27 Luglio 2007

BELFIELD – REGINA ( Saskatchewan – Canada )

I chilometri che riporto sono sempre gli stessi non perché lo siano effettivamente, ma perché Vanni è così pigro da non voler controllare sulla mappa stradale….ripartiamo quindi dal fortino e ci spingiamo ancora verso nord, verso il confine con il Canada. Ci accompagnano anche oggi gli stessi immensi paesaggi di ieri, dove lo spazio senza limiti suggerisce l’infinito, huge, come li chiamerebbe Alan…Al confine ci accoglie la durezza di un ufficiale canadese quasi scortese e poi la monotona pianura del Canada del sud così monotona e sempre uguale a se stessa da annoiarci…ma dobbiamo raggiungere Regina, prima sosta tecnica del nostro viaggio oltre confine. Anche Regina , come il paesaggio che la circonda è senza stile e sciatta, nonostante sia il capoluogo della provincia di Saskatchewan . Comunque dobbiamo uscire per due passi in centro alla ricerca di un paio di scarpe per Vanni che ha finalmente cestinato le sue due paia vecchie e spera di trovare qui un paio di church. Dopo una ricerca veloce in internet ed una consultazione presso il ragazzo alla reception, capiamo che sarà impossibile trovare scarpe inglesi qui a Regina, ma che troveremo altro al centro commerciale che qui come da modello americano raccoglie più di 80 negozi. La ricerca non è lunga, da Aldo troviamo un paio di mocassini che andranno benissimo per il viaggio ed a soli 90 CD$! La serata si conclude in hotel…inutile cercare un po’ di svago in questa città di provincia…nemmeno un po’ di musica dal vivo ci comunica quasi imbarazzato il cameriere del ristorante.

28 Luglio 2007

REGINA – MEDICINE HAT ( Alberta )

Un’altra sosta tecnica verso Calgari che ormai vediamo come un miraggio. Ci circondano ancora pianure anonime e c’è un caldo soffocante con Carolina che ci concede l’uso dell’aria condizionata solo a tratti. Insomma un viaggio tosto che mi fa venir voglia di rimettermi un po’ in sesto facendo lunghe passeggiate e sostando per almeno un paio di giorni in un qualche posto un minimo meritevole…il mio sederone, in aumento costante per via delle vitamine che in USA vengono addizionate in qualsiasi alimento o bibita, sta diventando cubico a forza di stare seduta in macchina!

29/30 Luglio 2007

MEDICINE HAT – CALGARI ( Alberta )

Calgari non valeva più di un giorno di sosta e nulla più le abbiamo concesso. Cresciuta sulla scia delle compagnie petrolifere proliferate qui negli anni 70 in seguito alla scoperta di ingenti quantitativi di petrolio, ha grattacieli piuttosto anonimi ed una skyline non particolarmente d’effetto. Una caratteristica di Calgari che ci ha colpiti è la quantità spaventosa di corridoi coperti in quota che collegano i primi piani dei vari grattacieli del centro. Praticamente si può entrando in uno degli edifici collegati girare tutto il centro di Calgari senza mai uscire allo scoperto…non deve essere male d’inverno con il freddo che farà qui, sbrigare tutte le proprie commissioni tra cui shopping, banca, assicurazione, parrucchiere, dentista….senza mai dover indossare il cappotto né mai aprire l’ombrello!..E’ domenica quando arriviamo e siamo così fortunati da capitare nel bel mezzo del festival folk che si svolge ogni anno a fine luglio nel parco che occupa l’isola cittadina sul Bow river. Certo questo fiume per loro è un po’ come il mare per noi…sono tanti infatti i canadesi in costume da bagno che, comodamente seduti sui loro gommoni, si lasciano trascinare dalla corrente del fiume in questa calda domenica di fine luglio. Noi ci limitiamo ad una lunga passeggiata tra le strade del centro con puntatina al parco ad ascoltare i vari cantanti che si esibiscono dai loro palchi. Leggo tra l’altro sulla guida che il festival ha ospitato in passato cantanti del calibro di David Birne ….insomma si tratta proprio di un evento con i fiocchi! A tratti le melodie si mescolano ed una voce particolarmente amplificata prevale sull’altra, ma è piacevole passeggiare tra i sentieri respirando il clima gioioso e rilassato alla Woodstock che proviene dai prati affollati di persone seminude. La sera tentiamo un ristorante libanese nei pressi del parco ed è un grande regalo che ci facciamo… risentire i sapori del mediterraneo ed assaggiare la crema di ceci che mi ha sempre fatto impazzire ci ha come rispediti a casa, anche se solo per un attimo. Concludiamo con un narghilé e con Carolina che proprio non ne vuol sapere di mettersi in moto. Impossibile chiamare un taxi…la segreteria telefonica è sempre attiva…Per fortuna il cameriere siriano si offre di accompagnarci con la sua auto alla chiusura del locale…poco dopo Vanni pronuncia la sua prognosi…le batterie sono da sostituire! Il lunedì mattina Vanni esce piuttosto presto, io nel dormiveglia me ne accorgo appena, ultimamente dormo come un ghiro. Esco poi a comprare un nuovo hard disk per l’ archiviazione delle foto….la nuova macchina fotografica sforna files talmente pesanti da necessitare di un nuovo potentissimo archivio…i 500 GB che ho preso saranno senz’altro sufficienti fino alla prossima macchina fotografica! E’ incredibile quanto sia veloce la rottamazione nell’ambito informatico…se cambi macchina fotografica devi poi cambiare computer ed hard disk esterni…non so ancora come farò a copiare le foto nei dvd …100 foto alla volta? Potrebbe essere una soluzione!
Passeggiando per le strade del centro noto con una certa soddisfazione che il numero di persone obese è un po’ diminuito qui rispetto agli stati uniti….per fortuna! Il pericolo, quando si è circondati da obesi e per di più si è anche golosi ….è che si finisce col considerare normale la comparsa di rotolini che invece andrebbero immediatamente eliminati….l’alibi è attorno a te, basta guardarsi un po’ attorno per sentirsi comunque magrissimi!
Quando rientro alle quattro del pomeriggio Vanni è da poco in camera, basta un mio accenno e subito mi racconta tutte le sue avventure con Carolina….mezzo di soccorso, officina, magazziniere cinese dai capelli variopinti….che poi non venga a raccontarmi che non sa l’inglese…non ci credo più!

