25 Giugno 2008

WINNIPEG – ST. CLOUD

Stanchi di navigare nelle immense campagne canadesi, come naufraghi di una crociera senza fine, inseguiamo il nostro desiderio di varietà dirigendoci al confine statunitense, ad un centinaio di chilometri a sud di Winnipeg. Seguendo la 29 S arriviamo al border dove una poliziotta, piuttosto seccata per la nostra non comprensione immediata del suo americano sparato alla velocità della luce, ci invita ad entrare in un posto di controllo dentro un capannone appena oltre. Il pareo indiano un po’ fricchettone che copre le nostre valigie nel bagagliaio, deve averla insospettita almeno quanto i visti sui nostri passaporti di Mauritania e Mali. Fermiamo Carolina tra le due file di tavoli metallici e scendiamo dirigendoci verso i due poliziotti che ci stanno osservando attentamente. Ci chiedono di appoggiare il contenuto delle nostre tasche sul tavolo, quindi di girarci un momento per vedere se avessimo dimenticato qualcosa nelle tasche posteriori….frugano dentro la mia borsetta ed aprono la tabacchiera….a questo punto penso che smonteranno l’auto. Uno di loro ci chiede da dove veniamo e dove siamo diretti, noi naturalmente iniziamo a raccontare del nostro lungo viaggio… – perché viaggiate così tanto? – è il commento….- perché ci piace e gratifica la nostra curiosità – la risposta. – In quali rapporti siete?…quanto denaro avete con voi? Avete armi da fuoco? – l’interrogatorio sembra non finire più. Poi parlottano tra loro e tra le cose che si dicono capiamo che abbandonano l’idea di perquisire la nostra Carolina. Che fortuna! Ogni volta ho gli incubi per quelle due statue che ci portiamo ancora appresso dalla Colombia…sono talmente simili per tecnica e materiale agli originali precolombiani che quando dovemmo spedire Carolina da Cartagena a Panama i militari statunitensi chiamarono addirittura l’impiegata della sovrintendenza delle belle arti per capire se fossero reperti archeologici oppure no e prelevarono un frammento di pietra per verificare se non si trattasse di un impasto modellato al cui interno fosse nascosta la droga….si può capire perché ogni volta che ci troviamo alla frontiera statunitense mi venga il malumore! Andiamo all’interno degli uffici di frontiera per riempire il solito questionario su carta verde nel quale dichiariamo alcune cose tra cui il fatto di non essere individui sovversivi…Che scivolone di intelligenza questo questionario…come possono pensare che barreremmo la casella del SI anche se lo fossimo? Con i nostri due visti sui passaporti ci avviamo verso Minneapolis che però non raggiungeremo….otto ore di auto attraverso le campagne del Nord Dakota, sono più che sufficienti per oggi. Ci fermiamo per una sosta tecnica a St. Claud, dove occupiamo una camera, che odora come un posacenere usato, al “Super 8 motel”. Mangiamo un buon filetto ai funghi alla Steak House più vicina, quindi sveniamo distrutti sul letto…..tante ore di immobilità in auto distruggono più di una bella corsa!

