15 Belize
02 Gennaio 2007
TIKAL – BELIZE CITY
All’alba è tutto un echeggiare di cinguettii…mi sveglio e tolgo i tappi per poterli ascoltare meglio…non capita spesso di potersi svegliare con un così bel concertino! Quando mi sveglio la seconda volta vedo Vanni già seduto sul letto…lo raggiungo poi alla colazione dove riesce sempre ad arrivare per primo…ma vista la lungaggine del servizio direi che la mia lungaggine in camera è stata ben ammortizzata. Partiamo per il Belize, attraverseremo la frontiera a Melchor de Mentos dopo 65 km di strada non proprio in buono stato di manutenzione . Come sempre compiliamo i moduli della immigration , mostriamo le valigie ai doganieri e, con sorpresa incontriamo Vinicio, una guida guatemalteca incontrata la prima volta a Copàn, poi a Chichicastenango ed infine qui….tre volte in 10 giorni e senza darci appuntamento! Non staremo facendo un tour un po’ troppo turistico? superato il blocco, procediamo sulle strade ben tenute, attraverso perfetti giardini all’inglese che però circondano catapecchie di legno, siamo nel cuore del Belize. Procediamo verso la costa e dopo un paio d’ore arriviamo a Belize City, capitale fino a qualche hanno fa, quando considerata troppo pericolosa per via degli uragani che si sono accaniti nel tempo proprio qui….siamo tranquilli solo perché non è periodo di calamità! Troviamo una grande camera vista mare all’ultimo piano dell’hotel Chateau Caribbean con due lettoni, ampio salotto ed un terrazzino verandato non più grande di 3 mq. Il tutto per 99 US$ + il 9% di tasse…non proprio a buon mercato visto lo stato di conservazione di quella che era stata prima una casa coloniale, poi un ospedale. Ma ci piace essere in questa soffitta che sembra abitata dagli spiriti per i sibili ed i cigolii che il vento fortissimo là fuori provoca nella al suo interno. Il cielo ha nuvoloni grigi che ogni tanto scaricano un po’ di goccioloni sui passanti accaldati…un vero sollievo…. perché il vento che soffia forte è tiepido ed il sole cocente. Andiamo a fare un giro in auto, Vanni vuole raccogliere informazioni circa i ferry per le isole del nord, se potremo portare Carolina e a che prezzo, quindi ci dirigiamo verso il porto dove non esistono uffici ma parliamo direttamente con un marinaio della chiatta per il trasporto delle merci alle isole. Purtroppo qui l’idioma parlato è uno strano inglese kriol….non più l’ormai familiare per noi, spagnolo. Comunque riusciamo a capire che non conviene trasferire l’auto: prima di tutto perché 300 US$ non sono pochi, in secondo luogo perché poi da lì non esiste il collegamento con il Messico dove era conveniente passare direttamente, in terzo luogo scopriamo che questo Caye Caulker è troppo turistico per essere appetibile, quindi dopo poco iniziamo a litigare. Leggo sulla guida di un atollo interessante, il Glover’s, di nemmeno quattro ettari, privato, sabbia bianca ed una barriera corallina da invidia. C’è solo un resort sull’isola e non costa nemmeno tanto visti i prezzi qui….40 US$ a testa al giorno per una incantevole capanna di legno in mezzo al mare, collegata alla spiaggia da un pontile sempre di legno. Telefoniamo per informazioni e scopriamo che per arrivare sull’isola dovremo prendere un taxi acquatico che costerà 350 US$ per l’andata e 50 a testa per il ritorno, a meno che non ci siamo eventuali altri passeggeri con i quali dividere la spesa. Vanni a questo punto inverte la rotta e sostiene Caye Caulker a spada tratta, mentre io rispondo che non è obbligatorio andare sulle isole…quindi piuttosto che Riccione allora i siti archeologici del Messico! Rientriamo dopo una buona cena allo Smokey Mermaid con una discreta reciproca acidità….nessuno dei due intende mollare!