31 Luglio 2007

CALGARI – JASPER ( Alberta )

Un nuovo bagaglio si è aggiunto…e che bagaglio! la scatola dell’hard disk esterno è l’equivalente di un cartone da 6 bottiglie di birra! Stiamo assomigliando sempre più a quei viaggiatori che non abbiamo mai sopportato, quelli che si muovono impacciati perché sopraffatti dai loro bagagli. Comunque in qualche modo carichiamo i bagagli e lasciamo Calgari che senza infamia né lode ha fatto da sfondo per un paio di giorni al nostro lungo viaggio verso il circolo polare artico. Viaggio che assomiglia sempre più ad una sfida verso il raggiungimento dell’ obiettivo, piuttosto che un viaggio di piacere….salendo infatti le belle città da visitare e dove sostare sono sempre più rarefatte, mentre i bellissimi paesaggi gratificano solo l’occhio e niente più, vista la nostra totale avversione per il trecking. Insomma trascorriamo le nostre giornate a bordo di Carolina osservando paesaggi incantevoli, ma senza mai fare una bella passeggiata!…anche perché i chilometri da percorrere sono tanti e quando ci troviamo all’interno di un parco che vedrei volentieri con calma, abbiamo sempre il problema di arrivare in tempo per una camera libera nei pochi e sovraffollati hotel al suo interno. Così anche oggi come sempre entriamo nel bellissimo Banff National Park, ne percorriamo la 93 HW che si spinge sulle montagne rocciose tra laghi dalle acque turchesi e rocce e boschi meravigliosi, vediamo tre orsi di cui due grizzly ed un orso bruno ed i bellissimi elk ( cervi) mentre pascolano vicini alla strada, ma nemmeno una passeggiata….tra non molto mi verranno le piaghe da decubito! Dicevo il Banff è un bellissimo parco popolato da una grande colonia di orsi che dominano sovrani questi territori da favola. Il primo avvistamento l’ho fatto io mentre osservavo oltre il bordo della strada alla mia destra, vedo un ammasso peloso e chiedo a Vanni di fermarsi. Immediatamente fa un’inversione ed eccolo il pelosone, è un cucciolo di grizzly non molto grande che nel frattempo si è spostato verso il bosco in cerca di bacche, ma per fortuna è ancora ben visibile…scendo incurante del pericolo mentre Vanni mi scoraggia dal farlo…intanto si fermano altre macchine. Sono così emozionata che mi un leggero tremore mi sfiora le mani mentre scatto le foto di rito da far vedere agli amici…certo non si direbbe un animale aggressivo …è così pacioccone e così lento nei movimenti …ricorda molto un enorme peluche. E’ bellissimo e sarei tentata di avvicinarmi ma so che questo è proprio ciò che non bisogna mai fare. All’ingresso dei parchi viene di solito distribuito un giornale con tanto di illustrazioni degli scorci più spettacolari e a parte, le norme di comportamento da tenere al loro interno. Una delle cose che salta sempre all’occhio sfogliandolo è l’articoletto che dà consigli su cosa fare quando si è presi di mira da un orso….stendersi a terra e raggomitolarsi in posizione fetale, oppure fare il maggior rumore possibile con ciò che si ha a disposizione…coperchi di tegame ecc.. Siccome non vorrei mai trovarmi in un corpo a corpo con un orso dopo aver gratificata la mia curiosità rientro in macchina e passiamo oltre, il cucciolo nel frattempo ha preferito la direzione opposta e si è dileguato. Un gruppo di macchine ferme al bordo della strada ci fa capire che un altro animale è stato avvistato…ci fermiamo anche noi naturalmente, scendiamo curiosi e guardando nella direzione di tutti gli altri occhi curiosi vediamo in lontananza un grande orso bruno che guarda caso sta gustando le sue bacche….non per nulla sono così grassi gli orsi, mangiano sempre! Tra un laghetto e l’altro arriviamo al nostro terzo avvistamento, è un grizzly adulto visibilissimo, in alto su una collinetta vicina al ciglio della strada…il suo pelo fulvo brilla sotto i raggi del sole che lo colpiscono…si accorge di noi e ci guarda per un attimo immobile…poi continua imperterrito a mangiare. Che meraviglia questi orsi! Proseguiamo lungo la strada che sinuosa sfiora le acque azzurre dei laghi e quella invece lattiginosa dei ruscelli che scorrono verso valle tra isolette di abeti che sembrano galleggiarvi sopra. Sopra di noi le rocce lasciano presto il posto agli immensi ghiacciai che a tratti scivolano come panna montata verso valle. Il cielo è azzurrissimo…siamo in paradiso! Cervi dalle corna enormi, poi alcuni coyote e daini, quindi ci fermiamo per una necessaria passeggiata alla Athabasca fall, una cascata d’acqua lungo il corso del fiume che scorre nella vallata e del quale non ricordo il nome…le acque cadono dentro un canalone di falesie erose che nei secoli si sono adattate ad accoglierne le spinte con anfratti e grotte. Percorriamo camminando il letto abbandonato di quello stesso corso d’acqua che ad un certo punto ha deciso di cambiare sede per la sua cascata.. Mentre scendavamo gli scalini la paura che quello stesso fiume potesse di nuovo cambiare idea e riversarsi nel suo antico e profondo alveo non mi ha mai abbandonata! Troviamo miracolosamente una camera in un hotel di Jasper, un bel paesino di montagna che potrebbe essere paragonato forse a Corvara, con tanto di impianti sciistici che funzionano a pieno ritmo nei freddi inverni canadesi. La camera è molto confortevole, tutta rivestita con boiserie di legno, una bella e soffice moquette al pavimento ed arredi in linea con il resto. Stiamo benissimo qui, quindi decidiamo per una cena nel ristorante dell’hotel…certo i dolci non li sanno proprio fare da queste parti!

