29 Honduras Nicaragua
10 Febbraio 2010
SAN MIGUEL – LEON
Lasciamo il parcheggio fortificato dell’hotel per affrontare una giornata persino peggiore di quella di ieri. Il progetto è infatti quello di raggiungere al più presto il Nicaragua per avere il tempo di provvedere alla sosta di Jimmy che per circa un anno rimarrà fermo qui in attesa del nostro ritorno. Non conoscendo le regole del paese non sappiamo ancora quali potranno essere le modalità della sosta. Giorgio, un amico di Vanni, ha un contatto a Managua, la sua socia Glenda che potrebbe ospitare l’auto nel suo garage fino al nostro ritorno… ma sapremo se questo sarà possibile solo quando vedremo il tipo di permesso che ci rilasceranno in frontiera…. quanti giorni di sosta dell’auto in territorio nicaraguense e timbro o meno sul passaporto di Vanni. Se come in Guatemala ed El Salvador sarà registrato l’ingresso con l’auto sul passaporto, sarà impossibile per lui uscire dal territorio nicaraguense senza Jimmy e tanto meno prendere l’aereo per rientrare in Italia. … per questo abbiamo tutta questa fretta! Nei pressi del confine si ripete la situazione di ieri. Siamo di nuovo fermati per strada da un gruppo di ragazzi che si propongono di aiutarci. Sono stupiti del nostro arrivo al confine dopo nemmeno 24 ore dal nostro ingresso nel loro paese…. dato che il loro amico, il bellone che ci aveva aiutato ieri ed al quale avevamo detto che saremmo rimasti in Salvador almeno quattro giorni li aveva allertati diversamente. Insomma questi “aiutanti” si passano parola ed aspettano al varco che i turisti arrivino sull’altra sponda del paese…. già questo non mi piace perché mi fa sentire un pollo da fregare, e non mi piace nemmeno che ora il ragazzo scelto dal gruppo debba salire in auto con noi… è brutto e parla uno strano spagnolo che spezza a metà le parole. Gli uffici di El Salvador sono quasi deserti e le pratiche in uscita piuttosto veloci da sbrigare…. poi raggiungiamo l’ingresso honduregno dove iniziano gli intoppi…. nel senso che alle 11.30 gli impiegati fanno una pausa pranzo di un’ora e trenta senza che nessuno li sostituisca e la frontiera non offre molte distrazioni con le quali passare piacevolmente il tempo. Uno di noi deve restare a controllare Jimmy mentre l’altro può fare un giretto fra le cinque bancarelle di ambulanti che vendono cibo veloce o calzini e mutande. Arriva ad interrompere la nostra noia una coppia di viaggiatori americani di 73 e 68 anni che come noi viaggiano per il mondo in una sorta giovinezza ritrovata…. che forti! Rimango per circa un’ora a chiacchierare con loro, l’inglese sempre più familiare mi consente ormai di capire circa l’80% di quello che dicono e così ci raccontiamo delle nostre rispettive esperienze dandoci consigli sui luoghi da visitare. Intanto Vanni parla con il nostro aiutante del problema Jimmy in Nicaragua innescando così un meccanismo perverso fatto di telefonate ad un suo amico del Nicaragua e di richieste imprecisate di denaro da parte sua per avere ciò che chiediamo…..ovvero nessuna registrazione dell’auto sul passaporto di Vanni ed il permesso di sosta di un anno per Jimmy. Insomma un tentativo di truffa che subodoriamo immediatamente ma che per il momento Vanni asseconda in parte…. è così preso dal problema da voler sondare ogni possibilità. Quando verso le 14 ci sganciamo finalmente dalla frontiera il nostro aiutante mi guarda con odio per aver mostrato reticenza nel cadere nella trappola del suo amico Pepino con il quale ero io a parlare al telefono…. e col quale lui si è messo senz’altro d’accordo per la divisione del maltolto. Di nuovo soli ci avviamo verso il vicino confine nicaraguense che troviamo dopo 150 chilometri lungo i quali però mi concedo una pausa di trenta minuti, malvolentieri assecondata da Vanni, per la visita della cittadina di Choluteca il cui centro storico coloniale, già in parte restaurato, risulta piuttosto piacevole. Caratteristici porticati di legno seguono i prospetti degli edifici storici che si aprono sulla piazza principale ed anche le due chiese dello stesso periodo sono piuttosto piacevoli, soprattutto quella lontana dallo zòcalo il cui prospetto termina in alto con un appuntito timpano triangolare…. gli intonaci bianchi leggermente scrostati, sobria di decori ma