26 Giugno 2008

ST. CLOUD – MINNEAPOLIS & SAINT PAUL

Seguendo la 94 E raggiungiamo il confine con lo stato del Minnesota e poco dopo le due città gemelle ( le twin cities ) di Minneapolis e Saint Paul, fuse in una unica metropoli ma le cui downtown distano ben 16 km.l’una dall’altra. Arriviamo a St. Paul piuttosto presto, verso le 11, ma poi la ricerca dell’hotel ci impegna per una buona oretta. Vanni aveva letto sulla guida di un particolarissimo B&B , il “Covington Inn”, l’unico in America ricavato da un rimorchiatore galleggiante e perennemente ormeggiato al pier 1 sul fiume Mississippi, proprio di fronte ai grattacieli svettanti della downtown di St. Paul. Andiamo per vedere se una delle suite è ancora disponibile…ma appena vediamo di cosa si tratta cambiamo idea senza nemmeno entrare, il tono troppo dimesso del piccolo rimorchiatore non giustifica il costo elevato delle suite, quindi optiamo per una tradizionale camera in un hotel del centro. La nostra bella camera d’angolo con vista fiume, posta al tredicesimo piano del Crowne Plaza è quanto di più confortevole potessimo trovare, ed il costo di 200 $ ci fa persino risparmiare rispetto all’opzione del rimorchiatore che vediamo dall’alto proprio di fronte a noi. La città di St. Paul sorge su un territorio leggermente ondulato ed è attraversata da grandi arterie di traffico che corrono in sottopassaggi o sopraelevate a solcare il cuore della città. L’ampio fiume Mississippi scorre proprio al margine del centro definendone il confine a sud, oltre il ponte le case mono familiari si mimetizzano tra la vegetazione della collina che vediamo inquadrata nelle due ampie finestre verso il fiume. Le altre due ci regalano una bella prospettiva sul fiume e più oltre sulla basilica di St. Paul, il simbolo della città che svetta nel suo stile neoclassico in cima ad una collina . Le due viste sono così invitanti che usciamo quasi subito, immergendoci nella city arroventata in questo caldo pomeriggio di fine giugno. La skyline di St.Paul ci appare articolata nei volumi squadrati dei grattacieli giustapposti alle cupole, nei vari stili, degli edifici antichi e delle chiese. Una città tranquilla, dove l’antico ed il moderno convivono in armonia. Sotto il sole cocente ci incamminiamo verso la cattedrale…nelle grandi città l’illusione della vicinanza degli obiettivi da raggiungere è una costante, quindi dopo aver percorso un bel po’ di strada in salita arriviamo di fronte alla chiesa e senza entrare passiamo oltre lungo la Summit Ave attirati dalle belle case vittoriane che sfilano sui due lati della strada come in un defilé d’altri tempi. Oltre il marciapiedi i giardinetti ben curati sono ombreggiati da alberi frondosi ed aiuole profumate. E’ una zona residenziale risalente al XIX secolo dove anche il magnate delle ferrovie dell’epoca fece costruire il suo possente “castello”, la James Hill house. Il panorama sulla città da qui è stupendo! Seguendo un percorso pedonale torniamo verso la downtown nei pressi della quale entriamo nel negozio di un rigattiere e compriamo due belle tazze da tè con impresso il logo della “Campbell soupe” che fanno tanto Andy Warol. Rientriamo stanchi a goderci il panorama dalle finestre della camera dalla quale usciamo solo all’imbrunire. Vanni si è fatto consigliare un localino dove ascoltare un po’ di jazz….Il portiere di colore statunitense non può sbagliare…e infatti dopo aver mangiato bene in uno dei tavolini all’aperto del ristorante “Great Waters”, adiacente al locale, scendiamo le scale che conducono all’”Artist’s Quarter” . Acquistiamo il biglietto d’ingresso di 8 $ ed entriamo nel locale interrato dall’atmosfera dark appena rischiarata dalle candele sui tavolini e dalle luci di scena. E’ intimo ed accogliente…e la “Pete Whitman Band” suona divinamente brani di loro composizione. Contiamo 6 fiati, batteria, xilofono, contrabbasso e pianoforte, insomma un gruppo numeroso che ci intrattiene per un paio d’ore. La e-mail di Pete è p-whitman@msn.com dovrò scrivergli per sapere da quale sito poter scaricare alcuni brani della band. Invece il sito nel quale vedere i concerti jazz in Usa è www.jazzpolice.com.