01 Agosto 2007

JASPER – MANNING ( Alberta )

Ripartiamo sotto un bel sole di metà mattina, dopo aver gettato i rifiuti sparsi su Carolina nell’apposito bidone antiorso. Una delle caratteristiche delle aree popolate dagli orsi sono i porta rifiuti, rigorosamente di metallo e chiusi da una lastra di metallo inclinata in modo che rimanga sempre chiusa…si sa che sono dei golosoni e tra le cose lette su di loro ce n’è una che riguarda proprio il loro approccio con il nostro cibo che una volta assaggiato li renderebbe aggressivi….-un orso che mangia cibo per umani è un orso da uccidere- recitano gli slogan! Quindi per evitare lo sterminio i cassonetti sono stati resi inespugnabili. ….cosa non farebbero pur di addentare una fetta di torta! L’obiettivo che ci siamo posti per oggi è di avvicinarci il più possibile a Yellowknife, una cittadina oltre il 60° parallelo N che si affaccia sul Great Slave lake, una delle città più a nord del Canada. Perché proprio Yellowknife, così sperduta nei territori del nord e che non rientra tra le mete turistiche classiche? Perché muoio dalla voglia di vedere le ampie distese bianche del nord…anche se so già che non le troveremo nemmeno qui in questa stagione! Ma inseguire i propri sogni è un dovere, anche se rimarranno tali, e poi chissà…forse Yellowknife ci piacerà comunque, anche senza ghiaccio. Lungo la strada che ci porta verso nord i boschi di abeti lasciano presto il posto a fitti boschi di betulle dai caratteristici tronchi bianchi, un bel cielo azzurro con piccole nuvole bianche che sembrano dipinte da Manritte ci accompagna per tutto il viaggio. Ci fermiamo a Menning per la notte, un paesino di poche case e 3 motel nel quale non ci si fermerebbe mai se non per bisogno…certo il sole che ancora vediamo alto dalla finestra non è un grande stimolo per il sonno…ma abbiamo le strategiche mascherine che questa notte senz’altro ci aiuteranno. Inutile cercare altro…ammesso che ci sia altro…ceneremo qui nel Motor motel Inn che almeno è comodo…ma durante la cena si solleva una gran discussione con Vanni che sostiene che non è vero che non ci fermiamo mai da nessuna parte….- a Calgari – dice lui – siamo stati tre giorni! Domenica, lunedì e martedì – Replico che arrivare in una città la domenica pomeriggio e ripartire il martedì mattina significa essersi fermati solo un giorno e mezzo e non tre!…ma lui rimane convinto del contrario…non ce la posso fare…