accattivante e la cui tozza torre campanaria addossata ne sbilancia leggermente il prospetto. Acquistiamo un paio di caca cole ghiacciate e ci accomodiamo a sedere su una panchina di ghisa arzigogolata ombreggiata dagli alberi dello zòcalo. La cattedrale di fronte a noi ci appare restaurata con troppo zelo ed immacolata nel suo color crema troppo perfetto….. Vanni intanto freme per ripartire dalla sosta che ha concesso malvolentieri. Se ne accorge persino una bambina che si è avvicinata curiosa e che dopo aver scambiato un paio di parole mi chiede come mai Vanni ha la faccia così seria…. quando sono io a farglielo notare mi dice sempre che non è vero…. ma ora ho un testimone oculare! Scatto qualche foto ai particolari porticati di legno all’incontro delle cui arcate anziché i capitelli a tutto tondo sono state inserite figure geometriche bidimensionali, poi ripartiamo per coprire i quaranta chilometri di brulle colline che ci separano dalla frontiera nicaraguense…. la seconda di questa giornata campale, condita inoltre da un caldo umido soffocante. Fermi per un controllo documenti, un ragazzo ne approfitta per proporre il suo aiuto che Vanni accetta nonostante il poliziotto ci metta in guardia suggerendoci di diffidare di loro….e addirittura gli si drizzano le orecchie quando Vanni dice che c’è un tale Pepino ad aspettarci in frontiera per una consulenza…. è il più truffaldino di tutti ci risponde il poliziotto preoccupato! Accettiamo l’aiuto del primo ragazzo che si offre e che si rivelerà poi un ladruncolo da pochi dollari, un Robin Hood di frontiera che per far guadagnare un pò tutti mi fa fare diverse inutili fotocopie dei documenti e ci fa cambiare da un suo amico 20€ nella moneta locale, i Quetzal, con la scusa che nella successiva frontiera nicaraguense non ci sono banche, bugia, e rubandoci nel cambio circa 10 dei 20 €. Ripensando alla nostra storia di viaggiatori mai come di recente ci siamo fatti fregare così dai locali, o almeno mai così sfacciatamente! Quando finalmente arriviamo agli uffici della frontiera nicaraguense in compagnia di un amico del ragazzo che ci ha appena fregato, Pepino è li ad attenderci sorridente…. il suo calibro palesato dalla moto nuova fiammante che cavalca…. lui non è uno da due soldi! Solo leggermente frenato dalla mia gelida risposta ai suoi calorosi saluti, si concentra su Vanni e poi infine cede quando dopo qualche minuto di tira e molla anche Vanni lo congeda definitivamente. Ne usciamo con un permesso per Jimmy di soli 30 giorni e la registrazione dell’auto sul passaporto di Vanni…. peggio di così non poteva andare! E’ già quasi buio quando lasciamo gli uffici e ci avviamo stremati verso il primo hotel decente disponibile…. ma la prima cittadina che raggiungiamo, Chinandega, è ad ottanta chilometri da qui e quando la raggiungiamo, ai piedi del vulcano San Cristobal, ci chiediamo se il fumo che ci avvolge da diversi chilometri non sia dovuto ad una sua residua attività…. nel dubbio percorriamo gli ultimi quaranta chilometri che ci separano da Leon, la più bella e antica città coloniale del Nicaragua. La possibilità di trovarvi un hotel confortevole ci consente di stringere i denti per compiere l’ultimo sforzo. Lungo la strada il fumo denso degli zuccherifici schiacciato verso terra dalla bassa pressione unito a quello dei tanti focherelli sul bordo strada accesi per bruciare i rifiuti accumulatisi durante il giorno, rendono il nostro procedere piuttosto inquietante…. per fortuna il manto stradale è perfetto! Sono già le otto di sera quando seguendo un taxi raggiungiamo il lussuoso hotel “La Perla”, situato nel cuore del centro storico di Leon del quale intravediamo passando la bella cattedrale barocca….. le mani tremolanti per la stanchezza ascolto pietrificata il responso del receptionist…. l’hotel non ha camere disponibili! Ci consiglia il vicino Hotel “Convento” ricavato in un antico edificio ma leggermente meno patinato del primo nonostante sfoggi lo stesso numero di stelle. Riusciamo perfino a godere dell’ottima cena prima di piombare in un lungo sonno ristoratore. Vanni dorme tranquillo…. ora è in possesso di alcuni nominativi di depositi doganali di Managua…la gentilissima impiegata dell’hotel glieli ha prodotti fotocopiati dall’elenco del telefono.
