27 Giugno 2009

ARDAHAN – BATUMI

Ancora qualche lavoro in corso per l’ampliamento della carreggiata che corre verso Ovest, poi una panoramica doppia corsia ci porta tra incantevoli paesaggi di montagne verdi di prati e poi degli abeti che tanto piacciono a Vanni….ma solo dopo essere scesi dai 2660 metri del valico più alto di oggi. Ci fermiamo diverse volte a contemplare dall’alto le strette vallate e le cime innevate di una catena lontana. Siamo ancora oltre i 2000 metri quando ci troviamo tra le baite di legno di un piccolo villaggio che sembra abbandonato…..il legno reso grigio dal sole e dalle intemperie fa sembrare queste vecchie case dei fossili. Le uniche forme di vita sono rappresentate da un paio di uomini che fanno manutenzione ad un tetto di lamiera….nessun altro…. una pestilenza o un villaggio vacanze ancora vuoto? La strada stretta serpeggia in un saliscendi di curve e tornanti, precipizi ed il fiume accanto al quale ad un certo punto ci troviamo anche noi a scorrere verso valle. Arriviamo alla quota zero di Hopa, sul mar Nero, verso le 13. Il mare è grigio come il cielo che nel frattempo si è coperto di nuvole come ogni pomeriggio ormai….l’aria già caldissima è resa soffocante dall’umidità. Costeggiamo il mare fino a raggiungere la frontiera turca dove iniziano i primi problemi dovuti al caos che regna sovrano tra gli automobilisti che cercano di infilarsi nelle file di auto incolonnate creando così ingorghi indistricabili. Se aggiungiamo a questo il fatto che nessuno degli impiegati della dogana parla inglese e che i computer funzionano a singhiozzo rendendo così lunghi i tempi di verifica dei dati di Asia al terminale, è comprensibile che il passaggio alla Georgia avvenga con un certo stress. Vanni è furioso…se avessimo avuto il “Carnet de passage” come negli altri viaggi, Asia non sarebbe stata registrata sul suo passaporto ed ora noi non saremmo bloccati qui ad aspettare che il terminale torni a funzionare….Chissà se la responsabilità di tutto ciò è dell’impiegato ACI di Ravenna che, non informato sulle modalità di importazione di auto nei paesi che attraverseremo in questo nostro viaggio, aveva garantito a Vanni che l’auto sarebbe entrata senza problemi, tanto meno registrata sul passaporto…. o se invece sono i turchi a non aver informato di eventuali variazioni le ambasciate europee e di conseguenza gli uffici competenti….ed ora come faremo se anche in Kazakistan, nostra meta finale, le modalità saranno queste? Se sarà così Vanni non potrà uscire dal paese senza Asia, tanto meno salire sull’aereo per il rientro in Italia. Superata con sofferenza la barriera turca, dove l’efficienza degli impiegati è ampiamente superata da quella dei loro colleghi africani, arriviamo dopo pochi metri alla frontiera georgiana dove alla perquisizione dell’auto segue di nuovo la registrazione di Asia sul passaporto…..con grande disappunto di Vanni che già si immagina bloccato a tempo indeterminato ad Almaty in Kazakistan. Raggiungiamo la vicina Batumi alle quattro del pomeriggio. Il cielo è plumbeo e l’aria così umida da rendere appiccicosa la nostra pelle…..il mare è grigiastro e l’impatto con la città non proprio positivo. Nella periferia che attraversiamo diverse mucche brucano l’erba degli spartitraffico rendendo disagevole il procedere….poi gli enormi condomini di regime, oggi in degrado, formano una barriera visiva piuttosto sgradevole. Entriamo finalmente nel centro storico ricco di vecchi edifici neoclassici ristrutturati o in fase di recupero. Dopo aver costeggiato il parco urbano che segue parallelo la spiaggia di ciottoli, cerchiamo un varco tra le strade del centro interrotte dai lavori di manutenzione riuscendo a conquistare l’hotel prescelto…..Il Rcheuli Villa infine ci premia assegnandoci la camera bellissima al secondo piano….la migliore che potessimo trovare qui a Batumi, ( rcheuli_villa@mail.ru +995 99637662 +995 97637662 ). Ricavato all’interno di un edificio storico ristrutturato di recente, l’hotel ha poche camere e la nostra n°8 è grande e particolarissima. Il pavimento di marmo bianco e verde e mobili stile impero originali. Una lampada liberty in bronzo è appoggiata sul tavolino tondo nell’ingresso…. rappresenta una figura femminile avvolta da rami alle cui estremità sono piccoli paralumi di vetro a forma di fiore che racchiudono lampadine affusolate. Un piccolo camino d’angolo rivestito di marmo verde, molta luce e spazio….questa è il nostro nido. Dimenticavo di citare il lampadario, dove quattro uccellini variopinti sono stampati sulla calotta di vetro satinato….e la lampada sul comodino….praticamente un baciamano settecentesco di ceramica colorata che sostiene un paralume di vetro a forma di fiore. Ne siamo così conquistati che la riserviamo per due notti nonostante la cittadina per il momento non ci convinca. Dopo una doccia usciamo per un giro di ricognizione durante il quale il fascino decadente della città balneare più gettonata del Mar Nero ci appare con forza. A parte le strade in riparazione ed i marciapiedi sconnessi di questo centro storico in restauro, gli edifici sono spesso bellissimi esempi di architettura liberty, con verande di ferro battuto nelle facciate che stranamente mi ricordano la lontanissima New Orleans. Piuttosto estesi i giardini pubblici e belli gli stabilimenti balneari ….tutti di legno ed evocativi di palme e mari azzurri. Il palmeto c’è. Lo vediamo quando verso sera raggiungiamo in taxi il ristorante San Remo sulla spiaggia…..file di alte palme seguono la spiaggia verso sud….a perdita d’occhio mentre un bel tramonto rosso spunta sotto la linea delle nuvole compatte. Ceniamo bene ma senza l’agognato caviale e del beluga riusciamo a gustare solo i filetti. Un gruppo di cantanti intrattiene il pubblico….intonano i brani della tradizione musicale locale con le loro voci basse e potenti evocative di forza e di dolore, di freddo e di ampi spazi aperti. Che bella serata, balliamo anche un lento, noi due soli in pista.