02 Agosto 2007

MANNING – HAY RIVER ( Northwest Territories )

Vanni è sempre più attivo la mattina…un minuto dopo aver appoggiato sul comodino la mia tazza di tè ha già la valigia in mano e mentre mi ripete di fare con calma si avvia verso la porta dicendo che intanto và caricare il suo trolly! Questa mattina non finisco nemmeno il tè, mi precipito sotto la doccia e via, si riparte. Prima di lasciare Manning ci fermiamo in farmacia a rifornirci dei vari repellenti per zanzare suggeriti dalla guida e poi una sosta alla stazione di servizio per un pieno di diesel, i servizi inizieranno a diradarsi almeno quanto i paesi che incontreremo, quindi ogni volta che ne avvisteremo una sarà necessario rifornirci. Il solito bel cielo azzurro ci accompagna nel primo tratto di strada, mentre costeggiamo i tanti laghetti dalle acque scure punteggiati delle tane dei castori che qui non avendo la necessità di costruire dighe creano tane circolari fatte di tronchi collocate al centro del lago. Ma sono così tanti questi specchi d’acqua che sembra quasi di attraversare una palude! Ed effettivamente la vegetazione valliva caratterizza molti degli specchi d’acqua che vediamo comprese le bellissime canne coronate dai loro fiori a cilindro scuri, o quelle piante acquatiche che ricoprono la superficie con quella che sembra una patina verde chiaro. Boschetti di betulle ed abeti segnano i bordi degli specchi d’acqua in un mix accattivante…inizia proprio a piacerci questo Canada! Vanni avvista un grosso porcospino sul bordo della strada ed un gran numero di topolini scuri, poi incrociamo il grande cartello che indica il 60° parallelo…anche questa è fatta! Scendiamo per le foto di rito…ma dobbiamo aspettare il nostro turno, una famiglia numerosa ha invaso l’area e sta scattando foto a non finire …noi ce la caviamo con tre scatti, poi ripartiamo verso le bellissime Alexandra falls sull’ Hay river. Con un comodo accesso dalla Mackenzie highway che stiamo percorrendo, le cascate che vediamo sono davvero bellissime e la grande massa di acqua marrone che precipita per i 33 metri del salto crea una fitta nuvola di goccioline in salita che ne sottolinea la potenza….ma com’è suggestiva questa acqua così scura…e che boato tutto intorno. Al parcheggio un signore dagli inconfondibili lineamenti inuit ci ferma per chiederci se Carolina è nostra e per complimentarsi…questo modello sta piacendo molto qui in Canada…anche al Banff un signore si era fermato dicendoci – nice car!- Una bella soddisfazione soprattutto per Vanni che se la cura come un gioiellino…insomma scopriamo che Carolina ha degli ammiratori! Lo stesso signore del parcheggio ci dice che domani a Fort Providence inizia il “Mackenzie Days”, una festa che richiama i nativi per un weekend di baldoria con musica dal vivo, gare sportive ed altro ancora…non possiamo mancare! Alle 4 siamo già ad Hay River una cittadina sul Great Slave lake che viene dipinta dalla guida come squallida e sporca e nella quale viene sconsigliato di sostare…ma abbiamo un progetto che rende necessaria la sosta! Siccome le giornate in auto servono anche per leggere la guida e studiare il percorso da fare sulla cartina, ci è venuta la voglia di arrivare alla lontana città di Inuvik via fiume anziché via terra…ci risparmieremmo così una bella quantità di chilometri e ci piace l’idea di viaggiare con Carolina sul lunghissimo Mackenzie River che collega il lago dove siamo al Beaufort sea, praticamente a 100 km dalla calotta artica….che sogno…dobbiamo cercare di realizzarlo! Così una volta arrivati in paese ed occupata la camera nell’unico hotel decente di Hay River , il Ptarmigan Inn, ci precipitiamo negli uffici della NTCL per informarci….ma….sfortuna nera….non è consentito il trasporto di passeggeri sulle chiatte che trasferiscono merci ed auto, e per noi non ha senso spedire solo Carolina. Si giustificano dicendo che la scarsa richiesta di trasporto passeggeri non è sufficiente per giustificare il servizio…e così ci liquidano con un – provate a chiedere a Yellowknife – cosa che faremo senz’altro. Continuiamo a girovagare per il paese in cerca del lago che non abbiamo ancora visto…e pensare che è grandissimo…Hay River ha scelto di starne alla larga, ed il centro ne è davvero lontano, ma andiamo e lo intravediamo dalla sterrata che lo costeggia a distanza, siamo nel quartiere dei pescatori ed i cartelli di vendita di pesce fresco compaiono su tutte le case di legno un po’ scrostato. L’acqua è scura come quella del fiume che avevamo visto esplodere in una cascata fragorosa…sulla stretta spiaggia di sabbia scura sono disseminati molti tronchi arenatisi chissà quando…più selvaggio di così il paesaggio non potrebbe essere! Arriviamo fino al porticciolo dei pescatori che vediamo ancora lavorare sui loro pescherecci. Chiediamo anche a loro…ma inutilmente, la barca che uno di loro ci ha suggerito non c’è….e chissà se lui ha capito cosa gli stavamo chiedendo. Rientriamo per una cenetta in hotel…sponsorizzata con un bonus di 20 $ dalla reception. Ma che gentilezza! La cena squisita ed anche la musica di sottofondo che discretamente l’accompagna ci risollevano della delusione di qualche ora fa. Non vogliamo più pensarci…così facciamo prenotare dal simpatico nativo della reception la camera a Fort Providence.