03 Gennaio 2007
BELIZE CITY
Non essendoci certezze per il proseguo del viaggio e per dare il tempo alla lavanderia di provvedere per il sacco pieno di indumenti sporchi che abbiamo lasciato ieri alla reception, decidiamo di rimanere un altro giorno in questa pittoresca cittadina piena di casette di legno più o meno cadenti e di persone di una gentilezza quasi proverbiale cui non siamo purtroppo abituati. E’ frequente che le persone qui rivolgano un saluto a chi incontrano camminando per strada, conosciuto oppure no….così mentre passeggiamo tra le catapecchie e le case coloniali spesso ci viene rivolto un cordiale good afternoon da un passante. Sono quasi tutti nerissimi qui, i tratti somatici degli ex schiavi africani, liberati solo nel 1838, sono riconoscibili in molti visi che incrociamo, vaghiamo per ore sotto un bel sole cocente che si alterna a tratti a qualche goccia di pioggia. Poi nel tardo pomeriggio vediamo in internet le foto del Glover’s Atoll ed è amore a prima vista! Sempre più inaciditi andiamo per una visita veloce al Belize Museum in chiusura, quindi in hotel dove aspettiamo l’ora di cena dedicandoci ai rispettivi compiti: io al computer e Vanni alla tv. Decidiamo per il ristorante dell’hotel dove il menu vediamo, è quasi monotematico. Gamberi in 10 sfumature diverse, 8 piatti a base di pollo e qualche insalata. L’ambiente è sobrio, per non dire triste, pareti malmesse di colore grigio chiaro, luci bianche, preferiamo prendere il solito buon rum locale al bar ma il clima è il medesimo e dopo poco ci ritroviamo ad osservare la moquette rossa fissata con dei chiodi ad avvolgere gli archi ribassati sopra di noi, per non parlare di quella raggrinzita sul pavimento o del ragno rinsecchito nell’angolo tra due pareti . A Vanni viene spontaneo chiedere di chi sia la proprietà e guarda caso salta fuori che è cinese! Questo spiega tante cose, compreso il menu e la perfezione degli indumenti arrivati dalla lavanderia….certo questo per tradizione consolidata lo sanno fare davvero bene! Decidiamo di terminare il drink nella nostra soffitta popolata dagli spiriti che in fondo ci piace. Domani andremo a sud, a Dangriga, centro degli spostamenti via mare verso i cayes meridionali.
04 Gennaio 2007
BELIZE CITY – NORTHEAST CAYE
Saldiamo il conto dell’hotel ed alle 10 siamo già on the road per il breve viaggio di 170 km. Per 2 ore totali. Dangriga è un piccolo villaggio sulla costa meridionale, qui i turisti si fermano solo per il tempo necessario a trovare un marinaio disposto ad accompagnarli in qualche isola ad un prezzo ragionevole. Anche qui le case sono quasi tutte fatte di assi di legno inchiodate alla struttura portante. Per le strade quasi solo rasta men nullafacenti. Ci fermiamo al Riverside Cafè che leggiamo essere il terminal ufficioso dei taxi acquatici dove un paio di rasta sembrano interessarsi a noi . Ci segue nell’organizzazione del viaggio un certo Victor che ci trova un taxi per 100 US$, un parcheggio per Carolina a 5 US$ al giorno, una tessera telefonica da 10 US$ per contattare il “Glover’s Atoll Resort“ che da due giorni è telefonicamente irraggiungibile, trova per noi anche il telefono a casa di uno che sta guardando una partita alla tv con sua moglie, infine ci propone un bel mazzetto di marijuana per 15 US$. Il servizio di Victor invece è di 40 $ beliziani , circa 20 US$. Affare fatto…andremo con mia grande soddisfazione al piccolo atollo “Northeast Caye”. Vado al supermercato cinese per un po’ di spesa mentre Vanni pensa alle valigie ed a Carolina. Compro pasta, pomodoro, patate, cipolle e naturalmente