28 Giugno 2009

BATUMI

Dedichiamo la mattinata all’esplorazione del centro storico, comprensiva della visita al museo d’arte della regione dove nessuna delle opere esposte ci conquista veramente. Mentre passeggiamo nel parco parallelo al lungomare, spunta tra le nuvole un pallido sole ad incoraggiare i pochi bagnanti stesi sulla spiaggia. La sensazione è quella di trovarci sulle nostre spiagge fuori stagione….a maggio per esempio, quando i gestori degli stabilimenti balneari e dei servizi connessi eseguono i necessari lavori di manutenzione e qualche irriducibile indossa il costume da bagno. Sarà agosto il mese topico ? ….quando i turisti convergeranno nella famosa località balneare dall’Ucraina, dall’Armenia e dalla Georgia naturalmente ? Oggi Batumi è tranquilla, i negozi sono aperti nonostante la domenica e per strada non c’è quasi nessuno. Le basse case in stile neoclassico o liberty, colorate nei colori pastello, racchiudono i pranzi della domenica. Intuiamo qualcosa dai profumi che arrivano fino al marciapiede dalle finestre socchiuse. Piante di vite rampicanti salgono dai piani terra aggrovigliandosi alle caratteristiche strutture di ferro battuto sporgenti dai primi piani. In una delle piazze principali, in cima ad un alto obelisco c’è la statua di bronzo della figura mitologica di Medea, all’angolo della stessa piazza un fantastico piano terra affrescato con cornici dorate e stucchi ad inquadrarne i dipinti e gli specchi, accoglie un negozio di alimentari. Le due signore che lo gestiscono, abituate a vedere entrare curiosi che non acquistano nulla, ammazzano il tempo giocando a carte sul bancone di marmo. Tutto è tranquillo qui a Batumi ed anche noi godiamo della giornata di meritato relax. Del tutto casualmente dopo qualche ora arriviamo in taxi al ristorante Host, accanto a quello chiuso che Vanni aveva scelto. Ci accomodiamo nel giardino che si affaccia su di una piccola laguna o piuttosto una grande vasca artificiale riempita d’acqua. Intanto le rane gracidano e la luce del giorno va scemando. Seduti al tavolo di vimini appoggiato sull’erba del prato, assaggiamo alcuni piatti tipici della cucina locale…come il khinkali che ci viene servito come antipasto. La sua forma è del tutto simile al raviolo cinese, ma è più grande ed è ripieno di formaggio, funghi trifolati o carne. Ne gustiamo un paio afferrandoli dalla protuberanza di pasta arricciata che chiude questa sorta di sacchettino. A seguire un’altra specialità della quale non ricordiamo il nome, costituita da pezzetti di carne grigliata accompagnati da pezzetti di cipolla e coriandolo….il tutto raccolto all’interno di una crèpe rettangolare. Mentre siamo intenti a gustare il nostro piatto forte inizia, all’improvviso ed inaspettatamente, un bellissimo spettacolo di giochi d’acqua e luci che si muovono al ritmo dei brani musicali che si susseguono nei vari generi. Inutile dire che rimaniamo colpiti dalla meravigliosa performance che, sulla scia di quella del Bellagio di Las Vegas, dà una inaspettata svolta alla nostra serata. Mai ci saremmo immaginati di vedere una cosa così sofisticata qui a Batumi e per un tempo così lungo….dopo un’ora e mezza, quando stanchi decidiamo di rientrare in hotel, lo spettacolo non accenna ancora a terminare….che bella serata!

29 Giugno 2009

BATUMI – MESTIA

Traguardiamo Zugdidi verso le 13 attraverso la strada a due sole corsie anche se indicata sulla carta come un’autostrada. Da qui, seguendo la strada secondaria che punta a Nord, ci inoltriamo nella selvaggia regione dello Svaneti, una regione antica immersa tra le alte montagne del Caucaso che sfiorano talvolta i 5000 metri di altezza. Incastrata tra le belligeranti regioni di Ossezia del Sud ed Abkhazia segna parte del confine con la Russia. La strada parte discretamente, con un manto non proprio perfetto ma percorribile alla velocità di 50 km/h….poi, addentrandoci tra le montagne, la stessa strada che corre parallela al fiume nel fondovalle diventa sempre più sconnessa fino a diventare solo una traccia disseminata di crateri, strapiombi non segnalati e senza protezione e gallerie che sembrano dover crollare da un momento all’altro per via dei torrenti d’acqua che piovono dalle fessure nelle loro volte a botte. Procediamo a velocità ridottissima tra le montagne coperte di vegetazione che svettano alte sopra di noi, nella speranza che alle pietre cadute sulla strada non debbano seguirne altre sul tettuccio della nostra Asia. Dopo un paio d’ore iniziamo a scorgere le lontane cime innevate e poi, dopo ancora due ore, entriamo nella più ampia vallata del fiume Inguri, disseminata di antichi villaggi che trovano spazio nei brevi tratti pianeggianti accanto al fiume o sui pendii non troppo ripidi per essere inaccessibili. L’ingresso nella zona abitata della regione porta qualche variazione alla desolazione che ci ha accompagnati