21 Gennaio 2009

MAIDUGURI – MAROUA

E’ un gentilissimo ragazzo del Chad ad accompagnarci fuori città sulla strada che porta a Bama. Conosce bene questo tragitto, dato che si sposta periodicamente tra il Chad e Maiduguri dove frequenta l’università, ed ha il grande pregio di parlare francese. Proseguiamo soli sulla strada verso Bama, poi deviamo a sinistra diretti alla frontiera non segnalata da cartelli….come se non esistesse…..qui in Nigeria o sai la strada o chiedi informazioni sperando che ti capiscano! L’asfalto si trasforma presto in un susseguirsi di immense buche sulle quali si procede come sulle montagne russe, fino a costringerci ad abbandonarla definitivamente preferendo in alternativa la pista nella brousse. Insomma impieghiamo più tempo del necessario per raggiungere il vicino posto di frontiera in corrispondenza del villaggio di Banki dove ci perdiamo infilandoci nell’affollato mercato. In questo paese che sembra un girone dell’inferno pieno com’è di baracche fatiscenti, bambini seminudi e adulti che si muovono fissando il vuoto davanti ai loro occhi vestiti dei loro caffettani lunghi e luridi, non c’è nessun cartello a segnalare la direzione della frontiera. Quando finalmente raggiungiamo l’agognata barra di metallo su di una stradina polverosa e piena di rifiuti, vediamo finalmente il cartello che nei colori della bandiera nigeriana indica il border…..pochi metri dopo, su un altro cartello leggiamo Camerun frontière. Vanni aspetta all’ombra di un albero mentre io rimango intrappolata almeno un’ora nell’ufficio di polizia a causa della burocrazia e dell’inefficacia degli impiegati. Col caldo che fa mi fanno compilare tre volte i moduli con i nostri dati…..se almeno fossero un pò più svegli! Invece sembrano gareggiare in ottusità e lentezza…..poco ci manca che leggano il passaporto capovolto. Finalmente liberi dalla trappola raggiungiamo la vicinissima gendarmerie camerunese dove confesso di non avere i visti di ingresso. L’impiegato, in questo caso sveglio e disponibile, riempie un fogliettino scritto a mano e me lo consegna dicendo di esibirlo a Maroua, quando la polizia ci fermerà per i controlli di rito. Dopo un centinaio di chilometri di strada terrificante, con qualche puntatina fuori strada per evitare l’altalena dell’asfalto, ecco lo stop della polizia. Visto il livello piuttosto basso di acume dei poliziotti bariamo anche sull’assicurazione che con un paio di foglietti staccati sembra essere valida anche per il Camerun…..nessuno se ne accorge. Raggiungiamo Maroua nel tardo pomeriggio….anche oggi tanto tempo per fare pochi chilometri….ma ormai siamo rassegnati, le strade del Camerun sono tutte in pessime condizioni. Dopo aver dato un’occhiata all’ ”Hotel du Sahel” in parziale restauro, ed un pò sacrificato attorno a quel giardinetto punteggiato di brutte poltroncine, decidiamo che di restauri ne abbiamo già avuto abbastanza con quello di ieri e così andiamo al Mizao, nella periferia della città, che invece ci fa una buona impressione e che scegliamo come nostra sede. Maroua è una città di pianura piuttosto scassata rispetto alle ultime viste in Nigeria, ma piacevolissima per i viali alberati che la attraversano e per il fiume ora completamente prosciugato, ma che si riempirà nella stagione delle piogge, dopo giugno. Nonostante non si veda un filo d’acqua, alcune donne hanno scavato dei buchi profondi nel letto sabbioso e vi sono immerse a fare il bucato….spuntano solo le teste coperte dai foulard colorati annodati in fiocchi vistosi. Arrivando avevamo visto ergersi in lontananza qualche monte isolato, circondato da campi di sorgo ancora verde. Deve essere incantevole il paesaggio attorno alla città se solo potessimo vederlo senza la foschia dell’Harmattan. E’ Vanni che va alla reception per prendere informazioni sulle case ad obice che sappiamo esistere qui attorno…. da qualche parte. La guida non ne parla, ma il depliant dell’agenzia viaggi italiana Harmattan ne sottolinea l’originalità e lo include nell’itinerario del viaggio in Camerun…..come resistere? Ormai siamo diventati gli esperti delle tipologie primitive dell’Africa Occidentale e comunque piuttosto che rimanere delusi dalla visita di un altro parco, il Waza, senza animali, preferiamo senz’altro visitare le case ad obice…..uniche nel loro genere. Le vediamo fotografate sulla brochure dell’hotel….sono le ultime rimaste a Mousgoum. Dopo mezz’ora arriva il simpatico ed energico Deli Garanti, una guida che lavora con i tour operator italiani Kel 12 ed Harmattan e che per questo rappresenta la persona ideale con la quale andare. Concordiamo il tour per domani, dopo aver preso i visti all’ufficio immigrazione di Maroua. Ceniamo bene in hotel, coccolati dal personale molto gentile del ristorante.