11 Febbraio 2010
LEON – MANAGUA
Alla proposta di Vanni di dedicare un paio d’ore alla visita della città rispondo che torneremo con calma il prossimo weekend….. meglio ora sistemare Jimmy cercando l’Almacena Fiscal Global di Managua, una delle tante in elenco, che stentiamo a trovare una volta raggiunta la città. La totale assenza di cartelli stradali che riportino i nomi delle strade, né di numeri civici rende difficile trovare l’indirizzo che leggiamo sulla fotocopia…. 10.5 km Carretera Norte. Decimo chilometro e mezzo a partire da dove? Dopo aver inutilmente percorso più volte avanti e indietro la strada di fronte all’aeroporto decidiamo di occuparci del reperimento di un hotel…. il Camino Real qui vicino fa al caso nostro ma solo tra un’ora sapremo se hanno camere disponibili. Intanto Vanni chiacchierando con il gentilissimo taxista in sosta di fronte all’hotel scopre di aver trovato un alleato disposto ad accompagnarci in tutti i magazzini fiscali che desideriamo e che si trovano tutti qui nei paraggi. Iniziamo dalla Global e finiamo alla Alpac dove Vanni ricorre al solito espediente del viaggio di nozze per trovare maggior disponibilità presso le impiegate…. così tra una sola ora sapremo se l’operazione si potrà fare o se dovremo fuggire in tempi brevissimi nel vicino Costa Rica nel quale vige una legge più permissiva in fatto di importazioni temporanee di veicoli. Sarebbe un bel problema dover aggiungere un altro volo in coincidenza da San Jose al nostro già articolato volo di ritorno verso l’Italia acquistato una decina di giorni fa….. per non dire che dovremmo nel caso raggiungere gli amici di Vanni che abitano nella lontana Montezuma per lasciare loro l’auto. Meglio non pensare troppo al trambusto che dovremmo affrontare se tra un’ora il responso sarà negativo! Invece va tutto bene… anche se ad un prezzo che Vanni non ha voluto confessarmi ma che intuisco salatissimo dal suo evidente malumore. Sono in piscina quando lo vedo rientrare nel confortevole hotel immerso in un bel giardino rigoglioso…. si sta così bene qui all’ombra delle palme…. tra poche persone e molta tranquillità…. una nuotata ogni tanto per rinfrescarci ed una sigaretta…. insomma perfetto!
12 Febbraio 2010
MANAGUA
Non mi allontano dalla piscina dell’hotel per tutta la giornata…. favorita dal cielo assolutamente azzurro. Vanni invece esce poco prima dell’una per andare a ritirare il suo passaporto, ripulito dell’ingombrante registrazione. Quando dopo poco rientra col muso lungo mi dice sconsolato che siamo ancora in balia dell’Alpac. L’impiegata si era dimenticata di trascrivere su un documento il numero del motore di Jimmy e così l’intera operazione di sdoganamento è rimandata a lunedì mattina alle sette…. speriamo bene perché la mattina dopo il nostro aereo partirà all’alba e qualsiasi ulteriore dilazione di tempo nella consegna del passaporto sarà fatale. Ma non vogliamo che questo contrattempo inquini il polleggio di oggi e così tra un backgammon ed una nuotata la giornata continua a scivolare via abbastanza serenamente. La sera raggiungiamo senza troppe illusioni il ristorante di Glenda, El Tercerojo ( www.eltercerojo.com.ni Del hotel Seminole 2 1/2 cuadra al Sur, zona Hippo’s Tel. (505)22774787 ) Nella nostra fantasia lo immaginiamo squallido ad occupare un paio di stanze della periferia più malfamata di Managua…. forse per questo chiudiamo tutto in cassaforte ed usciamo con soli 100 dollari e le sigarette. A bordo del taxi di Juan che ormai consideriamo di famiglia si apre un panorama del tutto nuovo a noi che abbiamo finora gravitato nella zona dell’aeroporto o poco più…. Ci troviamo nel nuovo centro della città che un vero centro non l’ha mai avuto, dice Juan, il quartiere chic dove accanto agli hotels di catene internazionali come l’Hilton e l’Intercontinental sono sbocciati una serie di locali accattivanti tra cui quello di Glenda, il più bello della zona! Sollevati per la piacevole inaspettata sorpresa entriamo nell’ambiente fusion di impronta minimal-orientale del primo ampio locale coperto da un’alta tettoia di legno scuro, aperto verso la strada rispetto alla quale è rialzato di un paio di metri. Poco