03 Agosto 2007

HAY RIVER – FORT PROVIDENCE

Quando arriviamo a Fort Providence l’unico segnale di festa è il cartello che in alto sulla strada inneggia il “ Mackenzie days”…ma poco altro fa seguito. Aggirandoci tra le strade sterrate del paesino che conta 750 anime vediamo solo le poche tracce di qualcosa che è terminato e pochissime persone. Un po’ basiti andiamo a prendere possesso della camera dell’unico hotel, il Snowshoe Inn, e chiediamo alla signora che cortesemente ci accoglie quando inizierà la festa…ci fornisce una brochure di due fogli che elenca alcuni eventi che si svolgeranno nel corso della giornata di oggi e nei prossimi due giorni …eppure l’aria di festa non si percepisce proprio ed anche i 750 abitanti che ci chiediamo dove siano finiti… almeno loro dovrebbero esserci . L’unico evento che vedremo oggi sarà una competizione, l’ hand game tournament che si svolgerà di fronte alla chiesa a partire dalle 5 pm…poi la discoteca nel centro di fronte all’hotel. Un magro bottino per noi che ci aspettavamo una festa a sfondo etnico un po’ come le nostre vivaci sagre paesane italiane. Invece questi nativi sembrano essere piuttosto tranquilli e soprattutto ci appaiono dimentichi della cultura antichissima cui appartengono….le poche bancarelle sono piene di vestiti usati in vendita, o cd e creme e scarpe usate….almeno il Vintage ha attecchito, pensiamo. Alle 17 arriviamo puntuali all’appuntamento davanti alla chiesa, gli indio iniziano a raggrupparsi attorno a due contenitori di ferro dove arde il fuoco…Dentro il piccolo padiglione fatto di legni e ricoperto con un telone blu due tribune aspettano che gli spettatori si siedano…ma i nativi non hanno fretta, noi invece ci accomodiamo…non possiamo perderci l’unico spettacolo che vedremo! Dopo una mezzora le tribune sono affollate e due gruppi di indio che si fronteggiano seduti sulle ginocchia iniziano il loro gioco mentre altri dietro di loro percuotono i tamburi. L’atmosfera si fa caliente sulle note di questo ritmo tribale che avvolge tutto quanto…il gioco è una sorta di morra cinese ma con l’uso di sassolini e monete, il gruppo sfidante deve indovinare in quale mano è il sasso. La bellezza di questo che man mano diventa un vero e proprio spettacolo è nella gestualità dei partecipanti che nascondono le mani sotto un tessuto che muovono come fosse un dragone cinese oppure a scatti sopra le loro teste e gli urli che accompagnano il rollare dei tamburi….Ci divertiamo molto, anche solo ad osservare i loro visi dai lineamenti così nuovi per noi…che fanno da cornice alle loro bocche spesso sdentate. Alcuni indossano giubbotti tradizionali ricamati a motivi floreali, altri hanno i capelli lunghi raccolti in un codino…noi due siamo gli unici turisti presenti. Una volta usciti ci godiamo il silenzio che pervade il paese ed il lungofiume che percorriamo a piedi verso l’hotel, il cielo azzurro è punteggiato delle bellissime nuvole magrittiane, mentre il fiume scorre tranquillo nel suo largo alveo, attorno alle isole piene di abeti….che sorpresa la piacevolezza di questo Fort Providence, certo arrivando questa mattina l’impressione era stata ben diversa. Certo i ritmi di questi paesini sono ben diversi dai nostri ormai consolidati e così arriviamo troppo tardi all’unica tavola calda del paese, sono le 8.30! Ci salva la cortesia della proprietaria che impietosita ci confeziona due sandwich con il roastbeef che andiamo a consumare nella sala adiacente affollata di nativi già ubriachi di birra. Uno di loro non molla Vanni e gli si siede accanto senza dire una parola ma guardandolo fisso con i suoi occhi buoni e vivaci…molesto ma simpatico!