22 Gennaio 2009

MAROUA – POUSS – MAROUA

All’ufficio immigrazione, che raggiungiamo in compagnia di Garanti, dobbiamo sorbirci la ramanzina del signor Louis Tokatohou che in malo modo ci chiede perché non abbiamo preso il visto in Italia, così come abbiamo fatto con quello del Mali…..una paternale così pesante la mattina presto ci fa proprio spazientire ed è solo il bisogno dei visti che ci trattiene dal mandarlo a quel paese e ci fa stringere i denti sopportando la piccola rivincita che il signor Louis ha avuto l’opportunità di prendersi oggi nei confronti di due individui bianchi, due nasaire, come ci chiamano qui. Oltre alla paternale, dobbiamo anche sganciare 108.000 cfa, circa 160 €, che è pur sempre una bella cifretta, raggiungere al distaccato ufficio delle finanze, l’addetto munito di macchina per il timbro, e poi tornare nuovamente all’ufficio immigrazione per avere la firma del signor Louis. Infine partiamo, deviando sulla strada sterrata che puntando verso Est ci consentirà di raggiungere il villaggio di Bogo e da lì Guivier attraverso un breve tratto di asfalto sfuggito alle ruberie del ministro dei trasporti che ha la sua residenza proprio là dove l’asfalto finisce…..la corruzione del Camerun è leggendaria dice Garanti. Ancora una ventina di chilometri di sterrata ed arriviamo a Maga, il villaggio che si affaccia sul lago artificiale omonimo , ora divenuto un fiorente centro di pesca e di vendita del famoso pesce capitaine oltre che di carpe. Ai bordi della strada gruppi di persone svolgono alcune attività legate alla pesca…..seduti a terra alcuni signori lavorano nuvole di sottile filo bianco. Erroneamente pensavamo si trattasse di enormi ragnatele appoggiate ai rami più bassi degli alberi. Altri riparano le piroghe di alluminio. La vendita del pesce è riservata alle donne…le vediamo lungo la strada principale del villaggio trasportare il pesce appena pulito delle squame su carretti di legno. Altre invece fanno il bucato nell’acqua bassa vicina alla riva. Indumenti colorati sono stesi un pò ovunque ad asciugare, poco oltre un paio di tettoie costruite accanto al bagnasciuga segnano i punti della vendita e della preparazione del pesce. Dopo la breve sosta proseguiamo sulla sterrata costeggiando per una quindicina di chilometri la diga di terra che contiene il bacino d’acqua, quando la diga finisce siamo arrivati a Pouss. Saliamo sull’argine per dare una sbirciatina al fiume Logone che segna il confine naturale con il Chad…..ed è come sempre un fermento di attività legate al bucato ed al gioco dei bambini già grandi, quelli più piccoli se ne stanno legati alle schiene delle loro madri al lavoro. Alcuni aironi bianchi beccano qualcosa tra la melma sui bordi delle isolette verdi che vediamo emergere dall’acqua lenta e limacciosa del fiume. Infine eccole, semi nascoste dalle fronde dei grandi alberi che le circondano, le belle case ad obice di Mourla, il piccolo villaggio attiguo a Pouss. Sono cinque, altissime, grigie e dalla superficie esterna lavorata a rilievo in geometrie di terra che funzionano come appoggi per salire a fare la necessaria manutenzione dell’intonaco di banco. Le cinque costruzioni ad obice sono raccordate da un muretto, tutto colorato e dipinto con figure, che definisce l’ambito della concessione, ovvero l’area di pertinenza della famiglia che abita quelle case. Entriamo nell’ampia corte e da lì alla casa della seconda moglie. L’apertura attraverso la quale accediamo ha la forma simbolica di uno scudo, così come la porta fatta di canne leggere. All’interno l’ambiente a pianta circolare è quasi privo di oggetti, tutta l’attenzione è rivolta alla volumetria slanciata dell’edificio a cupola che rastremandosi si conclude in alto con un foro circolare….una presa d’aria e di luce, l’unica oltre alla porta d’ingresso. Una paretina trasversale costruita accanto alla porta separa l’ingresso dal luogo nel quale dorme la signora, in cima al muro sono fissati tre piccoli contenitori d’argilla che servono a contenere i suoi gioielli. Un basso muretto corre parallelo al perimetro a segnare la fascia dove dormono gli animali. Infine un paio di corna sono state inserite nel muro perimetrale, in alto. Servono a proteggere i neonati. Entriamo poi anche nelle altre case del tutto analoghe a quella già visitata….la cucina, la casa del marito e la casa della prima moglie, l’unica che ha accesso diretto alla casa del tesoro, attraverso un breve corridoio di collegamento. Così come gli esterni sono caratterizzati da elementi geometrici a rilievo che si ripetono su tutta la superficie muraria, gli interni sono decorati con disegni colorati in leggero rilievo sui contorni. Sono i simboli della difesa dagli aggressori, come lo scudo e la lancia, oppure i simboli della ricchezza che arriva dalla terra, come i cerchi concentrici a indicare i fiocchi di cotone o le figure di animali e le scene di pesca. Il granaio è piccolo, colorato e posto al centro della corte. Quando chiediamo perché le case sono tanto alte…..5 o 6 metri rappresentano una bella altezza per case di fango ad un solo piano…..ci viene risposto che l’antico popolo Sao che arrivò qui dal Niger e si insediò costruendo questo tipo di case, era formato da individui altissimi. Discendenti dei Sao sono i Mousgoum, l’attuale popolazione che sfoggia una statura considerevole ….come questo custode che ci ha accompagnati nella visita. La tradizione costruttiva ereditata dai Mousgoum sta scomparendo per via dei lunghi tempi di realizzazione , cinque o sei mesi, e di manutenzione di queste belle case…..Sono quindi sempre meno gli edifici ad ogiva costruiti qui a Mourla. Felicissimi di aver visto queste straordinarie costruzioni, torniamo verso Pouss, ovvero il Sultanato di Pouss, dove ci fermiamo a vedere l’esterno della grande Maison du Chef, circondata da un alto muro dipinto nei pigmenti naturali come il rosso, il nero ed il bianco che poco dopo vediamo usati da un gruppetto di donne intente a colorare i muri esterni delle loro case. Raggiungiamo di nuovo Maga percorrendo questa volta la strada che attraversa le risaie molto estese che si sviluppano dietro i villaggi. Un complesso reticolo di canali e di chiuse alimentano i campi con l’acqua del lago artificiale che li rende ora di un verde brillante. Ci fermiamo ad acquistare un pò di pesce per Garanti dalla più gentile delle venditrici….le altre, vedendolo con noi, volevano a tutti i costi affibbiargli un prezzo da bianchi anche se il pesce era per lui…..così ha potuto sentire il peso della discriminazione razziale! Alle cinque del pomeriggio siamo già in hotel, stanchi più per le buche della strada e per il caldo che per la piacevole visita. Più tardi la cena si colora delle mimetiche dei militari al seguito del segretario del primo ministro in missione qui a Maroua. Un grande tavolo a ferro di cavallo è religiosamente predisposto, per il segretario ed i collaboratori, dai camerieri che vi ronzano attorno come api. Sfilano davanti al buffet in ordine di importanza, uno di loro ci fa sorridere….non si separa mai dalla valigetta che appoggia a terra solo per il tempo necessario a riempire il suo piatto….conterrà senz’altro dei soldi. I militari si servono per ultimi….arrivano con i kalashnikov e gli M16 a tracolla, ma almeno senza elmetto, poi mangiano nei tavolini attorno alla piscina.