finora….. La strada, prima deserta, si anima di persone e di mucche che vi passeggiano oltre che dei fronti delle case di pietra e legno dell’unico paesino attraversato dalla strada …..lo incontriamo poco prima di raggiungere Mestia. Iniziamo anche a vedere le caratteristiche torri, presenti solo in questa regione, che svettano sui piccoli centri abitati. Sono a base quadrata e slanciate verso l’alto, di pietra in parte grossolanamente intonacata e colorata di un colore chiaro. La piccola porta alla base consentiva fin dal IX sec. agli abitanti dei villaggi di rifugiarvisi in caso di attacco da parte di popoli invasori o di pericolo in generale. Il numero più consistente di queste antiche torri è presente proprio qui a Mestia dove arriviamo verso le 18. Prima di cercare una sistemazione per la notte, che per quanto riportato nella guida sarà presso privati, ci fermiamo a rimirarle ed a scattare qualche meritata foto. Sono proprio belle….terminano in alto con un volume leggermente aggettante e sagomato in basso con qualche archetto. Chiediamo ad un paio di signori, esprimendoci soprattutto a gesti, dove sia possibile dormire……Ci indicano un edificio nuovo proprio qui dove casualmente ci siamo fermati….è un hotel che la guida non riporta, deve essere proprio recente! …..ma è al completo e presa da compassione la giovane gestrice, l’unica che parli inglese qui, ci invita ad aspettare l’esito della sua telefonata. Dopo qualche minuto arriva Svetlana, una ragazza sorridente di circa trent’anni e che parla inglese….siamo salvi ! Sale in auto con noi e ci accompagna nella sua casa….quella vecchia che lei e suo marito stanno ampliando….Siamo fortunati, è confinante con una vecchia torre! Svetlana ci invita a fermarci in corrispondenza di un cancello verde che raggiungiamo poco dopo aver imboccato una stradina sterrata come tutto il resto….poi mi dice di seguirla alla camera che sarà la nostra e che si trova al primo piano di un edificio parzialmente di legno. Saliamo la stretta scala fatta di assi ed entriamo attraverso la prima porta chiusa da una tenda scura. La camera è grande, il pavimento scuro di assi verniciate e le pareti rivestite con una sorta di carta da parati di plastica nelle tonalità dell’azzurro. Un ampio letto di legno ancora da sistemare, un armadio scatolare, una cassettiera ed una toletta, tutti i mobili sono di legno lavorato a bassorilievo. Alla mia domanda circa l’ubicazione del bagno Svetlana mi conduce giù dalle scale, nell’edificio di fronte, dove oltre l’ampia cucina-soggiorno è stato ricavato un piccolo bagno con toelette separata. La carta igienica è ancora quella di regime….elastica, ruvida ed arrotolata in un cilindro compatto senza buco. Considerando che Svetlana è simpatica e che non abbiamo molte altre cartucce da sparare accettiamo l’ospitalità di questa simpatica famiglia composta da un paio di anziane signore, il marito di Svetlana, tre bambini ed un grosso cane lamentoso. Seduti in cortile, sulle sedie tutte diverse addossate alla parete della cucina, aspettiamo che Svetlana sistemi la nostra camera ed in seguito che la cena sia pronta…..con calma le diciamo, vedendola piuttosto in apprensione per la nostra inattesa intrusione in casa sua. Naturalmente siamo curiosi di assaggiare le specialità dello Svaneti…ma senza che lei debba disturbarsi troppo. Alle 20 uno dei figli entra in camera per comunicarci in lingua originale che la cena è pronta. Scendiamo più per la curiosità che per l’appetito e ci accomodiamo al tavolo apparecchiato solo per noi con una pulitissima tovaglia azzurra. Il profumo è strepitoso. Svetlana, aiutata da una delle anziane signore, ha preparato una serie di Khachapuri che ora taglia a fette. Sono torte salate fatte con un impasto che ricorda quello della pizza….due strati che contengono al loro interno il ripieno per uno spessore totale di un paio di centimetri. Nella prima che assaggiamo il ripieno è costituito da un impasto di formaggio leggermente sciolto ma non filante, nella seconda torta invece c’è carne tritata con cipolla e qualche spezia, molto buone entrambe ! In una tazza ci viene servito un succo di mirtilli fatto in casa ed a parte lo yogurt…..il tutto rigorosamente preparato con ingredienti biologici. Certo per un medico come Svetlana non dev’essere facile adattarsi a ciò che sta facendo per noi….e la sua difficoltà è percepibile nella stanchezza mista all’ apprensione di chi vuol fare bella figura. Gustiamo la cena scambiando qualche parola in un inglese stentato da entrambe le parti….nel corso della conversazione si propone di preparare per il nostro viaggio di domani due khachapuri che rifiutiamo e chiede se desideriamo che telefoni a sua sorella di Ushguli perché si prepari ad ospitarci domani sera….insomma un amore di ragazza ! Poco dopo la cena ci ritiriamo a fare progetti nella nostra grande camera da letto.

