33 Bali Island
03 novembre 2015
SEMARANG – BALI
Alle ore 14.30, poco prima del nostro atterraggio a Bali esplode a nostra insaputa il vulcano Rajani sulla vicina Isola di Lombok. Ancora non sappiamo cosa ne sarà del nostro volo di domani, ma non avendo precedenti esperienze in questo senso siamo ottimisti.
04 novembre 2015
BALI
L’allestimento squisitamente orientale della reception del resort Puri Sangrian di Bali, abbellito con composizioni di fiori carnosi e delicate orchidee bianche è diventato il purgatorio degli ospiti in partenza, tutti seduti come noi sui comodi sofà in attesa di buone notizie da parte dell’impiegato che ad ogni richiesta controlla sul web lo stato di operatività delle rispettive compagnie aeree. La risposta definitiva arriva direttamente dal tabellone delle partenze nell’atrio dell’aeroporto Denpasar che abbiamo nel frattempo raggiunto. Tutti i voli sono stati cancellati per via della nube di cenere generata dall’esplosione del vulcano della vicina isola di Lombok e la nostra compagnia Singapor Airways ci offre la sistemazione per la notte all’hotel Paradise Beach di Sanur in vista del possibile volo di domani. Bellissima la passeggiata sul lungomare.
05 novembre 2015
BALI – SINGAPORE
L’aeroporto sarà operativo solo a partire da domani mattina, leggiamo nella lavagnetta collocata per l’occasione nell’atrio dell’hotel attorno alla quale c’è ora una gran ressa di viaggiatori delusi, ma già alle 14.30 arriva la notizia della riapertura. E’ così che Vanni riesce ad intrufolarsi nel primo volo disponibile per Singapore dove infine ci areniamo a causa del ritardo del volo Lufthansa per Francoforte che partirà solo alle 10.05 di domani mattina. Dormiamo nell’hotel ad ore all’interno dell’aeroporto.
06-07 novembre 2015
SINGAPORE – FRANCOFORTE
Il volo Lufthansa parte in ritardo ed arriva a Francoforte alle 17.30. Cancellato a causa dello sciopero il nostro volo in coincidenza per Bologna finiamo in coda alla lunga fila di passeggeri in attesa di ricollocamento sui pochi voli disponibili. Infine dopo l’ennesimo volo annullato decidiamo di tornare in treno a Bologna che raggiungiamo solo la sera del 07 novembre con due giorni di ritardo dopo aver attraversato gli incantevoli territori della Baviera tedesca, i bellissimi paesaggi lacustri e le ordinate cittadine che profumano di birra … e i bagagli?
07 settembre 2016
BALI
La densa nuvola nera di fumo ed il rombo del motore spinto al massimo si diffondono dietro il muro di confine del convento delle suore Canossiane di Bali seminando lo scompiglio nel luogo prima sospeso nel silenzio della preghiera al crepuscolo. In due minuti le due signore basse, scure e vestite di bianco uscite dall’edificio salutano cordialmente, contente di liberarsi dell’ingombrante auto che ha occupato per dieci mesi la loro tettoia, seppur dietro la dovuta offerta di compenso. Asia ha il sapore dolce di un ritorno a casa, la sacca e le guide abbandonate sul sedile posteriore conservano l’odore intenso del viaggio, del collegamento al mondo che dà dipendenza come l’essere on line. Pius è l’Indonesia condivisa, il nostro amico, interprete e compagno di viaggio arrivato in aeroporto da Kupang in coincidenza con il nostro atterraggio da Bangkok, il sincronismo perfetto sembra la promessa di un viaggio senza intoppi che si snoderà fino all’ambizioso obiettivo di Medan dopo aver attraversato le isole di Jawa e Sumatra. Ora invece c’è Bali e lo stordimento del viaggio che ha creato il vuoto da riempire, la pagina bianca sulla quale iniziare a scrivere … la prima notizia di cronaca di questo diario è che è iniziata oggi la settimana di festa religiosa hindù di Galungan ed ogni famiglia questa mattina ha ucciso un maiale.