23 Gennaio 2009

MAROUA – ROUMSIKI

Mi sveglio con calma dopo aver consumato tutti i miei sogni, ma all’arrivo di Vanni sono  pronta. Garanti oggi siede sul sedile posteriore per lasciarmi ammirare il paesaggio montuoso che caratterizza il territorio compreso tra Maroua e Garoua, in prossimità del confine con la Nigeria. I Monti Mandara, così si chiama la catena montuosa, si articolano in pittoreschi picchi rocciosi che diventano addirittura superbi in corrispondenza di Roumsiki  dove siamo diretti. Nei pressi della cittadina di Imokolo, ancora lontani dall’obiettivo, Gazelle dà di nuovo segni di cedimento proponendoci l’inconfondibile rumore…… un’altra cinghia si è rotta. Vanni entra in visibile sconforto….come non capirlo….ma Garanti ci accompagna in una officina dove in poco più di un’ora la cinghia viene sostituita con un’altra ancora non originale e troppo piccola, ma l’unica che il mercato può offrirci. Quando ripartiamo la strada diventa sterrata ed in cattive condizioni, ma le montagne iniziano ad apparire all’orizzonte. Al mutamento del paesaggio corrisponde un diverso materiale costruttivo impiegato nella realizzazione delle unità abitative. Così nei villaggi di collina le capanne circolari hanno file di pietre a formare il muro perimetrale, anziché il banco visto finora, o addirittura a costituire la struttura del muro rettilineo che definisce la concessione e contiene le diverse unità. I tetti di paglia sono sempre più appuntiti e, ci spiega Garanti, ad ogni casa circolare corrisponde una moglie. Il loro numero non ha limiti nella cultura Mafa, ed alcuni uomini ne hanno più di 10 e di conseguenza anche il numero dei figli può salire oltre i 100.  Poco prima di arrivare a Roumsiki, la nostra guida, che ieri sera aveva garantito che in 4 ore saremmo arrivati a Garoua, comprese le soste per le visite e qualche foto, ora ci comunica che per via di quella sosta di poco più di un’ora spesa per la riparazione di Gazelle, non potremo raggiungere Garoua prima del calare della sera ed è altamente sconsigliato viaggiare con il buio nella brousse….quindi dovremo fermarci a dormire al Campement di Roumsiki, la sua città natale. Considerando che abbiamo già viaggiato per due ore e che sono le 14.30 quando arriviamo a Roumsiki…..ci sembra strano non poter raggiungere Garoua in tempo. Ma ora Garanti dice che servono quattro ore per raggiungere l’obiettivo finale da qui….un errore di valutazione….o una piccola bugia per costringerci a sostare in questo magnifico luogo? Il Campement è costituito da casette circolari in muratura ed ha una magnifica piscina che sembra protendersi verso il vuoto della vallata sottostante. Sui due fianchi della valle che si perde di fronte a noi, sono i picchi rocciosi, uno dei quali è così perfetto da sembrare uscito da una favola, o meglio da un dipinto inglese dell’ ‘800 concepito ad evocare il sublime in natura. Guardandolo mi tornano alla mente il famoso dipinto di Bocklin,  “l’isola dei morti” del 1880 e un paio di immagini del film “il signore degli anelli”. Strepitoso! Chissà come sarebbe godibile la vista con l’aria tersa di febbraio e marzo…..invece oggi la polvere dell’harmattan se da un lato dà una connotazione di mistero al paesaggio già estremamente pittoresco, dall’altro ci toglie il piacere di poterlo vedere distintamente, in tutta la sua interezza. Dopo aver contemplato a lungo, Garanti ci porta a vedere una delle case tradizionali Kapsiki. Si tratta della più bella….ovvero la residenza dello chef spirituale della comunità che vediamo alle prese con la preparazione di una pagnotta di tabacco. Ha 78 anni ma ne dimostra 100 questo capo spirituale, ed ha una moglie, la più giovane, che ne ha appena 28. Che schifo! Uno dei tanti casi di pedofilia legittimata dalle tradizioni maschiliste africane. Oggi poi impariamo un’altra cosa agghiacciante relativa alle donne africane….. quando le mogli divenute anziane non rappresentano più una tentazione sessuale per i loro mariti, vengono allontanate dalla casa che le ha viste mogli e madri. Se avranno la fortuna di essere ospitate dai loro figli maschi sopravviveranno, altrimenti saranno destinate a vivere mendicando lungo le strade dei villaggi. Ogni moglie del capo spirituale ha all’interno della concessione un suo spazio delimitato da un muretto nel quale trovano posto 4 piccoli edifici….il granaio, la camera dove dorme con i figli piccoli, il pollaio e la cucina. La moglie di turno a cucinare, prepara per tutta la famiglia ed è sempre lei che la notte stessa andrà a trovare il marito per un pò di sesso. Insomma il ménage familiare è gestito con turni di lavoro piuttosto rigidi. All’ingresso della concessione uno spazio ampio coperto da tettoia è riservato all’accoglienza degli ospiti  ed alla benedizione delle ragazze che si sposeranno o dei ragazzi che tornano dalla brousse dopo i tre mesi di iniziazione. Allora i cinque vecchi capi del villaggio siederanno su un lato, attorno ad un sedile circolare, e le signore più anziane sull’altro lato, accanto al focolare dove staranno cucinando la birra di miglio. I cinque saggi riempiranno la bocca di miglio e la sputeranno sulle ragazze in segno di benedizione. Quando usciamo dalla sua concessione, il capo del villaggio è ancora lì fuori a cospargere di una viscida bava vegetale le pagnotte del tabacco che potrà essere poi fiutato o masticato…..altro schifo disumano. Scendiamo ancora un pò verso valle per andare a visitare un altro dei cinque potenti del luogo….il feticheur ovvero colui che in questo caso specifico legge il futuro con i granchi. Garanti ci spiega che il feticheur mette della sabbia sul fondo di una giara di argilla, poi versa l’acqua, vi lascia cadere qualche sassolino ed un granchio. Chiude e dopo un paio di minuti riapre e legge sul fondo il risultato dell’oracolo.  Ma la sua competenza non si limita a questo, lui è anche un guaritore, ed alcuni arrivano anche dalla Nigeria per sottoporsi alle sue cure. Potrebbe essere ricco, ma preferisce provvedere con i suoi lauti guadagni, al sostentamento degli orfani e delle anziane signore abbandonate a se stesse…..che buon uomo!…..sembra andare in controtendenza rispetto al livello medio del maschio africano. Sempre con il picco roccioso ben visibile da ogni angolo del paese, continuiamo la visita camminando sulle stradine di terra battuta…..è un bel posto questo Roumsiki. Quando verso le 16.30 rientriamo in hotel ci concediamo una birretta di fronte alla magica vista della vallata e poi le nostre coccole sul letto cigolante del nostro bungalow con vista.  All’imbrunire il vento incalza e nel bungalow sembra di essere in cima a quella rupe che vediamo di fronte a noi. Siamo a 1000 metri di quota ed il vento non è certo caldo….un pò come essere nelle nostre montagne in piena estate. Quando raggiungo Vanni per la cena nell’edificio che contiene il ristorante, mi accoglie subito con una notizia fresca di telegiornale…..sul confine tra Niger e Mali, a pochi chilometri dall’Adrar des Inforhas, sono stati rapiti quattro turisti europei, due tedeschi, uno svizzero ed un inglese. Poco più di un mese fa avremmo potuto essere noi i rapiti!

