07 Giugno 2008

BOLOGNA – VANCOUVER

Dormiamo appena un paio d’ore poi ci rivestiamo veloci….un abbraccio visivo ai colori di casa e dopo aver chiuso tutte le serrature del forziere, scendiamo con il valigione vuoto i pochi gradini che ci separano dall’androne quindi dalla strada. Sono le 4.30 ed il taxi aspetta puntuale al 16 di Via delle Belle Arti. Saliamo con gli occhi ancora appannati, ed incapaci di ricambiare la logorrea del conducente, ci lasciamo trasportare lungo le strade quasi deserte di Bologna in questa mattina speciale. E’ sempre una bella emozione la partenza….per le tante aspettative che contiene, e per la distanza che inevitabilmente pone tra noi e le trappole emotive di casa. Il volo verso la nostra libertà è in attesa al Guglielmo Marconi …. partirà alle 6.10 dalla nostra pista, il nostro trampolino di lancio verso ciò che è sconosciuto….Vancouver appunto. E’ talmente tanta la voglia di andare che nemmeno la sosta forzata di qualche ora a Francoforte finisce col non pesare più di tanto….Il boeing diretto a Vancouver parte puntuale alle 14.10, ma con un vantaggioso gioco di fusi orari arriverà a destinazione in poco più di un’oretta… ora della British Columbia naturalmente! Poco dopo le 15.30 dello stesso giorno infatti, dopo un paio di spuntini consumati a bordo e due film visti scorrere sul monitor incassato nella poltroncina di fronte, arriviamo all’aeroporto di Vancouver. C’è un bel tepore sotto il sole che a tratti spunta tra le nuvole mentre siamo in attesa del nostro turno per il taxi, ne siamo contenti ….. poi le nuvole prendono il sopravvento, ed anche il sonno che mi coglie come uno svenimento poco dopo le 6 del pomeriggio….mentre sono ancora parzialmente vestita, sulle morbide lenzuola del nostro lettone nella 904 del Georgian Court Hotel.

08 Giugno 2008

VANCOUVER

Mi sveglio alle 7 in punto affamata. Mi vesto in fretta e mi precipito al ristorante per la colazione….Vanni continua a riposare tranquillo dopo aver formulato la veloce richiesta di recapitargli qualche croissant in camera….Mentre scendo al piano terra in ascensore penso che in fondo c’è un motivo se la situazione questa mattina è assolutamente ribaltata rispetto alle nostre abitudini…lui ieri sera è riuscito a raggiungere il ristorante per la cena, quindi non ha nessuna fretta di mettere qualcosa nello stomaco che io invece sento in subbuglio. Rientro alla 904 con un piatto pieno di dolci, sazia e desiderosa di una doccia bollente….non è affatto calda questa giornata grigia ed uggiosa….Il sole a queste latitudini incide enormemente sulla temperatura diurna….ed il tepore di ieri ha lasciato il posto al freddo gelido ed umido che non so con quali strumenti affronteremo visto che il nostro guardaroba invernale è a Edmonton, ad un’ora e mezzo di volo da qui, nelle valigie che abbiamo lasciato in custodia a Carolina… in attesa dal 10 settembre dello scorso anno al parcheggio dell’aeroporto. Usciamo indossando in vari strati ciò che abbiamo trovato di più pesante nei nostri scarni bagagli …fortunatamente siamo partiti da Bologna nel cuore di una notte di inizio estate quando indossare un maglioncino di cotone si rendeva necessario. Andiamo desiderosi di scoprire questa città che non abbiamo mai visto ma il cui nome rimanda al nostro immaginario sensazioni di bellezza sconfinata e di eleganza….sarà perché Vancouver come Timbuctu, Canicattì o le Bahamas, ha un nome che quasi mitizzato sembra noto da sempre? Usciamo per cercare di cancellare la piccola delusione di ieri, quando osservando la città dai finestrini del taxi in corsa non ci era parsa poi un granché. Con il supporto di una succinta planimetria percorriamo Robson St. che corre longitudinalmente da un capo all’altro della downtown, il cuore della città, cresciuto sulla stretta penisola che si spinge all’interno della English Bay….più oltre solo l’oceano Pacifico. Robson Street è ampia, affollata di passanti e di auto e vi si respira una certa vivacità legata alle attività commerciali dei piani terra. Mentre camminiamo osserviamo i tanti grattacieli che vi si sono sedimentati nel tempo a creare un’armoniosa skyline….Il colore dominante dei volumi costruiti è il grigio-verde, ma sono gialle, rosa e blu le sfumature delle estese superfici specchiate di alcuni edifici che spiccano per la loro originalità cromatica. Tra le costruzioni decisamente recenti per le scelte tecniche e formali, ne scorgiamo altre più datate con elementi in stile decò, la cui presenza segna unitamente all’evoluzione del gusto anche la storia della città. Continuiamo a camminare fino a raggiungere il primo laghetto dello Stanley Park, un grande parco urbano che occupa tutta l’estremità della penisola con una superficie complessiva pari a quella della downtown edificata. Poi il freddo ci fa desistere dal proseguire ed anzi torniamo verso l’hotel seguendo il percorso pedonale che costeggia la baia a Nord. Ancora grattacieli fanno da sfondo ai porticcioli stipati di barche da diporto e da qualche houseboat in ottimo stato. Il verde pubblico sempre presente e ben progettato accompagna i nostri passi, così come i gabbiani e l’aria salmastra che soffia da nord….Un piccolo paradiso questa Vancouver, dove l’attenzione finalizzata alla piacevole fruizione degli spazi pubblici è estrema e la cui particolare conformazione geografica moltiplica all’infinito le prospettive e gli scorci sulle propaggini della città oltre le baie che la circondano. Dopo qualche ora, paghi per la piacevole passeggiata, rientriamo con il proposito di recuperare un po’ di calore con una bella doccia bollente ed una tisana. Quando dopo un po’ usciamo di nuovo è per cercare un ristorantino per la cena. Optiamo per il quartiere Yaletown, abbastanza vicino all’hotel e caratterizzato da edifici bassi in mattoni rossi, probabilmente vecchi magazzini ora riqualificati. Ci fermiamo al “Milestone’s grill”, un posticino non male, ma che poi finisce col non esaltarci. Il sonno arriva prestissimo, subito dopo il rientro in camera….le 10 ore di fuso orario si fanno sentire.