08 settembre 2016
GIANYAR – DOMPU
La Green Papaya home stay, isolata nella campagna limitrofa alla più nota cittadina di Dompu è la sistemazione di benvenuto che Pius ha organizzato per noi. Quattro camere pulite che si affacciano sul giardino interno dove qualche fiore di Frangipane, caduto ancora fresco dagli alberi, emana il suo intenso profumo. Inutile ogni tentativo di Vanni e Pius per trovare un lavaggio auto aperto, questo è il secondo dei dieci giorni di festa, sacrosanta per molti balinesi e le auto dei locali sono già state tirate a lucido per ricevere sulla targa anteriore la ghirlanda votiva che vi sarà fissata. Bali in festa è un bel regalo, tutte le strade sono decorate con i caratteristici Penjor, le elaborate composizioni fatte con le parti più sottili e fresche delle foglie di palma intrecciate a formare dei lunghi pendagli che scendono dalla cima delle canne di bambù ricurve verso il centro delle strade. Esposti alla brezza e complicati dai colori di qualche fiore sono un bel prodotto dell’artigianato locale nonché simbolo di fertilità, per questo motivo ogni famiglia espone il suo Penjor di fronte alla propria casa nello stile particolarissimo del quartiere di appartenenza. Il fermento dei fedeli è dentro e fuori i templi, vestiti con i parei batik a disegni scuri e la rigorosa camicia bianca. I templi più piccoli interrompono i fronti compatti dei piani terra, li intravediamo oltre i piccoli portali di mattoni a vista arricchiti da volute quasi barocche e dalle due sculture di pietra grigia posizionate sui due lati dell’ingresso, figure mitologiche di animali immaginari. Oltre la soglia il muro dotato del piccolo altare impedisce la vista dal marciapiede creando un alone di mistero sull’invisibile che è dentro al cortile e che noi per una forma di rispetto non violiamo. Le offerte di fiori, cibo e sigarette danno poi quella sferzata di colore che rende l’immagine finale irresistibile. Per allinearci alla rilassatezza della quale Bali sembra intrisa approfittiamo del servizio offertoci dalla homestay e ci dirigiamo in taxi alla vicina Dompu come in parata sotto i penjor che si muovono ad ogni alito di vento. Intanto le case ed i tempietti famigliari si susseguono con le brevi interruzioni dei verdi campi di riso fino alla città più bella d’oriente, allo stesso tempo mistica e vivace. Infine preceduta dal crepuscolo che accende i colori la cultura balinese ci fa sognare nel corso dello spettacolo delle danze tradizionali che accompagnano la rappresentazione della storia epica di Mahabrata. Svoltosi sullo sfondo di un prospetto antico all’interno del bellissimo e suggestivo Palazzo del Sultano ricco delle ridondanti decorazioni di pietra, cornici e sculture dei mitologici custodi.
09 settembre 2016
GIANYAR
Dopo la colazione in giardino, allestita sotto il frangipane che ha dispensato fiori da poco caduti anche sul tavolino, con il buonumore che dà una notte di riposo ininterrotto, partiamo con comodo per la visita dei due templi tra i più belli dell’isola. Il Tanah Lot costruito sullo scoglio che lo contiene a fatica ed isolato dall’alta marea è per la sua collocazione pittoresco quanto la costa rocciosa che battuta da onde potenti si snoda nera a perdita d’occhio. Lontano dal dualismo potente tra la natura selvaggia ed il misticismo del primo tempio, Il Pura Taman Ayun Mengwi, è ordinato e sembra galleggiare sull’acqua verdastra ed immobile dell’ampio fossato che circonda l’ampio piazzale rettangolare. La foresta spontanea fa da sfondo alle alte pagode vegetali e scure di altezze degradanti che svettano sugli edifici più bassi dedicati al culto. Non potendo accedervi percorriamo in compagnia di Pius il sentiero, scavato dai turisti più curiosi, che corre tutto attorno al muro di cinta e scattando le tante foto ci accorgiamo che grazie all’ordine rigoroso della composizione tutto è stranamente visibile in un unico colpo d’occhio. Puntiamo ora a Nord, verso le famose risaie a terrazze di impianto antichissimo, verdi e complesse nel loro degradare verso la valle sottostante, i profili sinuosi dei loro muretti di argilla risaltano sul verde acceso delle piantine mentre gli stretti passaggi larghi quanto un solo piede consentono di percorrerle durante la stagione della raccolta. Irrigate