24 Gennaio 2009

ROUMSIKI – NGAOUNDERÈ

Percorriamo i primi 80 km saltando tra i buchi della strada sterrata che si snoda tra il paesaggio collinare dei Monti Mandara. Ciò che percepiamo dei villaggi che incrociamo è la vivacità rilassata tipica di queste latitudini, oltre agli elementi estetici già visti altrove nelle varianti minime delle diverse aree geografiche. Dopo i buchi arriva l’asfalto perfettamente liscio della strada che prosegue fino a Garoua…..sembra un sogno dopo tutti quei sobbalzi! Ci congediamo da Deli Garanti ( 00237 96273751- garantideli@yahoo.fr ) al distributore che troviamo sulla strada diretta a Ngaounderé….siamo molto contenti di lui anche se il suo senso del tempo relativo ai nostri trasferimenti non coincide con quello dei nostri orologi e la sua ipotesi di coprire in quattro ore la distanza tra Maroua e Garoua via Roumsiki si è rivelata sbagliata di più di due ore. Durante le nostre chiacchierate con lui nel corso del viaggio abbiamo scoperto cose incredibili…..per esempio che questi camerunesi delle montagne pensano che i bianchi non lavorino e che trovino il denaro non si sa dove….credono anche che i “nasaire” passino il loro tempo viaggiando e facendo un numero spropositato di inutili docce. Quando un camerunese viene scoperto a dormire durante il giorno, lo si rimprovera dicendogli – smettila di fare il bianco! – Garanti è sconvolto quanto noi da questa distorta valutazione dei nostri costumi e della nostra economia la cui fortuna per loro deve essere legata ad una qualche stregoneria. Lasciamo Garanti con il proposito di assoldarlo per il proseguimento della nostra esplorazione del Camerun quando torneremo un giorno imprecisato. Proseguiamo soli e per l’occasione accendo il nostro Garmin in sostituzione alla nostra guida in carne ed ossa. Siamo ancora a 500 metri di altitudine ed attraversiamo la brousse rigogliosa di vegetazione e di animali….dato che un gruppo di babbuini attraversa la strada davanti alla nostra Gazelle. I tetti delle capanne di fango, sempre più a punta sembrano ora tanti cappelli di streghe. Una cinquantina di chilometri prima di arrivare a Ngaounderé la strada inizia a serpeggiare seguendo le curve naturali della falesia e poi con tornanti che ci porteranno in breve a quota 1200 metri, per poi ridiscendere ai 1000 metri della città che raggiungiamo, come previsto dal nostro Garmin, alle 16.30. Nella città che si sviluppa sui rilievi delle colline cerchiamo invano l’hotel Rail consigliatoci da Garanti….ma deve aver cambiato gestione e nome, così, dopo una mezz’ora di inutili andirivieni sulle strade scassate della città ripieghiamo sull’Hotel Transcamp che la guida giudica il migliore e che effettivamente ha un bell’aspetto. dai rubinetti del nostro bagno però non esce che un filo di acqua gelida che presto sparisce definitivamente. Le lamentele partoriscono come risultato un bel secchio d’acqua fredda recapitato in camera ed un numero incalcolabile di scuse. Quando poi alle 19 scendiamo per la cena, ci viene detto che tutti i tavoli del ristorante sono prenotati e che dovremmo cenare in camera dove ci vengono portati un tavolino mignon e due sedie….ma le pietanze non sono male. I dolori veri arriveranno domani quando dovremo affrontare una strada di montagna talmente malmessa che per percorrere i suoi 396 km fino a Banyo sono previste 10 ore di viaggio…..ed una volta arrivati a destinazione dovremo dormire in una topaia , ammesso di trovarne una disponibile.