dopo incontriamo Glenda, giovane, sorridente e trendy che ci accoglie come vecchi amici. Premurosa ed orgogliosa di mostrare il suo gioiellino, inizia a raccontarci la sua storia recente che l’ha portata subito dopo il divorzio avvenuto un anno e mezzo fa a cimentarsi nell’impresa piuttosto impegnativa di aprire il Tercerojo dopo aver liquidato il marito per la sede di Granada ora interamente sua. Divisa tra i due ristoranti conduce una vita frenetica che la distrae dal dolore della separazione…. è così carina che sembra impossibile sia stata mollata per una prostituta. Trascorriamo piacevolmente un paio d’ore, assaggiando gli ottimi piatti accompagnati da freschi margarita accompagnati dal concerto dal vivo di musica caraibica. Ogni tanto lei ricompare per mostrarci i mobili in vendita che Giorgio le spedisce da Bali o per raccontarci di come lui l’avesse messa in croce in vista del nostro arrivo allertandola sull’eventualità di dover ospitare il nostro Jimmy…. davvero premuroso Giorgio! Quando rientriamo in hotel Vanni è piuttosto alticcio…. ci amiamo appassionatamente e poi crolliamo dopo aver bisticciato ricordando i nostri reciproci tradimenti nel corso del primo anno insieme, quando ancora nessuno dei due aveva preso in seria consideranzione l’amore dell’altro…. chissà quante volte salterà fuori questa storia…. così come la gelosia che lui sente nei confronti delle mie amiche.
13 Febbraio 2010
MANAGUA – LEON
Ci svegliamo rincoglioniti e con un leggero mal di testa….ma subito dopo la colazione delle 11 siamo pronti per partire verso Leon la cui visita avevamo rimandato a questo fine settimana. Nonostante si trovi ad 85 chilometri di distanza decidiamo di andare in taxi …. tanto per scongiurare eventuali problemi che agli sgoccioli della partenza avrebbero effetti devastanti. Ci accomodiamo a bordo dell’auto di Roberto e ci avviamo lentamente verso Nord…. sarà forse per la lentezza da lumaca del nostro procedere, unita al cielo sempre più grigio che ad un certo punto quasi mi addormento mentre là fuori alcuni bei vulcani perfettamente conici affondano la loro base sul Lago di Managua. Com’è tutto simile il paesaggio centroamericano ….. dal Guatemala al Salvador al Nicaragua decine di vulcani segnano la skyline del paesaggio, peccato che a Managua la presenza del lago e del vulcano non sia nemmeno percepibile. L’originalità del Nicaragua risiede piuttosto nelle iguane morte che vediamo in vendita lungo la strada….una serie di ragazzini le mostrano trattenendole per la coda. Dato che siamo in compagnia di un locale chiedo… si mangiano? Roberto risponde pentendosene poco dopo che si, si mangiano e sono molto buone e nutrienti…. tutto tranne la testa e le zampe…. che notizia! Quando raggiungiamo il il centro storico di Leon e con esso la nostra camera n.6 dell’hotel Convento sono già le due del pomeriggio ed il cielo è plumbeo. Ci avviamo subito verso la famosa vicina Cattedrale barocca che occupa fin dal 1700 un ampio isolato prospiciente la piazza principale. La facciata bianca annerita sulle cornici emergenti dalle muffe che ne sottolineano il chiaroscuro è resa orizzontale da due torri campanarie addossate leggermente sporgenti in alto rispetto al coronamento ad arco della facciata. Raccordate in alto da possenti travi sostenute da cariatidi, le torri entrano a far parte della facciata continua. Sono decorate con paraste, capitelli ionici, elaborate cornici e stucchi che rappresentano festoni vegetali ed eleganti volute. Bellissima ed elegante la cattedrale domina lo zòcalo e le piccole attività di ristorazione che vi si svolgono in banchetti ambulanti. Salendo la stretta scala di una delle due torri saliamo sul tetto che da questa prospettiva sembra appeso alle decine di cupole emisferiche culminanti nella cupola centrale con lanterna. Bordato da balaustre su colonnine e di pinnacoli il tetto è piacevole quanto la chiesa sottostante e ci consente di vedere da vicino le due cariatidi con gli avambracci alzati a sostenere la trave alla quale è appesa una campana di bronzo. Dall’alto del tetto la vista spazia poi sull’intero centro storico nel quale individuiamo i volumi di altre belle chiese