15 Giugno 2011

SECRET OF ONGI TOURIST CAMP – ULAN UDE

“Tutto il mondo è paese” recita un noto proverbio, noi possiamo affermare che “tutte le frontiere del mondo sono un ostacolo da superare”, specialmente quelle della ex URSS. Eravamo usciti traumatizzati da quella Azera ed ora è la frontiera Mongola che ci fa penare ma per motivi fortunatamente più soft e se là ci eravamo trovati a combattere una sorta di guerra con i militari della dogana ci troviamo invece qui ad affrontare l’insopportabile invadenza fisica e le sgomitate di viaggiatori mongoli cinesi e siberiani molto lontani dalle minime norme di buona educazione, e che dire della svogliatezza delle impiegate che sedute dietro le scrivanie preferiscono dedicarsi ad attività così fuori luogo da risultare persino divertenti …. come la depilazione delle sopracciglia?! Nonostante la lunga esperienza e l’aspetto grottesco di questa che sembra piuttosto la messinscena di una farsa ne esco infastidita, anzi incattivita ed i 35° non mi aiutano ad evitarlo. Poi capiamo il motivo dell’agitazione di quei corpi magri e nervosi …. il contrabbando di capi di abbigliamento cinesi verso il territorio russo. Non è sfuggito a Vanni, attento osservatore delle dinamiche che muovono le persone, in piedi accanto ad Asia ha visto molte magre signore diventare obese per gli strati di abiti fissati ai loro corpi con il nastro adesivo… ventri, gambe e sederoni nascosti sotto abbondanti tute da ginnastica ed una distesa di etichette a terra…. al contrario di me lui si è divertito da morire! Il passaggio alla frontiera russa ci ha invece proiettati all’interno di un paese civile abitato da persone educate la cui organizzazione si annuncia fin dall’ingresso attraverso le corsie diversificate per auto camion e pullman. Gentilezza ed efficienza che addirittura ci spiazzano di fronte all’ impiegata che parla a differenza di noi un inglese impeccabile ed alla speciale cortesia rivolta a noi italiani grazie a Toto Cotugno ed Adriano Celentano che entusiasmano gli asiatici almeno quanto i Beatles ed i Rolling Stones hanno entusiasmato noi occidentali. Incredibile ma tutto vero. Nonostante la vicinanza anche il paesaggio cambia facendosi sempre più brullo con oasi di verde solo in prossimità dei laghi compresi nelle depressioni delle colline ai lati della vallata che attraversiamo. Stanchi ma felici per aver finalmente dato una svolta al nostro terzo viaggio in Asia gustiamo i 220 km che seguono in direzione Nord verso Ulan Ude.

16 Giugno 2011

ULAN UDE

Tatiana ci aspetta seduta sul divano di fronte alla reception dell’Hotel Bayangol. Il viso incorniciato da lunghi capelli biondi è giovane e bella ed il rossore sulle sue guance tradisce la sua timidezza, sarà l’ interprete che ci accompagnerà fino al termine del nostro viaggio in Siberia la cui durata è ancora del tutto vaga anche per noi. Dolce ed educata, ci rendiamo subito conto che l’insuccesso dei diversi precedenti tentativi è stato per noi una grande fortuna perché Tatiana ci convince fin dal suo primo sorriso di aver casualmente trovato la persona giusta. Esco subito in sua compagnia per una perlustrazione della città che finisce col deludermi. Non contiene ciò che desideravo trovare, ovvero le tracce del recente passato sovietico che si era espresso altrove attraverso la costruzione di bellissimi edifici razionalisti. Quei pochi che trovo lungo le strade del centro non hanno il sapore di quelli visti per esempio ad Almaty o a Tashkent, ma è pur vero che Ulan Ude non è una capitale ed il regime ha preferito qui celebrarsi attraverso anonimi edifici neoclassici uguali ai tanti presenti in ogni parte del mondo… sono invece affascinanti le poche case di legno scuro risalenti al periodo zarista o che più verosimilmente ne riproducono lo stile. Non è la prima volta che le vediamo ma sempre rimaniamo conquistati dalla varietà delle particolari cornici di legno traforato che bordano finestre e porte e che rendono questi bassi edifici ad un piano sempre diversi l’uno dall’altro ed evocativi di tempi passati, solo le tendine bianche ai vetri suggeriscono che queste casette che sembrano uscite da una favola sono ancora abitate.

17 Giugno 2011

ULAN UDE

Vanni è scomparso ed il letto accanto a me è già freddo, o ha cambiato stanza stremato dalla lotta combattuta per accaparrarsi il piumone troppo stretto per entrambi oppure è già alla ricerca dell’officina Toyota alla quale deve aver pensato per buona parte della notte. Poco dopo sono anch’io ad inseguire gli obiettivi di oggi iniziando dall’enorme testa di Lenin al centro della vicina piazza, l’oggetto più bello e significante della città. L’avvistamento di una cupola viola che spunta dietro l’enorme teatro neoclassico mi dà la certezza di aver trovato ciò volevo. Sembra un’astronave che galleggia su un bellissimo edificio degli anni cinquanta con bianche costolonature aggettanti sulla superficie violetta della facciata. Poco distante il fianco di un edificio rigorosamente squadrato riproduce in una composizione ben costruita i volti stilizzati di alcuni dei leader politici che hanno fatto la storia del partito… inutili le ulteriori ricerche perché con questi due esempi di edifici di stampo sovietico e le case di legno viste ieri si esaurisce tutto ciò che di interessante esiste dal mio punto di vista qui ad Ulan Ude. Il resto è la brutta copia di un neoclassico che non trova qui alcuna ragione di essere oppure sono edifici di ordinaria edilizia contemporanea. Cammino con Tatiana lungo la triste Lenina, il corso in parte pedonale fiancheggiato da vetuste vetrine che espongono il peggio dell’abbigliamento cinese, compreso quello sportivo delle marche più note. Intanto al cielo grigio fa da perfetto contrappunto quella che sembra una nevicata di fiocchi bianchi che sommerge aiuole, strade e passanti. Cadono dagli alberi lungo i viali del centro …. un trompe l’ oeil tridimensionale che ha reso divertente la passeggiata di oggi nella modesta capitale della repubblica di Buriazia, la regione che ospita la minoranza mongolo-siberiana, estremamente diversa ed a fatica tollerata dalla dominante etnia russa. I buriati vivono in modo semplice dedicandosi all’ attività tipicamente nomade dell’allevamento del bestiame, abitano talvolta nelle caratteristiche gher e come dice Tatiana si ubriacano troppo spesso…. beoni ed attaccabrighe associano alla maleducazione gli occhi troppo a mandorla e la pelle troppo scura in un mix intollerabile per i diafani e rispettabili russi…. insomma è sempre la solita storia, il diverso spaventa ovunque nel mondo.
Come previsto dopo aver cercato inutilmente l’officina Toyota Vanni ha ripiegato presso il meccanico suggerito dal taxista che ha espresso la sua diagnosi: gli ammortizzatori di Asia sono da sostituire…. la speranza è di trovare l’officina giusta almeno a Irkutsk.

19 Giugno 2011

IRKUTSK

La Parigi della Siberia non è affatto brutta come la descrive la guida ed anzi siamo colpiti dal suo carattere vivace e dagli edifici che si spingono decorosi fino alla periferia. L’abbiamo raggiunta ieri dopo otto ore di viaggio lungo la strada a tratti accidentata che sale sulle montagne per poi scendere a costeggiare l’enorme lago Baikal parallelo alla mitica transiberiana che in questo tratto sfiora le acque dolci più profonde del pianeta. Tra le nuvole abbiamo attraversato alcuni villaggi di montagna le cui case di legno coperte da leggeri tetti aguzzi sembrano formare un grande presepe, ordinato come i suoi viottoli deserti. Siamo ad Irkutsk ora…. Vanni e Tatiana all’officina Toyota finalmente trovata ed io libera di muovermi disordinatamente per le strade della città come una leonessa che ha ritrovato la sua savana e con essa le sue prede preferite. Poco dopo la colazione, infreddolita per l’inadeguatezza del mio abbigliamento alla temperatura di questa mattina presto, raggiungo in taxi il Monastero Zuamensky. Gli interni sono affrescati ed allestiti come una chiesa ortodossa che si rispetti con la parete di fondo interamente rivestita da una boiserie barocca dorata che inquadra le figure di santi. Non abituata ai riti ortodossi osservo i fedeli baciare le numerose icone appese alle pareti ed ai pilastri, incuranti delle labbra che vi si sono appoggiate poco prima. A garantire l’ igiene sommaria, una anziana signora si cura di pulirle ogni tanto con uno straccio mosso con decisione sui vetri illuminati dalla luce debole di candele sottili. Le tre aree di preghiera occupano ambienti diversi ma comunicanti fra loro e le tre pareti lignee di fondo sono dipinte a diversi colori e coronate da volute barocche color oro come i porta candele circolari dai quali la stessa signora toglie le candele consumate solo a metà. La folla di fedeli mi scoraggia dal fare foto ma mi offre l’opportunità di abbandonarmi alla magica atmosfera di una messa cantata nella quale un coro di melodiose voci femminili accompagna la voce cupa dell’officiante il cui braciere oscilla disperdendo ovunque l’odore di incenso. Dall’angolo nel quale mi trovo è appena visibile, circondato dai fedeli che si inchinano all’unisono in sequenze di tre accompagnate da altrettanti segni della croce. Sulla panca vicina sono sedute tre signore non più giovani i cui occhi lucidi tradiscono la loro commozione… quella che invece si occupava di cancellare le impronte sulle icone mi passa accanto e con un sospiro di disappunto accompagnato da un’occhiataccia mi fa notare che diversamente da tutte le altre signore non ho i capelli coperti, la maglietta non copre le mie braccia e non mi inchino né distribuisco bacetti alle icone, insomma sono un vero disastro! Però alcune signore mangiano indisturbate alcuni dolcetti mentre si muovono liberamente tra il pubblico… che ingiustizia! Solo più tardi quando gli sguardi delle diffidenti vecchiette non si staccano da me scappo rendendomi conto che la domenica è impossibile scattare foto senza correre il rischio di un linciaggio. Rimando quindi a domani il soggetto religioso per dedicarmi a quello altrettanto autentico legato al recente passato regime… e lo trovo, quasi completamente nascosto dai prospetti neoclassici del corso principale, leziosi come le loro tinte pastello. Dietro i patinati edifici addossati gli uni agli altri, oltre i marciapiedi che risuonano dei ticchettii di tacchi troppo alti si libra verso il cielo un edificio articolato e possente, bello e fatiscente, le pareti di mattoni e vetro appoggiate su massicci pilastri di cemento armato squadrati con la forza di un disegno costruttivista. Rapita dalla preda insperata, la osservo da ogni angolazione ammirando ogni centimetro della sua interessante diversità…. è un sollievo averlo trovato. Felice ma non ancora appagata non mi sottraggo ad altro genere di squisitezze come i vicoli veraci che si spingono oltre le facciate ordinate di una strada pedonale, le scalette di metallo arrugginito che salgono sulle pareti di mattoni, composizioni di impolverate insegne pubblicitarie, un manichino vestito con un abito da sposa ancora incelofanato… una chinatown immaginaria della quale mancano solo i profumi dei ravioli cotti al vapore, un bel bottino quello di oggi! Anche Vanni rientra radioso, prima di tutto per aver trovato aperta l’officina Toyota e per la revisione doc eseguita dal team di meccanici in estasi per i racconti dei nostri viaggi a bordo di vecchi Land Cruiser. Al centro dell’attenzione per le avventure raccontate di fronte al pubblico affascinato, non poteva capitargli una situazione più esaltante… ma non è tutto, la revisione ed i pezzi di ricambio sono omaggio della sede Toyota onorata di aver avuto Asia fra le mani, una grande giornata per tutti qui ad Irkutsk!