30 Giugno 2009

MESTIA – USHGULI

Non possiamo mancare alla visita del museo del villaggio…siamo ben riposati ed abbiamo fatto colazione poco fa, condita dei sorrisi di Svetlana che ha preparato per noi alcune fette di formaggio fatto in casa e ben stagionato che ha messo in un sacchetto. L’ospitalità dei georgiani è notoriamente squisita e la simpatica dottoressa non fa eccezione. Il museo è ospitato in un edificio nuovissimo all’interno del quale alcune signore vocianti occupano la portineria….sono in attesa della responsabile del museo dotata di chiavi di accesso che però non è ancora arrivata. Le signore che aspettano sono anch’esse impiegate del museo e non dissimulano la loro contrarietà al disguido….proprio oggi che qualche turista vorrebbe entrare per la visita ! Dieci minuti ed accediamo alle sale contenenti interessanti oggetti storici appartenenti all’area geografica della regione. Molte e preziose le icone con cornici in foglia d’oro risalenti al XI e XII sec. ed i crocifissi anch’essi in foglia d’oro incisa con figure dell’iconografia sacra ortodossa. Monili, antiche monete, strumenti musicali ed una serie di mobili tradizionali tutti scolpiti a motivi geometrici. Non poteva mancare un vecchio pentolone con becco d’uscita usato per la preparazione della vodka. La giovane ragazza che ci guida illustrandoci ciò che vediamo dev’essere religiosissima dato che all’ingresso di ogni sala contenente oggetti sacri si fa il segno della croce…. Ci racconta che all’arrivo dei Soviet nella regione pur isolata e non collaborante con l’ideologia socialista, le chiese furono vuotate degli arredi sacri che furono sistemati in un museo ora sostituito da questo nuovissimo. Ci congediamo da Mestia contenti di aver visto questo straordinario patrimonio storico, autentico e molto ben conservato, ad eccezione dell’icona ricamata a mano con filo di argento e d’oro su di un tessuto che va sgretolandosi. Subito dopo ci avviamo lungo la strada diretta ad Ushguli, ma che sarebbe più appropriato definire una pista tra le montagne e che ci consente di percorrere i 50 km di oggi in più di due ore. Seguiamo ancora il fondovalle fino al valico che ci proietta nella vallata successiva dove incontriamo altri piccoli centri abitati….la strada stretta costeggia negli ultimi chilometri il fiume impetuoso che scorre a tratti in profondi orridi scavati nella roccia….proseguiamo spesso al limite del burrone e non c’è da stare tranquilli dato che la strada tende a sgretolarsi per via dei ruscelli che scendono dalla parete rocciosa sul lato a monte, e l’ardesia policroma sbriciolandosi invade talvolta la carreggiata con le sue lame sottili e taglienti. Sono belle queste rocce, ed anche il paesaggio che si apre in piccole vallate inondate di fiori colorati ed animali al pascolo ma quasi mai di persone che solo sporadicamente vediamo lavorare con la zappa nei campi. Talvolta gli animali occupano la strada o i ponti che attraversiamo, ma come non capirli….non passa nessuno ! Solo nell’ultimo tratto incontriamo una carovana di quattro fuoristrada carichi di turisti che si muovono nella nostra stessa direzione. Quando da lontano Ushguli ci appare con le sue decine di torri ad occupare una piccola porzione di vallata, è come essere proiettati in un tempo diverso….antico, dove tutto sembra muoversi come secoli fa. Il pensiero va a San Gimignano ed a come doveva apparire ai viaggiatori che vi giungevano in groppa alle loro cavalcature, nei secoli immediatamente successivi all’anno mille….le decine di torri svettanti dovevano apparire loro da lontano, come un faro da seguire. Proprio come oggi qui ad Ushguli, giungendo a bordo di Asia alla velocità ridotta cui ci costringe la strada malmessa. La sensazione di vivere fuori dal tempo si amplifica entrando nel piccolo borgo antico e poi nella casa di Nato e suo marito Emzari ( 899 726718 ) che ci ospiteranno questa notte. L’incontro con lei è avvenuto lungo la strada….ci aveva visti arrivare lungo la strada principale mentre era sui campi a lavorare e subito è scesa in strada per condurci a casa sua. Percorriamo insieme la stretta stradina che entra tra le antiche case di pietra e le torri….mentre procediamo i pneumatici affondano nel letame degli animali che hanno scelto come stalla proprio quest’unica strada principale. Per un lungo momento ci assale il terrore di sprofondare proprio qui, non sarebbe carino dover scendere ed affondare i piedi nella melma maleodorante! Raggiungiamo la casa di pietra fortunatamente senza problemi, è su due piani ed adiacente ad una torre di proprietà….la facciata principale ha un porticato di legno che diventa una terrazza al primo piano. Nato è gentile e vivace più della sorella, mi mostra subito la nostra camera al piano terra. La prima cosa che salta all’occhio è la coperta stesa sul letto matrimoniale….è di raso rosa, disseminata di volant e cuoricini trapuntati….penso ad un regalo di nozze di gusto squisitamente arabo. Ne avevamo viste di simili e di tutti i colori in una vetrina di Iznik in Turchia ed anche allora ne eravamo rimasti colpiti. A parte la trapunta la camera è spartana ma piuttosto avvolgente per via dei mobili di legno scuro intagliati a mano….c’è anche una culla di legno piuttosto bella addossata alla parete accanto alla porta d’ingresso. Nel piccolo edificio di fronte a quello principale l’acqua gelida scorre continuamente dentro una vecchia vasca smaltata dove sono posti dei tegami contenenti i formaggi freschi e lo yogurt….una sorta di ghiacciaia fai da te. Sul retro, una baracca di lamiera è la latrina. Un assito con foro centrale separa dal pozzo nero a vista….e che vista ! E’ tutto un ribollire di feci miste ai vermi bianchi della decomposizione delle stesse….terribile per noi che non siamo abituati a simili wc. Nato non sa come soddisfare i nostri desideri che non conosce e che per noi è impossibile comunicarle dato che non conosce una parola di inglese e parla solo il dialetto della regione. Del resto non abbiamo necessità particolari e vorremmo solo riprenderci dalla stanchezza delle tre ore di pista con buche, ma isolarsi è impossibile in questi casi.Vedendo che non sa come fare per compiacerci le chiedo un tè traducendo la parola con l’aiuto del dizionario di russo…..è fatta, dopo dieci minuti sul tavolo apparecchiato del soggiorno sono pronte due tazze di tè fumante, un kachapuri al formaggio, uno con la carne al profumo di coriandolo, qualche fetta di formaggio stagionato e pane….impossibile rifiutare. Assaggiamo i manicaretti ripromettendoci di non mangiare altro fino a domani….ma come spiegarglielo senza offenderla?…..e soprattutto in quale lingua dato che da millenni in questa regione si parla solo lo Svaneti, il dialetto che nemmeno i georgiani capiscono? Dopo l’abbondante pranzo consumato alle tre del pomeriggio, Nato ci accompagna al vicinissimo museo ospitato in una delle torri medievali del villaggio….per fortuna Nato conosce un percorso alternativo al letamaio del villaggio e così lo raggiungiamo senza inzaccherarci. Sviluppato sui tre piani dell’edificio a torre, raccoglie antiche icone, monili, particolarissimi crocifissi con immagini sacre dipinte in inserti di ceramica. Le teche che contengono alcuni dei reperti sono sigillate con la ceralacca….un modo come un altro per risparmiare i lucchetti che invece vediamo dopo un’oretta, chiudere la porta di ingresso al museo. Dopo la visita, interessante soprattutto perché ci ha consentito di vedere gli ambienti interni di una delle torri, ci spingiamo passeggiando fino all’ultimo dei tre villaggi che formano il centro abitato di Ushguli. Anch’esso costituito da un pugno di case, le sue torri si stagliano sulla lontana montagna interamente coperta di neve candida. Passeggiamo accanto a cavalli, buoi, capre e maiali che popolano l’unica stradina del nucleo abitato. Che piacere vivere la storia al presente….questo medioevo dal quale possiamo uscire in poche ore di auto ! Quando torniamo al nostro villaggio vediamo Nato, dall’inconfondibile maglia a righe e fazzoletto rosso sulla testa, al lavoro sui campi poco più a monte della strada….la salutiamo con un cenno della mano e proseguiamo verso casa dove ci aspettano il figlioletto Luca di tre anni, Emzari e la sua anziana madre. Sono seduti su una panca di pietra a godersi il tepore del sole di oggi. Difficile scambiare due parole comprensibili a tutti noi….ma Emzari che mi siede accanto mi mostra i calli sulle mani ed il suo alito odora di alcol. Non dev’essere facile vivere così….a 2100 metri e senza alcun tipo di riscaldamento che non sia una stufa in cucina. Dopo un paio d’ore Nato rientra stanca dai campi, ma non si sottrae ai suoi doveri di padrona di casa preparando la cena alla quale avremmo sperato di poter rinunciare. Il menu è la fotocopia di quello del pranzo con qualche piccola variante….ancora kachapuri, yogurt ed un formaggio fresco condito con erba cipollina appena raccolta nell’orto. Poche volte abbiamo mangiato biologico come qui nello Svaneti dove tutti i prodotti sono rigorosamente preparati in casa con il latte e la carne delle loro mucche….che meraviglia! Anche dopo cena Nato non si da pace e tira fuori un piccolo album fotografico nel quale è riassunta a grandi linee tutta la sua vita. Nonostante il sole di oggi la serata si fa subito fresca già all’imbrunire…..così tanto che non so come faremo a spogliarci per andare a letto….semplice, non ci spogliamo!