emergenti dalle tegole rosse dei tetti. Il cielo sempre più cupo esplode in uno scroscio che ci consente di vedere con calma l’interno neoclassico non particolarmente interessante e di osservare da vicino i sonnacchiosi fannulloni, i lustrascarpe e chi passando nei pressi ha approfittato come noi del riparo per sfuggire all’emergenza climatica. Seduti sulle panche di legno ascoltiamo il fragore dello scroscio entrare dai tre enormi portali aperti, concentrati ad osservare la statua incorniciata da due colonnine bianche raffigurante una santa scolpita in altorilievo sul pilastro accanto a noi. Incoraggiati da una tregua finiamo con l’entrare di corsa nel vicino mercato coperto dove una fila di box aperti è occupata da parrucchieri all’opera che si esibiscono in messe in piega a colpi di spazzola. Sull’altro lato del corridoio polli morti appesi a ganci e frutta adagiata in cesti ricolmi e profumati. Saltellando tra una pozzanghera e l’altra raggiungiamo la colorata Chiesa del Calvario la cui facciata spicca rossa e gialla inquadrata in cornici bianche….vi trovano posto bassorilievi in ceramica colorata raffiguranti le scene della passione di Cristo… e poi all’interno, poco oltre l’ampio portone spalancato, le tre croci in scala gigante…. quella centrale che sostiene il Cristo ritta al centro della navata, le ginocchia livide, i piedi e le mani copiosamente sanguinanti come vuole la tradizione iconografica spagnola sempre piuttosto colorita nell’esprimere la sofferenza di Cristo, dei Santi e Martiri. Ci spostiamo ancora raggiungendo la chiesa di San Juan, piccola e segnata dal tempo, sobria e piacevole, poi ancora lungo le strade talvolta segnate da sobri edifici coloniali …. quelli ad angolo sugli incroci sono tagliati a 45° e con un pilastrino di legno a raccordare l’angolo retto. Arriviamo infine alla divertente chiesa la Recoleccion…. la facciata barocca segnata da ordini sovrapposti di colonne a torciglione che inquadrano bassorilievi che raccontano dei vari mestieri con somboli semplici quasi elementari. Sparsi sulla facciata intensamente giallo ocra la rendono piuttosto divertente. Al rientro in hotel la signora della reception è lieta di informarci della promozione legata alla festa di San Valentino attiva fin da oggi e così oltre allo sconto del 15% sulla camera ci ritroviamo poco dopo sul letto a mangiare cioccolatini artigianali con accompagnamento di champagne e rose rosse profumate… che meraviglia!
14 Febbraio 2010
LEON – MANAGUA
Approfitto delle ultime ore a Leon per rivedere le belle chiese settecentesche alla luce del sole di oggi che accentuando i chiaroscuri sulle facciate ne esalta gli elementi decorativi barocchi e la bellezza. Mentre raggiungo lo zòcalo sento lo scampanio verace dei batacchi che intonano battendo sulle campane di bronzo melodie molto domenicali…. le porte spalancate della Cattedrale lasciano uscire la voce amplificata di una signora che canta un alleluia accompagnata dal leggero brusio della folla. Insomma l’atmosfera religiosa è palpabile e vissuta con una certa intensità…. ma è pur vero che la maggior parte degli abitanti di Leon sono là fuori a mangiare camminando fettine di mango acerbo o di ananas, o seduti nei pressi delle tavole calde ambulanti sul retro del mercato coperto a mangiare pollo fritto o qualche specialità nicaraguense…. chissà se anche l’iguana! Quando dopo un paio d’ore torno sui miei passi dopo il tour di perlustrazione, i portoni delle chiese sono già tutti sprangati…. forse per le pulizie domenicali che seguono il rito? Il sole a picco mi costringe ad accelerare il passo ed a cercare l’ombra dei cornicioni sporgenti, scrutando curiosa attorno a me intravedo dietro un portone sconnesso un signore disteso sull’amaca…. sonnecchia a bocca aperta all’ombra di un albero… All’una e un quarto il taxi arriva di fronte alla scalinata dell’hotel, è ora di lasciare la piacevole città coloniale trasudante antiche glorie e tornare alla squallida Managua…. domani mattina alle sette Vanni dovrà tornare alla Alpac a riconsegnare il passaporto nella speranza di avere entro le 13 la liberatoria che ci consentirà di ripartire dal Nicaragua senza Jimmy.