09 Giugno 2008

VANCOUVER

Il cielo è sempre più grigio e piove….i nostri spostamenti di oggi si limitano ai brevi tratti di strada che collegano i negozi nei quali entriamo alla ricerca di una giacca per Vanni e per recuperare ogni tanto un po’ di calore, poi verso le 18 andiamo al vicino botteghino del Centre in Vancouver for Performing Arts per acquistare due biglietti del concerto di questa sera. Si tratta del primo concerto dopo 25 anni di inattività di un gruppo jazz che visse il suo momento di gloria negli anni ’70, i “Return To Forever”. Si esibiranno tra un paio d’ore in un concerto di jazz elettronico che per noi sarà una grande sorpresa….Ancora una breve passeggiata ed è già l’ora di entrare nel grande auditorium dalle volumetrie eccessivamente accademiche che sorge nel cuore della downtown. Al suo interno ci sorprende un pubblico omogeneamente costituito da signori e signore over 50 che conservano ancora, più che altro come citazione, l’ aria fricchettona molto old style che trovo divertente e tenera. Seguono due ore di brani dapprima piuttosto elettronici, poi via via sempre più melodici e legati ai vecchi successi….così sembra a giudicare dall’esaltazione del pubblico all’attacco di ognuno di questi. La standing ovation accompagna le ultime note del gruppo statunitense di fama consolidata…. alcuni fans sventolano in aria vecchi vinile, altri solo le mani che agitano in segno di gratitudine. Usciamo contenti ed appagati anche noi….la performance dei quattro musicisti unita all’energia del pubblico di nostalgici ci ha elettrizzati….non capita spesso di assistere ad una rentrée così importante! Ci addormentiamo con lo stomaco vuoto…dopo le 22.30 tutti i ristoranti sono chiusi. Sob.

10 Giugno 2008

VANCOUVER

E’ ancora freddo e nuvoloso oggi, quindi abbandoniamo l’idea di fare lunghe passeggiate per dedicarci invece alla visita della Vancouver Art Gallery. L’edificio neoclassico degli anni ‘20 si sviluppa su tre piani ed ospita tra le altre una interessante mostra di fumetti che si intitola “Krazy”. Osservando nelle bacheche i bozzetti e le strisce definitive nei vari stili, la memoria và a quando leggevo i fumetti….allora non davo mai troppa importanza all’aspetto grafico ed all’organizzazione delle vignette nella pagina, ma ora sono affascinata soprattutto da questo…. L’altra cosa davvero esaltante contenuta nella galleria è la mostra dedicata all’artista cinese Zhang Huan di cui apprezziamo in modo particolare i filmati delle performance…. quella girata nei bagni pubblici di Pechino è fantastica almeno quanto quella che ha per tema il bodybuilding …. In quest’ultima il corpo dell’artista è interamente ricoperto di pezzi di carne sanguinolenta a formare i rigonfiamenti muscolari del corpo deformato. Bellissime anche le sue sculture ed i quadri eseguiti con cenere d’incenso. Ma che meraviglia questo Zhang Huang! Sarà per l’evidente vicinanza geografica di Vancouver all’Alaska, o per il documentario visto in tv sulla pesca del King Crab nei freddi mari del nord….. questa sera abbiamo una gran voglia di mangiare il King Crab e così seguendo il consiglio del portiere andiamo senza esitare al ristorante “The Boathouse” dove assaggiamo le ottime King Crab legs accompagnate da una emulsione di burro fuso e limone spremuto….fantastiche! Il sapore di queste carni prelibate ci rituffa con la mente nel nostro precedente soggiorno in Alaska….quando quasi ogni sera ci concedevamo il piacere infinito di gustare questa leccornia da noi introvabile. La cosa che ci colpisce questa sera è il particolare taglio delle sue zampe…in Alaska erano sempre tagliate longitudinalmente in due parti per facilitare la presa dei filetti, qui invece le zampe sono tagliate trasversalmente in corrispondenza di ogni articolazione ed il filetto si estrae semplicemente sfilandolo da uno dei lati del cilindro. Modalità che lo rende divertente …oltre che gustosissimo! Mangiamo davvero bene qui al “ The Boathouse” e per di più con una magnifica vista che ci proietta sulla spiaggia e sull’oceano inquadrato dalle ampie finestre sulla parete. Il costo sostenibile di 150 $C compresa la mancia, circa 100 €, rende questo locale davvero da non perdere, quindi ne usciamo convinti che torneremo per un ulteriore assaggio prima della nostra partenza definitiva da Vancouver.

11 Giugno 2008

VANCOUVER

Il clima non migliora ma noi non demordiamo e ci dirigiamo senza esitazione sull’isola Granville, collegata alla downtown da un lungo ponte metallico. E’ là infatti che troveremo il grande mercato del pesce di Vancouver ed in particolare il “ The Lobsterman market”…. il luogo dal quale provenivano le zampe di king crab assaggiate ieri. Andiamo a piedi, coprendo i pochi chilometri che ci separano dall’isola …è il modo migliore per osservare la città così articolata sul vasto territorio segnato da canali d’acqua, baie e foci di fiumi. L’isola è una delizia, pittoresca e molto frequentata. Caratterizzata da edifici bassi più o meno datati e come ferita dal grande ponte che l’attraversa in alto, è piena di mercati ittici al coperto e laboratori artigianali. Il Public Market poi è affollato di tavole calde nelle varie tradizioni tra cui l’indiana, la cinese e la thai che offrono piatti caldi in contenitori di plastica dai contenuti invitanti che sprigionano profumi irresistibili…da consumarsi fuori o nei tavolini posti al centro del grande spazio coperto. E’ un trionfo di colori e profumi tra cui spiccano le vetrinette che espongono i filetti dei vari pesci tra cui il mitico Halibut e i diversi tipi di salmone confezionati ed aromatizzati in tutte le possibili varianti….è un vero peccato non poter comprare nulla…ma la cucina di casa è a migliaia di km di distanza, e non è nostra abitudine pranzare! Che peccato! Raggiungiamo anche il nostro “Lobsterman market”, dove ci informiamo sui costi di un’ eventuale spedizione di granchio in Italia….ma la risposta qui come in Alaska è sempre la stessa….i costi doganali e di spedizione farebbero lievitare eccessivamente i costi …meglio farne una bella scorpacciata qui e…perché no…tornare ogni tanto per un assaggino! La signora gentilissima si offre di cucinare per noi…lì nel freddo capannone, verso le 17, non più tardi. Potremmo comprare una bottiglia di vino…ci suggerisce… e poi dopo il rifornimento di granchio andare a consumarlo in spiaggia…ma non ci siamo proprio con gli orari e la prospettiva di cenare poco dopo le 17 rende di nuovo più comodo il ristorante. Il perimetro dell’isola è affollato di pontili ospitanti barche da diporto e molte houseboat con giardinetti e terrazze…proprio come normali casette unifamiliari in legno. Sono tante e tutte vicine ad occupare un lungo pontile parallelo alla costa, riccamente decorato con vasi di fiori appesi ai pali di ghisa. Da qui la skyline della downtown è favolosa e gli alti grattacieli formano una quinta compatta di vetro ed acciaio. Seguiamo il percorso pedonale che si snoda sul bordo del False Creek fino ad arrivare al nostro hotel sull’altro lato dell’insenatura. Attraversiamo giardini pubblici ben curati, con i due percorsi differenziati per i pedoni e le biciclette, mentre l’occhio corre instancabile alla downtown ed alla bellezza delle textures giustapposte nelle pareti dei suoi edifici. Poco più giù il fitto bosco di alberi delle barche a vela immerse nelle acque scure del canale. Una bella passeggiata quella di oggi….che ci ha consentito di apprezzare anche dall’esterno il nucleo storico della città e di perderci nella natura forte e pittoresca di questa bella baia che si apre sul Pacifico. Lungo i sentieri pedonali, tutti curatissimi e circondati di vegetazione, un gran numero di persone delle etnie più svariate, passeggiano portando a spasso i figli ed i cani….o fanno sport correndo o pedalando sulle loro biciclette…sembra proprio che la qualità della vita qui sia piuttosto alta. Bravi i canadesi! Ceniamo nel ristorante francese dell’hotel dove al costo piuttosto alto di 180 $C, consumiamo un’ottima tartare di carne ed un filetto di bue niente male…e i dolci naturalmente!