da complessi sistemi a caduta sono irresistibili da ogni angolazione le si guardi, così tanto da giustificare il pagamento del pedaggio lungo la strada di scorrimento che le rende visibili. Il breve diversivo sfuma presto nella consuetudine delle strade addobbate a festa, qui complicate da tempietti votivi che servono a scacciare la mala sorte fissati alla base delle pertiche dei Penjor. Anche i bambini si sono organizzati in gruppi e sfilano producendo suoni con i loro strumenti musicali, un paio di loro indossa il costume a forma di animale mitologico che assomiglia contemporaneamente al cavallo, lo yak ed il drago. L’incalzare dei tamburi si diffonde nelle strade ed i templi si animano di fedeli in costumi tradizionali, per noi tre non ancora avvezzi è come entrare nel set di un sogno. Ceniamo al Nomad di Ubud, il ristorante con terrazza già adocchiato ieri per il bel sapore sospeso tra la tradizione ed il fashion, ci era sembrato una promessa fin dal primo sguardo, promessa mantenuta anche dal menu di specialità balinesi e indonesiane squisite. All’ingresso, illuminato da un fascio di luce, dà il benvenuto il busto di legno del signor Nomad che ha al collo una ghirlanda di sgargianti garofani arancioni e sferici. Gli stessi visti nel pomeriggio in vendita nel mercato dei fiori lungo la strada, rigorosamente senza stelo, erano contenuti in grandi sacchi bianchi appoggiati sul marciapiedi, come i petali di bouganville di tutti i colori… è strano per noi vedere in vendita i soli petali, eppure ne siamo rimasti incantati quando li abbiamo visti galleggiare in vasche d’acqua o composti in piccoli cestini vegetali.
10 settembre 2016
GIANYAR
Evocato probabilmente da quello terapeutico di ieri al piede che ancora non guarisce, mi sono svegliata con il desidero un bel massaggio full body. Era stato il gentile proprietario della nostra homestay a consigliarmi e poi ad accompagnarmi da un signore che manipola gli arti doloranti dei clienti all’interno della sua casa tempio. Seduto a gambe incrociate sulla piattaforma-altare, senza proferire parola e con lo sguardo fisso di fronte a sé mi aveva afferrato il piede lo aveva magistralmente valutato, toccato, ruotato, tirato fino a farlo scricchiolare. Il Bokashirub oil frizionato un paio di volte al giorno farà il resto aveva detto prima di congedarci. Ora invece, siccome al Green Papaya ogni desiderio è un ordine soddisfatto con estrema cortesia, l’insostituibile padrone di casa ci ha recapitato una signora abitualmente impegnata alla spa di Ubud per un bel massaggio balinese, full body come da progetto. Sull’onda del relax Vanni ha poi deciso di rimanere a casa per avere il tempo di fare un check ad Asia e raccogliere qualche informazione circa il percorso migliore per raggiungere il porto di Gilimanuk dal quale tra qualche giorno salperemo per raggiungere l’isola di Jawa. Io e Pius invece andiamo in missione esplorativa del non visto in zona, ed eccoci in breve al Sacred Monkey Forest Sanctuary a Padangtegal, il complesso di tre templi sommersi dalla foresta popolato dei makaki ai quali è dedicato e se non fosse invaso dai turisti potrebbe sembrare il set di uno dei film avventurosi di Indiana Jones. Sono una moltitudine questi spassosi animaletti che si collocano tra le decorazioni dei templi trovandosi faccia a faccia con le sculture ed i bassorilievi che ne riproducono le sembianze. Situazioni quasi alienanti per loro quanto lo è l’affollamento per noi, che snatura questo incredibile luogo sacro a loro dedicato, verde, pittoresco e selvaggio. A questo punto torniamo a Dompu che ci attrae come una calamita, e con la scusa di visitare il suo tempio Pura Taman Saraswati preceduto da due grandi e suggestive vasche piene di ninfee ci ritroviamo a passeggiare lungo il corso principale in cerca di qualcosa di interessante da vedere e così dopo aver saccheggiato il negozio Polo per il Vanni a corto di magliette, troviamo alla Nacivet Arts Gallery dei mappamondi di legno di irresistibile bellezza. I globi di teak presentano le irregolarità del legno ma i continenti sono scolpiti perfettamente in bassorilievo sugli oceani colorati di nero o di bianco. Stupidamente resisto all’acquisto già sapendo che me ne pentirò per sempre. www.nacivet.com – contact@nacivet.com.