20 Giugno 2011

IRKUTSK – LAGO BAIKAL

Curiosi di vedere l’isola Olkhon per i pareri favorevoli letti sulle guide e l’entusiasmo di chi l’ha visto, ci avviamo lungo la strada che si allontana dalla città in direzione Nord. Trovarla non è stato semplice per Tatiana che nonostante viva qui da sempre ci ha portati fuori strada un paio di volte né è stato facile per Vanni dissimulare, per una forma di cortesia di fronte alla sua mortificazione, la sua incazzatura. Come ha sempre sostenuto seguire un taxi per uscire o entrare in città sconosciute è sempre la soluzione migliore, ma questa mattina Tatiana ha insistito così tanto da non poter rifiutare, come la capisco …. ho sempre preferito anch’io la soddisfazione di riuscire a farcela da sola. Compensiamo con la fortuna di trovare un traghetto in partenza pochi minuti dopo il nostro arrivo al porticciolo di Sarma raggiunto dopo sei ore di viaggio lungo la strada non ancora asfaltata negli ultimi cento chilometri. Impieghiamo poi un’altra ora per raggiungere Kharantsy, l’unico centro abitato dell’isola. Sula strada sinuosa che si spinge verso nord sfiorando le basse colline gialle di erba secca, in netto contrasto con l’acqua blu del lago che si insinua verso l’interno in profonde baie. L’isola ci appare fin dai primi chilometri un’ottima scelta, affascinante come un improbabile deserto circondato dall’acqua. Kharantsy è un grande villaggio di modeste case di legno circondato dalle guest-house che ospiteranno le centinaia di turisti che arriveranno nei prossimi mesi. Tra le basse rocce orizzontali che scendono a picco lungo la costa frastagliata la sabbia chiara di piccole spiagge giustifica la presenza massiccia dei turisti anche locali per i quali il lago rappresenta l’unica possibilità di prendere un bagno nelle sue acque gelide o di stendersi sulle spiagge a godersi il sole nel raggio di migliaia di chilometri. La Nikita Guest-house, vivace e ben allestita è una sorta di ostello ben costruito nel quale il legno è il tema dominante. Utilizzato per realizzare ogni cosa prende la forma di bassi edifici, percorsi, sculture, panche, tavoli, scalini, letti e persino i recinti per i conigli. In perfetta armonia con la naturalezza di ciò che è fuori dall’alto steccato e protetta da occhi indiscreti è un microcosmo avvolgente che riassume tutto ciò che serve compresa la sensazione di essere in un ambiente caldo e familiare. Le casette vicine tra loro sono disposte in modo casuale su diversi livelli collegati da qualche scalino, la loro vicinanza crea stretti passaggi di terra battuta e minuscole piazzette che rendono indefinita come in un borgo medievale la percezione dello spazio, dilatato per l’impossibilità di vederne i confini. Al disordine apparente della guest-house corrisponde la disorganizzazione reale della reception che non ha ricevuto la nostra prenotazione via mail costringendoci ad occupare una camera microscopica nella quale a malapena sono stati inseriti due lettini ed un lavandino sporco che scarica in una tanica. Il bagno comune alle due camere del piano terra è maleodorante ed usato abusivamente da alcuni ragazzi che non migliorano la situazione. L’impatto è forte ma abbiamo avuto sistemazioni ben peggiori, e poi siamo a pochi metri dal lago immenso come un mare e vicini ad una piccola spiaggia raccolta tra due faraglioni di roccia che vi si immergono illuminati dalla luce che si sta spegnendo, Alle nostre spalle le basse colline ondulate gialle come dune di sabbia e più in là le montagne verdi di pini. C’è tutto sull’isola Olkhon, anche i giovani saccopelisti piuttosto bellocci che affollano la guest-house.

21 Giugno 2011

ISOLA OLKHON

L’escursione in barca parte poco dopo le nove, l’aria è gelida ed i posti a sedere all’interno del cabinato troppo pochi per offrire a tutti un riparo, ma la piuma d’oca dei nostri giacconi ci salva dall’assideramento mentre i visi dei giovani passeggeri lividi di freddo esprimono l’evidente desiderio di impossessarsene…. e dire che in questi giorni avevamo pensato di aver occupato inutilmente la valigia con questi due ingombranti asky! Il vantaggio ci consente di godere di una vista a 180° seduti sulla coperta di prua della piccola barca a motore. Siamo diretti sulla selvaggia terraferma raggiungibile solo attraverso l’acqua dolce del lago ora piatto, i profili della costa appena visibili offuscati dalla foschia che sale fino al cielo velato. I passeggeri sono russi e giovanissimi come la guida che non conoscendo a fondo la nostra ignoranza al riguardo si è proposto di parlare degli obiettivi di oggi in inglese …. chissà se un 20% di padronanza della lingua ci consentirà di capire qualcosa. Per fortuna non c’è poi tanto da capire ed il primo obiettivo in mezzo al bosco che conquistiamo con una certa fatica non è per noi così magico come Roman continua a sostenere ma approfondiamo grazie ai suoi racconti alcune caratteristiche della cultura buriata. Carica di superstizioni e legata a quella animista mongola considera alcune isolate zone dell’isola e della terraferma cariche dell’energia che vi lasciarono le divinità che le scelsero millenni prima della comparsa dell’uomo. I numerosi sciamani tuttora presenti in quest’area geografica assorbono e restituiscono l’energia divina attraverso i particolari rituali che li eleggono al ruolo di intermediari del divino mentre i fedeli esprimono la loro appartenenza e gratitudine attraverso preghiere ed offerte come in tutte le religioni del mondo. Nel caso particolare della cultura buriata e visibili ora di fronte ai nostri occhi vi sono centinaia di strisce di tessuto colorato legate ai rami di un vecchio albero cresciuto vicino ad una sorgente d’acqua. Un angolo piacevolissimo dove sostare anche per il relax che ci consente di riconquistare dopo la lunga lieve salita. A sottolineare con un simbolo evidente la sacralità del luogo una maschera è stata scolpita sul tronco di un albero vicino. Semi nascosta dai tessuti colorati delle offerte conferisce a questo posto quel tocco di magia che lo rende unico…. siamo soddisfatti. La stupe bianca costruita in cima alla cresta rocciosa di una piccola isola che raggiungiamo poco dopo segnala invece l’esistenza dell’altra corrente religiosa spesso coesistente con lo sciamanesimo, il buddismo, ma erano così belle quelle viste in Mongolia che questa non ci sembra valere l’arrampicata. Ne approfittiamo per osservare le piccole lastre irregolari di pietra locale messe in posizione verticale ed in equilibrio l’una contro l’altra e per fare due passi lungo la piccola spiaggia sgranocchiando i biscotti che Vanni ha sottratto non visto dalla cambusa della barca. Uno spuntino che ha compensato l’impossibilità di consumare il pranzo preparato dalle mani nodose e nere di lavoro del simpatico comandante Vladimir. La sua somiglianza allo zio Secondo sommata al tema dell’escursione ha convinto Vanni che la magia di questo luogo esiste davvero e che Vladimir ne è la testimonianza.

22 Giugno 2011

ISOLA OLKHON

La piacevole conoscenza di Sergei sfocia in questa mattina di commiato nello scambio di qualche regalo, lo scatto di alcune fotografie e la promessa di rivederci a Chabarovsk, la città nella quale vive e che desidera mostrarci con la promessa dell’esperienza per noi nuova della banja, il bagno di vapore tipicamente russo che per le rigide temperature invernali è qui un vero e proprio rito. Vanni concentrato nel trovare sulle carte stradali le arterie che ci condurranno agli obiettivi di questo viaggio ancora agli inizi, decido di scendere da sola nella spiaggia ora deserta ad eccezione di una mucca sul bagnasciuga che si abbevera nelle acque del lago. In fondo all’ampia insenatura un paio di grandi scogli sembrano i dorsi di grandi balene, di fronte a me la leggera increspatura dell’acqua grigia di foschia introduce gli speroni chiari della costa appena visibile. Senza che l’ avessi cercata la magia dell’isola mi arriva improvvisa e con essa il piacere di una armonia infinita. Qui e altrove, mi sento sospesa in uno spazio immateriale e senza tempo, in questo ed in tutti i viaggi possibili. Come quello che oggi accompagna le note musicali che scendono dal mio I pod all’interno di questa cornice indefinita. Felice e circondata dall’intero universo mi accorgo che uno dei sorrisi più veri sta sollevando le estremità delle mie labbra.