12 Giugno 2008

VANCOUVER

Finalmente il cielo ci regala squarci di colore azzurro intenso e di conseguenza anche qualche grado in più. Usciamo indossando qualche indumento in meno e con il progetto ambizioso di percorrere l’intero percorso pedonale che si sviluppa lungo il perimetro della penisola compreso il grande Stanley Park che ne occupa la propaggine più estrema. Ogni 100 metri le prospettive cambiano regalandoci meravigliosi scorci della downtown stessa e della North Vancouver sul lato opposto dell’ampia baia, mentre sopra di noi sfrecciano gli idrovolanti e sul mare circolano natanti di ogni forma e dimensione. All’orizzonte un’ industria estrattiva mostra montagne di sabbia e zolfo, altrove le gru del porto appaiono seminascoste dalle navi mercantili, grandi ponti metallici lontani si sovrappongono ai grattacieli delle periferie colpiti dalla luce. Dietro a tutto ciò le alte montagne scure dalle cime ancora innevate proteggono la baia dai freddi venti del nord. La nostra passeggiata ci porta poi su una bella spiaggia dorata aperta a Ovest sulle acque dell’oceano…. ci stendiamo seppur vestiti a godere di questo inatteso sole di metà giugno. Sulla sabbia solo qualche tronco arrivato dal mare ed alle nostre spalle l’alto profilo delle rocce del parco. Continuiamo ancora la passeggiata percorrendo il sentiero sulla sponda rivolta a sud, dove altri incredibili scorci sulla Granville island e sui quartieri attorno all’aeroporto si definiscono in controluce. Chiudiamo il circuito arrivando all’hotel dal lato opposto della strada …abbiamo percorso circa 12 km camminando con brevi pause dalle 11 alle 17 . Ci sentiamo tutti anchilosati, vista la nostra consueta inattività….e le scarpe inadatte di Vanni, che non ci pensa proprio di sostituire le sue vecchie Church’s con un paio di scarpe da ginnastica, certo non lo hanno aiutato! Optiamo per una cena a base di hamburger che consumiamo nell’intimità della nostra avvolgente camera, poi come sempre crolliamo dal sonno….questo jet leg ci devasta!

13 Giugno 2008

VANCOUVER

Oggi la temperatura si è decisamente alzata ed a tratti il cielo si colora di azzurro….l’ideale per un’altra bella passeggiata. Vanni per via dei piedi ancora doloranti prende tempo e rimane stravaccato sul letto a guardare una partita di calcio in Tv….gioca l’Italia, il suo interesse è giustificato. Poco dopo l’una però l’aria tiepida che entra dalla portafinestra della camera ci invita ad uscire e così poco dopo raggiungiamo in taxi l’acquario nello Stanley Park. Trovo così stimolante osservare i pesci e la vegetazione marina, anche se racchiusi in una teca….Mi viene una gran voglia di nuotare verso barriere coralline da esplorare….piene di colori, vita e piccoli tesori fatti di uova perlacee o di anemoni di mare. Il cielo è così terso oggi da rendere visibili le cime innevate che circondano la città….Decidiamo di ritornare camminando attraverso il percorso attrezzato che costeggia la baia a Nord, sul Coal Harbour….dove stupende e limpide prospettive si aprono sull’architettura leggera, come di vele gonfiate dal vento, del recente Vancouver Convention & Exhibition Centre che rappresenta l’edificio qualificante dell’area portuale turistica. Una grande nave da crociera è ormeggiata al molo lì accanto, con le sue ordinate file di piccoli oblò su campo bianco. La raggiungiamo e passiamo oltre diretti alla vicina Harbour Centre Tower svettante con i suoi 177 metri di altezza sul porto e sulla downtown tutta. Il panorama dall’alto è naturalmente molto più avvincente che dal basso e quindi rimaniamo a lungo ad osservare girando lungo il perimetro vetrato e scattando foto….la vista dalla torre era proprio da non perdere! La decisione relativa a come trascorrere la serata di oggi è unanime…ceneremo di nuovo al “The Boathouse” di fronte ad un tramonto mozzafiato sul mare…..ma appena raggiunto il nostro tavolo accanto alla grande finestra l’orizzonte si copre di un fitto velo di nuvole che oscura la palla di fuoco lasciando intravedere solo strisce di cielo arancione sopra il profilo nero delle montagne. Apprezziamo comunque sia il tramonto che la cena, squisita anche oggi….Esordiamo condividendo un lobster kebab, cioè piccoli spiedini di aragosta con salsa rosa ed una microscopica insalata fatta di cubetti di ananas e pomodoro, poi proseguiamo con king crab legs per Vanni e la specialità della casa per me…un gustosissimo filetto di halibut impanato ed accompagnato da una salsina molto saporita forse a base di soia e vino rosso….strepitoso!