15 Febbraio 2010
MANAGUA
Entrambi tormentati da bozze rosse sulla pelle lasciate da qualche insetto molesto infilatosi sotto le lenzuola, ci alziamo presto e poco dopo Vanni parte in missione con il passaporto ed il libretto di Jimmy. Mi raggiunge dopo un’oretta nella sala del ristorante dove sto facendo colazione come sempre con un bel piatto di frutta fresca con yogurt ed un succo di Guava il cui sapore è uno strano mix tra la pera ed il maracuja. Lo vedo relativamente sereno, ma scappa via dopo una tazza di caffè lasciata a metà. Lo raggiungo in camera per una bella doccia prima di affrontare insieme qualche ora in piscina dove un venticello piacevole rende la sosta irrinunciabile. Quando verso le 13 parte per andare a ritirare i documenti sembra fiducioso…. ma non vedendolo rientrare in tempi ragionevoli inizio a temere che domani sarò io l’unica a salire sull’aereo per l’Italia. Quando dopo le 17.30 lo vedo arrivare sto affondando il cucchiaino nel mio gelato al cioccolato…. lo vedo piuttosto provato mentre mi racconta cosa è successo nelle ultime ore. La dogana non voleva rilasciare il permesso per un anno, non si fidavano… avrebbe potuto ripetersi la storia di tanti che arrivati dagli Usa con auto usate le hanno poi rivendute qui senza pagare le tasse. Per escludere tale eventualità hanno iscritto Vanni nel registro dei contribuenti nicaraguensi. Per poter iscriversi ha dovuto vendere l’auto ad una società creata ad hoc dal notaio, e riacquistarla immediatamente dopo fortunatamente senza alcun costo. Ha poi telefonato alla sua banca in Italia affinché predisponessero una fideiussione di 7000€ a favore dell’almacena Al Pacific a garanzia del pagamento delle tasse…. tutta l’operazione è stata suggerita dal grande capo della dogana in persona come escamotage alla semi impossibilità di liberarci di Jimmy per un anno. In quale modo questo complicato passaggio abbia potuto baipassare la severa legge nicaraguense relativa alla sosta di auto straniere rimane un mistero dato che la targa di Jimmy rimane quella canadese…. certo è che Alpac ha speso ogni chance pur di non lasciarsi sfuggire i 3500$ di custodia di Jimmy per un anno. Ma quanto ci è costato questo Nicaragua! per riprendersi un pò dallo stress in vista della serata al Tercerojo Vanni si rifugia alla spa dell’hotel per un bel massaggio ristoratore…. domani all’alba si parte!
30 Nicaragua
17 Dicembre 2010
BOLOGNA – MANAGUA
Una bella giornata di relax segue il nostro arrivo a Managua, città senza fascino nella quale siamo atterrati solo per recuperare il nostro fedele Jimmy, il nostro compagno di viaggio sulle cui quattro ruote motrici scivoleremo verso le mete che ci spingono sempre più a Sud, verso la Buenos Aires lasciata qualche anno fa e nella quale torneremo prima o poi dopo le migliaia di chilometri già percorsi in questo tour delle Americhe ormai agli sgoccioli.