25 Gennaio 2009

NGAOUNDERE’ – BERTOUA

Rassegnati alla giornatina che ci aspetta ci svegliamo prestissimo per una bella doccia che ora funziona e per la partenza nella prospettiva di un lungo viaggio verso Sud. All’ultimo momento prendiamo la decisione di percorrere l’altra strada….quella che scende a Garoua Boulai costeggiando in parte il confine con la Repubblica del Centro Africa. Nonostante gli atti di brigantaggio segnalati proprio nel tratto di strada lungo il confine, ad opera della polizia, la scelta è senz’altro migliore della prima opzionata…. Secondo il parere di un paio di persone sentite da Vanni al proposito, la strada che da Garoua Boulai scende fino a Bertoua dovrebbe essere asfaltata. Partiamo tra i gruppi di ragazzi che già alle 7.30 del mattino si allenano correndo per le strade, immersi nella leggera nebbiolina che segue l’alba. Ci congediamo così da questa cittadina che non abbiamo visto ma che non ha nulla da offrire più di una camera in un hotel di passaggio…..con essa ci congediamo anche dall’asfalto ed iniziamo a traballare sulla strada rossa di terra che ci terrà impegnati per due ore nei primi 50 km con qualche buca ma tutto sommato accettabili. Mentre saliamo sulla catena dei Monti Adamawa incontriamo solo qualche taxi brousse e diversi camion in transito o finiti fuori strada e diversi villaggi alcuni dei quali animati dai mercati della domenica o altri nei quali le signore appena uscite dalla chiesa indossano i loro abiti puliti e di particolare eleganza. Raggiungiamo i 1300 metri di altitudine per poi scendere di nuovo assestandoci sui 1000 metri più o meno fissi. La vegetazione diventa sempre più rigogliosa fino a diventare una foresta, rossa come la strada polverosa nelle sue immediate vicinanze. La povertà di mezzi è evidente anche qui, osservando le piccole case di mattoni crudi coperti dal tetto di paglia ed i bambini sempre sporchi e malconci. Abbiamo percorso molti chilometri eppure nulla è cambiato in quegli occhioni grandi che sembrano sempre implorare un aiuto. Dopo un paio d’ore arriviamo a Meiganga, la prima cittadina che incontriamo sull’altro versante dei Monti Adamawa. Ci fermiamo per un pieno di carburante e per una sosta dal saldatore….dopo l’ultima riparazione di Taoudenni la saldatura di uno dei supporti della tenda ha ceduto di nuovo per via dei ripetuti scossoni e così in una trentina di minuti di saldature Gazelle è pronta per ripartire verso il bivio ad una decina di chilometri da qui. Il benzinaio è stato chiaro….la strada che abbiamo fatto finora era di gran lunga migliore di quella che seguirà verso Garoua Boulai. Saranno 110 km di buche per percorrere le quali impiegheremo almeno 2 ore e mezza di viaggio….ma noi riusciamo ad impiegarne 3 e ad arrivare stremati a Garoua alle due del pomeriggio, provati dalla strada impegnativa per via dei continui stop di fronte ad ogni buca….che stress! Questi viaggi in Africa sono davvero sfinenti perché le distanze da coprire tra un punto di interesse e l’altro sono enormi e disagevoli rispetto alla breve soddisfazione che dà l’osservare ciò che si è lungamente inseguito. A Garoua Boulai inizia finalmente una strada perfetta, perché nuova, che mi consente almeno di leggere qualcosa della storia del Camerun sulla nostra guida……come mi manca la sabbia del deserto….ed il senso di libertà che mi dà saltare da una duna all’altra con Vanni a bordo di Gazelle! Qui invece la vegetazione si fa sempre più rigogliosa e tra gli alberi ad alto fusto iniziano a comparire le belle foglie degli alberi di banano, le uniche che riconosciamo oltre alle palme ed alle stelle di natale, in questa foresta equatoriale….siamo solo 4° sopra l’equatore e questo giustifica tanto verde a perdita d’occhio attorno a noi. Arriviamo a Bertoua dopo circa tre ore di strada impeccabile ed uno stop da parte di un poliziotto arrogante ad un posto di controllo che più che controllare i nostri documenti osserva con occhio voglioso i nostri bagagli appoggiati sul sedile posteriore. Raggiungiamo l’Hotel Mansa, il migliore anche se fatiscente, seguendo comodamente un taxi che ci guida….aver perso mezz’ora ieri sera è servito a qualcosa…. L’hotel è arredato in stile anni ’60, ma porta con sé tutto il peso di questi 40 anni trascorsi senza troppe manutenzioni.