04 Agosto 2007

FORT PROVIDENCE – YELLOWKNIFE

Stanno ancora giocando al loro hand game tournament questi simpatici nativi quando a metà mattina lasciamo Fort Providence … Verso Yellowknife, in prossimità del Bison Sanctuary, ci si presenta l’ormai consueto spettacolo dei bisonti mentre pascolano le erbette fresche nella fascia tra il bosco e la carreggiata….non alzano mai la testa per guardare…devono essere davvero affamati questi grandi animali, che nei mesi invernali devono avere un qualche problemino a reperire cibo per i loro stomaci.. Attorno a noi la foresta boreale si estende a perdita d’occhio con i suoi alberi alti e stretti che sembrano abeti rattrappiti per il clima durissimo dei mesi invernali quando per due mesi rimangono esposti a temperature che variano tra i -30° ed i – 40°C e per di più privi dell’elemento vitale…il sole. Ancora laghi e stagni di ogni dimensione e forma, il bel tempo ed il caldo che ci accompagna anche oggi nel nostro viaggio verso nord, la sperduta Yellowknife ci attende. Arriviamo al confortevole hotel Explorer abbastanza presto per concederci un bel giro in questa inaspettatamente bellissima cittadina. Mentre la esploriamo ci rendiamo conto della sua particolare conformazione che effettivamente ricorda la forma del coltello, la old town infatti occupa la punta di una stretta penisola che si protende verso il Great Slave lake e che quindi suggerisce la forma del manico, un ponte poi la collega alla piccola isola allungata, la lama del coltello. Siamo ancora sullo stesso lago degli schiavi di Hay River….ma qualche centinaio di chilometri più a Nord…e con un approccio completamente diverso nei confronti delle sue acque scure ….infatti mentre Hay River sembrava negare la presenza del lago se non a scopi squisitamente commerciali, qui le sue acque sono amate, vissute, e persino abitate. Una serie di coloratissime case galleggianti ne vivacizzano la superficie plumbea, idrovolanti atterrano e decollano mentre barche a vela ed a motore ne solcano le acque sullo sfondo di una serie di isolette coperte di vegetazione. L’impatto è di una vivacità autentica e necessaria, quasi ostentata, ma l’effetto è di una gradevolezza squisita…insomma questa cittadina ci piace da morire. Ci spingiamo camminando fino alla punta dell’isola abitata, dove la vegetazione rigogliosa di muschi ed alberi lascia presto il posto alle rocce dalle superfici lisce e stondate che si immergono basse poco più avanti. I colori del sottobosco variano dall’arancione dei licheni e delle bacche, al marrone delle piccolissime pigne cadute, alle varie sfumature dei verdi dei muschi e di altre innumerevoli piantine, dimenticavo l’argento dei legni secchi che in perfetto disordine vediamo qua e là. Scatto qualche fotografia e mentre cerco le inquadrature trovo sul display tanti quadri astratti, uno più interessante dell’altro…che meraviglie ci regala la natura! Alcune delle case che vediamo nella old town si arrampicano sulla roccia che ne occupa tutta la parte centrale, sono di legno nelle sue tonalità naturali o colorate ed una mi colpisce particolarmente per la sua volumetria scatolare che sembra scivolare giù lungo il piano scosceso sul quale sembra solo appoggiata. Un vero capolavoro di architettura!….a giudicare da questa ed altre che vediamo pare proprio che Yellowknife sia piuttosto ricca ed i suoi abitanti sensibili alle nuove tendenze architettoniche. Una serie di scalini che sembra infinita ci porta in cima allo sperone roccioso della penisola dal quale ci si apre a 360° un incantevole paesaggio dominato dall’acqua e dalle tante isole grandi o piccolissime che ne punteggiano la superficie…un piccolo paradiso immobile sotto di noi illuminato dalla luce ancora forte del tardo pomeriggio. Ceniamo al Bullock’s Bistro, un vecchio capanno di pescatori molto frequentato dalla gente del posto, dove un ragazzo si muove come speedy gonzales tra il frigorifero ed i fornelli per far fronte alle richieste dei numerosi clienti….si mangia solo pesce fresco qui, e così ordiniamo un Arctic Char ed un salmone che ci vengono consegnati , squisiti, dopo un’ora…giusto il tempo per una bella litigata mentre sorseggiamo le nostre birre Yukon Gold . Il problema è sempre lo stesso, Vanni non ha mai voglia di fermarsi da nessuna parte, io vorrei avere il tempo di assaporare questi luoghi e viaggiare con più tranquillità a ritmi meno serrati…. Lui non sente l’esigenza di fermarsi qui un altro giorno e se anche ci fermeremo dovrò andare da sola a fare il mio giro in barca sul lago…sai che meraviglia!….