27 Giugno 2008

MINNEAPOLIS & SAINT PAUL

Ci svegliamo tardi…e dopo la colazione andiamo nella vicina Minneapolis percorrendo la grande arteria 94W per 10 miglia, fino al fiume Mississippì. Proprio a ridosso del fiume ed adiacente al Campus universitario del Minnesota, vediamo le lucide lamiere ricurve del Weisman Art Museum, un progetto di Frank.O.Gehry, ma non uno dei migliori. La collezione ospitata è interessante e prevalentemente di artisti americani del XX secolo Ci aggiriamo nelle sale dai bei soffitti articolati in volumetrie complesse, poi di nuovo a bordo, andiamo verso la bellissima downtown, la cui skyline mi fa scendere dall’auto diverse volte per fotografie on the road. Ogni inquadratura è un’emozione….e l’ultima scattata è sempre la migliore. Vista l’ insospettata bellezza parcheggiamo e ci inoltriamo tra la foresta di grattacieli, uno più intrigante dell’altro, a piedi, per avere tutto il tempo di goderci lo spettacolo. I vecchi grattacieli degli anni ’30 sono quelli che trovo più irresistibili, per i loro volumi addossati che vanno assottigliandosi verso l’alto…. per gli elementi decò nelle lesene, nei capitelli ed abbondantemente nelle modanature dei piani terra…sono bellissimi. Uno di essi ha come coronamento una sorta di enorme fiore stilizzato , o una grande corona scura …. mi ricordano alcuni sfondi dei film di Batman, o certi fumetti truci ambientati nelle metropoli americane. Inseguendo cristalli e pietre, acciai e mattoni, ci avventuriamo sulla 3rd Ave ritrovandoci poi sul margine settentrionale della downtown oltre il quale scorre il Mississippì. Una serie di vecchi edifici tra cui un mulino che ristrutturato è diventato l’importante “Mill City museum“(mulino della città), ne caratterizzano il tessuto, e testimoniano di quando Minneapolis era la capitale della macinazione del grano. Finalmente entriamo in uno dei vecchi silos che in Canada avevamo visti solo dall’esterno, ma ci troviamo intrappolati in un tour organizzato senza via di scampo all’interno della “flour tower”(torre della farina), senza capire una parola di quello che il nostro accompagnatore dice relativamente ai vari processi di lavorazione del grano. L’aspetto positivo è che abbiamo potuto vedere il fiume, e le piccole cascate che qui forma, da un punto di vista privilegiato, cioè dall’alto degli otto alti piani del silos. All’uscita un diluvio ci blocca per una mezz’oretta… il tempo di riuscire a fermare un taxi libero. Torniamo da Carolina, anche se la visita del centro città avrebbe richiesto altre due o tre ore, ed inseguendo la 94E ci troviamo vicinissimi al “Minneapolis Sculture garden” la cui visita, nonostante la pioggia, si rende a questo punto necessaria. Opere di Richard Serra, Moore, Calder ed altri famosi scultori sono ospitate sui prati del giardino, la più famosa è quella che rappresenta un grande cucchiaio contenente un ciliegione rosso…è una fontana ed occupa il centro di uno stagno…..che piacevole visita nonostante la pioggia! Di fronte al giardino troneggia il bellissimo Walker Art Centre, un museo di arte moderna americana che però sfiniti decidiamo di non vedere. Sarà un buon motivo per tornare un giorno in questa bellissima Minneapolis, più frenetica, vivace ed interessante della gemella St. Paul. Ceniamo al “Matty B’s Super Club”, dove il concerto country di James Curry accompagna i nostri buoni filetti di bue….un po’ caro, ma è a due passi dall’hotel e vi si respira una bella atmosfera, fatta di boiserie e sofà in pelle rossa.