le Pringles in formato famiglia….tanto Vanni non le vedrà, nascoste come sono dentro alla sportina nera, fino al nostro arrivo. All’ultimo momento si uniscono a noi due ragazzi canadesi di Vancouver, anch’essi alla ricerca di qualcosa di più economico dei 350 US$ per arrivare all’isola. Partiamo su una piccola barca in legno con due motori da 40 cv e due grandi taniche di carburante a bordo. Siamo pigiatissimi noi 4 passeggeri con valigie…ma ci sistemiamo sulle due piccole panche trasversali. Claudette e Alain sono giovani simpatici e molto vivaci….io riesco a parlare con lei in francese e così nel primo tratto di mare ci raccontiamo qualcosa…le solite cose che normalmente ci si dice. Ma poi iniziano le onde del mare aperto e delle ricadute sul mare con contraccolpi da urlo. Dopo poco siamo tutti bagnati fradici e con le dita contratte nello sforzo di tenerci al bordo della panca….ma incrociamo alcune belle isole e vediamo alcuni esemplari di pesci volanti, lunghi circa venti centimetri, di colore violaceo, sono affusolati come siluri ed hanno due pinne ad ala che gli consentono di volare oltre che di nuotare….ma che significato può avere che un pesce voli? Forse gli piace mangiare insetti che non si appoggiano sull’acqua? Se li avessi visti solo io avrei pensato ad una allucinazione ! e poi un paio di delfini che si inarcavano a pelo d’acqua….acqua azzurra naturalmente…e calda…insomma siamo tutti entusiasti di raggiungere questo piccolo paradiso che però non arriva mai. Dopo un’ora e mezzo di spruzzi e sobbalzi avvistiamo l’atollo….palme e sabbia bianca naturalmente..ed una serie di capanne circolari con il tetto a cono protese sul mare. Tutto ok…scendiamo e conosciamo la proprietaria non più giovane, bionda e grassottella, arrivata sull’atollo 40 anni fa, che inizia a parlare in inglese…soprattutto ai canadesi, gli unici a capirla veramente, perdendosi in chiacchiere sui vari tipi di pesce che si possono avvistare qui attorno all’isola, le varietà di corallo e altro ancora mentre noi bagnati fino all’osso non vedevamo l’ora di entrare in possesso della nostra capanna sul mare per poter almeno indossare abiti asciutti. E invece no….madame ci accompagna a vedere l’isola, davvero piccola in realtà, i posti nei quali immergerci, l’angolo del cocco, dove una catasta di cocco è a disposizione di tutti con tanto di ferro verticale per sbucciarlo del grosso involucro che lo avvolge, machete per aprirlo ed una sorta di macina per grattugiarne la polpa. Infine ecco la nostra cabina, ubicata sul lato opposto dell’isola rispetto al pontile di arrivo, distante una decina di metri dalla spiaggia alla quale è collegata da un rudimentale pontile di legno. Entriamo, con i nostri bagagli recuperati dal pontile, e quello che appare è un intreccio di amache fissate ad un palo di legno che sostiene la conica copertura di legno e foglie di palma, un lettone accostato su un lato, un rudimentale angolo cottura con un fornello che farebbe impallidire qualsiasi commerciante di Portobello road, per la ruggine che gli si è stratificata addosso e l’originalità del modello. Un tavolo con tre sedie accostato di fianco alla grande porta d’ingresso, un lume a petrolio, due bacinelle, qualche stoviglia ed una coperta colorata sul letto. Sembra poco ma per noi, che ci sentiamo come due naufraghi, bagnati fradici in quest’isola piena di palme da cocco, mare turchese e sabbia bianca, è anche troppo! C’è molto vento su questo lato dell’isola e dalla capanna sentiamo distintamente il fragore delle onde che si rifrangono sulla barriera corallina poco distante. A