Torniamo per cena al Nomad, con i suoi tovaglioli di Batick, il busto di legno con ghirlanda ed una serie di appetizer balinesi spettacolari. Mentre degustiamo le pietanze il discorso vira sulla partenza di domaniche Vanni vorrebbe anticipare alle 8.30 … impensabile.
11 settembre 2016
GIANYAR – LOVINA
Prima della partenza vengo di nuovo accompagnata dal fisioterapista tradizionale che abita nella casa tradizionale costruita come un tempio, tanto che l’altro ieri ne rimasi così impressionata da considerare quel bravo manipolatore non più di un guaritore al quale ci si rivolge per ottenere un miracolo piuttosto che un aiuto concreto. La casa è dispersiva ed in controtendenza con l’attuale pianificazione che vede una maggiore densità nei centri abitati occupa un lotto troppo grande. Gli edifici grandi e piccoli, tutti in mattoni rossi posati senza fughe sono arricchiti con arzigogolati decori di pietra e si collocano con agio all’interno dell’ampio cortile. Oggi però sotto l’alta pedana coperta dal tetto a pagoda il posto accanto al teppetino di plastica a fiori è vuoto, il fisioterapista che immaginavo statico come la casa è invece uscito in missione. Salta così la mia seconda seduta di manipolazione alla cui utilità credo ora ciecamente. Partiamo alle 11.00 in direzione Nord, per raggiungere come prima tappa il Tempio ai piedi della montagna, il pura Luhur Batukau la cui bellezza è piuttosto nelle delicate melodie prodotte da un numeroso gruppo di percussionisti che si diffondono ovunque per accompagnare la cerimonia che si sta svolgendo ora oltre il portale per noi giustamente invalicabile. Del tempio intravvediamo però alcuni degli accessori legati al culto come gli slanciati ombrelli bianchi e gialli che spuntano oltre il muro di cinta. Non resta che osservare chi arriva, come le signore che camminando mollemente senza fretta portano in equilibrio sulla testa le scatole di rafia piene di offerte. Indossano le camicie bianche ed i parei scuri che anche noi abbiamo legato in vita per poter accedere anche solo alle aree più marginali del tempio. E’ camminando lungo uno dei sentieri che scendono dalla sua sommità che vediamo i profili in ombra di un paio di fedeli con copricapo e pareo stagliarsi neri sul lago incastonato nella foresta. L’immagine mi rimanda immediatamente al gioco delle ombre di quando ero piccola inserito qui in un pittoresco contesto naturalistico che per la sua grande bellezza merita di essere ricordato attraverso lo scatto di fotografie a raffica ed anche Pius diventato nel tempo vanitosissimo dedica allo sfondo una serie di selfie. Di nuovo in auto percorriamo la strada sinuosa che serpeggia sui rilievi dei vulcani conici ed osserviamo altre risaie a gradoni perdersi nella debole foschia di oggi, sono più recenti ma per noi sempre di grande fascino. Pura Ulun Dalu Bratan chiude la lunga serie di templi visitati a Bali e lo fa con stile, costruito su quella che sembra una zattera di pietre dalla quale parte l’alta pagoda è abbastanza contenuto da poter essere considerato come un gioiellino che galleggia nei pressi della riva dell’ampio lago dove sembra essere naufragato, le montagne fanno da cornice. La cittadina di Lovina, che raggiungiamo nel tardo pomeriggio, si trova nella parte Nord dell’isola di Bali lungo la strada costiera che sfiora il mare. Abbiamo prenotato due camere in una guesthouse del “Centro” come è chiamata la breve strada dove si trovano le attività turistiche del paese, che partendo dalla litoranea porta alla spiaggia di sabbia nera e quindi al mare. Riusciamo ad entrare nella strada chiusa al traffico dal posto di blocco dell’esercito, un attimo prima dell’arrivo della parata in costume che sembra riassumere l’intero caleidoscopico patrimonio estetico della tradizione balinese. Siamo casualmente arrivati nel momento dell’apertura del Festival che si protrarrà per un paio di giorni, una sorta di benvenuto in maschera che la cittadina di Lovina ha voluto regalarci, con musiche, danze e costumi di incredibile bellezza completi di alti copricapi colmi di frutti o fiori e altro. Ceniamo in un localino lungo il Centro ora svuotato della folla di visitatori e della colorata vivacità di poche ore fa.