28 Giugno 2008

MINNEAPOLIS & SAINT PAUL – MILWAUKEE

Partiamo con calma seguendo la 94 con direzione Milwaukee e dopo circa 50 km lasciamo il Minnesota per entrare nello stato di Wisconsin….Vanni ha in serbo una sorpresa per me della quale mi ha accennato ieri sera… Leggendo la guida più attentamente di quanto non abbia fatto io, ha visto che in Wisconsin ci sono diversi edifici progettati da Frank Lloyd Wright ed ha in mente di portarmi a vederne qualcuno deviando verso Spring Green dove, all’interno della vecchia abitazione dell’architetto, ha sede il centro visitatori . Il cielo intanto si fa sempre più cupo fino a grandinare e l’autostrada si trasforma presto in un grande parcheggio, con auto ferme sui lati ed altre che procedono come al rallentatore. Ci fermiamo anche noi per una decina di minuti, poi ripartiamo sotto l’acquazzone che non accenna a diminuire… L’estrema variabilità del clima di queste regioni ci regala poi qualche schiarita che restituisce plausibilità all’ipotesi della deviazione, che immaginiamo a questo punto più contenuta, per vedere almeno uno degli edifici della zona progettati dal grande maestro dello scorso secolo. C’è un cottage nei pressi di Lake Delton che implica una deviazione minima dalla 94, quindi andiamo….. dopo aver percorso una decina di miglia, ancora incerti di aver sbagliato strada per via delle indicazioni troppo sommarie del depliant, un gentilissimo signore con consorte ci affianca, scende dalla sua auto sotto la pioggia e chiede cosa stiamo cercando. Gli mostro il depliant e lui ci dà un paio di indicazioni…ma per essere proprio sicuro di essere stato chiaro, ci segue fino al primo cartello che indica il Seth Peterson Cottage, quindi molto gentilmente si congeda. Non è la prima volta, né immagino sarà l’ultima che ci capita di rimanere stupiti per la gentilezza squisita e senza riserve di alcuni statunitensi…è incredibile come alcuni di loro siano disposti ad aiutare il prossimo quando lo vedono in difficoltà…. Il cancello chiuso sulla strada di accesso al cottage preannuncia la brutta notizia confermata dal cartello che leggiamo…la visita è limitata alla seconda domenica di ogni mese. Tutti gli altri giorni il bellissimo cottage, del quale possiamo ormai solo vedere le immagini sul depliant, è occupato dagli ospiti paganti che lo affittano a 200 $ al giorno e che quindi desiderano si rispetti la loro privacy. Con le orecchie basse torniamo sulla nostra 94, diretti a Milwuakee….in fondo anche là ci sono un paio di edifici di Wright e nel corso del nostro soggiorno a Chicago l’anno scorso ne abbiamo visti almeno una ventina tra cui alcuni dei più famosi. Arriviamo allo Hyatt hotel di Milwaukee verso le 18… Oggi è sabato e l’hotel è in grande subbuglio per un meeting di sordomuti che vediamo gesticolare nella grande hall, e per i due matrimoni al mezzanino dei quali ci arriva la musica anche nella camera. La nostra porta si affaccia sul quarto ballatoio dell’ampio volume aperto sopra la hall e che si spinge fino al 22° piano. Lascio Vanni al computer ed esco per un sopralluogo nella città che ci era sembrata bella, osservata dall’alto nell’intreccio di soprelevate che abbiamo percorso arrivando. Raggiungo il ponte sul Milwuakee river e seguo il percorso pedonale che corre su una delle sue sponde…. mentre cammino sollecitata dal vento forte che si incanala tra gli edifici, osservo i motoscafi sfilare a bassa velocità sulle sue acque, ed i percorsi in quota chiusi da vetrate che lo attraversano, come ponti pedonali per la stagione invernale. Anche nelle città del Canada i ponti pedonali vetrati che collegano gli edifici sono frequentissimi, ne abbiamo visti ovunque, a creare un reticolo pedonale “caldo”più o meno esteso di collegamento. Quando la temperatura esterna raggiunge i -30°C deve essere comodo poter fare una passeggiata per uffici e negozi senza mai dover indossare il cappotto. Mi dirigo verso gli edifici storici di mattoni a vista del settore sud della downtown, poi verso il grande lago Michigan sul quale la città si affaccia. Il sole ormai calante regala tonalità di colore fantastiche ai mattoni dei vecchi edifici e ce n’è uno in particolare che mi conquista, il Milwaukee Gas Light Building. E’ un grattacielo degli anni ’30 progettato dall’ architetto Eschweiler e che termina con un coronamento consono….una sorta di lanterna traslucida che un tempo doveva essere luminosa. Una bellezza! Più oltre, a ridosso del lago ecco il pezzo forte della città, il Milwuakee Art Museum dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava ….una sorta di capolavoro, sospeso tra architettura e scultura, assolutamente bianco, le cui forme esprimono il dinamismo come di un uccello che stia per spiccare il volo. Ceniamo al Pub dell’edificio Wells Fargo sulla Wisconsin Ave, proprio sul fiume, all’aperto….ci sacrifichiamo nonostante il vento e la temperatura che continua a scendere perché è questa la migliore quinta possibile per assistere ad uno dei concerti del Summerfest che vivacizza la città con musiche e divertimenti per una decina di giorni tra giugno e luglio….una bella fortuna essere arrivati qui proprio adesso! Gustiamo gli ottimi cibi a suon di Jazz, mentre accanto a noi scorre il fiume. Come stelle questa sera solo le luci della città.