26 Gennaio 2009

BERTOUA – YAOUNDÈ

Nel cuore della notte una raffica di tuoni riesce a svegliarmi nonostante i tappi nelle orecchie che poi tolgo per sentire meglio e godermi il temporale e la pioggia scrosciante….dopo mesi la trovo una cosa piacevolissima. Quando ci svegliamo definitivamente cade ancora qualche goccia ed il pavimento del ballatoio sul quale si apre la porta della nostra camera è bagnato. Uscendo percepisco l’odore di muffa sui miei capelli….Nonostante avessi spruzzato qualche goccia di profumo sui nostri cuscini, quell’odoraccio ha attecchito sulla nostra pelle e non c’è acqua corrente in hotel, nemmeno per una doccia veloce. Puzzolenti di muffa saliamo a bordo di Gazelle per il viaggio relativamente lungo che faremo oggi per raggiungere la capitale…..350 km come leggiamo sulla carta stradale, che non sappiamo in quali condizioni troveremo date le notizie discordanti raccolte ieri sera. Qualche tratto ghiaioso, altri asfaltati, poi ancora terra rossa e di nuovo l’asfalto…..vedremo strada facendo. Subito fuori Bertoua la strada diventa sterrata con buche piene d’acqua, rossa come la terra attorno a noi. Non piove più ma il cielo è nuvoloso e la vegetazione è divenuta verdissima per la pioggia rigenerante appena caduta. Seguendo il percorso serpeggiante tra le curve morbide delle colline, ci immergiamo sempre più nella foresta equatoriale rigogliosa di foglie di ogni tipo ed i tronchi dei Fromegers che svettano puntando verso le nuvole. E’ meravigliosa questa strada che ci consente di penetrare nella foresta senza doverci aprire la strada a colpi di machete! Tutto questo verde finisce col darci energia e ci rende così felici e sereni da affrontare le difficoltà del percorso senza particolare stress ed anzi con l’entusiasmo di due esploratori che si trovano immersi in tanta inattesa prosperità. La strada è in fase di completamento ed incontriamo lungo il percorso diversi cantieri attivi…..tutto ciò che ci era stato confusamente detto era vero….l’ asfalto si alterna a tratti ancora di ghiaia quando non di terra battuta, ma la carreggiata sempre larga ci ha aiutati non poco. Gli ultimi 100 km invece sono perfetti. Lungo la strada incontriamo diversi villaggi, le cui case rettangolari hanno muri fatti di bastoni di legno tamponati con argilla, o solo di tavole di legno. Piccoli mercatini ai bordi della strada vendono caschi di banane e ananas, mentre qualche sagrestano, per richiamare i fedeli, usa percuotere un disco di camion appeso ad una corda anziché la campana. Le indigene che vediamo nei pressi dei villaggi camminano portando una gerla sulle spalle, mentre i maschi che le accompagnano sono armati di machete….vanno nella foresta a raccogliere qualcosa da mangiare e legna da ardere….sono tutti impolverati di rosso. Prima di arrivare in città abbiamo ancora un pio di controlli da parte di poliziotti piuttosto molesti….alcuni di loro addirittura vogliono vedere cosa contengono i cartoni che si intravedono nel bagagliaio….siamo stanchi e non cediamo adducendo come scusa che abbiamo la faccia di due angioletti e che non sono i turisti il problema del Camerun. A Yaoundé ci concediamo un bel regalo occupando una camera al piano executive dell’Hilton…..che ci dà la stessa soddisfazione come di un lecca lecca per un bambino. Ci godiamo il panorama ed il confort della 828 facendo una doccia lunghissima, un passaggio sulle lenzuola profumate ed una fetta di torta al Tea Time della sala da tè al piano. Quando l’entusiasmo dell’essere finalmente in una camera perfetta si è placato, fuggo al business center per controllare sul web la notizia del 23 gennaio relativa al rapimento in Niger dei quattro turisti europei ed ecco cosa leggo: – Quattro turisti sono stati rapiti sul confine tra il Mali ed il Niger, si tratta di due svizzeri, un inglese ed un tedesco. Stavano tornando da un festival nel Nord del Mali, ha dichiarato genericamente il generale maliano Amadou Touré, governatore della regione di Gao. Il rapimento è avvenuto nella località nigerina di Bani-Bangou, a 60 km dalla frontiera maliana, ad opera di ribelli tuareg operanti nell’Est del Mali. I turisti avrebbero partecipato al “festival della cultura nomade” organizzato ad Anderamboukane. Viaggiavano in un convoglio di tre auto quando sono stati fermati in Niger da uomini armati. Il primo autista del convoglio ha potuto scappare malgrado i proiettili sparati contro la sua auto che però non conteneva i turisti europei. Le altre due auto sono state bloccate, i pneumatici tagliati ed i turisti catturati.- La stessa pagina riporta la notizia, che leggo solo ora, del rilascio lo scorso ottobre dei due turisti austriaci rapiti da un gruppo di attivisti islamici lo scorso marzo. Ricordo che la notizia ci era giunta mentre anche noi eravamo in viaggio verso Taoudenni, in pieno Sahara…..otto mesi di sequestro non sono uno scherzo! Vanni intanto è all’agenzia viaggi dell’hotel per prendere i biglietti del volo di ritorno da Douala e poi telefona a Catia, a Ravenna, per vedere di trovare una sistemazione sicura per Gazelle che ci aspetterà per mesi il nostro ritorno qui in Camerun. Quando rivedo Vanni è già in versione europea, cioè senza barba ma completamente rovinato da una rasatura selvaggia sul collo. Dopo aver ammirato il paesaggio collinare sul quale si sviluppa la città dal nostro terrazzo all’ottavo piano, ci concentriamo sugli edifici rappresentativi che sorgono attorno all’hotel caratterizzati da virtuosismi geometrici molto anni ’70. Più oltre le case monofamiliari basse ed un pò scassate del milione di persone che abitano la grande capitale. Non c’è nient’altro da vedere qui …..solo il museo nazionale che però oggi è chiuso. Ci godiamo ancora un pò la nostra camera e con essa un tramonto velato nonostante i 750 metri di altitudine. Ceniamo, anzi ci abbuffiamo al buffet dell’hotel e poi a nanna!