12 settembre 2016
LOVINA
Nemmeno il festival riesce a dare grinta alla piccola località balneare ancora sopita, eppure c’è un gran fermento questa mattina attorno alle decine di barche snelle a due bilancieri che avevamo viste ormeggiate a due passi dalla riva. Vogliono tutti vedere i delfini che hanno reso Lovina una delle mete da non perdere durante il soggiorno a Bali, tutti tranne Vanni che alle 5.30, subito dopo il suono della sveglia decide di non partecipare alla caccia al delfino. Pius invece è puntuale alla reception, curioso di vedere e di fare viaggiare anche Regina con le foto che scatta e gli immancabili selfie che le invia. Siamo sempre insieme, tanto che ieri sera, durante l’aperitivo in un locale sul lungomare la coppia di francesi residenti come noi all’Hotel My Lovina, non avendo mai visto Vanni, devono aver pensato che Pius fosse il mio toy boy e provocato con il saluto negato e l’espressione di disappunto il nostro grande imbarazzo. Ora però siamo in mare, seduti sulle traversine di legno della barca a cinque posti larga poco più di noi tenuta in equilibrio dai due snelli bilancieri bianchi che risaltano sui colori accesi della carena. Il mare ed il cielo sono ancora dello stesso colore perlaceo nei toni slavati dell’azzurro e del rosa delle celebri ninfee di Manet. Lo spettacolo esplode quando le decine di barche spingendo al massimo la potenza dei motori iniziano a muoversi tutti nella stessa direzione per poi cambiarla bruscamente come banchi di sardine. Stimolati dal rumore in movimento i delfini sono poi arrivati in gruppi a mostrare i loro dorsi inarcati nel movimento che continua a sorprendere ad ogni avvistamento. I boati di entusiasmo del pubblico si susseguono per tutta la durata della corrida con virate a rischio di collisioni e di probabili agganciamenti dei bilancieri che si sfiorano in questa che sembra una gara tra riders. Solo ogni tanto ci distraiamo dall’azione per osservare invece la bellezza della scena, e dell’illusione che danno i bianchi legni curvati a sostenere i bilancieri che fanno sembrare le barche degli insetti fantastici galleggianti sulla superficie ora nera del mare e sullo sfondo verde delle basse montagne. Alle otto invece rimane una giornata da inventare e senza la compagnia di Pius che è andato con Vanni per la messa a punto del condizionatore di Asia. Che fare? Il massaggio balinese non ha riempito la giornata ma ne ha piacevolmente impegnata un’oretta, il resto lo ha fatto la curiosità a tutti i costi e la macchina fotografica che invitando ad osservare aiuta a trovare la bellezza anche nelle cose meno attraenti.
13 settembre 2016
LOVINA – PEMUTERANG
Ieri pomeriggio, dopo la conclusione dell’operazione aria condizionata andata a buon fine, abbiamo lasciato la triste Lovina ed abbiamo raggiunto Pemuterang, un nome sulla carta geografica cui corrisponde sul web un lungo elenco di Hotel e Resort. Arrivando avevamo trovato esagerato l’alto numero di strutture turistiche per la sola vicinanza al Palau Menjangan eppure non poteva rappresentare una tentazione per i turisti la spiaggia scura che abbiamo percorso in parte verso sera. Oggi invece sono le 8.30, un orario accettabile per svegliarsi e Vanni deve aver maturato un debole senso di colpa per via della rinuncia di ieri ai delfini, è quindi lui ad accompagnarmi all’isola mentre Pius deve tornare in missione a Lovina per acquistare una bombola di quel gas introvabile per l’aria condizionata di Asia. Partiamo in sei. Sulla barca che è quasi un motoscafo ci sono le bombole per le due ragazze che faranno diving, i nostri cestini per il pranzo e le mute che potremmo indossare. Siamo fortunati pensiamo, sono tutti molto educati e discreti ed abbiamo una gran voglia di nuotare sui coralli che però sono tutti morti ed anche i pesci fanno quello che possono. Ma nuotare dà energia ed il sole ci dà gioia, fino a quando qualcosa con una sola frase si rompe ed il rapporto con Vanni si interrompe forse per sempre, come un tessuto sfibrato cui viene strappato anche l’ultimo filo che lo tiene unito. E’ come se una bomba fosse esplosa accanto a noi ed avesse amputato una parte del mio corpo, eppure questa separazione è ciò che entrambi desideriamo ora sopra ogni cosa, è la nostra urgenza. Per qualche minuto l’unico a soffrirne sembra essere Pius che rimane basito senza sapere se restare o tornare a casa da Regina, poi la dimensione della tragedia prende forma e, partiti Vanni e Pius verso la loro meta a me sconosciuta, la solitudine inizia a fare il suo dovere tormentandomi per ore fino a quando circondata dai Kleenex decido di ripiegare sul massaggio Jawa Spa e di cenare poi al Warung Sekar Sari, il ristorantino vicino al Van Karning Bungalow dove ho la camera, tipico in tutto dal menu alla modalità del servizio. Poi prima di dormire si attiva il necessario serrato scambio di sms con Pius dai quali traspare la disperazione di noi tutti… ma ormai il dado è tratto.