25 Giugno 2011

IRKUTSK

Nonostante Asia sia per noi un “pezzo ‘e core” e che con lei sia un grande piacere viaggiare, i suoi ventotto anni di vita richiedono in cambio manutenzioni sistematiche non sempre brevi. A volte abbiamo desiderato entrambi che le soste forzate durassero più a lungo del previsto, Vanni perché si diverte nel ruolo di supervisore tecnico dei lavori ed io perché amo avere più tempo per appropriarmi senza fretta dei luoghi nei quali ci fermiamo. Questi tre giorni ad Irkutsk invece sono pesati ad entrambi per la maleducazione del personale dell’hotel Europa e per il fastidio delle colazioni accompagnate dalla musica di Toto Cutugno a tutto volume …. l’equivalente di una martellata in testa. Anche per questo ci coccoliamo con una cena al ristorante Eterno ( eterno2004@mail.ru – Ul. Lenina n°15 – tel. 336282 ) i cui piacevoli colori, l’arredo essenziale, l’ottima cucina e la musica che accompagna la serata sulle note di un modernariato musicale rigorosamente su vinile hanno reso questa serata di commiato molto piacevole… ora siamo pronti per partire!

26 Giugno 2011

IRKUTSK – ULAN UDE

Il sole di oggi rende piacevole il viaggio verso Ulan Ude sulla strada non sempre perfetta che si snoda per 450 km dentro la foresta che riveste a perdita d’occhio le montagne attorno a noi. Il lago riappare a tratti come a ricordarci le centinaia di chilometri percorsi dal punto nel quale lo avevamo lasciato diversi giorni fa congedandoci dall’isola Olkhon. E’ sempre piacevole vederlo ed è così immenso da sembrare onnipresente in tutta la regione nella quale ci stiamo muovendo. Il tema del lago torna ad interrompere la piacevole monotonia del bosco nel quale siamo stati nuovamente risucchiati sotto forma di prodotti venduti nei mercatini rudimentali ai bordi della strada. Sulle assi di legno appoggiate a bastoni annodati cataste di piccoli pesci affumicati aspettano di essere acquistati, non ci sono speranze invece di trovare le fragoline di bosco intraviste sotto l’acquazzone lungo il viaggio di andata… devono essere andate a ruba. Dopo le case di legno dei tanti villaggi attraversati e le carovane di camperisti tedeschi diretti in Mongolia forse inconsapevoli del problema diesel , dopo sette ore di viaggio traguardiamo la familiare Ulan Ude che sarà ora il punto di partenza verso i territori dell’estremo oriente russo. Poi la 310 dell’Hotel Baikal Plaza nella quale entro pensando a quanto il viaggiare ci abbia resi capaci di sentirci come a casa nelle camere sempre diverse degli hotel nei quali facciamo tappa…. sicuramente un vantaggio mentre si viaggia ma un problema quando si torna a casa. Cena a base di sushi nella saletta in stile giapponese del ristorante sotto l’hotel …. una scelta strana in questo luogo così lontano dal mare… ma una squisita alternativa alla carne spesso proposta come piatto forte nei ristoranti di cucina tradizionale… Tatiana arriccia il naso ed arrossisce imbarazzata di fronte ai maki che scivolano dalle sue bacchette allontanandola per un istante dalla perfezione dei suoi gesti abituali, non sa che quasi tutti hanno vissuto l’esperienza di uno schizzo di salsa di soia sul tovagliolo.

27 Giugno 2011

ULAN UDE – CHITA’

Le case di legno sono scure di pioggia ed il cielo è livido. Stiamo percorrendo un tratto della M55 il cui lungo cordone di asfalto collega Vladivostok alle città siberiane più occidentali. Chità è lontana in fondo alla strada semideserta dalla quale sono spariti anche i camper tedeschi ora immersi nei bellissimi paesaggi mongoli. Siamo probabilmente gli unici turisti europei ad affrontare le dieci ore di noioso viaggio tra i boschi di betulle ed i pochi villaggi tradizionali calati nel territorio monotono come la steppa kazaka, solo più difficile da attraversare. Seduta sul sedile posteriore Tatiana si abbandona a qualche pisolino mentre io intrattengo Vanni che come sempre procede senza dar segni di stanchezza, senza mollare mai. Io invece sono disintegrata quando alle sette di sera raggiungiamo l’hotel Zabaikale di Chità, il termometro segna trenta gradi ed un’ora in più sugli orologi segna il passaggio dalla Siberia Orientale ai territori dell’Estremo Oriente Russo. La piacevole sorpresa è che le nostre camere affacciano sulla piazza principale dove la grande statua di Lenin domina in posizione centrale i giardini e più oltre gli edifici rappresentativi che la definiscono con i loro prospetti in stile neoclassico. Tra loro si distingue un grande edificio scatolare probabilmente degli anni ’50 la cui texture verticale grigia rappresenta un giusto sfondo al granito rosa dell’uomo politico ancora celebrato dal popolo siberiano mentre più lontane si distinguono appena le basse montagne ora sfuocate. Ceniamo al ristorante dell’hotel Montblanc il cui pacchiano classicismo plasticoso degli interni non disturba quanto la disco music russa sparata ad un volume troppo alto, particolarità che sembra molto di moda nei ristoranti degli hotel siberiani, la qualità del cibo è nella media.

28 Giugno 2011

CHITA’

Nonostante la pioggia ed i ruscelli d’acqua accanto ai marciapiedi dedichiamo la giornata all’esplorazione della città che si mostra vivace e dal sapore internazionale nonostante l’assenza di turisti occidentali. Così come avevamo notato ieri sera osservando la piazza dall’alto anche ora passeggiando a quota zero notiamo il mix di stili del tessuto urbano del dove a qualche sparuta casa di legno del periodo zarista si mescolano pochi edifici in mattoni dal sapore retrò ed edifici di legno con ampia torre d’angolo stranamente riproducente l’occidentale stile Queen Ann …. difficile capire chi ha copiato! A questi si sommano i condomini talvolta piacevolmente arricchiti con accurati dettagli, gli anonimi edifici scatolari e quelli celebrativi del potere nel periodo sovietico. Imponenti, neoclassici e patinati dai recenti restauri si pongono in antitesi a quelli rigorosamente razionalisti adibiti ai servizi pubblici …. ma tutti insieme, sparpagliati nel tessuto urbano, riassumono l’evoluzione della recente storia russa, compresa la cattedrale ortodossa le cui curve esuberanti dipinte di azzurro sembrano disegnate da Botero. Rimango a lungo di fronte al vecchio teatro, incantata dalla bellezza del progetto ed affascinata dal suo romantico sapore decadente così come l’ elegante e leggera pensilina degli autobus in elaborate volute metalliche o la stazione degli autobus che sembra uscita dalle pagine di un libro di storia dell’architettura del ventennio. L’arte e l’architettura che gli artisti russi elaborarono dopo il 1917 riflettevano l’entusiasmo e lo spirito rivoluzionario di allora, nacquero così movimenti artistici come il costruttivismo ed il suprematismo che condizionarono le avanguardie europee, compreso il futurismo italiano. Il regime incoraggiò dapprima quel linguaggio progettuale ma lo rinnegò poco dopo perché ritenuto non sufficientemente rappresentativo del nuovo popolo russo. Da quel momento si sovrappose ad esso il realismo nell’arte ed il neoclassicismo nell’architettura. E’ proprio il prodotto di quel primo impeto creativo che vado cercando passeggiando per le strade di Chità e lo trovo qua e la in espressioni tutto sommato modeste ma che pur sempre spiccano come gioielli lungo le strade del centro storico, senz’altro non apprezzate dalle persone che li sfiorano camminando…. che peccato! Vanni invece insegue con altrettanto interesse informazioni esaurienti sulle strade che dovremo percorrere per raggiungere Yakutsk, una cittadina piccola e solitaria sperduta nel nord della Siberia nata per accogliere i cercatori dell’oro e dei diamanti presenti all’interno del terreno ghiacciato sul quale sorge, il permafrost. Certo non è semplice raccogliere precise informazioni sulla qualità e la lunghezza delle strade in queste regioni dove gli spostamenti sono ancora ridotti al minimo, come se i centri urbani dell’estremo oriente russo fossero vasi non comunicanti. I chilometri e lo stato dell’asfalto, ammesso che esista, sono quindi sempre variabili a seconda della fantasia di chi risponde ma in questo caso le notizie raccolte ci danno la certezza di dover percorrere almeno 1200 km in condizioni proibitive. E’ per questo motivo che Vanni abbandonata ogni velleità di cimentarsi in inutili peripezie ha valutato la possibilità di raggiungere Yakutsk a bordo di un comodo aereo, ma anche le informazioni raccolte presso l’aeroporto deserto della città non sono incoraggianti e così non ci resta che conquistare l’estremo Nord a bordo di Asia. Cena al ristorante “ il cacciatore “ addobbato con troppi trofei di caccia ma che propone buone pietanze tutte naturalmente a base di carne… là fuori decine di ragazze sfilano in abito da sera come modelle su passerelle di asfalto, ossessionate dal desiderio di sedurre e di sembrare ancora più belle grazie ai vertiginosi tacchi che le sostengono … vorrei anch’io avere un corpo perfetto come i loro sigh!