01 Luglio 2009

USHGULI – KUTAISI

Al risveglio siamo già pronti per partire….tanto di lavarsi con l’acqua gelata che scorre nella vasca arrugginita, piena di tegami contenenti le provviste deperibili, non se ne parla nemmeno. E se questo rappresenta un modo come un altro per refrigerare yogurt e formaggi non è invece così efficace per l’igiene personale….come facciano a lavarsi loro rimane un mistero. Nato è nervosa. Il momento della resa dei conti può essere difficile per chi non è abituato a farlo ed a maggior ragione quando sa che la sorella di Mestia ci ha chiesto troppo poco, 40 gel ovvero meni di 20 €, per il pernottamento. Infine quando le chiedo il totale da corrisponderle mi risponde 120 gel, aggiungendo che questi sono i prezzi di Ushguli. Glieli do volentieri, anche considerando che da queste parti la vita è davvero dura e non si naviga nell’oro….certo il servizio non poteva essere peggiore di così, senza un bagno decente…e la pioggia che mi sono presa questa notte per raggiungere la latrina nel bel mezzo di un temporale. Alla partenza si raccomandano di andare piano mentre la vecchietta scuote la testa quando le confermiamo la decisione di scendere a Kutaisi attraverso la pista che passa per Lentekhi, a soli 75 km da qui. Ci regalano due kachapuri da mangiare in viaggio e ci salutano con un cenno della mano dopo essersi raccomandati di telefonare in caso di problemi. Alle 9.30 ci congediamo dalle belle torri del X ed XI sec. ed iniziamo a percorrere la difficile pista verso il passo più alto di questo viaggio nel selvaggio Svaneti, a 2635 metri. Se avevo definito pista la strada percorsa ieri, non ci sono parole per descrivere il percorso accidentato di oggi…mai visto nulla di simile, una sorta di trial per fuoristrada che mi fa venire un patema d’animo dopo l’altro. Ovviamente il burrone è costantemente presente dato che seguiamo dall’alto il corso dell’Inguri prima e dello Zkhenists poi…..presente sul mio lato naturalmente ! Le sette ore che impieghiamo per percorrere i primi 75 km di pista, sono un buon parametro per capire il tipo di spostamento di oggi. Quando arriviamo a Kutaisi alle 18 siamo disintegrati …..io come sempre più di Vanni la cui energia aumenta guidando….come se parte dell’energia prodotta dal motore entrasse nel suo corpo. Il mio pilota se l’è cavata benissimo anche in questa circostanza…a guadare un numero imprecisato di ruscelli carichi dell’acqua dei ghiacciai che imbiancano le cime 4000 metri sopra di noi. A complicare le cose, i gruppi di animali che spesso occupano la pista, i ponti ed i ruscelli comodamente stravaccati a godersi il bel sole di oggi e poco disposti a spostarsi in tempi brevi per lasciarci passare. I paesaggi sono magnifici, sempre immersi nelle montagne coperte di prati o di foreste di abeti….più in alto, le alte cime innevate del Caucaso maggiore ci accompagnano stagliandosi sopra i profili verdissimi in primo piano. Incontriamo un paio di villaggi che sembrano abbandonati, poi scendendo altri piccoli gruppi di case ed infine Lentheki che dopo un paio di giorni di eremitaggio ci appare come una metropoli. Da qui la strada migliora regalandoci qualche tratto di asfalto per poi divenire perfetta verso Kutaisi dove, una volta arrivati, intervistiamo a gesti un taxista cercando di fargli capire che vorremmo raggiungere la Guesthouse Zelimkhan in Vakhushti – Bagrationi 67. Inutile fargli leggere l’indirizzo scritto sulla guida in caratteri non cirillici….quindi provo a pronunciare il nome della strada e dopo un tempo che sembra lunghissimo capisce di cosa stiamo parlando. Acqua calda finalmente e lenzuola che non odorano di stalla….insomma un trionfo ! L’edificio che ospita la guesthouse è una palazzina su tre piani in mattoni a vita e con modanature vagamente decò. Belli i pavimenti a disegni in listelli di legno e squisita l’accoglienza da parte della giovane nipote della proprietaria che parla, a differenza di me, un inglese perfetto. I 60 gel a persona comprendono oltre la colazione anche l’ottima cena a base di verdure che consumiamo dopo una bella doccia. Dopo giorni di kachapuri una zuppa di verdure ha l’impatto di una leccornia…per non parlare degli ottimi involtini di melanzane con pasta di nocciole e prezzemolo, i fagioli stufati con coriandolo ed il pollo arrostito. Nel tavolo accanto il proprietario in compagnia di un paio di amici ci coinvolge in un brindisi al quale aderiamo volentieri….abbiamo così l’occasione di assaggiare il particolare vino georgiano che dopo la pigiatura viene messo a riposare in anfore di argilla interrate anziché in botti. Il vino acquista così un particolare profumo decisamente diverso dal nostro ma buono. Infine una sorta di nubifragio accompagna il nostro assopimento….è molto variabile il clima estivo nei paesi caucasici, questo lo sapevamo!