14 Giugno 2008

VANCOUVER – EDMONTON

Arriviamo in aeroporto in abbondante anticipo sul volo per Edmonton delle 13….due ore sono fin troppe per un volo nazionale. Al chek-in, la signorina orientale davanti al computer dopo un paio di smorfie scaturite da tentativi falliti nell’inserimento dei nostri dati al terminale, ci accompagna al desk preposto alla vendita di biglietti aerei Air Canada e noi iniziamo a preoccuparci. La nostra scarsa conoscenza dell’inglese unita alla pronuncia con accento orientale stendono sulle parole della signorina un velo fitto di mistero, quindi non avendo capito nulla relativamente al problema dei nostri biglietti, non ci resta che sentire cosa avrà da dirci l’altra signora dell’ufficio vendite, nella speranza che parli almeno un po’ di francese. Dopo l’ ulteriore fila siamo di fronte al secondo desk dove una sorridente signora canadese ci spiega rassicurandoci che è tutto ok…semplicemente il nostro volo delle 13 è stato anticipato alle 11,30, quindi dovremo partire con il volo delle 13,50 sul quale ci sono due posti disponibili per noi. Essendoci spostati verso Est di due fusi orari, arriviamo all’aeroporto di Edmonton alle 17. Dopo aver percorso qualche centinaia di metri sul taxi bus che porta al parcheggio, ecco che con grande emozione vediamo Carolina! Immobile sulla fila 9 quasi sepolta da altre auto la vediamo immediatamente, come se fosse lei a guidare i nostri occhi nel cercarla…che meraviglia, e che gioia ritrovare la nostra tanto amata compagna di viaggio! L’autobus si avvicina e ci scarica proprio in corrispondenza del suo posteriore….l’autista è curioso di sapere…l’ha vista per mesi lì ferma e si era posto un sacco di domande per le quali ora vorrebbe avere delle risposte. Non siamo affatto stupiti che Carolina lo abbia incuriosito….emana fascino ed avventure da ogni centimetro della sua carrozzeria, e sono ormai tanti i segni che si porta addosso! Scendiamo tutti dal taxi bus…compreso l’autista che continua a chiedere….poi facendoci notare che il pneumatico posteriore sinistro è completamente sgonfio, propone di mandarci un ragazzo con la pompa dell’aria. Il servizio impeccabile offerto in questo parcheggio quasi ci commuove! Vanni intanto ha collegato i morsetti alle batterie ed è pronto per il grande momento ….gira la chiave per l’accensione e Carolina si mette in moto al primo tentativo! Questa Carolina è un mito! Felici e sereni ci dirigiamo verso la cassa ….Vanni prova lo sterzo, va a passo d’uomo….si vede che è felice di averla trovata intatta…ed è delicato con lei come se stesse armeggiando piuttosto con un’anziana signora appena rimessasi da un malanno passeggero. Che buffo! In una ventina di minuti raggiungiamo il “Varscona Hotel” nel quartiere Old Strathcona, ormai conosciamo la strada dato che lo avevamo scelto anche 9 mesi fa…. spinti dalla vivacità del quartiere, pieno di ristorantini e locali e persone che hanno voglia di divertirsi. Siccome siamo abitudinari incalliti, anche se è difficile crederlo per via della nostra scelta di viaggiare sempre on the road….torniamo a cena all’Irish Pub….spinti dalla vicinanza all’hotel e dal ricordo di un bel concerto di musica celtica. Ci accomodiamo sulle panche nel cortile all’esterno …. ma il ragazzo che suona la chitarra e canta è più spesso a bere birre che non ad intrattenere gli ospiti con il proprio bel canto. Il clima è comunque easy e stiamo bene al tepore dei funghi accesi.

15 Giugno 2008

EDMONTON

Non è certo volentieri che ci fermiamo a Edmonton oggi….ma è domenica e l’assicurazione di Carolina è scaduta in gennaio …. non vale certo la pena di rischiare mettendoci in marcia senza copertura. Volendo inventarci qualcosa da fare optiamo per l’AGA, la galleria d’arte moderna della città che si trova nella city, ovvero in quella parte di città oltre il fiume Saskatchewan della quale vediamo l’articolata skyline, ricca di grattacieli. Umidicci per l’acquazzone che ci ha sorpresi mentre percorrevamo il sentiero del parco che costeggia il fiume, arriviamo alla sede temporanea della galleria….La nuova sede è ancora in costruzione, ricordo bene che anche l’anno scorso ero incuriosita dal progetto che avevo attribuito a Frank Ghery senza ombra di dubbio. Scopriamo invece che un gruppo di architetti locali si è ispirato al suo “stile” ed il plastico che vediamo all’ingresso rende evidente il plagio. La mostra non è così speciale come speravamo….ci auguriamo che la nuova sede stimoli l’amministrazione ad ospitare collezioni di maggior interesse. L’unica cosa degna di nota è stato l’incontro e la lunga chiacchierata con la pittrice autrice delle tele esposte in una delle sale….vive e lavora soprattutto a Parigi ed il tema delle sue tele è il Tour de France svoltosi qualche anno fa. Forti i cromatismi, divertente la minuzia descrittiva dei partecipanti….insomma non male queste poche tele. Ceniamo al messicano questa sera….sulla 82 Ave, la strada che raccoglie la quasi totalità dei locali del quartiere….eravamo già stati anche qui, ma era caldo allora….e facemmo la fila per sederci ad un tavolo! Anche questa sera la cucina messicana non ci delude. Qualche chiacchiera, le nostre coccole e si dorme presto….domani ci aspetta la fatica dell’assicurazione!