30 Giugno 2011

CHITA’ – EROFEJ PAVLOVICH

La prima tappa di avvicinamento a Skovorodino ci vede impegnati sull’asfalto perfetto di questo nuovo tratto della M55. Al paesaggio boscoso che continua invariato e monotono oltre i finestrini di Asia finiamo col preferire la lunga striscia grigia che cattura la nostra attenzione lungo i settecentocinquanta chilometri oltre i quali non abbiamo intenzione di andare. La lunga deviazione verso Nord che collega la M55 a Yakutsk metterà nei prossimi giorni a dura prova la nostra resistenza decidiamo quindi di fermarci in una località scelta a caso sulla carta stradale ed evidenziata un paio di giorni fa con un asterisco nero. Un punto piuttosto che un luogo vero e proprio, preso in considerazione solo perché si trova alla giusta distanza da Chità …. il luogo ideale per una sosta tecnica. La piccola cittadina però si presenta molto meglio dell’unico hotel disponibile le cui pessime condizioni ci fanno desistere dal desiderio di fermarci, e nonostante la stanchezza lasciamo alle spalle la topaia inaffrontabile proseguendo oltre con la certezza di trovare qualcosa di più confortevole. Arriviamo nell’unico centro abitato abbastanza grande da poter ospitare un albergo dopo altri cento chilometri. E’ il dormitorio di una delle stazioni della BAM a salvarci infine dalla disperazione. La robusta signora che ci accoglie sta lavando i pavimenti delle due camere dell’ostello, sono tristi ma pulite e sulle lenzuola bianchissime le coperte di lana blu sono piegate a formare un fiore, ma l’acqua calda nel bagno in comune è razionata La doccia sommaria e la zuppa consumata nel baretto all’angolo ci sembrano però dopo la strenua ricerca di oggi un inaspettato regalo amplificato dalla prospettiva di un domani ancor più incerto. Nonostante la mia buona volontà però, dopo un’oretta di inutili tentativi, alzo bandiera bianca e fuggo dalla graticola e dal baccano di due signore arrivate tardissimo e piazzatesi nella camerata di Tatiana. Sono in tenda ora, comodamente distesa sul materasso tutto per me sul quale mi addormento ascoltando i treni che passano verso obiettivi sconosciuti.

01 Luglio 2011

EROFEJ PAVLOVICH – NERJUNGRI

Il passaggio dalla M55 alla M56 rappresenta per noi una svolta in molti sensi. Da un lato lasciamo la strada maestra per avventurarci verso Nord inseguendo un obiettivo che esula dai percorsi tradizionali, dall’altro abbandoniamo la strada perfettamente asfaltata per quella sterrata che ora sappiamo con certezza essere piuttosto malmessa…. In questo primo tratto potremmo benevolmente definirla la strada delle farfalle che per lunghi tratti svolazzano nell’aria come i fiocchi di una tormenta di neve… ma sappiamo che i chilometri per raggiungere Yakutsk, divenuti con certezza 1250, saranno durissimi. Strada facendo scopriamo però con piacere che gli 80 km che seguono la città di Tynda sono asfaltati e consentono a Vanni di spingere l’acceleratore della nostra Asia ora bianca di polvere fino a raggiungere la bella velocità di 100 km/ora. Quando dopo otto ore di viaggio raggiungiamo finalmente Nagornij, li ricordiamo come un breve sogno quasi completamente svanito. E’ il centro abitato scritto con piccole lettere sulla carta stradale nel quale stremati vogliamo fermarci. Ci siamo accorti però che molto spesso qui in Siberia alle decisioni prese non segue la possibilità di realizzarle e qui a Nagornij non c’è nemmeno un café dove mangiare qualcosa. Non è solo il terrore di Tatiana all’idea di dormire in tenda a convincerci ad andare oltre…. e dopo i pochi villaggi di capanne incontrati lungo gli ulteriori 120 km di asfalto pieno di crateri il vivace centro abitato di Nerjungri ci appare come una metropoli. Per la prima volta apprezziamo gli alti condomini degradati segnati dalle giunture dei pannelli prefabbricati ed i semafori che ne confermano la dimensione urbana … ma solo molto più tardi e con grandi difficoltà conquisteremo un letto sul quale dare sollievo alla nostra stanchezza. E’ in un paio di modesti hotel ricavati nei piani terra di alcune di queste case popolari che stupiti ci rendiamo conto di non essere graditi. Sembra incredibile ma non ci sono letti disponibili per noi con passaporto italiano e l’ostilità nei nostri confronti ci mostra un paese solo teoricamente democratico, non ancora aperto dopo vent’anni ad accogliere gli esponenti di un occidente che è stato a lungo un nemico da combattere. Come ora in questa cittadina dove i pochi turisti stranieri arrivati sono di nazionalità cinese e giapponese e noi siamo gli alieni che si muovono come intrusi lungo le strade. Non sono solo le foreste e le strade devastate gli alti muri da superare per conquistare una camera d’hotel! I taxisti invece si mostrano cordiali e cercano di soddisfare la loro curiosità rivolgendo a Tatiana domande a raffica alle quali non si sottrae per pura cortesia, ma che la fanno precipitare nell’imbarazzo di essere considerata a sua volta un’estranea nella sua stessa patria. All’Hotel Condor la storia si ripete con la signorina che dietro il banco arriccia il naso di fronte ai nostri passaporti afferrandoli come se fossero due patate bollenti ma infine ci concede una camera accogliente e pulita nella quale entriamo trionfanti come in seguito ad una lunga battaglia. Dopo i 400 km percorsi con fatica e la camera finalmente concessaci conquistiamo anche un ristorante carino dopo averne evitati due con matrimoni e musica a tutto volume … contenti ci sentiamo vittoriosi su tutta la linea!

02 Luglio 2011

NERJUNGRI – TOMMOT

Questa mattina io e Tatiana abbiamo la soddisfazione di una colazione tardi gentilmente concessaci da Vanni sempre più mattiniero di noi nella prospettiva delle incognite che il viaggio ci riserverà. Senza fretta riprendiamo la lunga corsa verso Yakutsk e la strada asfaltata che percorriamo per una sessantina di chilometri ci dà la giusta sferzata di ottimismo prima delle difficoltà che inevitabilmente seguono subito dopo. I solchi infatti ci fanno sussultare a lungo, impressi sulla terra per tutta la larghezza della strada, inevitabili anche con lo slalom nel quale Vanni è maestro. Per fortuna non è sempre così ed alla scomodità della sterrata si alternano lunghi momenti di quiete e la possibilità di inserire la quarta marcia là dove i rulli hanno spianato la terra di riporto. I diversi cantieri che incontriamo lungo il percorso renderanno presto questa strada percorribile a gran velocità agevolando i collegamenti tra le cittadine ora pressoché isolate del Nord della Siberia al Sud più sviluppato. Per il momento però ci sorbiamo le buche fino ad Adan per finire poi in bellezza sull’ asfalto che impeccabile ci accompagna fino a Tommot, il nostro obiettivo di oggi raggiunto dopo 350 km e sei ore di viaggio…. un successo! Non è andata così bene la ricerca di una camera per la notte, essendo ancora in costruzione quello che diventerà presto il più ambito motel della zona, comodamente posizionato lungo la strada federale. Per il momento tutto ciò che Tommot ha da offrire ai viaggiatori è una vecchia casa di legno le cui camere sono tutte occupate da camionisti di passaggio. Rimbalzando da un’informazione all’altra ripieghiamo presso un circolo nautico, molto lontano dai nostri standard. Un paio di capannoni nell’ampio cortile occupato in parte da vecchi continer arrugginiti ed una casetta di legno coperta da un ondulato di eternit, il tutto in prossimità del grande fiume navigabile che si spinge a Nord. Il custode gentilissimo mette a nostra disposizione due camere ed una Banja con acqua calda per lavarci, la latrina invece è rigorosamente all’esterno! L’esperienza del caratteristico bagno russo è molto gradevole e la sua piacevolezza è esaltata dal suo aspetto semplice e verace come il nostro gentile ospitante che l’ha attivata appositamente per noi riscaldando le pietre della sauna. I tre ambienti comunicanti sono rivestiti di assi di legno e costituiscono un percorso che va dallo spogliatoio alla sauna passando attraverso l’ambiente dedicato alla pulizia del corpo. Gli elementi che generano il calore sono i sassi arroventati che vengono in questo caso utilizzati per riscaldare oltre la sauna anche l’acqua contenuta in un fusto. Collocato nell’ adiacente camera del lavaggio, in posizione simmetrica rispetto al fusto identico pieno di acqua fredda che si trova sull’angolo opposto, ci offra la possibilità di scegliere la giusta temperatura dell’acqua per lavarci dosando con un mestolo l’acqua fredda e calda dentro un catino. Ne usciamo caldi e puliti in barba al vento gelido che soffia là fuori.