14 settembre 2016
PEMUTERANG
Questa mattina la porta della mia camera è l’unica ad aprirsi sull’ampio giardino alberato, partiti Vanni e Pius rimango l’unica ospite del Van Karning Bungalow. Abbandonata alla mia sorte vengo per di più snobbata dal personale che non ritira il vassoio della colazione dal tavolino in veranda e per contro controllata dal giardiniere che tra una potatura e l’altra guarda nella mia direzione, temerà, vista la situazione, un gesto disperato da parte mia? Considerato ad alto rischio di disperazione il mio immediato rientro in Italia, anche se affranta, inizio ad elaborare il proseguimento del mio viaggio valutando i possibili obiettivi. Il visto mi consente di rimanere in Indonesia altri due mesi e potrei approfittarne per raggiungere l’incantevole arcipelago Raja Ampat che non interessava a Vanni ma il cui potenziale mi intriga molto. Posizionate a Nord della Papua Nuova Guinea le isole non sono facilmente raggiungibili e richiedono una serie di tappe durante il viaggio con soste di almeno un giorno. Visitare Mianmar è da qualche tempo il mio sogno e rappresenta quindi la seconda possibilità, lo scoglio potrebbe essere l’ottenimento del visto di ingresso per l’ottenimento del quale telefono all’Ambasciata in Jakarta per informarmi circa le modalità di presentazione della richiesta. Il numero di telefono che compare sul sito però non risponde così come quello che la segretaria dell’Ambasciata Italiana a Jakarta mi ha gentilmente dato. Rimanendo Raja Ampat l’unica opzione possibile controllo la disponibilità dei voli per Sorong e per avvicinarmi all’aeroporto di Bali prenoto l’hotel a Kuta dal quale potrò acquistare i voli potendone stampare il biglietti. Aver compiuto i primi passi nell’organizzazione del mio prossimo futuro da single mi ha fatto abbastanza bene da farmi sentire meno triste e così all’ora di pranzo esco per due passi lungo le strade sterrate e strette del piccolo villaggio e per trovare entusiasmo nel farlo mi dedico allo scatto di qualche foto ai tempietti avvolti nei tessuti gialli e bianchi ed omaggiati di offerte accanto alle case semplici che si accendono dei colori vivaci delle bouganville. A metà pomeriggio non sapendo cosa fare vado alla spiaggia più vicina che raggiungo attraversando il lussuoso Taman Sari resort. Speravo di trovare qui una situazione più godereccia con la possibilità di un aperitivo consumato a piedi scalzi sulla sabbia chiara di riporto, in fondo siamo a Bali ed in genere questi resort si prodigano nel compiacere gli ospiti. Non potendo fare altro mi dedico alla contemplazione dell’ampia baia dominata dalle montagne in declivio, la tipica immagine da cartolina che mi regala un profondo respiro di sollievo. In conclusione è stato sufficiente percorrere 200 metri per trovare il conforto della natura, e 90 minuti di un Java Spa massage praticato dalle mani esperte di Komang per ritrovare il sorriso, meno efficace la squisita cena dalle ragazze dell’adiacente Warung Sekar Sari solo perché mi rende triste vedere le due sedie vuote, il resto lo ha fatto in chiusura il provvidenziale ansiolitico.