02 Luglio 2009

KUTAISI

Lasciamo Asia a riposo e ci concediamo la visita in taxi dei luoghi di interesse della città e dei suoi dintorni. Il nostro tassista Ghia ci accompagna dapprima al meraviglioso monastero di Gelati, arroccato sulla cima di una collina come la maggior parte degli insediamenti religiosi armeni. Fu fondato nell’XI sec. dal re Davit il costruttore, un nome che ricorrerà spesso durante le nostre visite agli edifici storici in territorio georgiano. All’interno del muro di cinta la Chiesa della Vergine si impone bella ed articolata al centro dello spiazzo del monastero. I muri perimetrali sono di pietra scolpita in rilievo a formare elementi decorativi come lesene, cornici, archetti e fregi e sono disposti a contenere la navata ed il transetto. L’incrocio dei due volumi ortogonali è sottolineato da un alto tamburo con finestre slanciate e la classica copertura a cono. Le pareti interne sono impreziosite da affreschi realizzati tra il XII ed il XVIII secolo mentre nell’abside è rappresentata a mosaico l’immagine della madonna su fondo oro. Bellissimi anche i portacandele circolari di ottone posti di fronte alle icone che rappresentano i santi e la Vergine Maria. L’ altro bellissimo monastero di Motsameta non è molto distante da qui, lo raggiungiamo percorrendo una stradina scoscesa e con buche nelle quali non è però Asia ad affondare. Quando arriviamo rimaniamo delusi per via delle impalcature che ne avvolgono l’esterno e parte dell’unica navata interna….ma la sua posizione è ancora una volta spettacolare, sul promontorio a picco sull’ansa che il fiume Tskhaltsitela forma proprio in questo punto. L’interno è rivestito di icone ed immagini varie, probabilmente degli ex voto a giudicare dai poteri magici delle reliquie che vi sono conservate. Il tempo di dare una rapida occhiata all’interno piuttosto sobrio ed un addetto mi invita ad indossare il foulard che mi porge….non importa che tu sia mezza nuda, i capelli non si debbono vedere….che ipocrisia ! Esco immediatamente inseguita dall’omino che continua a porgermi il foulard. Scendiamo ora in città per visitare la cattedrale di Bragati anch’essa costruita su una collina visibile in lontananza dalla Piazza del Teatro…..circondata da eleganti edifici neoclassici in colori pastello con al centro la statua equestre in bronzo di Davit il costruttore, raffigurato mentre tiene sul palmo della mano protesa il modellino della Chiesa della Vergine. La piazza è particolarmente piacevole per la bellezza dei prospetti degli edifici prospicienti e per le proporzioni particolarmente equilibrate tra l’ampiezza della piazza e l’altezza degli edifici. Dopo una bella passeggiata per le vie del centro alla ricerca degli edifici decò che ne impreziosiscono le prospettive, ci spostiamo in periferia per la visita al Museo Archeologico che raccoglie i reperti rinvenuti nell’antico sito di Vani. Rimaniamo letteralmente rapiti dalla bellezza dei gioielli in oro esposti, dove gli animali sembrano essere stati i soggetti preferiti dagli orafi locali di un tempo così come lo furono dei loro colleghi precolombiani sudamericani. Un meraviglioso collier di piccole tartarughe in filigrana d’oro ed un secondo costituito da piccolissime papere collegate a piccole sfere d’oro sarebbero un bel bottino da portare a casa….ma le copie esposte qui al museo sono pezzi unici e non ci sono finti tombaroli qui che si propongano di venderci copie dei fantastici monili…..peccato, adoro questo genere di gioielli ! Terminiamo il nostro tour in compagnia di Ghia alle 17 dopo sette ore di visite ininterrotte e dopo poco siamo pronti ad affrontare i manicaretti della cuoca della guesthouse che sembra una nonna e cucina benissimo. Anche questa sera le ottime verdure georgiane compaiono sul nostro tavolo sotto forma di insalate, zuppe e involtini….ma che squisitezza, sono saporitissime anche senza condimenti. Un ragazzo che pranza nel tavolo accanto e che cortesemente ci offre un bicchiere di vino dice che Vanni ha lineamenti tipicamente georgiani tant’è che si è stupito di sentirlo parlare in una lingua sconosciuta….Vanni ne è lusingato…. e grato per il fatto di avere trovato finalmente le sue lontane origini cromosomiche….il suo DNA affonda nell’antica Colchide di Giasone a proposito del quale scopriamo qui una curiosità legata alla sua figura mitologica. Grazie all’aiuto di Medea, Giasone riuscì a conquistare il “vello d’oro” la cui origine mi è sempre rimasta oscura. Leggendo qua e la scopriamo che l’elemento mitologico del “vello d’oro” deriva da un’usanza ancora oggi praticata dai cercatori d’oro che stendono le pelli di pecora nelle rive dei fiumi per cercare di catturare le pagliuzze d’oro tra i peli del manto riccioluto. Un altro improvviso acquazzone chiude la serata.

03 Luglio 2009

KUTAISI – TBILISI

Ghia arriva puntuale alle 9 nel giardinetto della guesthouse….salirà con noi fino all’incrocio fuori città dove si innesta la M27 per Tbilisi, la capitale dove arriviamo dopo una breve sosta a Gori. Nei suoi pressi infatti si trova la basilica bizantina di Atenis Sioni purtroppo resa invisibile dalle impalcature esterne ed interne allestite per il doveroso restauro….stiamo parlando di un edificio risalente al VI secolo. La città si presenta enorme…abituati ai villaggi di montagna ed a piccole cittadine riscopriamo la vertigine della metropoli mentre la attraversiamo inseguendo un taxi che ci porterà all’hotel Ambasadori….un quattro stelle decisamente kitch ma in posizione strategica, pulito e dotato di ogni comfort, compresa l’area fitness, quella business e, dulcis in fundo, Rai 1 nel primo canale della tv. Usciamo subito per un sopralluogo all’ambasciata azera, tanto per capire come fare per prendere il visto….se sarà complicato come per il Turkmenistan siamo rovinati ! Baku è per noi il trampolino di lancio verso l’Asia Centrale e non riuscire ad entrare in Azerbajian implicherebbe l’impossibilità di attraversare il mar Caspio per raggiungerla. Accompagnati da un simpatico taxista raggiungiamo l’ambasciata aperta dalle 16 alle 18 solo per il rilascio dei visti. Andiamo comunque per chiedere …..talvolta ci sono novità insperate, procedure diverse rispetto a quelle previste per esempio dal consolato dell’Azerbajian a Roma…..e infatti che sorpresa quando l’impiegato ci dice che avendo noi già ottenuto il visto del Kazakistan non è più necessario avere la lettera d’invito timbrata dal ministro dell’interno per ottenere il visto azero. Che sollievo! se non fosse stato per questa sconosciuta scorciatoia non saremmo forse mai arrivati a Baku….ora invece dobbiamo solo aspettare il prossimo lunedì mattina quando torneremo per presentare i documenti necessari. Il taxista ci aspetta….ora che ha beccato due turisti non molla la presa e così ci suggerisce di andare a vedere l’ennesima chiesa prima di portarci alla moschea che per compensare un po’ avevamo voglia di visitare. In seguito ad una piccola corsa sulle colline che delimitano il centro ci ritroviamo di fronte alla cattedrale Sameba. Di recente costruzione ed imponente, riassume nei suoi 84 metri di altezza gli elementi tipici dell’architettura sacra georgiana. Davvero bella, ma essendo stata consacrata nel 2004, mi sarei aspettata un progetto più attuale, e non l’enfatizzazione di una tipologia che si ripete senza troppe variazioni da almeno 15 secoli. Il tour continua fino alla moschea ….ma solo una volta arrivati ci rendiamo conto che non è questo ciò che volevamo vedere. Ingolositi da una bella fotografia, vista tra le poche sulla guida, che riproduce una facciata in stile arabo con mosaico di ceramiche colorate, avevamo creduto si trattasse di una moschea. Lo troviamo poco lontano questo bell’edificio e proprio grazie alle indicazioni del muezzin della moschea…. si tratta di un hammam nel quale entriamo a curiosare e la cui facciata è l’unica cosa interessante da vedere. Rientriamo in hotel con una breve passeggiata…..ma prima ci prendiamo una parentesi di relax….un moijto gustato all’ombra degli edifici prospicienti una deliziosa strada pedonale piena di locali alla moda. Sembra uno spaccato d’Europa ma con un sapore d’oriente che lo rende piacevolissimo. Alticci continuiamo la passeggiata tra antiche chiese, lontane fortezze ed una serie di bassi edifici impreziositi da loggiati di legno intagliato che come grandi pizzi irrigiditi dall’amido e stesi ad asciugare su traverse di legno conferiscono alle facciate delle case e ad alcuni angoli dei centri storici georgiani un aspetto molto romantico. Ceniamo al Tokio. E’ la prima volta che entriamo in un ristorante sushi dopo Miami e sono passati diversi mesi da allora. Il nostro giudizio sul Tokyo è senz’altro condizionato dalla voglia che avevamo di assaggiare pesce crudo e le fettine di zenzero ed il wasabi che adoriamo….l’unica cosa certa è il prezzo piuttosto caro.