16 Giugno 2008

EDMONTON

Poco dopo le 10 siamo già in taxi diretti alla CAA, il corrispettivo canadese della nostra assicurazione americana AAA, già scaduta. Raggiungiamo l’edificio nella periferia della città e poco dopo esserci seduti di fronte alla giovane operatrice ci rendiamo conto che non sarà facile qui ottenere la cosa più semplice del mondo….la polizza auto. Il fatto è, ci spiega la signorina, che qui devi essere residente per ottenerla, e l’auto deve essere reimmatricolata in Canada. Incredibile! In tutto il mondo abbiamo stipulato assicurazioni per l’auto e quasi sempre è stato in frontiera, dove gli uffici assicurativi abbondano, come è logico, per poter fornire immediatamente la polizza obbligatoria a chi viaggia. Qui invece sembra necessario avere passaporto canadese per poterla avere! Dopo una serie di tentativi inutili volti a convincere la signorina e la sua superiore usciamo decisi a rivolgerci alla concorrenza, la All States, la migliore compagnia del nord america. Anche qui la storia si ripete con le stesse motivazioni …ma ci viene cortesemente fornito l’indirizzo di una compagnia che potrebbe fare al caso nostro…potrebbe… ma ci viene presto detto che è necessario avere almeno un indirizzo di residenza nella regione…Rimbalziamo ancora, questa volta in una compagnia a due isolati di distanza, dove però,compresa la nostra urgenza, sparano una cifra di 2800 $C per sei mesi di copertura….una follia. Intanto il taxista, partecipe delle nostre traversie ci ha come adottati e ci accompagna negli uffici sobbarcandosi le ore di attesa tra l’uno e l’altro. Si chiama Paolo, è eritreo di nascita ma con passaporto canadese e si dice innamorato degli italiani per via dei missionari come padre Nello, che a Roma lo hanno salvato dalla strada donandogli ospitalità e lavoro. Certo erano altri tempi in Italia….ma lui è davvero grato al paese intero per avergli dato una chance. Al terzo tentativo Paolo segue Vanni all’interno degli uffici per fornirgli quel poco di sostegno che può dargli, ma il risultato non viene comunque raggiunto per via, questa volta, del costo eccessivo. Ci consigliano di rivolgerci al Challenge Insurance Group, un’altra società che vende a caro prezzo ciò che qui in Canada rappresenta assurdamente un illecito, e cioè la polizza auto per i turisti fai da te. Questa volta Vanni cede…ed esce sorridente nonostante tutto…- Scadrà fra 6 mesi – mi dice, – il 16 dicembre, ma potremo disdirla dopo tre mesi e chiedere il rimborso parziale del costo che è di 2000 $C – …..insomma una bella cifretta! Sono già le 16 del pomeriggio quando Paolo si congeda da noi davanti all’hotel….è incredibile aver perso 6 ore del nostro tempo per una cosa così semplice….ma a volte è proprio nei paesi più civilizzati che queste cose succedono! Va da sé che la sosta di un ulteriore giorno a Edmonton si rende necessaria…quindi il problema di questa sera sarà scegliere il ristorante tra i due conosciuti….messicano o irlandese?….questo è il dilemma! All’Irish Pub conosciamo Judy e Ron, una coppia di Canadesi di Calgari qui a Edmonton per lavoro….anzi è Vanni che in una prima battuta viene agganciato da lei mentre stanno fumando una sigaretta fuori dal locale. Si uniscono a noi condividendo il nostro tavolo e, come incantati, ascoltano il racconto del nostro lungo viaggio recitato per l’ennesima volta nel nostro inglese non proprio fluente. Sono curiosi di sapere ed affascinati dall’impresa. Lei è simpatica ma non è semplice capire le sue parole, ubriaca com’è… ciò che salta all’occhio è un suo debole per Vanni. Anche Ron beve molto e trascina Vanni in un duello di sambuca scura…una specie di liquore alla liquerizia. Ci scambiamo gli indirizzi e scatta l’ invito in Italia….prima o poi qualcuno arriverà.

17 Giugno 2008

EDMONTON – SASKATOON

Incontriamo Judy nella hall… senza saperlo eravamo ospiti dello stesso hotel….Ci augura un buon viaggio con aria sorridente, quindi ci congediamo cordialmente. Usciti dalla periferia di Edmonton scatta il senso di estrema libertà legato all’essere on the road ….io, Vanni e Carolina …il triangolo perfetto proiettato verso la continua sorpresa di luoghi e persone, verso la libertà del viaggio, felici e profondamente complici. Percorriamo le immense pianure punteggiate di silos argentei e fattorie color rosso mattone, nel cielo azzurro le nuvole bianche sembrano ancora grondanti di colore, mentre alla radio trasmettono musica pop degli anni ’70….il grande senso di beatitudine ci fa sorridere mentre ci guardiamo scambiandoci una carezza. Stiamo vivendo finalmente la condizione che ci è più famigliare, quella dell’essere nomadi. Il nostro viaggio inizia in fondo solo oggi, con la messa in moto di Carolina, la nostra fedele compagna di viaggio. L’idillio si attenua all’arrivo a Saskatoon, una città triste e con nulla da offrire….ma è solo una necessaria sosta tecnica…domani andrà senz’altro meglio.

18 Giugno 2008

SASKATOON – PRINCE ALBERT NATIONAL PARK

Arriviamo al parco nel primo pomeriggio dopo aver deviato sulla 293 dalla statale n° 2 Nord . Siamo armati di opuscoli illustrativi in inglese e francese, medagliette e persino un dvd che l’impiegata particolarmente zelante del tourist office di Prince Albert ha generosamente dato a Vanni. Il parco occupa una vasta area pianeggiante attorno al Waskesiu lake ma solo in piccola parte è percorribile in auto. Sui depliant sono elencati tutti i sentieri da percorrere a piedi o a cavallo. Sono tanti e lunghi anche decine di chilometri…insomma non fanno proprio per noi! Comodamente seduti su Carolina ci spingiamo invece all’interno lungo le strade sterrate carrabili….costeggiamo laghetti ed acquitrini, attraversiamo piccoli corsi d’acqua, sempre immersi nella fitta foresta boreale fatta di betulle, abeti ed altre essenze non ben identificate. La presenza dell’acqua è incredibile qui in Canada….sono due milioni i laghi ed i fiumi che ne segnano il territorio, per non parlare degli stagni e dei canali….un buon 30% di territorio è sommerso dall’acqua…..Il Canada sarà senz’altro una delle ultime nazioni a soccombere per l’inevitabile emergenza idrica del prossimo futuro….se non altro sapremo dove scappare! Non sono molti gli avvistamenti oggi…solo un paio di daini ed un giovane alce che sfreccia davanti a noi attraversando la strada… .. una puzzola scappa veloce dalla carreggiata e due pellicani dal becco rosso stanno comodamente nuotando sulle acque nere di un piccolo lago e affondano di tanto in tanto il loro lungo collo per un assaggino. Raggiungiamo poi l’unico piccolo centro abitato del parco che prende il nome dal grande lago sul quale si affaccia….il Waskesiu. Quasi non lo si scorge mimetizzato com’è tra la vegetazione ….in gran parte costituito da bassi edifici di legno, rappresenta l’unica possibilità di trovare una camera per la notte. La 108 del “Lakeview four season Resort” non è molto accogliente ma contiene tutto il necessario compresa la tv con due canali sintonizzati, due comodi queen bed, il bagno, il calorifero e la tisaniera. L’unica vera pecca è rappresentata dal fatto che proprio di fronte alla nostra porta c’è il distributore di cubetti di ghiaccio e si sa….qui come negli Stati Uniti la gente ne fa un uso spropositato! Usciamo per la cena e percorriamo le poche decine di metri che ci separano da un simpatico localino sulla cui terrazza ancora assolata ci accomodiamo per una birra ed un hamburger. Godiamo dello splendido tramonto sul lago, poi fuggiamo dagli sciami di zanzare giganti nei quali siamo finiti….mai sentito un ronzio così intenso!