dividerci dall’esterno solo un sottile diaframma fatto di canne accostate e di tre grandi porte di legno che se aperte , proiettano all’interno l’infinità del mare e del cielo là fuori. Vanni va per una doccia nella zona bagni comuni poco distante ed io mi siedo su un sedile di legno a ridosso di una delle grandi aperture della capanna a guardare questa meraviglia. Sotto i miei piedi l’ assito che funge da pavimento, lascia intravedere il mare che qui non è più profondo di una trentina di centimetri, si vedono sotto l’acqua trasparente le grandi conchiglie sistemate qui come altrove per dare un’ ulteriore connotazione marina a questo piccolissimo atollo a misura d’uomo che si attraversa in 10 minuti nel suo punto più lungo. La cena è alle 7 pm., abbiamo tutto il tempo per goderci il tramonto quasi travolti dal vento forte che soffia su questo lato dell’isola, il più esposto ai venti dominanti….ma siamo a est….se capiterà di essere svegli così presto, vedremo dal nostro letto l’alba. Una partita a backgammon e poi ci incamminiamo verso l’altro lato dell’isola nella piccola casa anch’essa molto aperta, ma riparata dalla fitta vegetazione al centro dell’isola. Naturalmente non abbiamo nemmeno una torcia, a differenza degli altri ospiti che tutti attrezzati sembrano vivere queste situazioni limite da sempre, e il buio è totale. Usiamo i nostri cellulari e seguiamo i percorsi di sabbia delimitati da grandi conchiglie bianche….ma ci perdiamo e solo dopo un po’ raggiungiamo l’obiettivo. Il grande tavolo rettangolare è già pieno di ospiti, quindi ci accomodiamo in quello piccolo con una coppia di ragazzi californiani. Durissima la conversazione in inglese, ma ce la facciamo a sostenere la serata. Lui timidissimo, lei rappresentante di vini italiani intercala qualche parola più comprensibile. Al rientro in capanna ci sorprende una bella luna piena appena sorta…è tutto così romantico! Ci stendiamo sul pontile ad osservare le stelle che qui sono visibilissime come in mezzo al deserto e vediamo anche la nostra costellazione preferita ,Orione, considerata dai Maya il centro della creazione per via di quelle tre stelle allineate della sua cintura. Sfiniti ci accomodiamo tra le lenzuola sporche e umide del nostro letto mentre il rumore del mare incalzato dal vento è quasi assordante…ma infine dormiamo felici.
05 Gennaio 2007
NORTHEAST CAYE
Arriviamo in ritardo alla colazione delle 8 e veniamo quasi sgridati….un po’ rigida questa gestione inglese! Poco dopo sono con pinne e maschera in quella parte di mare che madame ha consigliato per lo snorkeling, ma ne sono delusa…in fondo i pesci non sono molti ed il fondale povero di colori e di vegetazione..in compenso uno squalo vive qui attorno ed il solo pensiero mi fa perdere la serenità necessaria per poter apprezzare questa prima nuotata. Vanni arriva ma dopo cinque minuti è già a riva, quindi anch’io non mi spingo molto oltre e lo raggiungo in capanna dove lui ha già iniziato a personalizzare il nostro nido. E’ bravo e sistematico, inizia a togliere le amache che ci impediscono di muoverci se non piegandoci ogni volta per passare, sistema e pulisce le stoviglie, sposta il tavolo e crea con due sedie i nostri comodini….ora la capanna è meno svolazzante ma più funzionale. Letture sulla spiaggia, partite a beckgammon, brevi passeggiate alla scoperta dell’isola. Il tempo scivola via in questo piccolo paradiso, poi la cena questa volta preparata nella nostra rudimentale cucina a base di pasta al pomodoro e polpa di granchio e ancora la luna che questa volta vediamo sbucare dall’acqua e le stelle tutte.