04 Luglio 2009

TBILISI – KAZBEGI

Lasciamo l’assolata Tbilisi costeggiando il fiume che scorre lambendo la città vecchia, le cui case spuntano colorate sopra lo zoccolo roccioso che scende verticale nell’acqua torbida del fiume….da qui ci immergiamo poi nella periferia, resa bella qua e la da alcuni edifici di recente costruzione e di una bellezza particolare, come ad esempio quello formato da grandi parallelepipedi accatastati gli uni sugli altri…..come pezzi di legno messi ad essiccare. Raggiungiamo Mtskheta e poi viriamo seguendo il Nord sulla A301, la vecchia strada militare che raggiunge e valica l’alta catena caucasica per spingersi poi in territorio russo, sull’altro versante delle montagne innevate. Collegando la capitale alla chiesa simbolo della Georgia, la famosa Tsminda Sameba, la strada è stata ben asfaltata e rende una volta tanto comodo il nostro procedere. Siamo ancora a quota 1000 metri quando ci si propone una prima bella sorpresa…..poco dopo Zinvali, là dove una diga ha creato un grazioso lago incastonato tra le montagne, la straordinaria cittadella fortificata di Ananuri si impone ai nostri occhi bellissima. Costruita nel XIII secolo sul cocuzzolo della collina, si protende a strapiombo su quella che un tempo fu una stretta e profonda vallata ora allagata di un intenso colore azzurro…..contenuta nelle sue mura di pietra segnate da due sole torri a base quadrata costruite sul perimetro, la cittadella ha una superficie abbastanza piccola da sembrare un gioiello. Emergono dalla cinta muraria l’alto tamburo della chiesa e la torre campanaria entrambi coperti dal classico tetto a cono. La rimiriamo dallo spiazzo antistante….senza entrare, affascinati ad ogni occhiata, ad ogni scatto della macchina fotografica….Rimandiamo l’ingresso nel perimetro fortificato al nostro ritorno…il nostro obiettivo di oggi non è questo, quindi non tergiversiamo e continuiamo a salire attraverso le montagne ricoperte di prati fino a raggiungere la località sciistica di Gudairi che ricorda i nostri paesi alpini, con baite di legno e impianti di risalita. Superiamo il valico a quota 2660 metri dopo un centinaio di chilometri da Mtskhta e poche auto incrociate lungo il percorso. Subito dopo il passo, quando iniziamo la lenta discesa verso la vallata di Sioni, iniziamo a vedere delle strane gallerie addossate al pendio e con piccole feritoie ad illuminarne l’interno. Non essendo funzionali all’andamento della strada che segue parallela le gallerie, ci chiediamo a cosa debbano servire. Vanni ha la risposta pronta….si tratta di strutture militari per l’occultamento ed il ricovero dei carri armati. La tentazione di andare a vedere se troviamo qualche residuo bellico è immediatamente respinta dalla paura quegli antri bui. Solo dieci mesi fa i carri armati russi sono scesi in Georgia per appoggiare militarmente le pulsioni indipendentiste dell’Ossezia del Sud e dell’Abhazia….l’asfalto che scorre sotto i pneumatici di Asia è ancora segnato dai solchi dei cingoli che vi passarono forse proprio in quella circostanza. Nel primo pomeriggio, dopo circa tre ore di auto, raggiungiamo la vallata piatta del fiume Terek nella quale si trova l’obiettivo dell’escursione….sembra finta questa vallata troppo orizzontale, sulla quale vediamo dall’alto prendere forma il piccolo paese di Sioni. Poco dopo raggiungiamo Kazbegi, ovvero Stepan Tsminda come chiamano adesso questo insediamento vicinissimo alla frontiera russa, e con esso il nostro hotel omonimo in stile rifugio di montagna. Giù i bagagli e dopo una breve intervista all’impiegata dell’hotel veniamo a sapere con un certo sollievo che la chiesetta che vediamo lontana in cima alla collina, la famosa Tsminda Sameba, è raggiungibile in fuori strada percorrendo la pista che vi si arrampica. Per me che ora temo i precipizi non è un gran sollievo, ma alla fine vince la pigrizia. Dopo il ponte a sinistra, poi sempre dritto sulla strada dissestata del paese fino alle ultime case…poi solo abeti carichi di pigne, fiori colorati e gli atletici pellegrini che salgono a piedi nonostante i nuvoloni carichi di pioggia che ora incombono sopra di noi. La pista malmessa ed il fango che la rende scivolosa aumentano il mio stress, ma il tragitto è breve e dopo qualche chilometro di tornanti siamo sul pendio lieve ed ampio, sul prato verde pieno di mucche e pellegrini che precede la chiesa arroccata sulla cima…..in fondo alle due strisce parallele di terra scura lasciate dalle auto. Alle nostre spalle la cima del monte Kazbegi svetta a 5033 metri di quota, peccato non vederla in questa giornata nuvolosa. La volumetria semplice della piccola chiesa sembra disegnata da un bambino…. da questa distanza sembra un blocco di pietra sagomata e levigata. Avvicinandoci le forme si complicano dei disegni a rilievo scolpiti nella pietra resa rossiccia dai muschi. Cornici, esili marcapiani e le enormi croci scolpite a motivi geometrici sulle quattro facciate dell’edificio a croce greca complicano l’austero oggetto architettonico….sono così delicati quei disegni geometrici da sembrare piuttosto dei ricami dal chiaroscuro appena accennato. Alcune, poche figure a rilievo, riproducono un paio di animali che sembrano scimmiette ed un omino stilizzato con le braccia troppo lunghe accostate al corpo ed i piedi girati di fianco quasi a negare la vista frontale della figura. All’interno del piccolo ambiente il sacerdote sta celebrando la messa….è davvero microscopica, una ventina di persone presenti la rendono affollata ! Sono appena entrata ed ancora cerco di scorgere qualcosa nella penombra del lume di candela, quando l’aiutante del sacerdote guarda i miei pantaloni, li indica con il dito indice e mi fa segno di uscire. Peggio degli islamici questi ortodossi integralisti. Esco stizzita chiedendomi perché i problemi di look sono sempre del femminile e mai del maschile. Perché gli uomini dettano sempre le regole del femminile ? Perché non possono essere le donne a decidere come entrare in chiesa? I loro sederi sono più belli o più brutti dei nostri?…. i loro capelli diversi dai nostri? Che palle! Non ho mai tollerato queste discriminazioni tra i sessi. Scendiamo poco dopo sotto la pioggia che rende la pista ancor più scivolosa ….. negandoci alle richieste di un passaggio dei fedeli in fase di rientro, poi scatta un imprevisto. Una ragazza che scendeva a piedi si è fatta male alla caviglia….forse una distorsione o qualcosa di rotto, un paio di ragazzi la aiutano sostenendola. L’auto che ci precede non ha posti disponibili, quindi rompendo la nostra regola di non caricare autostoppisti, chiediamo ai tre se vogliono salire con noi. La ragazza parla francese e tra un lamento e l’altro, che seguono ogni piccolo sussulto di Asia, ci dice che è stata a lungo in Francia a studiare. Mi dispiace per la sua caviglia, ma dare loro un passaggio mi ha distratta dalla paura della discesa e così arrivo serena in hotel. Mancano ancora due ore alla cena delle 19….ne approfitto per scrivere mentre Vanni, immerso nella lettura della guida, inizia a maturare il pericoloso desiderio di visitare il Nagorno Karabakh, ovvero l’Israele del Caucaso. Si tratta di un territorio sottratto dagli armeni all’Azerbaijan. Non è facile viaggiare in compagnia di un marito sempre alla ricerca di emozioni forti….o meglio di pericolose avventure. In questi casi mi viene voglia di una bella vacanza di tre mesi ai Caraibi pur sapendo che dopo venti giorni sarei già annoiata a morte…..ma andarsele a cercare proprio no….non mi resta che comunicargli che in Nagorno andrà solo !