15 settembre 2016
PEMUTERANG – KUTA
Il combattimento dei galli non è una bella cosa, soprattutto nell’ambito della cultura induista che evidentemente per ignoranza ho sempre considerata peace and love a tutto tondo. Eppure sono diversi i gruppi di uomini seduti attorno ai due galli dei quali vedo solo qualche piuma oltre il finestrino del taxi che mi sta portando a Kuta. Alla guida c’è il proprietario nonché factotum del Van Karning quello che mi fissava mentre tagliava il prato, il chiacchierone che non contento di aver informato tutto il circondario della mia separazione da Vanni, continua a farlo anche durante questo trasferimento durante le diverse soste di relax che si prende, durante le sue lunghe conversazioni con le persone che incontra e che poi mi guardano con un sorrisino di compiaciuto compatimento. Che imbarazzo viaggiare con l’aspirante paparazzo. Fuori dall’emporio dove si ferma per acquistare dei dolcetti tipici due fioraie ridono mentre confezionano i loro magnifici cestini con petali di fiori che espongono come fossero arance su panchetti di legno, ma poi sembrano molto più interessate al mio braccialetto che al pettegolezzo e l’incontro finisce con il sorriso complice immortalato in una serie di fotografie. Vado a Kuta non solo per la comoda vicinanza all’aeroporto, voglio verificare se è vero tutto ciò che si dice di lei. E’ la località di mare che più si è trasformata per far fronte al crescente afflusso di turisti, lei che tutti additano come l’esempio più eclatante di contaminazione da parte dei modelli non solo occidentali in contrasto con la cultura che quell’afflusso ha generato. La traditrice. La spiaggia che più ha fatto sognare, che ha ispirato, che ha reso felici e che probabilmente continua a farlo in modo meno discreto, più sgarbato, per un turismo di massa che del peace and love non sa che farsene. Eccoci ora incolonnati sulla strada a quattro corsie che attraversa l’area artigianale, dove le vetrine sono la strada ed i prodotti riempiono gli occhi, ne riconosco alcuni in vendita in Italia ed i tronchi di legno fossile stesi anche nel nostro salotto che mi fanno sobbalzare. Infine raggiungiamo il lungomare e l’Hotel Alam Kul Kul.
16 settembre 2016
KUTA
La villa che mi è stata gentilmente offerta ieri dalla receptionist è immersa nel verde ed impreziosita dallo scoiattolo che ogni tanto si intrufola e corre rapido tra le travi lignee del tetto vegetale. Invogliata dalla bella mattina soleggiata e calda mi incammino sulla strada del lungomare che corre tra il fronte degli alti edifici e la spiaggia protetta dal muro che la nasconde completamente alla vista. E’ forse più bello il muro, penso, decadente, sgretolato e decorato in alto con un paio di cornici grigie come i portali che rendono l’accesso piuttosto originale. Entro dal primo accesso distante una ventina di metri dall’hotel e salito anche l’ultimo scalino i piedi affondano finalmente nella sabbia chiara della famosa spiaggia di Kuta, ampia e flessa in un ampio arco è allestita con poche file di ombrelloni ma i chioschi che noleggiano i surf si sprecano ed un andirivieni di tavole in bilico sulle spalle di giovani turisti fanno pensare che le onde arriveranno. Indecisa se stendermi su un lettino o andare oltre vengo imbonita da un noleggiatore di surf in vena di prendere per il culo e dopo uno sguardo a 180 gradi decido che il mare lo vedrò da un’altra prospettiva. Poco più tardi dalla terrazza di uno degli alti edifici sul lungomare contemplo con immenso piacere l’azzurro contenuto nell’ampia baia e la spiaggia alla quale l’altezza rende finalmente giustizia, poi un profondo respiro di sollievo mi libera dalla tristezza che sta coprendo con un velo opaco tutto ciò che di bello osservo in questo difficile momento, il mojito ghiacciato e lo spuntino di sushi hanno senz’altro contribuito. Mi oriento ora altrove inseguendo la suggestione di quelle strade percorse ieri in taxi così piene di tutto da non concedere riposo agli occhi, il centro commerciale che si sviluppa sul bordo dei marciapiedi per chilometri a perdita d’occhio. I prodotti sono dozzinali ma piaceranno senz’altro agli acquirenti che questo marcato lo hanno coltivato assecondandolo, qualche imbonitore mi invita ad entrare per un massaggio in qualcuna delle numerose Spa, vedo qualche galleria d’arte e gli immancabili negozi di tattoo .. per i surfisti. Le quinte commerciali si interrompono ogni tanto in corrispondenza delle stradine che si spingono all’interno dei quartieri dove qualche residenza deve pur esserci e qualche penjor decorativo è stato messo. Poi è caldissimo e devo rientrare prima di svenire … forse lo scoiattolo mi sta aspettando.