19 Giugno 2008

PRINCE ALBERT NATIONAL PARK – THE PAS

Ci svegliamo presto con il suono del telefono….per via di uno strano contatto le telefonate dirette alla reception del Resort arrivano direttamente alla nostra camera! La pioggia di oggi vanifica i nostri buoni propositi di fare una bella passeggiata sul lago….quindi ripartiamo subito diretti a The Pas, un piccolo centro abitato del Manitoba che fu un importante punto di incontro tra i nativi ed i mercanti di pellicce europei. Per raggiungerlo attraversiamo le enormi distese del Canada centrale, dove le coltivazioni si spingono all’orizzonte a perdita d’occhio, mentre il cielo va schiarendosi man mano che ci avviciniamo all’obiettivo. The Pas non è un centro di particolare interesse per noi, ma qui vicino c’è il Clearwater Lake Provincial Park il cui lago è famoso per le sue acque limpidissime …. già che ci siamo andiamo a vederlo! Alcuni bambini stanno facendo il bagno a due passi dalla stretta spiaggia di sabbia ocra, urlano e gesticolano mentre le loro madri aspettano sedute sulla sabbia…..certo la curiosità di sentire l’acqua viene anche a noi che non siamo dei nativi. La più curiosa alla fine sono io che ingolosita dall’acqua cristallina alzo i jeans alle ginocchia e scendo immergendo le gambe fino a metà polpaccio. Muovo qualche passo qua e là mentre poso per Vanni che mi immortala in una sequenza di scatti….poi esco dall’acqua gelida. Il cielo è stupendamente azzurro ora…e non mancano le nuvolette bianche, così perfette da sembrare dipinte. Un bellissimo quadro questo del lago…ma il parco non offre che questo. Ceniamo da Mr. Rib’s piuttosto bene…il mio filetto di bue è tenerissimo e la zuppa di cipolle di Vanni decisamente succulenta. Dormiremo al “Super 8 Motel” ….speriamo fino a tardi!

20 Giugno 2008

THE PAS – RIDING MOUNTAIN NATIONAL PARK

Qualche minuto dopo le 11 bussa alla porta della camera il receptionist ucraino…è arrabbiato perché il check-out è alle 11 ed io sono in ritardo…sarà per il fuso orario che si è spostato ancora in avanti di un’ora? …certo è la prima volta nella vita che mi succede di essere vittima di un tale rigore….altro che puntualità inglese!….gli ucraini in questo mi sembrano addirittura maniacali. L’esito negativo della telefonata fatta questa mattina ad un tour operator di Churchill, per capire se ci sono orsi bianchi da vedere in questa stagione, …ci fa desistere dall’idea di salire ancora verso la Baia di Hudson e puntiamo invece la prua di Carolina verso Sud….Gli orsi bruni del Riding Mountain National Park ci aspettano a qualche centinaia di chilometri da qui….sarà una buona consolazione per noi avvistarne qualcuno. Attraversiamo ancora le immense pianure coltivate, solo a tratti interrotte da ampie macchie di foresta e pascoli affollati di mucche….qua e la solo gli alti granai di legno colorati di rosso ed i silos metallici risplendenti. Il tempo è splendido anche oggi e le nuvolette ben disegnate punteggiano l’azzurro intenso del cielo, alcuni corvi svolazzano ai lati della strada mentre noi sfrecciamo a bordo di Carolina. Da quando ha l’alternatore nuovo non fa più salire la lancetta della temperatura dell’acqua , e nemmeno la pressione sanguigna di Vanni che ogni volta si preoccupava moltissimo. Arriviamo a Dauphin nel primo pomeriggio e rimaniamo piacevolmente sorpresi da questa bella cittadina che compare con un piccolissimo cerchietto sulla carta stradale….in confronto a The Pas è una metropoli! Percorriamo i tranquilli viali alberati ed osserviamo le casette monofamiliari distanziate dalla strada da ampi giardini curatissimi. Sono per lo più rivestite di doghe di legno con i tetti molto inclinati tipici delle aree fredde e nevose, verande e bouwindows. Sembrano ripetere per l’ennesima volta le tipologie della tradizione edilizia nordamericana ….così di maniera, ma anche divertenti. Ogni volta che ne osserviamo una , sembra che ne debba uscire Mary Poppins! Proprio piacevole questa Dauphin….ed è a due passi dal Parco che vorremmo vedere. Scendiamo ancora di qualche chilometro fino ad arrivare alla stazione d’ingresso del Parco segnata da un portale di legno, Dalla finestrina aperta del box sottostante una signora sorridente ci allunga un paio di depliants e la ricevuta del pedaggio obbligatorio….ingolosita dalla prospettiva di un avvistamento le chiedo se ci sono orsi in zona, ma la mia pronuncia deve averla tratta in inganno perché mentre risponde con un invitante – si moltissimi- ci dà un foglietto con l’elenco delle specie di uccelli presenti nel parco…..capita! Superato il gate andiamo ancora a sud lungo la 10 Dr. e ad una piazzola di sosta saliamo in cima alla torre di avvistamento per vedere solo cime di alberi e boschi a perdita d’occhio. Dopo aver percorso altri 53 km senza il conforto di un avvistamento e con l’inevitabile conseguente torcicollo, arriviamo all’unico centro abitato del parco…Wasagaming che in lingua Cree significa “acqua chiara”. Il paese sorge in effetti sulla sponda del lago omonimo, la limpidezza delle cui acque provvederemo presto a verificare. Sfoggia interessanti edifici storici risalenti alla fondazione del parco nel 1933, tra cui il Visitor Center in un impeccabile stile rustico Tudor, e l’edificio dei pompieri con una simpatica torretta affiancata, simile ad un campanile ligneo. Troviamo alloggio al “The new Chalet”, effettivamente nuovissimo e confortevole, ad un costo di 100 $C al giorno. La porta della nostra camera si apre su un perfetto prato all’inglese in leggera pendenza, la finestra invece affaccia sulla piscina…ci piace, quindi la prendiamo senza esitare. Ceniamo al ristorante italiano qui di fronte, il “Tr Mc Koys” dove la mia New York steak è meravigliosa almeno quanto il vino rosso di Montepulciano. Considerato che di Italiano questo ristorante però non ha quasi nulla se non un paio di vini e qualche piatto di pasta cucinata però alla maniera canadese, propongo a Vanni di aprire un ristorante cinese a Bologna ….in fondo è la stessa cosa. Dopo poco più di un’ora crolliamo ubriachi sul letto….anche questo capita! Sono quasi le 23 eppure non è ancora buio.