27 Gennaio 2009

YAOUNDÈ – DOUALA

Raggiungiamo Douala, l’ultima tappa di questo nostro secondo viaggio in Africa, dopo una sosta nella casa ancora in costruzione di Francesca, la nostra amica camerunese ma residente a Dozza, che ha deciso di costruire nei pressi di Douala la sua residenza in patria con l’aiuto economico del marito Angelo e di un paio di svogliati muratori locali. Dopo aver attraversato anche oggi gli splendidi paesaggi montuosi ricoperti di foreste lussureggianti, come coperte verdi appoggiate sui corpi stesi di giganti bitorzoluti, arriviamo senza accorgercene al ponte di Bamba, il luogo dell’appuntamento. Per fortuna ci ferma per un controllo una pattuglia di polizia che staziona proprio nel punto esatto dove ci aspetta Francesca, diversamente ci saremmo probabilmente accorti dell’errore solo una volta arrivati in città. Quando abbasso il finestrino vedo il viso arcigno del militare e subito dopo quello sorridente di Francesca che ci viene incontro spingendo di lato il tipo che rimanendo interdetto per i nostri calorosi saluti, rinuncia malvolentieri a qualsiasi tipo di controllo. Dopo una sosta in cantiere cui segue qualche mio consiglio sul disegno del giardino e sulla illuminazione zenitale dell’atrio di ingresso, seguiamo Francesca all’hotel Sawa dove ha prenotato per noi una camera vista mare, o meglio vista porto. L’attività del porto assorbe la città intera e con essa purtroppo anche la sua costa. Subito dopo aver scaricato i bagagli ci porta all’ufficio Sabena per l’acquisto di due biglietti di sola andata per Bologna con scalo a Brixelles. Per evitare di sostare a Bruxelles per più di 12 ore accettiamo di anticipare la partenza al 29, cioè tra due giorni, rimandando così di qualche mese la sosta in una bella località di mare che avevamo immaginato come conclusione di questo nostro viaggio. Andiamo subito dopo nell’ufficio di Roberto Rossi, lo spedizioniere che ci darà una mano nell’acquisto di un contenitore usato dove metteremo Gazelle e nel trovare qualcuno che ci affitti il suolo sul quale sosterà per quasi un anno. l’incontro è veloce e sintetico per via dei clienti che lo aspettano…..ma riusciamo ad avere un paio di informazioni…..il contenitore usato costerà circa 1000 €, ma poi lo rivenderemo al nostro ritorno, la sosta sarà da concordare domani, quando concluderemo l’operazione. Ancora con Francesca andiamo all’aeroporto per chiedere come dobbiamo impacchettare le due enormi maschere di legno per poterle spedire come bagagli in stiva…..una signora sonnacchiosa e dal viso assolutamente inespressivo ci sussurra che per spedirle dobbiamo prendere un certificato del ministero per la protezione delle foreste e della fauna!….perché si tratta di sculture di legno, anche se provenienti dal Burkina Faso….tutto fa brodo. Del resto il costo del certificato, di 3000 cfa non è nulla rispetto al vantaggio di poter avere un foglio da mostrare in un eventuale controllo della dogana italiana….anzi domani torneremo a prenderne uno anche per le farfalle….non si sa mai. Aspettiamo il ritorno di Francesca in compagnia di un drink al bar dell’hotel a quest’ora piuttosto frequentato…..poi con lei andiamo in un ristorantino sul porto, il “Plaquemot Plage” immerso nel silenzio totale….non c’è nessuno a quest’ora nelle strade desolate attorno al porto….solo magazzini chiusi, pile di contenitori immobili e la luce fioca di qualche lampione. Il parcheggio affollato di auto ci rassicura dal non essere finiti in un’imboscata e all’ingresso il buon odore di pesce cotto alla griglia ci invita a proseguire oltre la cucina, costituita da una lunga griglia preceduta da un banco dove rimangono ancora alcuni pesci. Scegliamo tre grandi sogliole e ci accomodiamo nello spiazzo all’aperto dei tavoli, separato dal mare da un muretto bianco. Il nostro è in leggera penombra, essendo al centro dei due neon che illuminano la scena…..una ragazza ci chiede cosa desideriamo bere con un tono quasi scortese. Dopo una mezzoretta interrompe le nostre chiacchiere l’arrivo di una fiamminga contenente i nostri tre pesci arrostiti ornati con qualche fettina di cipolla e pomodoro…..una squisitezza! Francesca ci racconta che la domenica viene sempre qui a pranzo. Prima acquista da una signora dei gamberetti appena pescati che il ristorante si presta di cucinare purché si aggiunga a questo il consumo di una bevanda e di un contorno proposto da loro. Francesca, che vive in Italia da più di 20 anni è persino più impietosa di noi nel giudicare la scarsa igiene, la scortesia e la poca voglia di lavorare di alcuni suoi compatrioti, quindi non lasciamo nemmeno un centesimo di mancia e ce ne andiamo soddisfatti dell’ottimo pesce e del contorno di manioca che assaggio per la prima volta…..sono grosse striscie di colore bianco e consistenza leggermente gommosa. Non hanno sapore, ma diventano squisite se intinte nella salsa di soia. Ci sono state servite arrotolate su un piatto, come tanti fiori bianchi e carnosi. E’ sempre un piacere scoprire questi posticini autentici con le persone del luogo….il risultato è sempre garantito ed il viaggio si colora così del folclore che a noi piace tanto!