05 Agosto 2007

YELLOWKNIFE – FORT LIARD

Decido di non fermarmi, oggi è domenica e leggo sulla guida che le poche agenzie che si occupano di escursioni sul lago sono chiuse…ancora incazzata saluto il direttore dell’hotel, uno svizzero del CTI che incuriosito dalla targa italiana ha voluto salutarci, e si riparte. Questo viaggio ci regala il piacere dell’avvistamento di due orsi bruni, un adulto che sta nuotando nella piccola pozza d’acqua ed un piccolo che attraversa correndo la strada. Seguono poi 400 km di strada sterrata bagnata a tratti per via dei temporali, ma in buone condizioni. Arriviamo alle 8.30 stremati a Fort Liard, l’unico motel che avevamo incrociato a Checkpoint , 220 km prima, era chiuso per lavori. Troviamo sistemazione nell’ultima camera disponibile dell’unico motel di 12 stanze! Mangiamo in camera una zuppa ed un hamburger scaldati al microonde dentro le ciotole prestateci dalla proprietaria del negozio. Fuori una nuvola di zanzare rende impossibile anche una breve passeggiata.

06 Agosto 2007

FORT LIARD – WATSON LAKE

Il viaggio di oggi dovrebbe essere interessante perché leggo sulla guida ci sono 3 parchi da visitare strada facendo….ma haimè scopriamo che non esistono strade al loro interno,ma solo qualche sentiero da percorrere a cavallo o a piedi….ci limitiamo quindi ad attraversarli godendo dei bei paesaggi e degli animali che ogni tanto arrivano fino alla strada. Arriviamo a Watson Lake piuttosto tardi e dormiamo in una camera che per com’è piena di svolazzi alle pareti e con mobili decisamente retrò sembra quasi un bordello.

07 Agosto 2007

WATSON LAKE – WHITE HORSE

I temporali estivi dei giorni scorsi lasciano il posto ad una bella perturbazione che oggi ci accompagna con cielo completamente coperto e pioggerellina fino a White Horse, importante ed allegra cittadina dello stato di Yukon … in effetti ci rendiamo conto entrando di essere tornati alla civiltà dopo un paio di giorni di apnea. Case di legno a doghe a colori vivaci , semafori lungo le strade asfaltate, negozi, bar ed una camera confortevole nell’unico Best Western dello Yukon, il Gold Rush inn…la mediocrità di questi hotel che avevo tanto criticato nel corso del viaggio ora mi sembra uno standard più che accettabile…anzi ne sono quasi compiaciuta. La vivacità di questa bella cittadina ci spinge subito ad uscire ed a percorrerne le strade del centro, affollate di passanti dall’aria contenta. Stranamente vediamo donne non obese …ormai avevamo dimenticato che la normalità è un’altra…e vetrine pulite. Mi rendo conto che i luoghi nei quali abbiamo sostato in questi ultimi giorni, ad eccezione di Yellowknife, mi hanno un po’ segnata. Continua a scendere una pioggia sottile, ma camminare lungo le strade di White horse è un tale piacere che quasi non la sentiamo. Mi innamoro di un contenitore di ceramica e legno che vedo in una galleria d’arte che espone oggetti di artisti locali e scatta l’acquisto…è davvero bella , ne sono fierissima!…così rinuncerò all’ acquisto della canoa di pelle di caribù decorata con disegni Inuit che sarebbe stato scomodo portare in Italia….naturalmente è uno scherzo che va avanti con Vanni da qualche giorno! Ultimamente vuole sempre scommettere sulle cose per le quali entrambi riteniamo di avere ragione…e così come pegno dell’ultima scommessa avevo richiesto in caso la vittoria fosse stata mia, la canoa Inuit lunga tre metri che mi faceva ridere immaginare legata sul porta pacchi di Carolina. La passeggiata termina con una sosta necessaria nella lavanderia dell’hotel dove ci ritroviamo nel tardo pomeriggio con una bottiglia di ammorbidente in una mano ed un sacco pieno di indumenti da lavare nell’altra…un’ora e mezza di attesa, per il lavaggio e l’asciugatura di quel malloppone, fanno rimpiangere gli hotel con laundry service incluso! Ceniamo da Giorgio’s piuttosto bene e scatta l’ennesima scommessa sul pesce che sto mangiando e che Vanni assaggia, si tratta dell’Arctic char , una prelibatezza che avevo già assaggiato a Yellowknife, che secondo lui è il baccalà. Non so ancora come potremo verificarlo se non facendo analizzare la polpa dei due pesci…ma mi sembra assurdo pensare che questo tenerissimo e gustoso pesce dalle carni rosate possa essere il tanto detestato da mio padre Baccalà.