05 Luglio 2009

KAZBEGI – TBILISI

Il sole intenso illumina l’abside della chiesa di Kazbegi oggi affollato di signore che vi si recano con fazzoletto in testa, gonna lunga e l’aria contrita. Le vedo arrivare mentre costeggiano a passi veloci il muro di cinta di grosse pietre che definisce il giardino di pertinenza. Un paio di leoni con la catena al collo si guardano fronteggiandosi, scolpiti a rilievo sopra l’arcata del portone d’ingresso. Di fronte c’è un tempio di pietra, come un grande tabernacolo sotto il quale si apre una bella volta ad ombrello sostenuta da quattro pilastri. sarà per via delle signore che vi sono entrate, o per gli alberi che sembrano volerla nascondere, ma questa chiesa è davvero speciale. Partiamo subito dopo a bordo di Asia per raggiungere di nuovo la capitale dove ci aspetta domani la visita all’ambasciata azera per i visti. Nonostante la giornata di sole nemmeno oggi riusciamo a vedere la cima dell’altissimo monte Kazbegi, solo qualche metro più basso del famoso Ararat, nascosta da una nube grigia e densa che non accenna a spostarsi….quindi ci spostiamo noi risalendo da questi 2000 metri verso l’alto valico ricoperto di seggiovie e pecore che pascolano sui prati verdi che come un velluto ricoprono l’orografia delle montagne. Poco dopo ci fermiamo per osservare un belvedere la cui struttura, in chiaro stile sovietico, ci incuriosisce passando. Si tratta di un alto muro flesso ad arco di cerchio e terminante in basso con arcate che inquadrano la vallata sottostante Il Settore di cerchio sottratto all’ideale cilindro consente di ammirare dalla strada il rivestimento di ceramica dipinta a figure che riveste l’intera superficie interna del muro. Non essendoci nulla di così spettacolare da osservare dal belvedere, ci limitiamo ad ammirare questo bell’oggetto sospeso tra l’architettura e la scultura che sembra una gigantesca corona posta qui sul cocuzzolo ad autocelebrarsi. Proseguiamo scendendo la comoda strada che dopo nemmeno un paio d’ore ci consente di raggiungere Mtskheta e la sua imponente cattedrale. Nonostante l’indigestione di chiese maturata nel corso del viaggio, non possiamo ignorare la cattedrale di Svetitskhoveli visibile persino dall’autostrada. Circondata da un muro di cinta con merlature, ha pianta a croce latina, un alto tamburo ed il tetto a cono. All’interno una chiesetta in miniatura di pietra bianca occupa una parte della navata laterale….forse una tomba? Interrompono l’uniformità del pavimento lastre di marmo incise in caratteri cirillici ed uno stemma con due leoni che si fronteggiano ritti sulle zampe posteriori. Un cristo enorme è dipinto sull’emiciclo absidale e la cupola è altissima sopra il tamburo slanciato. I blocchi di pietra del perimetro esterno hanno qua e la animali scolpiti in bassorilievo e ricami geometrici a formare croci o a rimarcare le bucature delle finestre. Piccole sculture che rappresentano chiese in miniatura sono poste sul colmo dei tetti a due spioventi che coprono il nartece ed il transetto…..due teste di toro sporgono ai lati del portale d’ingresso nel muro di cinta…..sarebbe interessante conoscerne la simbologia, che forse fa propri i simboli delle religioni pagane dell’Asia minore. La rappresentazione di animali diversi dalla colomba e dall’agnello, tipici dell’iconografia cattolica, è molto frequente nella rappresentazione simbolica del cristianesimo ortodosso….questo ormai possiamo affermarlo con certezza. E’ solo il primo pomeriggio quando raggiungiamo Tbilisi….ormai la conosciamo abbastanza da poterla girare in auto senza l’aiuto di un taxi, così ci dirigiamo verso Rustaveli, un quartiere del centro ed iniziamo una bella passeggiata esplorativa lungo il corso principale, tra meravigliosi edifici decò e neoclassici i cui piani terra sono occupati da negozi alla moda. Il fantastico teatro dell’opera è stato realizzato in stile moresco, mentre sono in stile neoclassico i due musei più importanti della città. In alto e lontana, l’antica fortezza di Tbilisi continua a vegliare sulla città con il suo profilo flesso da torri circolari. Raggiungiamo la nostra camera all’hotel Ambasadori nel tardo pomeriggio….per un riposino che precede la cena. E’ Vanni a scegliere questa sera….raggiungiamo così la vicina strada pedonale della città vecchia, la più affollata di bar e ristoranti ad occupare i begli edifici verandati, e ci accomodiamo in un ristorante italiano poco gettonato, di fronte al divertente “KGB still watch you” Seduti ad un tavolino all’aperto godiamo della bella serata tiepida, dell’atmosfera vivace di quest’angolo della capitale e della musica jazz dal vivo le cui note ci arrivano dal locale accanto.


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