalle volumetrie accattivanti costruiti senza badare a spese, con i fondi degli aiuti internazionali…..fa piacere constatare che quegli aiuti, compreso il nostro, abbiano scaturito un così buon risultato. Gli edifici monumentali in stile austro-ungarico, sono sopravvissuti alla devastazione e danno alla città una chiara connotazione di capitale europea. Sarajevo ci piace fin dal primo colpo d’occhio. Il nostro hotel Hecco ( Via Medresa 1 tel. 0038.733.273730 ) è nuovissimo. Lo raggiungiamo dopo un solo errore alle 20.30, poco prima del buio totale. E’ poco a nord del quartiere più vivace della città storica, il Barscarsija, ricco di vie pedonali che esploreremo domani. Per il momento ci godiamo la meritata doccia nel bagno troppo piccolo della camera. Distrutti ma affamati, mentre ripercorriamo scendendo alla reception gli ambienti vagamente De Stijl degli spazi comuni con geometrismi esasperati colorati a tinte forti come se si trattasse di un quadro di Mondrian, ci chiediamo in quale lingua sia meglio intervistare la receptionist. Ci consiglia un ristorante vicino all’hotel….il Kibe, che si trova in via Urbanjusa 164, (tel. 033.441936 ) la strada dietro l’hotel, ci dice, e poi salite. Altro che vicino ! Percorriamo a piedi almeno un chilometro in salita costeggiando per un tratto un paio di cimiteri di guerra sui due lati della stradina, ma poi ne siamo soddisfatti….ed in fondo un pò di movimento ci voleva ! Il Kibe serve piatti della cucina tradizionale bosniaca e non è frequentato da turisti, almeno non questa sera. E’ un edificio di legno articolato in diversi volumi che si affacciano con ampie vetrate sulla città le cui luci vediamo laggiù, lontane. L’atmosfera intima ed avvolgente ha un sapore vagamente retrò per via della collezione di vecchie radio poste in bella mostra sulle mensole di legno ed un pò ovunque. Che bel posticino….il nostro tavolo è accostato alla vetrata dalla quale ammiriamo Sarajevo illuminata dalla luna piena…..arrivano un paio di suonatori a rallegrare la tavolata accanto a noi. Una sorta di Mariachi in versione bosniaca che suonano e cantano, accompagnati anche dai coretti dei clienti del ristorante, brani popolari di musica locale. E’ come essere immersi nel set cinematografico di un film del famoso regista bosniaco Kusturica. Assaggiamo i piatti locali con una certa soddisfazione, accompagnandoli con ottimo vino bianco e spendiamo il 50% di quanto avremmo speso da noi. Poi scendiamo a piedi la ripida discesa verso l’hotel, attenti a metterci al sicuro ogni volta che sentiamo arrivare un’auto….guidano come pazzi! Che bella serata.
10 Giugno 2009
SARAJEVO
Il letto comodissimo ci fa dormire 10 ore….poi con calma affrontiamo la visita del quartiere più vecchio della città, poche centinaia di metri a valle dell’hotel. Le strade pedonali strette e dai profili irregolari sono affollate di passanti, di botteghe che vendono prodotti artigianali, gioiellerie ed una miriade di bar con tavolini in esterno nei quali non sarebbe semplice trovare un posto libero dove sedersi. Vi si respira un’atmosfera vivace ma rilassante, tipica di questa città che ha maturato un credito di spensieratezza e di benessere. Colorati e sorridenti, gli abitanti di Sarajevo sembrano essere tutti qui a passeggio sulla Ferhadija, la strada pedonale sulla quale si affacciano le boutique così come le chiese ortodosse le moschee e le sinagoghe. Tutti insieme in una pace ritrovata e vissuta intensamente , con serenità e tanta voglia di vivere. Minareti e campanili spuntano qua e la tra edifici nuovi ed altri in stile neoclassico risparmiati dai bombardamenti. Il fiume Miljacka non ha una grande portanza….ed è poco profondo nel suo tratto urbano, ma le sue acque ed i ponti danno alla città una connotazione particolare accentuata dal fatto che vi si affacciano gli edifici più prestigiosi come il Teatro nazionale, l’enorme edificio delle poste e l’accademia di belle arti. Non potevamo mancare alla visita del Ponte Latino. Non solo perché è il più antico ma anche perché nel 1914 fu teatro dell’assassinio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando…..evento che segnò tragicamente la storia dell’Europa. Alla Galleria d’arte vediamo una bella mostra fotografica di immagini scattate nel mondo da una serie di bravi fotoreporter ed una disordinata esposizione di quadri di ogni epoca in cui il colore rosa sembra essere l’unico filo conduttore. Non poteva mancare una sosta di relax in un baretto ombreggiato e poi un riposino in hotel a mangiare ciliegie, leggere e scrivere. All’improvviso vedo Vanni preoccupato….la guida che sta leggendo sconsiglia di recarsi in Kosovo per via delle tensioni civili e dei terreni ancora minati….ma sono proprio là le prime due chiese bizantine da vedere. Andremo comunque….in fondo anche il Polisario era minato ma una brava guida caricata a bordo sa sempre dove farti passare. Siamo ancora in camera quando i muezzin della città si scatenano in una cacofonia di melodie tutte diverse che emesse simultaneamente sembrano un coro di voci stonate. Poco dopo usciamo per una passeggiata dirigendoci verso la Biblioteca Nazionale ancora in restauro, che si impone enorme sul lungofiume. In stile arabeggiante appena accennato nei decori sopravvissuti alle esplosioni. Sull’altro lato del ponte pedonale che attraversiamo, c’è un ristorantino con i tavoli che si affacciano sul fiume protetti da una tettoia….è l’Inat Kuka, letteralmente la “casa della ripicca”, nel quale ci accomodiamo a bere una birra mentre ascoltiamo il brusio dell’acqua che scorre. Da questa prospettiva osserviamo la città protesa verso le colline verdi di vegetazione, alla luce calda del sole calante. L’Inat Kuka è un posticino davvero carino e rilassante dove si assaggiano le specialità locali alle quali non ci sottraiamo. La misteriosa zuppa di Bey è squisita così come le Sarma, polpette di carne tritata e riso avvolte in foglie di verza….che bontà ! Ancora una passeggiata nelle strade ancora affollate del centro e rientriamo stanchi.