08 Agosto 2007

WHITE HORSE

Finalmente ci svegliamo senza l’impegno di dover ripartire…una mattina di sesso e relax ci voleva proprio! Usciamo poi per la visita al sito più caratteristico della città, la fish way, costruita nella periferia a sud , in prossimità della centrale idroelettrica. Si tratta di uno scivolo di legno, unico al mondo dicono, che consente ai salmoni, che stanno risalendo lo Tlitan river per andare a depositare le uova, di baipassare le chiuse della centrale percorrendo appunto questo percorso alternativo che li porterà al sicuro un centinaio di metri oltre la chiusa. A proposito di cose descritte dalla guida come uniche al mondo, va menzionata la cattedrale della città cui viene riconosciuto un primato che in effetti non ha. Dovrebbe essere l’unica cattedrale interamente di legno al mondo…ma la favolosa cattedrale di Castro nell’isola di Chiloè in Cile non solo è interamente realizzata in legno, ma vanta anche uno stile neoclassico invidiabile, con modanature, capitelli , volte a crociera e tutto il resto scolpiti nel legno a regola d’arte. Devo assolutamente scrivere alla Lonely Placet che correggano questa grossolana bugia….far passare questa capanna di tronchi per un unicum al mondo mi sembra troppo! Passeggiate a non finire oggi ed acquisto di cavolatine tipo l’incenso per profumare le nostre camere fumatori spesso puzzolenti come i vecchi bar di tanti anni fa, e poi la cittadina invoglia in questo senso piena com’è di centri olistici dai quali esce un profumo incantevole…certo una bella pausa ci voleva. Rientrata in hotel controllo in internet la scommessa di ieri sera…e scopro che l’Arctic char è della famiglia dei salmonoidi, mentre il Baccalà è un merluzzo essiccato con il sale….nonostante gli abbia letto queste informazioni in diretta Vanni insiste a voler avere ragione lui dicendo che senz’altro ieri sera mi hanno rifilato un pezzo di merluzzo spacciandolo per altro…incredibile!

09 Agosto 2007

WHITE HORSE – DAWSON CITY

Partendo da White Horse verso Dawson City percorriamo la strada che nel 1898 i cercatori d’oro, provenienti da San Francisco in cerca di fortuna, avrebbero tanto voluto esistesse…invece loro percorrevano lo Yukon river per raggiungere il Klondike con zattere di fortuna che spesso li portavano a spiacevoli salti nelle rapide nelle quali senza preavviso si ritrovavano a passare….o percorrevano lunghi tratti a piedi sulla neve caduta prematuramente alla fine dell’estate…insomma quei pochi che arrivarono vivi a Dawson City dovevano proprio essere ben temprati….ma trovavano poi la giusta consolazione in questa ridente cittadina, che in seguito alla corsa all’oro (la famosa gold rush) divenne una piccola Parigi. Casinò, saloon, bordelli e negozi con merci di lusso…insomma trovavano qui l’opportunità di spendere le loro fortune nel frattempo accumulate! Dawson city sembra ancora oggi una città dell’inizio del secolo scorso…le strade non sono asfaltate, gli edifici sono tutti in legno ed alcuni di loro mostrano nelle assi di legno sconnesse o nelle pareti troppo inclinate i segni della loro decrepitezza, poi insegne di saloon ed una grande vivacità. Cerchiamo una camera all’hotel Peggy ricavato in un ex bordello ristrutturato ma è purtroppo full…troviamo posto invece in un bed & breakfast leggermente defilato ma nuovo e pulito e per di più gestito dalla cantante del saloon. All’ingresso dell’edificio notiamo con sorpresa che è obbligatorio togliere le scarpe appena oltre la porta, le strade polverose devono aver messo a dura prova le massaie…ma per fortuna nei ristoranti l’uso è ancora consentito! Usciamo subito per un giro esplorativo ed una birra nel pub dell’hotel Peggy dove ci servono due bicchieroni di Yukon gold…buonissima. Rimaniamo a chiacchierare e a dir cazzate sotto il pergolato che crea un’ombra delicata abbastanza a lungo per osservare il pubblico giovane che si sussegue ai tavoli e per fare l’ora di cena. Andiamo al Klondike Kate’s , poi via al saloon dove un pianista suona continuamente pezzi di musica honky-tonk e le ballerine cantano e ballano sulla scia delle loro antenate, provocando bonariamente i signori del pubblico e divertendo per il loro inconsueto modo di proporsi. Sono bravissime, soprattutto la cantante…e lo spettacolo risulta piacevolissimo. Usciamo verso le 11 dal saloon nel freddo gelido della serata a Dawson city….certo l’escursione termica qui è pazzesca! Nel pomeriggio una canotta sembrava quasi troppo…e questa sera non è sufficiente il maglione di lana…ma siamo over 60° di latitudine Nord…credo sia normale soffrire un po’ di freddo!


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