12 Nicaragua
11 Dicembre 2006
PLAYA TAMARINDO – GRANADA
Ci avviamo presto verso il confine Nicaraguese ed in nemmeno due ore siamo sul posto. Qui tutto sembra essere vicino…le grandi distanze del Sudamerica sono ormai solo un ricordo. Al confine le solite formalità ci fanno perdere tempo mentre i bambini quasi ci assalgono con le loro più o meno velate richieste di qualcosa…due chiacchiere, una caramella…insomma qualsiasi cosa che possa alleviare questa povertà che percepiamo spalmata sui visi della gente. Granada è a poco più di un’ora di viaggio ora…Vanni cede volentieri la guida ed io mi accomodo al volante claudicante di Carolina. Le strade non sono male..solo qualche buca qua e la e poco traffico, per lo più camion pieno di cose o di persone, anche qui il trasporto di passeggeri nei cassoni dei camion sembra essere la norma. Il verde c i circonda, campi coltivati e a tratti la vegetazione si fa rigogliosa di fiori arancioni e gialli. Vanni è stanchissimo ed ancora dondola, Gaia legge e sonnecchia sul sedile posteriore. Verso le 4 del pomeriggio arriviamo nella bella Granata e dopo aver visti un paio di alberghi scegliamo l’ “hotel Gran France” prospiciente la piazza de la indipendencia.. Questa piazza mi ricorda quelle messicane, sonnacchiose e piene di vegetazione dove la gente va a riposare al fresco degli alberi, con molti bambini dalla pelle scura che corrono giocando da una panchina all’altra. Al centro un grande albero piuttosto brutto, praticamente una struttura a cono rigida rivestita di finti rami verdi e qualche pallina. C’è anche un babbo natale che intrattiene un piccolo gruppo di bambini…con questo caldo sinceramente stona un po’. L’hotel odora di antico e questo ci piace, realizzato attraverso il recupero di un edificio coloniale, si articola su due piani disimpegnati da ballatoi di legno scuro che affacciano su una corte lunga e stretta a cielo aperto. In basso una piccola piscina rettangolare azzurrissima spicca sulle tonalità avorio dei pavimenti. Qua e là piante esotiche ad indicare la latitudine alla quale ci troviamo. La nostra camera, perfettamente allineata allo stile delle parti comuni, è a qualche passo dalla piscina e contiene due invitanti lettoni ed alcuni mobili di legno scuro. Inoltre è l’unico hotel ad avere una linea privata di elettricità ci dice il portiere…e oggi la luce manca per tutto il resto del paese. Vanni sparisce senza proferire parola…immaginiamo sia alla pelucheria per un taglio a barba e capelli, noi usciamo per un giro di ricognizione alla ricerca tra l’altro, di un internet point. Il piccolo paese coloniale sembra impazzito, sui marciapiedi decine di generatori rumorosi sopperiscono all’elettricità mancante, e le strade sono intasate di traffico. Ripieghiamo verso un bell’edificio coloniale color ocra con un doppio ordine di colonne bianche in facciata. La bellezza di questi edifici è anche nelle corti interne rigogliose di vegetazione e di silenzio. Sono solo le 5 del pomeriggio e la luce bassa è già quella dell’imbrunire. Rientriamo in hotel curiose di vedere il nuovo look di Vanni che vediamo arrivare …sembra un marine americano, del resto qui la contaminazione è loro malgrado alta. Un breve riposo e si esce per la cena. Si va al “Club”, dove mangiamo cucina spagnola sui bordi di un bel giardino.