29 Giugno 2008

MILWAUKEE

Approfittiamo della bella giornata di sole per visitare il pezzo forte di Milwuakee…. il museo d’arte di Calatrava… lo raggiungiamo verso mezzogiorno con una bella passeggiata tra le vie del centro…. Lo vediamo incomprensibilmente immobile, con le ali dispiegate come per spiccare il volo verso il lago a pochi metri….il disegno di questa architettura, come molte altre di Calatrava, rimanda con evidenza, all’anatomia dei volatili, questo in modo particolare. Un sistema idraulico di martinetti infatti, gestisce l’apertura e la chiusura di una struttura simmetrica a forma di ala, che quando aperta, lascia passare la luce naturale nell’ampio foyer del museo, se chiusa, ne protegge le vetrate e crea l’oscuramento interno. Calatrava è davvero geniale e noi siamo fortunati a vedere funzionante il delicato meccanismo di movimento che per esempio nel planetario della città della scienza di Valencia era in panne. Alle 12 in punto l’unico show della giornata di chiusura e riapertura della copertura ad ali ha inizio, introdotto da uno stacchetto musicale. Poi ecco che lentamente le due falde composte da bianchi cilindri paralleli di dimensione decrescente, iniziano il lento movimento di discesa, come dita di una mano che si chiude ad iniziare dal dito mignolo. Uno spettacolo davvero unico che si conclude dopo una decina di minuti con la riapertura completa delle falde. Contenti di aver partecipato all’evento di quest’architettura in movimento, entriamo nel foyer. E’ come essere nel becco di un uccello gigantesco che si conclude verso il lago con una vetrata curvilinea a 180°. In alto il soffitto che segue una curva parabolica è pieno di piccole finestre a nido d’ape che lasciano penetrare la luce diffusa all’interno del vasto atrio. Ci perdiamo poi nelle sale del museo che oltre ad ospitare una mostra temporanea dei londinesi Gilbert & George, ha una ricca collezione di arte moderna e contemporanea. Ci abbandoniamo ai colori delle tele, alle divertenti installazioni interattive ed alle sculture per un paio d’ore, dopo di che, essendoci persi di vista, iniziamo a cercarci tra il labirintico percorso della mostra, per ritrovarci solo dopo una mezzora di estenuanti ricerche. Beviamo un tè accompagnato da torta di cioccolato alla caffetteria del museo poi usciamo, soddisfattissimi per questa giornata ben spesa, che ci ha arricchiti di energie nuove e di felicità. Visto che il tempo è cambiato di nuovo e la temperatura è scesa decidiamo di cenare nel ristorante girevole dell’hotel, solo 16 piani sopra la nostra camera. La magnifica vista su Milwaukee al tramonto e la buona cena accompagnata da un profumato Sauvignon della Nuova Zelanda chiudono in bellezza questa fantastica giornata dedicata all’arte nelle sue molte forme espressive….vino incluso.