21 Giugno 2008

RIDING MOUNTAIN NATIONAL PARK

Il reportage fotografico agli edifici storici di Wasagaming apre la giornata, seguito immediatamente dopo da un tour nel parco. Seguiamo i percorsi carrabili nei quali la signorina del tourist office ha detto che avvengono la maggior parte degli avvistamenti….così dopo una ventina di chilometri di sterrata raggiungiamo il Bison Range, dove vediamo senza sorpresa i bisonti, a decine, sul bordo strada, ma nient’altro. Delusi torniamo sui nostri passi percorrendo a ritroso la sterrata ma ecco che il parco ci regala l’avvistamento di un cucciolo di orso bruno che uscito in gran fretta dalla vegetazione sul bordo strada, si blocca vedendoci arrivare e si rituffa poi veloce dentro ai rovi. Che soddisfazione vederlo anche se per pochi istanti! Certo il Canada occidentale ci aveva abituati ad avvistamenti prolungati che ci consentivano di scattare veri e propri reportage fotografici….ma erano altre zone e l’abbondanza di animali che le caratterizzava sembra essere invece del tutto assente qui. Percorriamo altre sterrate in auto ed un sentiero pedonale di poco più di due chilometri che si spinge all’interno della foresta. Vanni mi precede armato del suo campanellino anti-orso e mentre ne ascolto il suono leggero, quasi una litania, penso a quanto è piacevole passeggiare tra betulle, querce , rovi di frutti di bosco, fiori selvatici ed una miriade di tipi di erbette. Le piccole foglie delle betulle creano ombre leggere e tremolanti, mentre l’aria fresca rende piacevole il procedere tra ponticelli e brevi salite. Il sentiero si sviluppa sui due lati di un ruscello il cui brusio sentiamo a tratti allontanarsi….è un piccolo paradiso questo, pieno delle sfumature del verde e senza orsi molesti….una bella passeggiata che vorrei non finisse tanto presto! Arriviamo nei pressi dell’ Hotel sotto un acquazzone improvviso e persistente, va da sé che ne approfittiamo per fare il bucato alla laundry qui vicina. Armati del fustino Tide e dell’ ammorbidente ormai gelatinoso, trovati come reperti nel bagagliaio di Carolina, facciamo le nostre tre lavatrici, poi dopo la fatica dell’attesa ceniamo di nuovo al ristorante italiano e ci godiamo un bel tramonto sul pontile che si spinge dentro le acque chiare del lago. Sono già le 10 passate quando la palla infuocata entra nelle acque del lago…le giornate qui sembrano non finire mai.

22 Giugno 2008

RIDING MOUNTAIN NATIONAL PARK – BRANDON

Vanni mi sveglia prestissimo….avevamo deciso ieri di tentare un tour nel parco la mattina presto, il momento migliore per gli avvistamenti in qualsiasi luogo del mondo…. Proprio non ci va giù il fatto di aver visto così pochi animali in quasi due giorni , quindi alle 7.30 siamo già a bordo di Carolina sveglissimi nonostante tutto, a scrutare i bordi strada in cerca di animali. Sono soprattutto le alci quelle che proprio ci mancano….in fondo anche se velocemente l’orso ieri lo abbiamo visto….ma le alci…. Vediamo le loro inconfondibili orme sul terriccio ai lati della carreggiata, ovali e con un segno longitudinale in rilievo….non si può sbagliare, sono proprio le loro, ma non vedendo poi le alci ci viene il dubbio che siano gli impiegati della forestale ad imprimerle la notte, per illudere i turisti della loro effettiva presenza nel parco. Scrutiamo gli acquitrini, le radure, nulla. Usciamo con un bottino di un solo daino che ci aveva osservati per qualche secondo ed era poi scappato impaurito….non sarà un problema di timidezza quello degli animali di questo parco? Per consolarci andiamo verso un obiettivo certo…ad un centinaio di chilometri da qui, nel paese di Inglis ci sono alcuni granai degli anni ‘20, gli ultimi scampati alla demolizione sistematica dei più di 3000 esistenti fino a pochi decenni fa a ridosso delle ferrovie del territorio canadese. Simbolo dell’architettura delle praterie, questi edifici, che venivano chiamati i “castelli del nuovo mondo”, sono realizzati con spesse pareti di legno rivestite con doghe o pannelli di metallo. Quelli di Inglis sono 5 e formano un fronte compatto sulla ferrovia le cui rotaie distano solo pochi metri. Le volumetrie sono imponenti ma semplici. Il corpo principale è costituito da un parallelepipedo a base rettangolare coperto a una ventina di metri di altezza da un tetto a due falde, ad esso sono addossati due parallelepipedi più bassi coperti da tetti ad una falda….insomma un po’ come le nostre basiliche a tre navate, ma con una esasperazione verticale dei volumi. Le linee orizzontali delle doghe di legno si susseguono senza sosta verso l’alto, non ci sono cornici né marcapiani, solo la geometria pura di questi giganti che come fari si impongono, ben visibili, sulla linea piatta della campagna. Siamo così gratificati dall’averli visti che insistiamo sull’argomento….ci dirigiamo quindi senza indugi ancora più a Sud, a Fleming dove un altro granaio piuttosto malconcio risalente al 1895 è visibile dalla strada. A differenza degli altri questo edificio è rivestito di lastre metalliche rettangolari colorate di rosso scuro….ma ne mancano diverse su uno dei fianchi e la struttura lignea è scoperta e le vecchie scritte dipinte in alto si vedono appena. I lavori di restauro non sono ancora iniziati qui a Fleming, ma siamo comunque contenti del nostro avvistamento. Ingolositi dalla Lonely Planet che definisce Brandon una bella città decidiamo di fare qui la sosta intermedia del nostro viaggio verso Winnipeg. Prendiamo una camera fumatori al “Super 8 motel“ed usciamo quasi subito per un giro di ricognizione nella Downtown….ma quale bella città! I pochi edifici storici sono inseriti in un tessuto urbano decisamente squallido ed aggiungiamo a questo il fatto che essendo quella di oggi, una calda domenica d’estate, la città è completamente deserta….in compagnia di un paio di ubriachi usciti per una sigaretta dall’unico pub aperto del centro, compiamo il nostro giro nell’assolata e deprimente downtown di Brandon, quindi ripieghiamo in hotel dove almeno c’è internet. Ceniamo con un takeaway da Mac Donald….per non rischiare ulteriormente!