03 Luglio 2011

TOMMOT – YAKUTSK

Con la certezza di non trovare camere disponibili lungo la strada per Yakutsk partiamo decisi a raggiungere la remota città entro questa sera, 450 km non sono pochi se la strada di oggi sarà nelle stesse condizioni di quella già percorsa, ma considerando una ottimistica velocità media di 50 km/h dovremmo arrivare all’obiettivo verso sera. I cafè nei quali ci fermiamo con il pretesto di un rifornimento di gasolio sono modesti e spartani come i piccoli villaggi che fanno da cornice, magnifici per noi che amiamo calarci nella scomoda bellezza delle cose più semplici. Entriamo volentieri calpestando i pavimenti di linoleum sbiadito per un tè caldo e uno spuntino a base di carne o le insalate contenute in ciotole troppo piccole se paragonate alla loro squisitezza…. poi ancora in viaggio. Il lungo tratto di strada asfaltata fino oltre la cittadina di Adan ci fa pensare di poter arrivare addirittura prima del previsto, così come i tratti di stabilizzato ben pressato di questo lungo cantiere. Oltre allo stato di avanzamento dei lavori stradali verifichiamo che la linea ferroviaria della BAM non si ferma a Tynda come scritto sulle guide, ma corre parallela alla strada fino a Yakutsk, le rotaie ancora luccicanti, i ponti e le poche gallerie ancora immacolati. Per il momento è funzionante solo fino a Tommot, ma i lavori termineranno probabilmente prima di quelli della strada…. ma non siamo ancora arrivati e negli ultimi 100 km la strada diventa così disastrosa da azzerare il nostro vantaggio, ed arrivati nei pressi dell’approdo del traghetto che attraversa il fiume Lena, siamo così storditi per le nuvole di polvere sollevate dai camion, per i sobbalzi e gli slalom fra le buche da non vedere il piccolo cartello che lo segnala …. sarà finita? Neanche per sogno … un’altra piccola ma intensa prova ci aspetta nell’invaso sabbioso che scende fino al fiume Lena, verso la battigia sulla quale il traghetto che collega alla città sull’altra sponda lascerà cadere il suo portellone. Le macchine in attesa sono così tante da far capire che non saliranno tutte sul prossimo traghetto ed il successivo salperà solo fra più di un’ora. Il caos è totale e le informazioni che Tatiana raccoglie non fanno che confermare quello che avevamo già intuito, qui vale la legge del più forte e solo chi si imporrà sugli altri salirà a bordo. Vanni non ne vedeva l’ora e come un pirata alla conquista del traghetto nemico si spinge nell’imbuto sempre più stretto, il piede premuto sull’acceleratore per scoraggiare i vicini con il rombo graffiante del motore. Le auto sempre più vicine alla nostra riesce a scalzarne diverse compreso un furgoncino il cui autista imbufalito inizia ad inveire lanciando contro di noi parole minacciose quanto incomprensibili con il viso paonazzo di rabbia. Come attrici di un film neorealista entrano poi in scena tre donne che si appoggiano incazzate al muso Asia nell’intento di bloccarci…. è la guerra! Sentendosi sfidato Vanni accetta di buon grado il duello ed avanza sulla sabbia cedevole incurante delle signore che aggrappate al tubo del nostro bullbar cercano di resistere spingendo nella direzione opposta, gli urli ora arrivano anche da parte nostra ma il loro diversivo funziona ed il vicino ci supera conquistando una posizione con una incredibile stizza da parte nostra che ormai siamo entrati nella logica di questa delirante lotta, nemmeno si trattasse di vincere un premio milionario! Arrivato il traghetto la lotta si trasferisce verso lo spazio della coperta apparentemente insufficiente per contenere tutti, ma i battaglieri indigeni dal viso schiacciato e gli occhi così a mandorla da sembrare chiusi non si lasciano scoraggiare e spingendo a forza di braccia l’ultima auto riescono ad incastrarla poco oltre il portellone. Ora non c’è spazio nemmeno per aprire le portiere ma siamo tutti contenti di arrivare pacificamente a Yakutzk. Con undici ore di viaggio sulle spalle, dopo aver attraversato la città squallida e grigia come il cielo piovigginoso sopra di noi, varchiamo la soglia del Solar Polar. L’hotel imita i modelli occidentali ormai fuori moda, ma è l’edificio migliore della città e per noi il più bello del mondo. L’ascensore vetrato si muove nell’altissimo atrio d’ingresso e la camera contiene tutte le cose che ci si aspetta di trovare in un hotel confortevole… mobili stile impero, moquette, carta da parati setosa e la luce giusta. Nonostante la stanchezza inizia ora la lotta per la conquista dei tre biglietti aerei che ci consentiranno di raggiungere Mirnji al più presto. La città proprio non ci piace e l’energia che Vanni impiega per raggiungere l’obiettivo non lascia al riguardo alcuna ombra di dubbio. L’operazione era iniziata senza successo fin da Yrkutsk quando le impiegate della compagnia aerea avevano chiaramente detto che non possono passare più di trenta minuti tra il momento della prenotazione e quello dell’acquisto dei biglietti, ma non essendo allora certa la data del nostro arrivo l’operazione era stata rimandata ad oggi …. così come la messa a punto della strategia alla quale ricorrere per avere subito la possibilità di andarcene a Mirnji. In pratica Tatiana dovrebbe recitare in monologo il copione partorito estemporaneamente dall’incredibile fantasia di Vanni. Dovrà dire all’impiegata della S7, l’agenzia che gestisce i voli verso molte località siberiane, che sta accompagnando a Mirnji un giornalista ed un cameraman che si occupano di organizzare un servizio sull’estrazione di diamanti nelle miniere della regione, il documentario andrà in onda nelle TV italiane. Non essendo stato possibile acquistare in anticipo i biglietti a causa di un contrattempo i suoi clienti devono trovare ora un volo disponibile per domani. In cambio faranno pubblicità alla compagnia aerea S7. Non si può capire quanto la timida Tatiana sia stata contenta di trovare tre posti liberi senza bisogno di dover recitare l’incredibile copione, ma Vanni rimane comunque un genio!

04 Luglio 2011

YAKUTSK – MIRNJI

Poco dopo le quattro del pomeriggio saliamo sull’aereo le cui vibrazioni al decollo fanno temere il peggio, anche considerando i numerosi aerei che come racconta Tatiana sono precipitati qualche anno fa in territorio russo, ma la prospettiva di lasciare il grigiore di Yakutsk ci consola quanto il bel cielo azzurro inquadrato dai finestrini poco dopo il decollo. L’atterraggio ci riserva però una sorpresa divertente quanto drammatica che per puro caso abbiamo ora la possibilità di raccontare. Per la diversa pressione, poco prima di toccare il suolo uno spiffero così forte da far drizzare i capelli come se fossimo esposti ad una tormenta esce dal portellone di emergenza accanto a me chiaramente non a tenuta. In un primo momento rido per l’inaspettato effetto speciale, poi capisco perché Tatiana è così terrorizzata all’idea di salire su un aereo ed il pensiero va ai tre voli che dovremo fare prima di lasciare la siberia, sarà come tentare la sorte, giocando alla roulette non a caso chiamata russa! Approfittiamo delle lunghe giornate nelle quali il sole sembra non tramontare mai per dare subito un senso a questa lunga deviazione su Mirnji. Ci dedichiamo così alla ricerca di un elicottero che ci permetta di soddisfare il nostro desiderio di osservare dall’alto la miniera di diamanti a cielo aperto più grande del mondo. Aveva solleticato la nostra curiosità un documentario visto in TV pochi mesi fa nel quale la incredibile forma a cono rovesciato dell’invaso ci era parso imperdibile così come la pericolosa salita attraverso lo stretto percorso a spirale dei grossi camion carichi di pietre, nonché le esplosioni per sbriciolare il durissimo permafrost. Il desiderio di vedere era stato troppo forte per non cedere e noi troppo vicini per rinunciare allo spettacolo, ed ora eccoci qui, dopo 1250 km di deviazione dalla transiberiana, decollo ed atterraggio al limite della sicurezza, di fronte all’enorme cratere della miniera disattiva fin dal 2001, nella quale persino la rampa a spirale è stata quasi completamente cancellata dal terreno lasciato cadere per smorzare i pericolosi gas di risalita. E’ stato come aver perso 2.000 € al casinò dice Vanni per sdrammatizzare… ma la delusione pesa a tutti noi. A movimentare la serata arriva invece una strana telefonata a Tatiana nella quale un impiegato dell’aeroporto le fa presente di non aver ritirato un voluminoso bagaglio a suo nome… il parabrezza di un auto. Il mistero si fa fitto non solo per lo stano oggetto che lei non ha mai spedito ma anche perché Tatiana non ha lasciato a nessuno il suo nuovo numero di telefono…. saremo controllati dal KGB? Il sospetto avanza giustificato dalla quantità di visti contenuti nei nostri passaporti e per le numerose telefonate all’ambasciata giapponese fatte di recente. In fondo l’idea di avere i servizi segreti russi alle costole non fa che amplificare il senso di avventura che sempre ci inebria ed a Mirnji non c’è nient’altro da immaginare.

07 Luglio 2011

YAKUTSK

Yakutsk non merita una fotografia ma possiede un paio di musei interessanti che raccontano la sua storia non percepibile camminando per le sue strade. Nessuna traccia evidente degli imponenti edifici pubblici realizzati altrove nel periodo sovietico sostituiti qui da quelli senza carattere cresciuti nel cuore della cittadina. Il Museo Artistico Nazionale racconta invece attraverso dipinti ed oggetti abilmente scolpiti nell’ avorio delle zanne di mammut la storia delle popolazioni che abitarono qui in un passato non troppo remoto mentre i diamanti racchiusi nel museo bunker Sokrovischnitsa sono la preziosa e luccicante testimonianza del recente sviluppo economico della città, presa d’assalto dai tanti uomini d’affari che danno un senso all’esistenza dell’Hotel Polar Solar. I due musei sono per noi gli unici obiettivi dopo il ritorno da Mirnji, l’unico atterraggio della mia vita dal quale pensavo non sarei uscita viva. Lo sfavillio di luce che si sussegue lungo il percorso ad anello nel quale avanziamo sotto il controllo attento della nostra accompagnatrice è un effetto speciale di fronte al quale molte signore avrebbero perso la testa, e la brillantezza di quei diamanti colpisce anche noi che non pensavamo ne esistessero di così enormi…. addirittura due centimetri di diametro e chissà quanti carati ! La grande quantità d’oro bianco giallo e rosso è esposto sotto forma di lingotti, piastre e matasse di filo. A questi seguono i manufatti tra i quali spiccano innumerevoli gioielli abbastanza arzigogolati da conquistare i mercati russi nei quali sono incastonate pietre preziose di tutti i colori immaginabili. E poi le preziose zanne di mammut lavorate, molte pietre semi preziose che prendono qui la forma di oggetti di uso comune come vasi da fiori o grandi scatole, e poi ancora i diamanti che rappresentano la vera attrattiva del museo. Vanni però è un uomo fortunato ed esce dalla visita senza il rischio di vedere prosciugato il nostro conto corrente …. i brillanti mi piacciono solo in vetrina!