30 Giugno 2008

MILWAUKEE – CHICAGO

Prima di lasciare la città dedichiamo un paio d’ore alla ricerca e quindi alla visita della mitica Harley – Davidson, che regala sogni agli americani fin dal 1903 ed il cui stabilimento, situato nell’area Nord-Ovest di Milwaukee, al 11700 di W Capitol Dr, è aperto al pubblico con visite guidate. Nel parcheggio antistante le cromature di decine di moto brillano sotto il sole di mezzogiorno….va da sé che gli operai arrivano al lavoro a bordo delle loro Harley, perché questa moto, per loro come per noi, non è solo un mezzo di trasporto, ma rappresenta un atteggiamento nei confronti della vita….ben descritto dagli scrittori della Beat Generation come Kerouak. La parte più interessante della visita peraltro piuttosto tecnica, è stata quella che ci ha visti salire in sella ad un paio di stupendi modelli, nuovi fiammanti ed un po’ stesi come piacciono a me, con il manubrio largo ed i due specchietti cromati laterali….mi sono sentita benissimo a cavalcarne una….rossa e con un accenno di fiamme disegnate sui due lati del serbatoio….wow ….che bella sensazione!
Entriamo a Chicago con qualche difficoltà legata al traffico intenso ma poi, mentre su Carolina procediamo paralleli alle acque blu del lago che vediamo popolato di vele spiegate, ci si spalanca davanti agli occhi una delle più belle skyline del mondo. Entriamo dentro la città, accolti dai giganti di acciaio e vetro, così ben disegnati e così possenti …quegli stessi che un anno fa avevano tanto colpito la nostra immaginazione ed il nostro cuore. L’hotel è sempre lo stesso di allora, il “Grand Park” al 1100 di Michigan Ave, ed anche la camera vista lago del settimo piano…tanto per non essere abitudinari! La novità la riserviamo per la cena…è un ristorante che si affaccia sul canale… lo Smith & Wollensky al 318 di North State Street…..siamo ospiti di Luigi Negroni, un amico di Vanni, nonché fratello di Alberto e Marco che talvolta vediamo in Italia. Dopo aver lasciato le cucine del San Domenico di Imola più di 20 anni fa, si è trasferito qui ed ha iniziato a lavorare, sempre come cuoco, tra la California e Chicago….Il ristorante di questa sera è uno dei migliori della città dove mangiare carne ed assaporare ottimo vino, ci dice….ma anche la serie di dolci che ci viene proposta a fine serata è un’escalation di piacere per le nostre papille che come impazzite si trastullano tra le creme, i sorbetti e le marmellate dello chef. La serata in compagnia di Luigi scivola con piacere verso la tarda serata, arricchita di racconti ed aneddoti tipici di chi come lui conosce mezza Chicago e conduce una vita sopra le righe qui ed altrove. Quando usciamo, verso mezzanotte, siamo sotto i grattacieli che risplendono di luce.

01 Luglio 2008

CHICAGO

Ci svegliamo ad un’ora allucinante…è quasi mezzogiorno!….ma il tempo per le nostre coccole ce lo prendiamo, poi usciamo e camminando tra la folla nel parco sul lungomare facciamo un ripasso delle cose che più ci erano più piaciute mesi fa…come la grande scultura a fagiolo di Anish Kapoor che riflette deformandoli i grattacieli sulla Michigan, o la divertente fontana di Jaume Plensa, due parallelepipedi di mattoni di vetro alti circa 15 metri, sui quali sono retro proiettate immagini video che appaiono sotto la caduta d’acqua….per non parlare del meraviglioso padiglione di Frank Gehry , una sorta di sofisticata acconciatura metallica di fasce argentee, il cui palco accoglie le esibizioni musicali della Grant Park orchestra. Non ancora ultimato invece l’ampliamento firmato Renzo Piano, dell’ “Art Institute of Chicago”…..sembra di fare una sorta di direzione lavori con cadenza annuale. Il pomeriggio prosegue alla grande con una escursione in barca sul canale dalle acque verdissime che taglia in due il centro città. Il tour è organizzato dalla “Chicago Architecture Foundation” ed offre prospettive sempre diverse della selva di alti edifici che affollano il Loop, il cuore della Downtown. Mentre ci spostiamo lungo il canale, vediamo anche i bellissimi ponti basculanti di ferro che lo attraversano….devono essere piuttosto vecchi visto l’aspetto, ma avendo capito un 2% di quello che la speaker della fondazione ci diceva nel corso del tour, non saprei proprio dare loro un’età esatta! Un consiglio d’oro quello che ci ha dato Luigi ieri…ma Vanni ne esce con una sorta di insolazione, io con almeno una cinquantina di foto ed un bel sorriso! Ceniamo al “Sushi Oysy Izagaya”, a due passi dall’hotel sulla Michigan dove tutto è buono, compresa la tartare di tonno e la soft shell crab tempura per la quale Vanni impazzisce. Si tratta di granchi che fritti nella pastella con il loro guscio, risultano comunque morbidi….miracolo giapponese?