Stesi sui lettini dell’hotel Camino Real assaporiamo la piacevole aria tiepida dei tropici all’ombra di un ombrellone di paglia mentre qualche farfalla ci sfiora e file di palme si riflettono nell’acqua della piscina leggermente increspata dalla brezza. Nemmeno i vocii che si alzano dai tavoli del ristorante riescono a scalfire il nostro necessario relax dopo il faticoso viaggio di ieri né ci distraggono dalla lettura di un paio di bei libri acquistati qualche giorno fa alla Feltrinelli di Bologna. Gli occhi semichiusi in un accenno di assopimento, ripensiamo al sopralluogo al magazzino Alpac dove Jimmy è parcheggiato da un anno dietro l’alta rete metallica che lo ha protetto durante la nostra assenza. L’incontro di questa mattina con la signora Dulce Maria aveva rassicurato Vanni dandogli l’illusione che le pratiche di sdoganamento si sarebbero risolte in tempi brevi così come lo erano state grazie a lei lo scorso febbraio. La solerte impiegata si era occupata delle non facili pratiche doganali per la sosta dell’auto in territorio nicaraguense, iter burocratico che aveva finito con l’impegnare un pò tutti all’Alpac per l’originalità del caso mai sperimentato prima dall’azienda di import-export. Fiduciosi di avere Jimmy in tempi brevi incrementiamo il nostro relax con un massaggio e l’amore …. peccato che la valigia mai arrivata all’aeroporto di Managua non sia ancora stata recapitata, contiene alcune cose indispensabili per chi come noi viaggia con bagagli sempre ridotti all’osso ! La ritrovata piacevole atmosfera del Tercer Ojo di Glenda ci fa star bene anche questa sera.. seduti nell’ampia terrazza di legno scuro, decorata con qualche pezzo di antiquariato indiano che si staglia sulle pareti viola ed il soffitto rosso fuoco, gustiamo le ottime pietanze della cucina fusion che Glenda propone …. un localino niente male per essere qui a Managua, dall’atmosfera vagamente mistica, unica e rilassante così come suggerisce il biglietto da visita. Certo non è semplice raggiungerlo in questa città dove le strade non hanno un nome per chi come noi non abbia con sè un biglietto da visita a meno che il taxista non conosca già il locale…. (“ El Tercer Ojo” 8875-5507 , del hotel Seminole 21/2c al Sur, zona Hippo’s, tel. +505 2277 4787).
19 Dicembre 2010
MANAGUA
Volevamo lasciare Managua al più presto e invece siamo ancora qui bloccati mentre là fuori tra le strade di questa orribile capitale non c’è proprio nulla che possa alleviare il peso del nostro soggiorno coatto.
24 Gennaio 2011
PORVENIR – WICHUBUALA
L’isola di Wichubuala entusiasma Catia e Paolo almeno quanto noi nel rivederla … il fascino di questo fazzoletto di terra emersa è innegabile e proporzionale al folklore autentico degli abitanti che l’hanno colonizzata per intero con capanne addossate ai bordi di stretti viottoli. La tipologia elementare a pianta circolare è ingentilita dalle sottili canne di bambù che si alzano dal perimetro sul quale debordanti capigliature di foglie di palma garantiscono l’ombra ma non un riparo dalla pioggia che qui scroscia copiosa nei mesi estivi. Dalle strette e basse aperture intravediamo nascoste dall’ombra le anziane signore intente a ricamare le loro molas o semplicemente ad oziare mentre dalle braci sotto i paioli si alzano i fumi che escono sfilacciati tra le canne. Le guance rosse di achote inquadrano il piccolo anello d’oro inserito tra le narici mentre file di perline colorate ricoprono per intero i polpacci sottili e le braccia … il look ricercato delle donne kuna si esprime anche nell’ abbigliamento semplice ma variopinto …. le camicie rese aderenti dalle tradizionali molas la cui arte si tramanda di madre in figlia ed un pareo a disegni verdi o gialli su fondo rigorosamente blu. I quartieri di capanne si aprono qua e la in piccoli slarghi occupati da grandi cespugli di Ibiscus o dagli alberi del pane i cui verdi frutti sferici irti di piccole protuberanze pendono pesanti dai rami…. e che sorpresa vedere l’albero delle calebasse i cui frutti sferici e vuoti vengono impiegati qui come in Africa per creare contenitori decorati a disegni policromi zoomorfi o stilizzati. Senza obiettivi particolari vaghiamo curiosi calpestando a piedi scalzi i viottoli sabbiosi dove qualche bambino gioca o fa il bagno sacrificato dentro una piccola tinozza di plastica. Alcune signore si affrettano dirette alla sala del consiglio, una capanna abbastanza grande da contenere su lunghe panche di legno