09 Luglio 2011

YAKUTSK

La tragedia si compie la mattina successiva, quando Vanni viene assalito da un cane alla catena nascosto dietro il portone dell’officina nella quale era appena entrato. Ne veniamo a conoscenza solo dopo un paio d’ore quando rientrando da una passeggiata, l’impiegata dell’hotel ci avvisa che Vanni è stato morso da un cane. Preoccupate iniziamo le nostre ricerche telefonando al taxista che lo aveva accompagnato all’officina attraverso le strade polverose della periferia. La seconda telefonata è al centralino dell’ospedale nel quale è stato portato in ambulanza e dal quale ci dicono è uscito da pochi minuti. Non sapendo nient’altro immaginiamo sia tornato all’officina che raggiungiamo. Quando mi consegnano la sua camicia inzuppata di sangue scoppia la mia disperazione e la lunga corsa all’ospedale nel quale però non c’è traccia di lui, è appena ripartito a bordo dell’auto di un paziente che si è offerto di dargli un passaggio. Lo troviamo in camera, la gamba coperta da un paio di fasciature già insanguinate ed i pantaloni gettati a terra, lacerati come immaginiamo le sue carni. Gli occhi spalancati dallo shock ed incazzato nero mi proibisce di andare a denunciare l’accaduto alla polizia … non mi rimane che andare sul luogo del delitto per recuperare Asia e per scaricare la mia rabbia, feroce quanto quella di Tatiana la cui dolcezza si trasforma ora in un’aggressività pari alla mia. Quelli che troviamo in officina però sono gli uomini insensibili che non lo hanno soccorso quando a terra si lamentava per il dolore e così ottusi da non capire il danno che gli hanno procurato. Si difendono dai nostri urli dicendo che i cartelli di pericolo appesi all’esterno del cortile li scagionano da qualsiasi responsabilità… peccato che siano scritti in russo e senza nemmeno l’immagine di un cane che li avrebbe resi comprensibili a tutti. L’unica cosa che riescono a dire per venirci incontro è che non vogliono essere pagati per le due saldature fatte, e se a questo punto ci tratteniamo dallo scagliarci contro di loro è solo perché sappiamo che ne usciremmo piene di lividi … però che fatica! Solo le fasce impregnate del sangue fuoriuscito nel corso della prima notte fanno desistere Vanni dall’idea di proseguire il viaggio, ma poi il leggero progressivo miglioramento nei giorni successivi crea le condizioni per proseguire anche se a denti stretti fino al Giappone escludendo dal programma la sola Kamchatka …. se non altro eviteremo di prendere altri due aerei! La convalescenza ha reso Vanni abbastanza sereno da poter raccontare con ironia alcuni particolari della sua disavventura che ora divertono tutti noi. All’ospedale per esempio nel quale è entrato seduto su una sedia a rotelle che non avendo l’appoggio per i piedi lo ha costretto ad alzare le gambe dolenti con notevole sforzo dei suoi addominali poco allenati, con un apice di difficoltà nel dover superare l’ostacolo dei telai fissati al pavimento nelle due porte di ingesso, io stessa ho visto una signora con un piede fasciato alzarsi in piedi dopo un paio di tentativi andati a vuoto. Ma non è finita qui, una volta entrato nella sala operatoria squallida, degradata e sporca come il resto dell’ospedale era stato invitato a stendersi sul lettino ricoperto di linoleum dalle due gentili dottoresse che avevano indossato per l’occasione due paia di guanti sterili, poi nel bel mezzo dell’operazione di cucitura delle sue carni, una di loro ha afferrato il cellulare che suonava nella tasca del suo camice ed ha risposto tranquilla per poi proseguire senza fretta e con i guanti non più sterili la sua opera di rammendo… che roba! Accompagnato da un paziente che stava uscendo dall’ospedale ha fatto il suo ingresso nel foyer dell’hotel come un eroe di guerra vestito solo delle sue fasciature e di uno slip nero. Dora, la receptionist, si era accasciata dietro il bancone ma senza crollare a terra e gli ospiti seduti sui divani neri dell’elegante foyer ordinatamente disposti attorno alla vasca d’acqua erano sbigottiti per l’insolita apparizione non proprio consona ad un hotel “chic” come questo. Le fasce rosse di sangue era stato scortato alla nostra 524 da un paio di preoccupati consierge. Riassumendo, dopo tre giorni di macchie di tintura di iodio e sangue su lenzuola ed asciugamani, dopo le incessanti richieste di ghiaccio e cuscini supplementari, quasi ci hanno pagato per lasciare l’hotel!

10 Luglio 2011

YAKUTSK

Non rimane che trovare un autista che ci conduca attraverso la difficile strada fino all’intersezione con la M55, a Skovorodino, un paese del quale nessuno sa nulla e che Vanni ha scelto per via dei grandi caratteri con i quali è indicato sulla carta stradale, … una scelta quella dell’autista resasi necessaria considerando la mia scarsa esperienza di guida su strade disastrate come questa nella quale io avrei senz’altro centrato tutte le buche disseminate lungo gli interminabili 1250 km! Con Tatiana iniziamo ad intervistare i taxisti che incontriamo lungo le strade roventi della città per sondare la loro disponibilità ad accettare l’incarico in cambio di 50 $ al giorno oltre a vitto, alloggio ed il costo del rientro a Yakutsk. La proposta alletta più di uno tra cui un vigoroso e maleodorante ex camionista ed un bel ragazzo troppo giovane ed inesperto per non creare ulteriori problemi…. con nostro grande disappunto la scelta di Vanni cade ovviamente su Victor. Oltre al suo odore non mi piace la sua arroganza nel voler imporre i suoi tempi di viaggio nonostante Vanni insista per procedere con calma impiegando almeno quattro giorni per coprire l’intero tragitto. Le medicazioni che dovrà fare ogni giorno impongono alcune soste obbligate e poi dopotutto Victor lavorerà per noi, un particolare non trascurabile che però deve essergli sfuggito. Domani mattina dopo l’ultima visita all’ospedale avrà fine il nostro soggiorno coatto a Yakutsk. Che sollievo!

11 Luglio 2011

YAKUTSK – TOMMOT

Se i problemi fossero finiti qui sarebbe già un discreto risultato per non finire esauriti, ma il secondo incubo arriva poco dopo la partenza con Victor il taxista che alla guida di Asia ci sta conducendo sulla devastata M56 della quale ora percepiamo tutti i colpi ed i sussulti amplificati dalla delusione a 360° di questa infelice deviazione fuori programma. Distese di boschi verdi, nuvole di polvere sollevate dai camion che ci precedono e poi un paio di bellissimi monumenti del periodo sovietico a Neriungri e Tinda che per il vuoto che li circonda mi sembrano persino meravigliosi … anzi lo sono davvero, come tutti quelli visti finora. Geni del mosaico e della stilizzazione di armi e corpi, gli autori vi hanno espresso la forza del regime, la ferocia dei soldati, la durezza nei confronti di ogni possibile dissidenza fissando quella folle spinta rivoluzionaria sulle superfici geometriche di semplici architetture. Adoro quel linguaggio semplice ma efficace che al di la di ogni speculazione politica racconta dello slancio creativo, del sogno di quegli artisti impegnati a trovare il migliore compromesso tra l’arte ed il potere. Ma torniamo a Victor… ha la mia stessa età ma sembra mio nonno, è tarchiato e panciuto, i capelli rasati che evidenziano le pieghe di pelle che scendono sulla nuca e gli occhi azzurri coperti da spesse lenti giallastre. La sua guida sicura ci consente di rilassarci sui sedili posteriori, come passeggeri inattivi per la prima volta nella storia dei nostri viaggi. Da guidatore esperto ed instancabile sorride con ironia alla nostra decisione di aumentare le soste da tre a cinque nonostante si tratti per lui di un maggior guadagno. Il suo orgoglio supera decisamente il suo senso degli affari! Conoscendo a fondo il territorio ci offre il vantaggio di 90 km sulla strada asfaltata che corre parallela al fiume Lena ed alla M56, sullo stesso lato della città che ci stiamo lasciando alle spalle. Gli piace parlare, è curioso di sapere di noi e di Tatiana che gli siede accanto, l’unica con la quale possa comunicare. In un primo momento sembrano divertirsi entrambi, poi lei prende le distanze forse annoiata per la conversazione poco interessante, lui però non smette di volgere la testa alla sua destra… verso lo specchietto retrovisore? Al momento ci rifiutiamo di pensare che possa trattarsi di altro. La gamba di Vanni appoggiata sulle mie ginocchia impone la necessità di trovare un ospedale dove poter fare la medicazione ma la speranza svanisce presto di fronte ai pochi Cafè ed i piccoli modesti villaggi che incontriamo lungo la strada. Tommot diventa così l’unico possibile obiettivo di oggi e la prospettiva di una banja nella casa sul fiume rende più sopportabile il lungo viaggio. Quando arriviamo la casa è già occupata da una signora sdentata con la famiglia al seguito che non conosce il gentile signore che ci aveva ospitati una decina di giorni fa…. un mistero! Con i denti sempre più stretti cerchiamo altro pur sapendo che l’unica possibile opzione è l’albergo ufficiale del paese ospitato in un cadente edificio di legno nel quale oggi manca persino l’acqua corrente. Esasperata anche per le condizioni di Vanni penso a questo viaggio scomodo e sfortunato che non ha nulla di avventuroso né un contesto abbastanza piacevole da rendere sopportabili i numerosi disagi… non rimane altro che questo delirio che affrontiamo giorno per giorno sfiancati dai problemi che si sommano senza sosta. Ci mancava solo Victor che ora sta spudoratamente insidiando la nostra dolce Tatiana.

12 Luglio 2011

TOMMOT – NIRIUNGRI

La totale assenza di piacevoli distrazioni ci vede concentrati su quella che sta diventando una vera emergenza ovvero l’atteggiamento sempre più marcatamente maniacale di Victor nei confronti della nostra interprete che in preda ad un giustificatissimo attacco isterico ad un certo punto urla – voglio scendere! – La situazione non migliora quando Tatiana ripresasi dallo stress si siede accanto a me sul sedile posteriore. Tutto concentrato ad osservare la sua preda dallo specchietto retrovisore Victor è ora visibilmente contrariato dalla nuova disposizione dei nostri corpi e le sue labbra ricurve verso il basso fanno temere il peggio. La cena non migliora le cose e la studiata disposizione dei nostri posti attorno al tavolo non lo scoraggia dal rivolgere le sue libidinose intenzioni a Tatiana ormai sfinita. Non potendo rinunciare a lui chiediamo alla nostra dolce compagna di viaggio di resistere in cambio di una sistematica opera di difesa. Ci mancava solo questo!