02 Luglio 2008

CHICAGO

Il vento forte ci sorprende appena fuori dalla porta dell’hotel e ci fa avanzare a fatica lungo la Michigan ave. Che strana giornata quella di oggi…il cielo è bianco di foschia, fa caldo e soffia un vento micidiale….risultato….mani gonfie ed una grande fatica a fare qualsiasi cosa….compreso camminare, figuriamoci controvento! Il programma di oggi è di salire sul grattacielo più alto degli Stati Uniti, per osservare la città dall’alto….insomma la vogliamo proprio vedere bene questa Chicago. Camminiamo tra le strade del centro verso l’edificio per il quale non serve avere l’indirizzo….basta osservare il cielo e seguire la direzione del suo volume nero, coronato da due grandi antenne bianche….la cosa più alta visibile in città. Entriamo su uno dei lati, dove un cartello giallo indica lo Skydeck, l’ingresso per l’ultimo piano…superiamo i controlli di sicurezza ed assistiamo obbligatoriamente alla proiezione di un filmato relativo alla storia della Sears Tower…ora sappiamo tutto: < commissionato dalla Sears Roebuck and Co. (una catena di grandi magazzini, fu progettato da Bruce Graham e Fazlur Khan della Skidmore, Owings and Merrill (SOM). La costruzione prese il via nell’agosto 1970 e la massima altezza fu raggiunta meno di 3 anni dopo, il 4 maggio 1973. La struttura della torre è composta da 9 grandi tubi quadrati, affiancati, di varie altezze che la rendono assolutamente asimmetrica.> La costruzione è composta da 110 piani, all’ultimo si trova l’ osservatorio nel quale siamo finalmente arrivati . …..una lotta fra titani questa! Gettonatissimo dai turisti l’ osservatorio è affollato, ma la superficie delle vetrate è abbastanza estesa per dare a tutti l’opportunità di godere di una vista a 360° sulla città più bella degli USA e noi ne approfittiamo spostandoci da un lato all’altro e cercando di individuare tra i giganti, quelli che ci sono più familiari. Ancora una piccola fila per guadagnarci un paio di posti sull’ascensore in discesa, e siamo tra il vento e la folla della città…diretti alle fontane del Millennium Park….poi mentre scatto qualche fotografia ci perdiamo. Ci ritroviamo dopo una mezzora in hotel, dove rimaniamo mentre fuori il cielo è sempre più scuro e nell’aria si percepisce odor di temporali….proprio questa sera che avevamo deciso di andare al concerto delle 20 al Pritzker Pavillon di Gehry! Vedremo….La pioggia arriva all’ora esatta rispetto alla previsione in tv, ma poi termina in una decina di minuti e così ci incamminiamo verso il padiglione per assistere al concerto. Gruppi di persone hanno allestito dei tavolini da picnic con cibo e bottiglie di vino sul prato antistante la platea….visto l’orario, in attesa che lo spettacolo abbia inizio. Ci sediamo in un paio di sedie rosse della platea ed iniziamo ad osservare la bellezza del guscio metallico, che sta come un gioiello luccicante collocato sul prato….mentre le sue superfici satinate si colorano via via delle luci azzurre e viola che le colpiscono. Lo spettacolo inizia puntuale alle otto, con il direttore d’orchestra che indossa una giacca bianca troppo abbondante e si muove senza lo stile rigoroso dei nostri astri della musica classica…. Ma per noi non è così importante l’aspetto musicale della serata…siamo venuti in realtà solo per assistere allo spettacolo che Gehry progettando il padiglione mette in atto ogni giorno ed ogni sera, anche nel silenzio totale di una notte d’inverno. Dopo tre brani di musica classica americana ascoltati ed una ventina di minuti di passeggiata siamo di nuovo al Sushi Izagaya di ieri, a mangiare la gustosa tempura di Soft shell crub e molto altro….una squisitezza!


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