buona parte degli abitanti dell’isola, presenti per ascoltare i discorsi educativi che ribadiscono le norme di comportamento da seguire in conformità alla radicatissima cultura tradizionale kuna…. insomma una predica vera e propria che ha tutta l’aria di essere noiosissima a giudicare dalle donne sedute nelle ultime file che se la passano ricamando le immancabili molas. Le sentiamo dapprima cantare e poi silenti a far finta di ascoltare uno dei capi del villaggio che le “rieduca” con voce aspra e tonante…. per par condicio domani saranno gli uomini ad annoiarsi… e forse per ingannare la noia intaglieranno qualche bastoncino di legno. Per non aumentare ulteriormente la scarsa attenzione che le signore offrono alle parole dell’educatore e soprattutto temendo un suo rimbotto proseguiamo verso la capanna delle migliori ricamatrici dell’isola ma poi seguendo lo stretto passaggio di pertinenza ritagliato tra le due capanne arriviamo casualmente nel laboratorio di Teo, il kuna artista ed ambientalista che oggi ci invita a seguirlo nel piccolo museo del quale è l’ideatore che raccoglie oltre alle sue opere alcuni degli oggetti antichi più rappresentativi raccolti sul territorio del grande arcipelago. Il racconto parte dalle quattro fasi della nascita della terra madre…. l’acqua è il primo elemento della creazione, poi il vento, il fuoco ed infine la tormenta. Figure intermediarie dei quattro elementi intercedono presso le quattro divinità per ottenere clemenza nei confronti degli uomini che devono vivere in armonia con la natura così come per le donne che come la madre terra sono generatrici della vita. Le donne sono concepite simbolicamente come alberi generatori di frutti ed essendo l’albero espressione della madre terra la donna più dell’uomo è vicina alla divinità suprema. Quando un bambino ha quattro giorni di vita la madre inizia a raccontargli le fondamentali nozioni relative al lavoro che farà … pescatore per i maschi e casalinga per le femmine che sempre si occuperanno dei figli, della casa e della preparazione del cibo. Quando un bimbo nasce la madre sotterrerà il cordone ombelicale nella terra e vi pianterà un seme che genererà un albero… a seconda della posizione della maggior quantità di frutti nelle quattro direzioni il bambino si dedicherà al mare o alla montagna e sarà più o meno intelligente. Durante la gravidanza la donna berrà quattro volte al giorno un infuso di erbe che la proteggerà dal dolore del parto e partorirà in ginocchio favorendo così l’uscita del neonato. Molte di queste tradizioni sono state abbandonate, ci dice Teo con una nota di disappunto, prima fra tutte il rispetto della natura che sta portando all’estinzione delle tartarughe ed al degrado delle isole a causa dei rifiuti che si depositano lungo le spiagge e nel mare…. a causa di ciò la madre terra, divinità suprema si vendicherà. Rapite dal fascino del racconto chiediamo di poter acquistare qualche Hucuj, gli amuleti di legno che vengono usati dagli sciamani per guarire dalle malattie o più in generale per proteggere gli individui… tra quelli in vendita mi conquista il Sulupaghi che rappresenta l’aquila l’ animale nel quale mi sono sempre riconosciuta e che nella cultura kuna protegge dall’emotività negativa e dai sogni inquietanti. Mentre l’Osis, la madre del mare qui rappresentata incatenata ad uno squalo martello vagamente rappresentato dalla forma naturale di una radice, mi proteggerà forse dai pericoli del mare tra i quali spero siano compresi gli squali ed i coccodrilli che sempre temo di incrociare durante le nuotate alle quali quotidianamente mi abbandono. Entrambi gli oggetti sono già stati utilizzati dagli sciamani ma dovrò entrare anch’io in empatia con gli elementi rappresentati da questi amuleti… lavando le due piccole sculture una prima volta con acqua nella quale avrò immerso le foglie di basilico e successivamente con acqua e cacao. Dopo quindici giorni dovrò invece bagnarle con acqua, basilico e cacao. Quando si saranno asciugate dovrò dipingerne le guance con l’achote, una pasta rossa ricavata macinando dei semi particolari ed ammorbidita con l’aggiunta di acqua della quale Teo mi dà un paio di palline. Catia è conquistata invece da un paio di oggetti di legno che simboleggiano un machete che offende e ferisce le negatività ed un pugnale stilizzato col quale si trita l’achote e col quale si può pugnalare le negatività…. entrambi da appendere sulla porta di casa. Un bel bottino!