13 Luglio 2011

NIRIUNGRI – TYNDA

Lo sviluppo di Tynda nasce dal suo ruolo di principale snodo della linea ferroviaria BAM e la sua stazione imponente e moderna sulla quale si innalza una torre bianca come l’edificio è l’elemento generatore della sua crescita. Al suo interno c’è tutto, un lussuoso dormitorio, la farmacia, un paio di bar, negozi ed anche un piccolo ambulatorio dove Vanni riesce ad avere una medicazione. La città contiene anche l’Arbita, un hotel di otto camere lusso contenute in un piccolo edificio immerso nel bosco di betulle. Rassicurati dal costo elevato che subisce un ulteriore aumento dopo il nostro arrivo, entriamo come in un paradiso accolti da una signora paffuta ed energica che dopo averci lasciato il tempo di disfare le valigie e di aprire i rubinetti ci annuncia seccata dalle proteste che a causa di una manutenzione in corso l’acqua calda non c’è…. come se questo fosse un particolare irrilevante. Per rendere più dolce la delusione ci offre però un motivo per rimanere assicurandoci che avremo la registrazione, obbligatoria per noi stranieri ma difficilmente ottenibile in questa desolata regione, ma solo al momento del saldo. Rimandato il pagamento al dopocena raggiungiamo un bel ristorante sul fiume dove la squisita ospitalità ci da una sferzata di piacevole ottimismo …. La zavorra che finisce col disperdere il piacere di questa serie di scelte fortunate è Victor che questa sera senza alcun pudore dà il meglio di sé pur sapendo di essere visto e la tensione cresce esponenzialmente ad ogni sguardo minaccioso che ora rivolge a me che lo guardo disgustata, La sua dimostrazione di arroganza a 360° e le due vodke bevute dopo cena ci fanno capire di essere tutti in pericolo, in balia di questo energumeno psicologicamente disturbato, troppo muscoloso e troppo introdotto nell’ambiente dei camionisti che percorrendo la nostra stessa strada potrebbero dargli man forte … il dado è tratto …. scatta il temuto allarme rosso! La guerra scoppia invece al nostro rientro in hotel, contro la paffuta signora che continua a chiedere con insistenza il saldo pur non sapendo cosa sia la registrazione che ci aveva garantito e di fronte a Tatiana che giustamente sfoga la sua rabbia di fronte al raggiro ci urla di scegliere se andarcene o accettare le sue nuove condizioni. Orgogliosi e masochisti andiamo via sbattendo la porta. E’ tardi ma non ci perdiamo d’animo e stringendo ancora i denti già più che sbriciolati inseguiamo inesistenti alternative. Va a finire che Victor occuperà l’unico posto disponibile nel dormitorio della stazione, io e Vanni dormiremo in tenda nel parcheggio trafficato della stazione e Tatiana pur di starci vicina si accomoderà sul sedile posteriore di Asia e non chiuderà occhio per la seconda notte di seguito, come noi del resto che in quanto custodi dell’oggetto dei suoi desideri temiamo che l’energumeno venga a molestarci. Che situazione di merda!

14 Luglio 2011

TYNDA – SKOVORODINO

I 160 km che ricordavamo come i più duri ci sembrano ora i migliori di tutto il viaggio e se inseguire un desiderio alleggerisce il cuore il nostro sta volando nella prospettiva di scaricare finalmente il mostro che però offre resistenza fino all’ultimo minuto. L’ultimo colpo di coda viene scagliato nell’atrio della stazione quando giunto il momento di acquistare il suo biglietto di ritorno a Yakutsk tergiversa dicendo che non ha ancora deciso se andare subito o rimanere con noi un’altra notte. Con la forza della tranquillità ritrovata facciamo l’acquisto e incuranti delle sue proteste lo congediamo dopo avergli scattato una fotografia accanto ad Asia, tanto per rabbonirlo dice Vanni che ha avuto l’idea, e per distoglierlo dal nostro disgusto…. in fondo mancano ancora quattro ore alla sua partenza e lui continua a guardarmi malissimo, ma siamo finalmente usciti dal limbo e Skovorodino per quanto povero e triste possiede un servizio per noi fondamentale, una stazione. Per assecondare la nostra mania di persecuzione, il minimo che potesse accaderci viste le circostanze, rendiamo Asia invisibile parcheggiandola nel cortile chiuso dell’hotel Arigus, il cui costo al momento della prenotazione ci aveva illusi di trovare una qualità adeguata e per lo meno il bagno in camera. Della nostra prenotazione telefonica come spesso è accaduto non c’è traccia ma non esistono alternative, le lenzuola sono pulite ed il proprietario armeno è simpatico e disponibile nonostante Tatiana mantenga la dovuta distanza spinta dalla forte intolleranza nei confronti di tutti quelli che non sono russi d.o.c. Con una certa signorilità lui però va oltre accompagnandoci in un ristorante, stranamente azero. Il secondo aspetto positivo di Skovorodino, dopo la stazione è proprio questo, la distensione fra armeni ed azeri ancora impegnati in una guerra che prosegue dopo decenni.

15/16 Luglio 2011

SKOVORODINO – BELOGORSK – BIROBIDZAN

Oggi dopo tanto tempo ho l’onore di conquistare il volante di una delle creature di Vanni, con Tatiana al mio fianco in veste di distratta navigatrice e Vanni disteso a poppa in qualità di ferito ci avviamo verso Belogorsk, la prima tappa del relativamente lungo viaggio verso Kabarosk. Con la leggerezza della serenità riconquistata troviamo il piacere di viaggiare sulla strada larga e perfetta che si snoda lungo ampie vallate, non più boschi ma un verde disteso nel quale gli alberi si intravedono appena in lontananza, piacere amplificato dall’ aver trovato qui l’agognato liscio asfalto sul quale voliamo ora tra i villaggi di case di legno che punteggiano il territorio. Vanni però non è per nulla a suo agio nel ruolo di passeggero e tormentato dal dolore alle ferite si fa così insopportabile da farci prendere in seria considerazione l’idea di scaricarlo. Conquistiamo Belogorsk verso sera appena in tempo per una cenetta al ristorante del teatro i cui profumi compensano l’ odore di muffa delle nostre camere all’hotel Belogorsk. Un particolare che ci sarebbe parso trascurabile se non si fosse sommato alla difficoltà con la quale le abbiamo ottenute, quasi implorando l’impiegata perché anche qui come altrove la nostra prenotazione risultava non essere mai stata fatta…. l’ostilità nei confronti dei turisti occidentali inizia ad essere piuttosto scomoda. Il piccolo centro storico che vediamo con una breve passeggiata non è poi così male come lo avevamo immaginato. I bassi vecchi edifici che bordano le strade tranquille conferiscono a questo piccolo centro urbano un’atmosfera rilassante e piacevole …. Vanni intanto è sparito senza dire una parola. La sofferenza che gli procura la ferita e le medicazioni che tutti gli ospedali interpellati finora gli hanno negato e che per questo deve farsi da solo lo stanno mettendo a dura prova, così come il disagio che gli dà proseguire il viaggio senza la leggerezza del sentirsi in forma e con la consapevolezza di non poter far fronte alle situazioni di emergenza che potrebbero crearsi …. non oso immaginare come starei io nelle sue condizioni. A migliaia di chilometri da Yakutsk troviamo un internet café a Birobidzan, la città che Stalin fondò per raccogliervi buona degli ebrei russi che desiderava allontanare e che noi raggiungiamo dopo aver lasciato Belogorsk. Per metterli a dura prova offrì loro questo territorio che nei primi decenni dello scorso secolo era circondato dalle paludi che lo rendevano particolarmente inospitale. Di quella situazione oggi non vi è traccia ed i viali alberati rendono la città piacevole e rilassante. Non mancano nemmeno i luoghi di interesse, non molti in verità ma che troviamo senza dover troppo cercare grazie all’aiuto di un taxista desideroso di mostrarci quanto di meglio la sua città ha da offrire a chi come noi si fermerà solo un paio di giorni. Il bel teatro sul fiume per esempio, la cui vetrata articolata in sporgenze di vetro colorato rende l’ edificio interessante e molto anni ’70, così come i fantastici lampioni ad albero i cui rami stilizzati terminano con lampade a palloncino…. bellissimi! Ad aumentare il piacere di essere qui è stata la sorpresa di vederci assegnare le camere senza dover lottare. L’impiegata dell’Hotel Vostok infatti pur avendoci accolti con una certa sufficienza ha confermato la nostra prenotazione consentendoci così di avere il tempo di scegliere senza fretta un ristorante carino per una cena come si deve, sortita della quale Vanni, dopo giorni di forzato riposo ha voglia. Raggiungiamo così il ristorante più “esclusivo” della città che si affaccia sul fiume a qualche chilometro dal centro. Nemmeno la nostra vivace immaginazione poteva prevedere ciò che è accaduto a pochi metri dall’ingresso dove un “buttafuori” al femminile ci fa notare che non siamo abbastanza ben vestiti per poter entrare. Considerando il look dei russi appena entrati scoppiamo in risate così sonore da farla sentire in imbarazzo. La nostra spontanea reazione pur senza volerlo ha funzionato permettendoci di accedere ad un tavolo nel più alto dei ballatoi che si affacciano sulla pista da ballo, abbastanza defilato per ospitarci senza che nessuno si accorga di noi…siamo stranieri e così si può chiudere un occhio, ma non entrambi ! Divertiti iniziamo a considerare che Il locale è piuttosto provinciale ed è difficile per noi percepirne l’ostentata esclusività di fronte alla pecca clamorosa di servire il vino bianco a temperatura ambiente. In compenso ci godiamo lo spettacolo delle attempate signore colpite da luci rosse e verdi che scatenate accompagnano il ballo con gestualità teatrale. Poi come per vendicarsi Vanni estrae dalla busta frigorifera che ha con sé la sua fetta di parmigiano ormai avariato spargendo attorno a noi una nuvola di odore non proprio piacevole…. avrebbero fatto bene a lasciarci fuori.