23 Giugno 2008

BRANDON – WINNIPEG

Fuggiamo dal “Super 8” di Brandon senza rimpianti….l’idea di Vanni è di raggiungere il “Spruce woods Provincial Park” facendo una piccola deviazione dalla trans-canada che stiamo percorrendo verso Winnipeg. Sono solo 30 km verso sud passando per Carberry…una sciocchezza per noi….ma l’attrazione del parco vale la deviazione. E’ particolare che nel bel mezzo del Canada ci siano delle dune di sabbia, ebbene queste alte dune sono proprio in questo parco e vista la nostra predilezione per il deserto…la sosta si rende necessaria… Dopo aver parcheggiato Carolina ci avviamo lungo un sentiero di 1.5 km per raggiungere il fronte di sabbia che, viste le frequenti precipitazioni qui, è rivestito quasi interamente da un sottile strato di vegetazione. Mentre stiamo per raggiungere la barriera di alte dune Vanni commenta dicendo che gli sembra di andare alla Bassona di Lido di Dante….ed effettivamente camminare su di un sentiero di sabbia circondati dal verde ricorda la situazione di alcune nostre spiagge, anche se qui la vegetazione è prevalentemente di abeti anziché di pini marittimi e tamerici. Tutto sommato una bella passeggiata ci voleva dopo tanti chilometri seduti in auto….e anche se l’impatto con le dune non è stato proprio quello che ci aspettavamo…ne è valsa comunque la pena. Entrare a Winnipeg è più impegnativo di quanto immaginassimo per via dell’estensione della sua periferia….su Carolina ci inoltriamo per chilometri all’interno del tessuto urbano dove il relativamente piccolo nucleo della downtown sembra irraggiungibile. Chissà come sarà entrare a Chicago! Abbiamo deciso di tornare a Chicago, rivoluzionando i nostri sempre labili programmi, per via della sua irresistibile bellezza ….non c’è proprio paragone tra la monotonia della pianura canadese e la dinamicità di una città come quella, quindi la scelta di raggiungere Toronto costeggiando i grandi laghi da sud anziché da nord ci è sembrata un’idea geniale che perseguiremo nei prossimi giorni. Evviva! Ne sono così felice….le stupende architetture di Wright e Gahry sono là ad attenderci, così come i tanti bellissimi grattacieli ed i canali di acqua verde che entrano in città….e quelle meravigliose sculture nel parco del lungolago. Fantastico! Tra pochi giorni saremo di nuovo a Chicago. Ma torniamo alla nostra modestissima Winnipeg, capitale dello stato del Manitoba, che Judy nata qui ci aveva tanto raccomandato di visitare e che infine raggiungiamo….L’aspetto più positivo o forse l’unico è che proprio oggi inizia il “Winnipeg Jazz Festival”ed alle 20 in punto siamo ad occupare un tavolo al lounge bar dell’hotel “Fermont”. Consumiamo una buona cena sulle note del concerto di Michelle Grégoire, una jazzista autoctona che, accompagnata dalla sua band, riesce a rendere ancor più calda l’atmosfera tutta boiserie di legno e moquette scozzese del bar. Serata piacevolissima e calda…finalmente è arrivata l’estate anche qui ed io riesco ad indossare il miglior pezzo contenuto nel mio trolley…un bellissimo abito nei toni dell’azzurro-verde tutto svolazzi e piegoline…viste le piogge e le temperature basse dei primi tempi pensavo non avrei mai avuto l’occasione di indossarlo. Dopo il concerto rientriamo al “ Norwood”, un discreto hotel nel quartiere francese di Saint Boniface. Le camere sono ampie e confortevoli e siamo a due passi dalla downtown e dalla zona della Forks, tutta parchi e servizi…insomma una bella scelta che costerà solo 115 $C al giorno.

24 Giugno 2008

WINNIPEG

Sono circa le 10 quando usciamo insieme dall’hotel ma con obiettivi diversi. Vanni farà un tour delle officine per risolvere il problema di Carolina all’impianto elettrico, mentre io mi dedicherò alla visita della città per vedere se c’è qualcosa da salvare in questa Winnipeg che all’arrivo non ci aveva fatto una così buona impressione. Mentre mi incammino penso a quanto è fantastica questa giornata di sole, anche la temperatura è perfetta. Raggiungo il quartiere The Forks subito dopo aver superato il ponte sul Red river, quindi dopo una breve passeggiata tra la rigogliosa vegetazione del parco lungo il fiume mi dirigo senza indugi verso l’ Exchange District il cui tessuto urbano risalente a circa un secolo fa restituisce una piacevole atmosfera old style. Gli edifici, tutti in mattoni a vista, sono prevalentemente sobri. Spiccano come texture le file di finestre, le scale di sicurezza di ferro arrugginito e le vecchie insegne pubblicitarie ormai sbiadite dipinte direttamente sui muri. Entro in un paio di negozi di dischi per cercare un CD di Michelle Gregoire che non trovo, poi vicino alla Old Market Square il suono forte di una band mi ricorda che siamo in pieno festival Jazz e che gli appuntamenti musicali nei punti chiave del centro accompagneranno con mio grande piacere la mia passeggiata. Mi fermo ad ascoltare per una mezz’oretta, poi evitando di soffermarmi sui brutti grattacieli del centro devio verso la Winnipeg Art Gallery che, ospitata in un bell’edificio degli anni ’70, non ha però molto altro da offrire….personalmente trovo l’arte inuvit piuttosto deprimente ed anche il resto della collezione di artisti del Manitoba o più generalmente Canadesi è piuttosto deludente. Sono in cammino ormai da 4 ore quando entro in un atelier incrociato per caso, per un pedicure …. Il massaggio delicato che la signorina sta facendo ai miei piedi mi sta gratificando almeno quanto una fetta di torta al cioccolato quando sono affamata. Esco come nuova e continuo a camminare verso l’ hotel dove trovo Vanni rientrato da poco e già collegato come sempre ad internet. Un’oretta di coccole che ci stendono definitivamente ed usciamo per compiere l’ultima faticosa passeggiata di oggi diretti al ristorante francese “In Ferno’s Bistro”. Con mio grande stupore vedo sul menu che lo chef propone tra i piatti di pesce l’Artic Char, un pesce squisito che avevo assaggiato l’anno scorso a Yellowknife, la città più a Nord del Canada che abbiamo visitato. Non avendolo più trovato sui menù lo avevo quasi dimenticato, ma ora eccolo sul mio piatto, squisito come sempre! Vanni condisce con entusiasmo la sua tartare di carne che poi divora…è tutto buono, possiamo rientrare soddisfatti in hotel.


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