06 Gennaio 2007
NORTHEAST CAYE
Un’altra bella giornata di sole ed il vento più debole…praticamente la perfezione. Cambiamo zona per il bagno oggi, proviamo il lato nord ma senza grande successo. Claudette che viene ogni tanto a trovarci per una sigaretta furtiva, all’insaputa di Alain dice che il posto migliore è oltre il pontile, ma l’incubo dello squalo mi fa desistere. Non è da me…. ma devo avere assorbito la paura di Vanni. Claudette nel frattempo si è informata per il rientro a Dangriga e le piratasse inglesi non mollano… vogliono estorcerci 350 US$ per il viaggio che avrebbe dovuto costare 50 US$ a testa! Il cuoco intanto, ascoltando le nostre lamentele dice che se non vogliamo spendere quei soldi possiamo iniziare a nuotare verso Dangriga sperando che uno squalo nel frattempo non ci divori! Siamo arrabbiati e stupiti per la violenza di quelle parole…pensiamo quindi ad una alternativa anche perché le brutte notizie si sommano. La novità è che madame vuole farci partire domani anziché lunedì perché ha già venduto le nostre due capanne a turisti che rimarranno per la settimana intera…da domenica a sabato, inoltre alle 7 della mattina perché uno stupido ragazzo made in USA ha l’aereo prestissimo e non è voluto andare via dall’isola questa mattina come tutti gli altri ospiti. Insomma le piratasse del XX secolo proprio ci fanno sentire più come ostaggi che come ospiti paganti …l’alternativa si fa necessaria! Riusciamo a telefonare a Mike, il nostro comandante del viaggio di andata e concordiamo per domani alle due del pomeriggio per 125 US$ a coppia. Almeno potremo rimanere un’altra mattina e risparmiare 50 dollari a coppia…magra consolazione…ma infondo consolante! Un bel tramonto , accomodati su due sedie proprio sul lato ovest dell’isola ed ancora una bella cena in capanna. Stelle e luna comprese.
07 Gennaio 2007
NORTHEAST CAYE – DANGRIGA – BELMOPAN
La mattina vola via nei preparativi…le piratesse desiderano che le capanne siano lasciate come le avevamo trovate…e questo non ci impegna poi molto. Ancora letture sulla spiaggia e cocco fresco amorevolmente preparato da Vanni , poi la partenza con un mare decisamente migliore. Arriviamo a Dangriga praticamente asciutti dopo una sosta a Tobacco Caye per un cambio barca ed una birra gelata. Il sole è ancora così forte che arriviamo bruciati alla nostra Carolina che per fortuna conserva ancora al suo interno la nostra enorme mole di bagagli. Paghiamo volentieri i 40 beliziani di parcheggio, ci congediamo da Claudette ed Alain , inaspettati compagni di “sventura”, scambio di indirizzi e-mail di rito e via verso Belize City di nuovo. Attraversiamo le ampie coltivazioni di arance, le colline dalle forme arrotondate ed all’imbrunire siamo alla periferia della capitale Belmopan, a solo un’ora di auto da Belize city… ma ci aspetta una sorpresina…Foriamo! Tragedia massima. Vanni inizia ad armeggiare con il crik mentre io punto il lieve alone di luce della torcia ormai scarica sulla ruota, quindi estrae quello che rimane del pneumatico, ridotto ormai ad un nero ammasso di gomma semibruciata. Ma la ruota di scorta che era sul tetto di Carolina non entra nel cilindro di sostegno ( -maledetti africani- borbotta Vanni) e l’altra ruota fissata sotto la macchina si è così ossidata nei meccanismi che la tengono che non si riesce a liberarla. Dramma! Riproviamo a fare entrare la ruota ungendo il cilindro con il prezioso burro di karité che estraggo dal trolley, ma nulla da fare, proprio i due cerchi non combaciano! Vanni sudato più che mai e sfinito per gli inutili sforzi rimonta la ruota forata e con Carolina claudicante percorriamo a ritroso un paio di chilometri fino ad incontrare un motel cinese con ristorante dove troviamo una camera per la notte.