17 Luglio 2011

BIROBIDZAN – KHABAROVSK

Eccoci a Khabarovsk, la capitale dei territori orientali della estesa regione siberiana. La raggiungiamo percorrendo il lungo ponte sul fiume Amur, il confine naturale che ne blocca l’espansione verso Ovest. E’ abbagliante per i suoi colori chiari che si esaltano alla luce del sole alto ed è estesa come ci si aspetta da una capitale. Il nostro entusiasmo non è solo legato alle aspettative che dopo giorni di boschi e piccole centri urbani si sono concretizzate arrivando qui, anche la prospettiva di rivedere Sergej ci rende felici, è la prima volta che un conoscente locale diventa un obiettivo umano da raggiungere strada facendo. L’Hotel Parus occupa un elegante edificio in stile neogotico di fine ottocento sui cui prospetti i mattoni rossi e grigi evidenziano i movimenti delle pareti con paraste, marcapiani e sporgenze. Il calore del primo pomeriggio invita ad entrare, oltre i marmi bianchi e neri dell’ingresso, verso il bancone dietro il quale un paio di signorine in uniforme scura ci accolgono con un gelido sorriso. Nonostante l’eleganza dell’hotel ci avesse fatto sperare in una gestione attenta e scrupolosa, il responso negativo si ripercuote su di noi amplificato dalla stanchezza e da tutti i rifiuti collezionati finora. La prenotazione non risulta sui tabulati nonostante sia stata confermata telefonicamente un paio di giorni fa e le uniche camere disponibili sono una delux ed una suite dai prezzi proibitivi. Dopo le inutili insistenze di Vanni che mostrando inutilmente il numero della nostra prenotazione inizia ad urlare esibendosi nel suo copione di risposta in caso di estrema necessità, arriva Sergej accorso per cercare di risolvere l’emergenza. La meno gelida delle impiegate, colpita forse dal suo fascino, inizia ad avere un atteggiamento più conciliante e cercando con scrupolo trova un paio di doppie standard molto confortevoli in questo hotel che ci rendiamo presto conto essere vuoto. Nulla di strano per noi che troppo spesso abbiamo avuto questo tipo di accoglienza…. e dire che il nostro look non è poi così male! Le luci colorate della città in versione notturna, le vetrine luminose e le fontane nel parco che vediamo dai finestrini del suo macchinone introducono la piacevole serata con la famiglia che ci accoglie con il calore di una squisita ospitalità ed il tavolo imbandito con dolci e bevande tipiche. La figlia Julia ha pochi anni è bionda, timida, dolce e così generosa da regalarmi un suo disegno, una piccola bambola di plastica, un piattino di ceramica decorato con figure di zucchero, ed il piacere di averla accanto.

18/21 Luglio 2011

KHABAROVSK

Grande e dal sapore internazionale la griglia di strade che salgono e scendono adattandosi ai lievi movimenti del terreno la fanno sembrare una San Francisco siberiana dal fascino squisitamente sovietico. La sua storia è lungo le strade del centro, negli edifici alti e bassi, decò, neoclassici, razionalisti o semplicemente anonimi, intonacati o rivestiti di pietra, di mattoni o di legno che riassumono il suo passato recente e la vivacità degli abitanti riemersa con gioia dopo il rigido clima invernale nel calore di questa breve ma intensa estate. Le due cattedrali ortodosse svettano imponenti per la loro spiccata verticalità, belle soprattutto per l’effetto che creano sulla skyline della città. Alte e sottili con cupole blu e oro sono le necessarie escrescenze del tessuto urbano, il simbolo della libertà di culto riconquistata. Oggi le osserviamo dal battello che si muove lento sulle acque dell’ampio fiume Amur. Viaggiamo in compagnia delle famiglie che lo hanno scelto per un disordinato pranzo al sacco, i più giovani grassottelli e chiassosi per il piacere di questa brezza che ci salva tutti dalla liquefazione. Statue di bronzo accanto a particolari edifici neoclassici, macchie di verde, le banchine dei porticcioli, un paio di ciminiere, il lungo ponte e l’hotel Parus che preceduto da un giardino fitto di alberi rimanda ai manicaretti già sperimentati ed a quelli che consumeremo questa sera in compagnia della famiglia di Sergej e di Julia della quale mi sono letteralmente innamorata. La sosta in città è stata un piacere anche per Vanni che dopo una settimana di tentativi andati a vuoto ha trovato qui una clinica disposta a medicarlo … un piccolo segnale di distensione che a questo punto ci voleva.

22 Luglio 2011

KHABAROVSK – VLADIVOSTOK

Una nuvola di polvere e l’inevitabile ingorgo precedono il nostro ingresso a Vladivostok. Ulteriore testimonianza della zelante opera di riqualificazione delle principali arterie stradali sono i lavori in corso che fervono in questo caso per dare al grande porto siberiano un ingresso adeguato alla sua importanza. Il relativamente lungo viaggio verso Vladivostok è stato scandito dalle soste necessarie ad una attenta elaborazione del piano di attacco all’hotel Hunday. Visti i precedenti dovremo essere pronti ad affrontare con stile l’ennesimo probabile rifiuto, il temutissimo niet che l’impiegata di turno arroccata dietro al bancone della reception potrebbe scagliare contro di noi subito dopo il nostro arrivo. Abituata alle stravaganti tattiche di Vanni, senza più pudori e lontana dalla timida innocenza dei primi tempi Tatiana ora ride divertita di fronte alle battute che dovrà recitare al telefono, il copione non è molto diverso dagli altri, ma sempre così estremo da risultare imbarazzante… ora solo per me. Più che per far fronte ad un eventuale rifiuto la strategia è finalizzata all’ottenimento del massimo sconto… perché in qualità di supervisori delle strutture ricettive della città in vista della convention che si terrà nel 2012 ???, abbiamo il diritto di essere trattati con un certo riguardo. Tatiana cede solo sul finale, quando Vanni non contento del 20% di sconto che il manager ci ha offerto in via del tutto eccezionale, in preda al delirio le chiede di richiamare per ottenere un cifra tonda che però gli viene negato …. e dire che Vanni è la persona più generosa che abbia mai conosciuto! …. ma il tema ed il contesto ora sono diversi ed il suo talento per la contrattazione unito al piacere di coprire il ruolo di supervisore che ha inventato per sé hanno partorito un accanimento non necessario. Giocare gli piace e soddisfatto per il risultato ottenuto fa il suo ingresso trionfale nel foyer del prestigioso hotel internazionale…. pantaloncini corti e fascia con tracce di sangue sul polpaccio. La manager ci guarda sbigottita di fronte al nostro look di viaggiatori trasandati ma da vera signora non infierisce. Risultato: Vanni è felice, Tatiana è sollevata dal fatto di non dover più mentire per assecondare i capricci di Vanni ed io vorrei sfoggiare una macchina fotografica reflex per rendere almeno credibile il mio ruolo di reporter. La lunga esperienza sul fronte siberiano ci ha infine visti vincitori su tutta la linea in questo ultimo approccio con le ostili strutture alberghiere, abbiamo avuto le nostre camere senza dover lottare e ad un prezzo molto conveniente…. insomma un successo!

23/26 Luglio 2011

VLADIVOSTOK

Vladivostok è sotto di noi, oltre la finestra dell’undicesimo piano, riassunta dentro la cornice di legno scuro. Aggrappata alle colline raccolte attorno alla baia sembra generata dal mare e dipendente dall’attività del porto che segue tutto il profilo della costa con banchine, gru e navi ormeggiate. Le navi da guerra invece, raggruppate in prossimità della piazza principale, sono una sinistra macchia grigia, un monito ed un ricordo della principale attività del porto nei decenni passati. Quelle grandi e pesanti di contenitori colorati raccontano invece la recente e fiorente attività commerciale che ha accelerato lo sviluppo e reso necessaria la realizzazione di grandi strutture come il grande ponte non ancora terminato che consentirà il collegamento tra le due sponde del canale interno. Il traffico non manca in questo polo di distribuzione verso l’interno delle auto importate dalla vicina Corea e dal Giappone, comprese quelle dei piccoli speculatori che avevamo visto viaggiare lungo le strade che portano ad occidente. La sua conformazione naturale la rende bella e le tracce del suo commercio sono visibili solo nella varietà dei prodotti internazionali offerti dai negozi, compreso il tabacco, i sigari ed il tè sfuso. Gli artisti espongono le loro opere in diverse gallerie sparse nel centro ed i fiori colorano le bancarelle del mercato coperto…. persino gli uffici postali sono stati una piacevole esperienza grazie allo zelo delle impiegate addette alla spedizione dei pacchi che subito dopo la compilazione dei moduli, cuciono a macchina dietro il bancone i sacchi bianchi che conterranno zaini, borse e pacchi vari conferendo così un monocromatismo ordinato alle cataste accumulate sui carrelli. Mai viste macchine da cucire e metri di stoffa e fili negli uffici postali! I quartieri più datati danno alla città quel piacevole sapore familiare del quale approfittiamo con piacevoli passeggiate e le farmacie offrono tutti i prodotti che ora Vanni, da esperto infermiere, estrae dalla sua valigetta del pronto soccorso. Garze, disinfettanti, cerotti ed unguenti vari. Siamo arrivati al capolinea e sebbene ci sembri impossibile ora dimenticare i disagi che potevano esserci risparmiati ed i cui segni rimarranno per sempre incisi sulla gamba di Vanni, sembra che la siberia abbia voluto con quest’ultima tappa farsi perdonare prima della nostra partenza. Viaggeremo a bordo del traghetto della Estearn Company che salperà diretto in Corea e poi il Giappone che nonostante i continui terremoti e la radioattività che lo hanno reso particolarmente inospitale rappresenta a questo punto un piacevole miraggio…. il 27 luglio sarà un giorno da festeggiare!


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