28 Gennaio 2009

DOUALA

Il relax di Douala fa bene al nostro amore, dandogli una sferzata di energia e di tenerezza. Vanni, già proiettato sul nostro rientro, si garantisce una bella scorpacciata di caviale con una telefonata a Daniela, mentre Sandra si offre, carina come sempre, di andare ad accendere il nostro termosifone altrimenti, dice, finiremo assiderati. Mia madre con un sms si dice pronta per gli gnocchi di patate e la Germana fa finta di non desiderare il nostro rientro solo dopo che Vanni le ha comunicato la data esatta della nostra partenza da Douala. Questi sporadici ma intensi contatti con l’Italia ci aiutano a desiderare di tornare…cosa per nulla scontata per noi seminomadi. Il cielo nuvoloso di oggi stende sulla città un’atmosfera leggermente tetra ed appiccicosa che esclude il progetto di un paio d’ore di sole accanto alla piscina del tutto impraticabile. Vanni è in fibrillazione perché Roberto Rossi della Delmas ( 00237 99934621 ) non ha ancora dato notizie di sé e cammina nervosamente sulla moquette azzurra della nostra 830. Visto che il tempo stringe ed il nostro volo è per domani sera, si informa presso un impiegato della sicurezza dell’hotel per valutare una soluzione alternativa, ma la strada si rivela impraticabile. Il pomeriggio trascorre nella noia dell’attesa di una telefonata che non arriva e nel fare gli ultimi ritocchi ai due pacchi delle maschere…..almeno per renderli accettabili agli occhi dei facchini europei, e più robusti…. così come sono si aprirebbero al primo passaggio di mano. Poco dopo facciamo un tentativo in aeroporto dove scopriamo esistere un parcheggio coperto sorvegliato 24 ore su 24…..più sicuro di Fort Knox, dicono gli impiegati dell’aeroporto. Tutto considerato ci sembra una soluzione accettabile ed il costo di 600 € per un anno, del tutto conveniente rispetto all’acquisto del contenitore usato.Ancora qualche ora di noia in Hotel poi alle 19 arriva Francesca per accompagnarci a cena in un posticino che conosce lei, dove si mangiano gamberoni sensazionali. Ci fermiamo poco oltre il ristorante di ieri sera, di fianco ad una baracca di lamiera sotto la cui tettoia la signora Delphine cucina sulle braci i prelibati gamberoni appena pescati. Di fianco alla baracca qualche tavolino di legno e sedie di plastica ospitano i pochi avventori di questa sera. Sistemiamo sul tavolo la terrina di insalata preparata da Francesca, ordiniamo un paio di birre ed aspettiamo che Delphine termini la cottura. Poco dopo arriva sul tavolo una fiamminga straripante di gamberoni cotti al punto e conditi con una salsina strepitosa leggermente speziata…..la cui ricetta rimarrà top secret spero solo fino a domani sera…. quando tornando qui, spero riuscirò a fare breccia nel muro di silenzio della mitica signora Delphine!

29 Gennaio 2009

DOUALA – BOLOGNA

Mi sveglia il bussare insistente alla porta di un ragazzo in tuta da meccanico che dice di aver prestato a Vanni, che dorme tranquillo, una chiave del 10 che ora vuole gli venga restituita. Furiosa sveglio Vanni e mi infilo nuovamente tra le lenzuola senza poter più prendere sonno. Rimango di pessimo umore per tutta la mattinata. Nel frattempo telefona Roberto che teniamo in attesa di risposta fino al nostro sopralluogo in aeroporto dove dobbiamo ancora verificare alcune cose relative alla sicurezza del parcheggio…..vorremmo ad esempio sapere se sono assicurati contro i furti e se ci garantiscono qualcosa con un contratto firmato dalle parti. Dal colloquio non scaturisce nulla di buono perché il pagamento è anticipato e l’unico documento che viene rilasciato è una ricevuta di pagamento della sosta ed un foglietto di attestazione da riconsegnare al momento del ritiro. In dieci anni nessun furto di auto è mai avvenuto in questo garage, dice l’impiegato, ma se ciò dovesse accadere quei due foglietti di carta sarebbero l’unica cosa a rimanere di Gazelle…. e si sa che qui non ci pensano due volte a fregarti! Memori del racconto di Umberto di qualche tempo fa, che lasciò ad un amico di Douala il suo fuoristrada affinché lo custodisse per un pò di tempo e che poi si è ritrovato con l’auto venduta e nemmeno un centesimo di compenso per lui, decidiamo che non è il caso di dare fiducia a questa gente, ma l’alternativa stenta ad arrivare. Quando Vanni torna dalla sua visita a Roberto Rossi, mi racconta scoraggiato che non c’è nessun contenitore usato disponibile in tutto il porto di Douala. Ciò che Roberto propone è di lasciare Gazelle a casa sua fino a quando l’operazione sarà fattibile, quindi provvederà lui ad inserirla nel contenitore e Vanni a quel punto farà un bonifico di pagamento dall’Italia. Insomma per lasciare Gazelle è necessario fidarsi di qualcuno….e Roberto il ravennate vince senz’altro sugli africani di Douala. Ma ecco che Vanni ha un’idea….un suo conoscente italiano ha un deposito di legname proprio qui in città. Riesce a contattarlo con una serie di ricerche degne di Sherlock Holmes ed a chiudere in breve tempo il problema Gazelle…..che Genio! Ora che la nostra piccola è al sicuro all’interno di un’azienda italiana nella periferia di Douala, possiamo concederci il bis di gamberoni dalla signora Delphine ed infine partire dopo una piccola lotta con i doganieri dell’aeroporto della città. C’è un caldo soffocante nonostante l’ora tarda…..ma non ci consola affatto l’idea che tra poche ore sorvoleremo le Alpi innevate ed atterreremo nella gelata Bologna….ma il viaggio è stato faticoso e tornare in fin dei conti è quasi un piacere.

Rimangono in Africa:
Vanni:
caftano bianco
1 camicia azzurra
pantaloni blu
2 magliette bianche
1 maglia gialla
1 polo blu a manica lunga

Alessandra:
maglia viola
camicia da notte
camicia bianca
2 pantaloni
2 costumi da mare
3 canotte
2 maglie manica lunga
maglia manica lunga di lana
casacca indiana azzurra

taglia unghie, forbicini, dentifricio, borsa acqua calda, ob, shampoo, balsamo, pettine.


Menù delle città

Percorso della tappa

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